Detox. E' scoppiato il panico, ma non è scoppiata la bolla
 

Questa settimana è scoppiato il panico.

Non è scoppiata la bolla.

Non è detto che la bolla scoppi.

Perché nel 2025, la bolla non è la cosa importante.

Non è la bolla, che spiega. E non è la bolla, a cui bisogna guardare.

Noi, tutti, gestori professionali di portafoglio ed investitori dei fai-da-te, oggi non dobbiamo ragionare di bolla. Non dobbiamo pensare alle bolle. Dobbiamo capire che oggi, al centro di tutto, non c’è una bolla.

Il titolo qui sopra è di giovedì 9 ottobre 2025.

Invece: un mese fa, due mesi fa, tre mesi fa, un anno fa … la bolla non esisteva.

“Vuoi di nuovo parlare di bolla? … ma dai, per cortesia, non c’è nessuna bolla! Che noia …"

“La bolla è una balla!”

C’è stato persino chi ha scritto (poche settimane fa) che chi avanzava dubbi sulla Borsa americana lo faceva unicamente per giustificare le proprie posizioni SHORT!

Leggiamo invece che cosa scrive oggi Walter Riolfi sul Corriere della Sera.

Secondo Dimon, il pericolo di una svolta improvvisa sui listini è reale, anche se la tempistica resta impossibile da prevedere: «Potrebbe accadere fra sei mesi o fra due anni», ha spiegato, «ma il livello di incertezza che vediamo oggi è molto più alto di quello che definirei normale».   

Geopolitica, spese pubbliche e valutazioni gonfiate

Il ceo di JPMorgan individua le radici di questa vulnerabilità nei fattori geopolitici, nella spesa pubblica fuori controllo e nelle valutazioni elevate dei titoli, soprattutto tecnologici. «Viviamo un momento in cui troppe domande cruciali restano senza risposta», ha aggiunto, «conflitti, disordine politico, guerre commerciali, e politiche fiscali che alimentano instabilità. Tutto ciò crea un contesto in cui il rischio viene sottovalutato».

Dimon, da tempo una delle voci più ascoltate della finanza globale, ha anche messo in guardia contro il «compiacimento dei mercati»: la convinzione che le correzioni profonde non possano più verificarsi in un mondo di banche centrali pronte a intervenire. «È un errore pericoloso pensare che il ciclo sia stato domato», ha sottolineato.

«Gli Stati Uniti oggi sono un partner meno affidabile»

Nel corso dell’intervista, Dimon ha rivolto anche un messaggio politico: gli Stati Uniti, ha detto, «sono oggi un partner meno affidabile sulla scena mondiale» rispetto al passato. Una frase che riflette la crescente preoccupazione per il clima di tensione internazionale e per l’uso sempre più strumentale della politica economica a fini interni. Sul fronte dell’inflazione, Dimon si è detto «ancora un po’ preoccupato», ma fiducioso che la Federal Reserve resterà indipendente nella sua azione di contrasto, nonostante le pressioni dell’amministrazione Trump. «Prendo alla lettera la parola del presidente quando dice che non interferirà con l’indipendenza della Fed», ha precisato.

Gli avvertimenti di altri osservatori

Il monito del banchiere non arriva isolato. Negli ultimi mesi, diversi analisti e istituzioni — dal Fondo Monetario Internazionale alla Banca d’Inghilterra — hanno segnalato il rischio di un «eccesso di fiducia» nei mercati globali. Come ricordato da Reuters, le valutazioni di Wall Street, spinte dall’entusiasmo sull’intelligenza artificiale, sono tornate ai livelli più alti dal 2021. Ma proprio questa concentrazione di valore in pochi titoli tech — come Apple, Nvidia e Microsoft — rende l’indice S&P 500 più vulnerabile a shock improvvisi.

Le possibili conseguenze per l’Europa

Un crollo dell’azionario americano avrebbe conseguenze dirette anche sull’Europa.L’interconnessione dei mercati globali farebbe rapidamente sentire gli effetti a Francoforte, Parigi e Milano, dove una correzione a Wall Street potrebbe tradursi in fuga verso asset più sicuri, aumento dei rendimenti obbligazionari e tensioni sui debiti pubblici. Per l’Italia, dove molte imprese restano esposte alla volatilità dei mercati e al costo del credito, il monito di Dimon è anche un invito alla prudenza: contenere l’indebitamento, diversificare i portafogli e non dare per scontata la stabilità finanziaria conquistata dopo la pandemia

La chiusura del pezzo ci informa a proposito della “stabilità finanziaria conquistata dopo la pandemia”. Che però non esiste.

Si tratta di un falso clamoroso: la pandemia è stata l’occasione di perdere del tutto la stabilità finanziaria dell’Occidente. E questo lo hanno visto, da anni, anche a Mosca ed a Pechino. La pandemia COVID è stata lo spunto, la scusa, per una rilassatezza delle regole che ha privato l’Occidente della stabilità, sia finanziaria, sia politica. La fine di un’era, l’inizio di una Nuova Era.

Torniamo al Corriere della Sera. Sul medesimo quotidiano, e a firma del medesimo giornalista, pochi giorni fa potevate anche leggere:

SCENARI MACRO

Borse, perché sta tornando l’interesse per l’Europa: adesso i dazi americani fanno meno paura

di  Walter Riolfi

“Torna l’interesse ,,, i dazi fanno meno paura”, già … ma poi arriva quel giorno: arriva sempre. E allora tutti giù a scrivere, parlare, “socializzare”, a proposito della bolla.

Ma perché? Che cosa è cambiato, oggi, rispetto a luglio? E rispetto a marzo? E rispetto a dicembre del 2024.

Per quale ragione, oggi, ne scrivono, parlano, “socializzano” tutti?

Perché è scattato il panico. Semplice.

Il panico di che cosa?

Il panico che … non c’è più nulla da dire. Non si sa più che cosa inventare. Mancano le storie (anzi, le storielle) da raccontare. Manca la “narrativa”.

Ed è allora, che scatta il panico. Si tratta di un problema di comunicazione di massa. Non di fatti nella realtà di ogni giorno.

La cosa non è difficile da capire: non ci sono più “storie”, fantasie sfrenate da vendere alla massa, e la realtà diventa ogni giorno più caotica. come vi illustrano le immagini che seguono qui sotto. La realtà non è più spiegabile con i tradizionali meccanismi di comunicazione finanziaria e le vecchie tiritere. Però è necessario rassicurare, tranquillizzare, anestetizzare. Va addormentata la massa degli investitori, che fino ad oggi ha dormito sonni profondi con sogni di un futuro che non esiste e non potrà esistere mai.

E che non riesce a comprendere cose come queste. Una spiegazione, alle masse, bisogna sempre dargliela. Zuccherosa, addolcita, inventata.

Ed allora bisogna correre, affannarsi, spremere le meningi, tirare fuori idee, una nuova “narrativa”.

Se non è più possibile, se non c’è una narrativa così tanto assurda che sia anche presentabile, allora si rinuncia: non c’è più una “storia” condivisa, ed allora si è costretti a denunciare la “bolla”,

Quando è di tutta evidenza che lo stato delle cose oggi è identico a quello di luglio, di marzo, e del dicembre dello scorso anno, Ed anche prima.

La domanda diventa quindi: per quale ragione oggi il maggiore quotidiano italiano pubblica questo articolo, che avete già letto poco sopra …

… mentre il 18 luglio il medesimo quotidiano, e il medesimo giornalista, scriveva ciò che leggiamo nell’immagine che segue.

Siete ovviamente invitati ad andare a rileggere sul Corriere della Sera questo articolo che vi segnaliamo con la immagine che segue, articolo datato 18 luglio 2025, che qui evitiamo di riproporre.

Tutto faceva bene ai mercati, il 18 luglio. Oggi è l’11 ottobre. Meno di tre mesi. Che cosa è successo, tra il 18 luglio ed l’11 ottobre 2025 sui mercati? Che cosa è cambiato?

Di fatto, nulla: non si è mosso nulla, non è cambiato nulla tra il 18 luglio e il 10 ottobre del 2025. L’indice di Borsa S&P 500 valeva 6500 punti in luglio, e valeva 6500 punti ieri sera, venerdì 10 ottobre.

E allora? Per quale ragione, oggi la Borsa diventa una “bolla”, se non lo era poche settimane fa?

Come abbiamo scritto poco sopra, si tratta unicamente di un problema di comunicazione alle masse.

Per ora. Fino ad oggi.

Ma la comunicazione cambia tono. Persino quella delle banche internazionali di investimento. E persino la comunicazione di quella che, tra le banche di investimento, da sempre si distingue per gli eccessi di ottimismo, per la determinazione quotidiana a gettare altra benzina sul fuoco, e per la strategica determinazione a gonfiare ogni possibile bolla sui mercati.

Ma oggi, il tono è cambiato: devono proprio avere raschiato il fondo del barile, e non hanno trovato più nulla per illudere il pubblico di massa che “la Borsa sale sempre”.

Leggiamo che cosa dice questa settimana Goldman Sachs.

Ma si sta formando una bolla? Gli strateghi di Goldman Sachs affrontano questo argomento sostenendo che la corsa al rialzo delle azioni e la crescita delle principali aziende tecnologiche non sono ancora pronte a scontrarsi con un muro.

"La storia suggerisce che le bolle sono spesso guidate dall'entusiasmo che si sviluppa attorno a una tecnologia trasformativa, attraendo investitori, capitali e nuovi entranti. In genere, le bolle presentano prezzi degli asset in rapido aumento, valutazioni estreme e significativi rischi sistemici dovuti a una maggiore leva finanziaria", ha dichiarato ai clienti un team guidato da Peter Oppenheimer, responsabile della strategia azionaria globale della banca, in una nota di mercoledì.

Riconoscono elementi del comportamento degli investitori che presentano somiglianze con le bolle passate, come l'aumento delle valutazioni, l'elevata concentrazione del mercato e l'emergere del cosiddetto vendor financing.

Le preoccupazioni sulle strategie di finanziamento circolare degli accordi di intelligenza artificiale per le grandi aziende tecnologiche hanno recentemente suscitato non pochi disordini.

Oppenheimer e il suo team individuano tre grandi differenze tra le bolle passate e ciò che gli investitori stanno osservando ora.

  • In primo luogo, affrontano le preoccupazioni relative all'apprezzamento dei prezzi, ma affermano che questo non sarà sufficiente a generare una bolla. Ad esempio, i titoli del settore della difesa hanno generato rendimenti consistenti quest'anno, ma senza il timore di una bolla speculativa.

"In definitiva, le bolle si formano quando si verifica un'impennata combinata dei prezzi delle azioni e delle valutazioni, tale che il valore aggregato delle aziende associate all'innovazione supera i potenziali flussi di cassa futuri che probabilmente genereranno", hanno affermato Oppenheimer e il suo team.

  • Sostengono inoltre che il forte apprezzamento delle aziende leader finora è stato guidato da "una crescita fondamentale, piuttosto che da speculazioni irrazionali sulla crescita futura".

"La maggior parte dei profitti nel settore tecnologico è stata generata da aziende statunitensi (il che spiega in gran parte il successo del mercato azionario statunitense negli ultimi quindici anni), ma le aziende dominanti hanno registrato una crescita degli utili sbalorditiva negli ultimi quindici anni e presentano bilanci particolarmente solidi", hanno affermato Oppenheimer e il suo team.

  • Una nota a piè di pagina aggiungono: l'attuale rally "dipende fortemente" dal perdurare della dinamica degli utili. Gli strateghi di Goldman sostengono inoltre che non si tratta solo di tecnologia: la maggior parte dei mercati azionari, così come il credito, si attesta su valutazioni elevate su base storica. Quindi, piuttosto che di una bolla tecnologica, gli investitori stanno valutando le conseguenze dei bassi tassi di interesse, degli elevati risparmi globali e di un "ciclo economico prolungato che ha fatto salire il valore di tutti gli asset rischiosi".

    Se la fiducia nella crescita dovesse affievolirsi, i mercati potrebbero subire una correzione, ma lo scoppio della bolla tecnologica non sarebbe l'unico fattore determinante, affermano.

Hanno anche confrontato i rendimenti del settore tecnologico nell'ultimo anno con quelli dei 12 mesi precedenti il ​​picco della bolla delle dot-com. Nel 1999/2000, tali rendimenti sono stati trainati dalla crescita degli utili, ma anche da incrementi delle valutazioni molto più marcati di quelli che gli investitori stanno osservando attualmente, osserva Goldman:

Il rischio maggiore per il settore tecnologico in questo momento, afferma il team di Goldman, è la concorrenza, sottolineando come il settore dell'intelligenza artificiale sia stato finora dominato da pochi operatori storici. Le bolle del passato si sono formate durante periodi di forte concorrenza, con investitori e nuovi entranti che si accalcavano.

"Una miriade di nuove aziende nascerà in settori emergenti che oggi non possiamo nemmeno immaginare. Nessuna delle 10 maggiori aziende dell'S&P 500 del 1985 era ancora tra le prime 10 nel 2020, e solo una della lista del 2000 è rimasta tra le prime 10 nel 2020", hanno affermato.

Per questo motivo, affermano che la diversificazione rimane fondamentale e sottolineano alcune strategie che, a loro dire, hanno già iniziato a funzionare.

Ad esempio, gli indici azionari globali hanno registrato ottime performance quest'anno e molti non sono nemmeno esposti al settore tecnologico statunitense. Le esigenze infrastrutturali fisiche delle grandi aziende tecnologiche stanno diventando evidenti e questo potrebbe aumentare i rendimenti di beni strumentali, energia, risorse, immobili e trasporti. Infine, l'attuale boom della spesa in conto capitale probabilmente creerà nuove superstar tecnologiche, quindi gli investitori dovrebbero monitorare i rendimenti in questo settore per ampliarlo.

Vi convince, quello che scrive Goldman Sachs? Oppure è il solito polpettone di bla-bla, con precisi obblighi commerciali? Pensato e poi scritto per “piazzare la merce” alla massa degli investitori?

Insomma: perché adesso, in ottobre, anche loro fanno “l’analisi della bolla”? Per loro, solo oche settimane fa, non esisteva alcuna bolla. E i prezzi degli asset erano i medesimi.

Loro, in Goldman Sachs, non hanno alcun interesse a comprendere la realtà ed aiutare i loro Clienti a comprendere: loro sfruttano “quello di cui si parla”, ed arrivano a rammendare smussare e sfumare. Ma perché adesso “la bolla”? Perché proprio oggi?

Per un investitore, per ogni investitore, questa è la sola, unica domanda la cui risposta può aiutare a risolvere i problemi di scelta. I problemi di gestione del portafoglio, i problemi di asset allocation, i problemi di strategia per i prossimi mesi.

Perché adesso?

Anche oggi, come sempre abbiamo fatto, noi di Recce’d scegliamo di regalare ai nostri lettori un aiuto concreto, di quelli che soltanto Recce’d è in grado di offrire.

Che cosa scrive qui sopra nell’immagine un esperto rispettato ed ascoltato come Mohamed El Erian? Afferma che:

“Stiamo assistendo non soltanto a valutazioni estreme, ma pure al ritorno con quel tipo di atteggiamento verso il rischio che era prevalente nel periodo che precedette la Grande Crisi Finanziaria del 2008”.

In questo Post, noi vi spieghiamo le ragioni per le quali questo non è il 2008. E neppure il 2000. E’ una cosa totalmente diversa.

Lo spieghiamo prendendo a spunto proprio l’articolo di El Erian che è citato dalla nostra immagine che avete appena visto. Questo è lo spunto, a cui seguono poi le nostre considerazioni. Leggiamolo insieme.

6 ottobre 2025

Mohamed A. El-Erian

Con i mercati azionari che raggiungono nuovi massimi, l'aspettativa del mercato che la Federal Reserve statunitense taglierà i tassi per scongiurare un rallentamento del mercato del lavoro sta di per sé creando una sfida politica per la banca centrale. Oltre al suo esplicito doppio mandato, la Fed ora deve anche preoccuparsi della stabilità finanziaria.

FILADELFIA – Devo aver scritto almeno quattro saggi sul trade-off tra disoccupazione e inflazione durante i miei anni da studente universitario. All'epoca, l'attenzione era invariabilmente rivolta alla curva di Phillips – la relazione ipotizzata tra inflazione e posti di lavoro – e ai suoi derivati. La curva di Phillips aumentata dalle aspettative, ad esempio, riconosceva che le attuali dinamiche dell'inflazione sono fortemente influenzate dalle previsioni sui risultati futuri.

Sebbene non tutti gli economisti accettassero pienamente questo concetto, c'era sufficiente accordo sul trade-off di base per prevedere, almeno nel breve periodo, che quanto più basso è il tasso di disoccupazione, tanto più alto sarà il tasso di inflazione (e viceversa). L'imperativo di bilanciare i due aspetti è stato formalmente sancito nel "doppio mandato" conferito dal Congresso alla Federal Reserve statunitense (la banca centrale più potente al mondo) nel 1977. Da allora in poi, il compito della Fed è stato quello di raggiungere sia la stabilità dei prezzi che la massima occupazione.

Nel tempo, tuttavia, il rapporto inflazione-disoccupazione si è dimostrato meno stabile e prevedibile di quanto si pensasse. Ad esempio, nei tre anni successivi al picco di inflazione dell'indice dei prezzi al consumo (IPC) di questo decennio, che ha superato il 9% nel 2022, la crescita dei prezzi negli Stati Uniti ha subito un brusco rallentamento, attestandosi intorno al 3%, mentre il tasso di disoccupazione è rimasto notevolmente stabile, intorno al 4% – un livello ampiamente considerato rappresentativo della "piena occupazione" negli Stati Uniti.

Questa configurazione – occupazione resiliente e rapida disinflazione – ha sorpreso profondamente non solo un'ampia fascia di economisti, ma anche il presidente della Fed Jerome Powell. Nell'agosto 2022, Powell aveva sobriamente messo in guardia da "qualche sofferenza" futura, con la Fed che aumentava i tassi di interesse per contrastare l'inflazione che aveva erroneamente definito "transitoria". Non meno sorpresi furono analisti come Bloomberg Economics, che notoriamente dichiarò, nell'ottobre 2022, che la probabilità di una recessione nel 2023 aveva raggiunto il 100%, a causa degli aggressivi aumenti dei tassi da parte della Fed.

Sebbene il progresso dell'economia verso un "atterraggio morbido" fosse inequivocabilmente una buona notizia, una nuova questione si è profilata all'orizzonte, una questione che riguarda quello che è spesso considerato il terzo obiettivo implicito della Fed: la stabilità finanziaria.

Incuriositi da quello che sembra essere un significativo sganciamento della crescita economica statunitense dal mercato del lavoro, economisti e analisti di Wall Street si chiedono cosa significheranno le attuali tendenze per la politica dei tassi di interesse della Fed e per le condizioni e la stabilità finanziarie generali.

Nello specifico, mentre la crescita del PIL è rimasta robusta quest'anno, con il secondo trimestre che ha segnato il massimo degli ultimi due anni, il mercato del lavoro ha mostrato segni di indebolimento e l'inflazione si è attestata intorno al 3%, ostinatamente al di sopra dell'obiettivo del 2% della Fed.

Questo disaccoppiamento tra crescita e mercato del lavoro non è avvenuto in modo isolato. Fattori dal lato dell'offerta, come la ripresa post-pandemia della partecipazione alla forza lavoro e gli afflussi record di immigrazione, hanno svolto un ruolo importante nel minare la tradizionale curva di Phillips nella prima parte degli anni '20. Questi sviluppi hanno permesso all'economia di accelerare senza surriscaldare il mercato del lavoro e riaccendere l'inflazione.

Ora, tuttavia, i responsabili politici si trovano ad affrontare un nuovo enigma: il motore economico rimane potente (come indicato dalla robusta crescita del PIL), ma la creazione di posti di lavoro è in calo. Ancora una volta, molti analisti citano fattori dal lato dell'offerta, che si tratti della stretta sull'immigrazione da parte del governo statunitense o della promessa di intelligenza artificiale, deregolamentazione e altri sviluppi volti ad aumentare la produttività.

Finora, i mercati si sono concentrati sul lato positivo di questo paradosso. Gli investitori si aspettano che le condizioni finanziarie si allentino ulteriormente con il taglio dei tassi da parte della Fed per scongiurare i rischi per l'occupazione. Sebbene l'inflazione sia al di sopra dell'obiettivo da marzo 2021 e si preveda che rimarrà elevata per altri due anni, si presume che aspettative di inflazione stabili a lungo termine rassicureranno la Fed, in vista dell'allentamento della sua politica monetaria.

Questa ipotesi è riflessa nel rally record delle azioni, nel calo dei premi al rischio in molti mercati e nella continua ricerca di rendimenti da parte degli investitori, anche in settori con leva finanziaria. Stiamo assistendo non solo a valutazioni storicamente elevate, ma anche a un ritorno a quella propensione al rischio che era così diffusa nel periodo precedente la crisi finanziaria globale del 2008.

Ma l'aspettativa del mercato che la Fed taglierà i tassi nel bel mezzo di una solida crescita per scongiurare un rallentamento del mercato del lavoro sta di per sé creando una sfida politica per una banca centrale che probabilmente sarà sempre più preoccupata di gonfiare ulteriormente i prezzi delle attività e di alimentare inavvertitamente bolle finanziarie. Si tratta di una sfida fastidiosamente complessa e scomoda per un'istituzione che ha già commesso diversi errori negli ultimi anni ed è considerata in forte ritardo rispetto alle principali riforme interne. Solo nelle ultime due settimane, quattro alti funzionari della Fed hanno espresso la necessità di cambiamenti operativi, sostenendo il passaggio da una stima puntuale a un intervallo per l'obiettivo di inflazione e optando per una diversa variabile di politica monetaria intermedia.

In assenza di una risposta astuta e giudiziosa, la Fed potrebbe vedere sfide a tutti e tre gli elementi dei suoi obiettivi (espliciti e impliciti): controllo dell'inflazione, massima occupazione e stabilità finanziaria. Queste difficoltà non potrebbero arrivare in un momento peggiore per un'istituzione che sta già affrontando crescenti pressioni politiche.

Come sempre, l’articolo di El Erian è utile. E’ ordinato, è completo, è qualificato: per questo aiuta tutti noi e voi a comprendere ciò che sta succedendo.

Un unico punto debole: non è innovativo: e quindi, non aiuta a guardare in avanti.

La situazione che El Erian descrive qui, la trovate descritta, con (ci auguriamo) altrettanta chiarezza e puntualità proprio qui, nel Blog di Recce’d, più di un anno fa.

Recce’d è così tanto consapevole che questo, descritto da El Erian, sia non solo lo stato delle cose, ma pure lo snodo centrale dal quale partino ognuna delle stime e delle previsioni per i futuri rendimenti e rischi (di tutte le asset class), che noi abbiamod eciso già nel mese dei marzo 2025 di inaugurare una serie di post, che prosegue ancora oggi, e che si chiama Detox.

Lì stavamo a marzo 2025. E lì stiamo ad ottobre 2025.

Ma oggi, ciò che rileva, quello che importa ad ogni investitore, è: dove saremo tra un mese? Tra tre mesi? Tra sei mesi?

Noi di Recce’d abbiamo le idee chiarissime: e vi ripetiamo che NON si tratta di bolla, e NON si tratta soltanto di azioni.

Se qui, in questo Post, ci concentreremo sulle azioni, è unicamente per il fatto che la comunicazione di massa a metà ottobre 2025 si concentra sulle azioni.

Ma c’è altro. Molto altro. E più importante. Lo avete già letto nella serie Detox del nostro Post.

Per ragioni di spazio e controllo, in questo Post di oggi ci concentreremo (da qui in avanti) sulle azioni.

Noi abbiamo già chiaramente illustrato, nel Post datato 28 settembre, le evidentissime debolezze di quella che chiamano la “bolla di AI”: Recce’d non sostiene che questa “bolla di AI” non esiste, ma Recce’d afferma che questo fenomeno è soltanto una parte, e neppure la più importante, di una qualche cosa che non è una bolla. O meglio, che non è SOLTANTO una bolla.

In due post precedenti, datati 6 settembre 2025 e poi 13 settembre 2025, potete leggere i nostri commenti e le nostre analisi sulle anomalie, senza precedenti, che caratterizzano oggi le Borse ed i prezzi delle azioni quotate sulle Borse. Si tratta di fatti, di fatti che non hanno precedenti, di fatti abnormi.

Anche nella nostra pagina TWIT - TWOO dedicata a sintetici e molto tempestivi commenti all’evolversi della situazione dei mercati finanziari, abbiamo scritto più volte, specie nei mesi di settembre ed ottobre, a proposito di temi come “AI”, e poi anche “bolla”, e poi di “eccessi di Borsa”.

Questo Post, dunque, è semplicemente una occasione per tirare le fila di questo lavoro di analisi che noi abbiamo condotto nel 2025 a proposito delle aberrazioni ed anomalie che caratterizzano i prezzi in Borsa.

Un lavoro che Recce’d aveva già avviato mesi fa, ed in qualche caso anni fa: con grande anticipo sulla Federal Reserve, sullo FMI, sulla Banca di Inghilterra, su Jamie Dimon, Amministratore Delegato di JP Morgan.

Un lavoro, lo ripetiamo. Un metodo, rigoroso. Un approccio disciplinato all’investimento ed alla costruzione del portafoglio titoli. Non una di quelle intuizioni che vengono alle 3 della notte. Non è quella cosa là, che in tanti vanno in giro a vendere.

Analisi: un serio, qualificato, approfondito lavoro di analisi potrà aiutarvi a comprendere:

  1. perché il problema, il vostro problema, il problema di tutti oggi non si chiama “bolla”: questo NOn è il 1999 e neppure il 2008; ed anche

  2. come si può evitare di gettare nel tritacarne i propri risparmi, ed anzi guadagnare proprio da questa situazione (una volta che la si avrà compresa).

Come sempre facciamo noi qui vi forniamo gratuitamente un aiuto concreto, segnalandovi una questione che sicuramente non avete notato, non avete seguito, e non avete capito. E che non trovate sulla prima pagina del Corriere della Sera, di La Repubblica, di Milano Finanza, del Sole 24 Ore.

Avete letto il Post di questo Blog datato 13 settembre 2025? Siete informati, sul Credito Privato? Siete aggiornati su finanziamenti diretti, su Private Equity, su Venture Capital? Voi lettori quanto ne capite?

Hanno forse tirato dentro anche voi coi vostri risparmi?

E allora siete informati sulla vicenda First Brands?

E perché nel titolo di CNBC si citano i famigerati “subprime”?

La vicenda First Brand è in corso. Non è ancora conclusa. Non è stata sistemata.

Domandatevi se questa vicenda è significativa, per gli asset che avete nel vostro portafoglio.

E domandatevi anche se questa è una situazione unica, isolata. Oppure se si tratta di un diffuso modus operandi.

Infine, domandatevi per quale ragione nell’immagine che segue si scrive di Lehman Brothers.

Un secondo suggerimento: ogni considerazione che fate, oppure che farete, a proposito della bolla, provate ad inserirla nel contesto descritto con dettaglio da Recce’d solo sei giorni fa, il 5 ottobre 2025, nel più recente Post della serie Detox.

Questo esercizio vi aiuterà a vedere con chiarezza che questo NON è il 1999 e neppure il 2008.

Sulle operazioni finanziarie opache di Open AI e compagnia cantante, noi abbiamo già scritto qui nel Blog il 28 settembre, e successivamente più di una volta alla pagina TWIT - TWOO. Oggi non c’è lo spazio, non c’è il tempo, e non c’è la voglia: però ci ritorneremo, in un prossimo futuro.

Oggi, per completare il lavoro, ancora un suggerimento: domandate alla vostra coscienza di investitore se vi interessa di camminare su un cavo di acciaio tra due grattacieli, con i vostri investimenti finanziari tra le mani.

Se non siete interessati ad equilibrismi estremi, giochi di magia con illusioni ottiche, e spettacoli con i fumogeni e le fiamme, allora noi di Recce’d abbiamo molto da dirvi, molto da spiegarvi e molte operazioni da suggerirvi.

Valter Buffo
Detox. La geo-economia irrompe nella gestione del portafoglio titoli
 
 

Quando mai abbiamo assistito a un record di prezzo registrato simultaneamente da asset "risk-on" (azioni) e da asset "risk-off" (obbligazioni)?

Amici lettori, voi oggi 5 ottobre 2025 in che modo rispondete a questa domanda?

Nel nuovo Post, oggi spieghiamo in che modo rispondiamo noi.

In questo momento, sui mercati finanziari internazionali, la sola certezza … è l’incertezza.

L’incertezza, la totale mancanza di punti di riferimento, la assenza di scenari solidi all’interno dei quali collocare le proprie scelte e sviluppare una strategia di investimento.

E’ questo, oggi, il tratto principale. Il segno della Nuova Era.

Gli strumenti tradizionali, per la composizione della asset allocation e per la gestione del portafoglio sono sempre necessari, ma non sono più sufficienti. Vanno integrati, completati, decisamente ampliati.

Perché da sei mesi i rendimenti delle obbligazioni sono invariati (e così anche i prezzi, ovviamente)? Perché da sei mesi i livelli dei cambi tra le maggiori valute sono invariati? Per quale ragione le Borse europee non vedono entrare un solo euro di nuovi investimenti dal mese di marzo 2025? E perché invece negli Stati Uniti la Borsa sta salendo? Anzi, per essere più precisi: perché salgono unicamente i titoli legati ad AI?

Quali informazioni ci forniscono, questi comportamenti assurdi, sia a noi gestori professionali di portafoglio, sia a tutti voi investitori?

Nelle ultime settimane, abbiamo illustrato ai nostri Clienti ogni mattina, nel nostro bollettino quotidiano The Morning Brief, in che modo la gestione del portafoglio può e deve tenere conto di questo stato delle cose, e in che modo si può profittarne. Negli ultimi mesi, ne abbiamo accennato alcune volte anche qui, nel nostro Blog, ed in particolare nella nostra serie Detox.

In questo nuovo Post, della serie Detox, illustreremo ai nostri lettori la rilevanza di fattori come la geo-politica, e più in particolare la geo-economia, nelle scelte di portafoglio che noi e voi facciamo ogni giorno (anche quando decidiamo di NON modificare i portafogli titoli e la asset allocation: ricordate che anche quella è una scelta operativa).

Inizieremo regalando ai nostri lettori una definizione precisa: che cosa si intende quando si parla di geo-economia.

La geoeconomia (talvolta geo-economia) si riferisce comunemente a quadri analitici utilizzati per valutare le proprietà spaziali strategiche delle economie nazionali o i mezzi economici di governo di determinati territori in relazione ad altri. La geoeconomia funge anche da discorso e pratica strategica in politica estera, dove è principalmente ispirata da tradizioni realiste e mercantiliste. Sottolinea come gli Stati possano sfruttare il potere economico, le reti finanziarie e le catene di approvvigionamento per perseguire gli interessi nazionali, influenzare altri paesi e plasmare l'ordine globale. Tuttavia, la geoeconomia non ha una definizione universalmente condivisa e il suo utilizzo varia a seconda dei contesti accademici, politici e giornalistici. Alcuni la vedono come un quadro alternativo alla geopolitica, mentre altri la trattano come un approccio complementare o subordinato.

La coniazione del termine geoeconomia e la distinzione tra geoeconomia e geopolitica sono state a lungo erroneamente attribuite a Edward Luttwak, un grande stratega e consulente militare americano, che rese popolare il termine alla fine della Guerra Fredda. Tuttavia, come ha dimostrato la ricerca storica, ci sono stati numerosi tentativi di stabilire la geoeconomia come un campo di ricerca distinto, uno strumento di politica estera e un programma politico dall'inizio del XX secolo, in particolare in Germania e negli Stati Uniti. La prima elaborazione completa della geoeconomia risale al 1925 e fu pubblicata dallo scrittore nazional-conservatore tedesco Arthur Dix.




Come vedete, si tratta di una definizione che abbraccia un campo molto ampio di temi e di conoscenze.

Non è il territorio di nostra competenza. E non rientra tra i temi abituali affrontati da noi di Recce’d nel Blog.

E tuttavia, in tempi eccezionali occorre fare cose eccezionali: occorre adattarsi, essere flessibili, ampliare l’orizzonte delle proprie conoscenze.

Ecco spiegata la ragione per la quale oggi Recce’d vi scrive di temi diversi, insoliti: non vi parleremo di acquistare oppure vendere le Borse (lo abbiamo fatto sette giorni fa), e neppure di Titoli di Stato ed obbligazioni, e neppure di valute , o di materie prime.

Riprenderemo questi argomenti la settimana prossima, nei nuovi Post.

Oggi restiamo sulla geo-economia: se qualcuno, tra i nostri lettori, pensasse che si tratta di bla-bla senza costrutto, generico e privo di incidenza sulla realtà, lo mettiamo in guardia: con un simile atteggiamento, si rischia di … finire travolti dalla piena che trascina tutto a valle.

Leggiamo quindi una seconda, e più dettagliata, definizione di geo-economia.

La geo-economia si riferisce all'uso di mezzi economici per raggiungere obiettivi di politica estera e di sicurezza nazionale, integrando economia, geopolitica e strategia.

I paesi utilizzano strumenti economici come sanzioni, sussidi, controlli sulle esportazioni e screening degli investimenti per acquisire potere, difendere la sovranità e indurre cambiamenti comportamentali in altri stati e aziende. Questa pratica riconosce che l'interdipendenza economica può comportare rischi per la sicurezza, inducendo un passaggio dall'attenzione alla cooperazione economica reciproca tipica del periodo post-Guerra Fredda a un approccio più orientato al conflitto, in cui la forza economica è uno strumento di governo.

Concetti e pratiche chiave

  • Politica economica: Utilizzo di attività economiche, come prestiti, commercio o accesso alle risorse, per fare pressione su altri paesi o aziende affinché agiscano nel modo desiderato.

  • Proprietà spaziali strategiche: Analisi delle caratteristiche economiche di un territorio in relazione ad altri territori per comprenderne l'importanza strategica e il potenziale di influenza.

  • Bilanciamento: Gli Stati possono impegnarsi in un "bilanciamento economico" filtrando gli investimenti esteri o sviluppando capacità interne per preservare il loro relativo potere economico rispetto ad altre nazioni.

  • Bandwagoning: L'opposto del bilanciamento, in cui gli Stati cooperano su commercio e investimenti per allinearsi con un partner potente.

  • Riduzione del rischio e resilienza: Una crescente attenzione alla sicurezza economica e alla capacità delle economie nazionali di resistere agli shock esterni, che porta a misure di localizzazione dei dati e al disimpegno selettivo dalle catene di approvvigionamento.

  • Sfruttamento dell'interdipendenza come arma: L'idea che i paesi possano usare i loro legami economici e la reciproca fiducia a proprio vantaggio, a volte minacciando di ritirare input o accessi cruciali.

Esempi di strumenti geoeconomici

  • Sanzioni: Sanzioni economiche contro un paese o un'entità per imporre un cambiamento di politica.

  • Controlli sulle esportazioni: Restrizioni alla vendita di beni o tecnologie specifici ad altri paesi, spesso per motivi di sicurezza nazionale.

  • Dazi e ricarichi: Imposizione di dazi sulle merci importate o aumento del costo dei prodotti scambiati per generare entrate o esercitare pressione sui partner commerciali.

  • Sussidi: Sostegno governativo alle industrie nazionali per aumentarne la competitività o assicurarsi risorse strategiche.

  • Selezione degli investimenti: Norme che consentono a un governo di esaminare e potenzialmente bloccare gli investimenti esteri in settori strategici.

Geoeconomia vs. Geopolitica tradizionale

  • Sebbene entrambe coinvolgano dinamiche di potere, la geoeconomia si concentra specificamente sull'uso del potere e degli strumenti economici, piuttosto che sui mezzi militari, per raggiungere fini politici.

  • L'ascesa della geoeconomia segnala un allontanamento dalla globalizzazione ottimistica della fine del XX secolo, in cui l'interdipendenza economica era vista come una via verso la pace e la cooperazione.

  • Al contrario, evidenzia come le relazioni economiche possano diventare una nuova arena per la rivalità tra stati e la proiezione di potere.


Questo non è soltanto bla-bla: lo potete riscontrare facilmente, mettendo a confronto ciò che avete appena letto e le prime pagine dei quotidiani dell’ultima settimana.

Non fatevi confondere le idee dai “consulenti” che in realtà sono venditori interessati. Loro vi dicono nel loro esclusivo interesse, che “tanto non succede mai nulla, tanto non cambia mai nulla, tanto in qualche modo si tirerà avanti”. Loro sono gli stessi che voi spiegavano tre anni fa che “la guerra in Ucraina a fine anno sarà finita”.

Recce’d al contrario, e nel vostro esclusivo interesse, vi segnala che succede di tutto, che il Mondo è in una fase di profonda e violenta transizione, e che questa transizione, inevitabilmente, coinvolgerà tutti i mercati finanziari, e in qualche caso li travolgerà.

Guardate l’Argentina: dagli Stati uniti, ha ottenuto una scialuppa di salvataggio, quando il prezzo dei loro titoli di Stato ha toccato 35 (su 100). Europa e Stati Uniti a quale scialuppa di salvataggio potrebbero aggrapparsi, domani?

Fermatevi a riflettere. Stiamo parlando dei vostri risparmi, dei vostri BTp, dei vostri Bund, dei vostri investimenti in Borsa. proprio di quello.


Come dicevamo poco fa, il Mondo, tutto intero è attraversato oggi da tensioni che non hanno precedenti dopo il 1945, e che ci confermano che siamo già entrati in una fase nuova, in una Nuova Era, che Recce’d annunciava anche qui nel Blog fin dal 2022. Come avete letto sui quotidiano ed ascoltato al TG,, vengono rimesse in discussione sia le aree di influenza politica e militare, sia i flussi commerciali di merci e servizi, sia le modalità con le quali vengono tenute sotto controllo le iniziative delle Aziende private (quotate e non).

In alcuni casi, si ridefinisce persino lo spazio di influenza del cittadino: in determinate realtà, autocratiche, quanto conta ancora il voto degli elettori?

Ripetiamo che non si tratta di bla-bla, come abbiamo già detto: si tratta di un fattore influente e forse decisivo, che noi investitori dobbiamo urgentemente tradurre in scelte di portafoglio.

Non si tratta di bla-bla per mascherare la confusione (che in ogni caso risulterebbe giustificata dai fatti) noi di Recce’d ogni mattina dialoghiamo in modo molto concreto con tutti i nostri Clienti:

Noi lo facciamo perché nel presente contesto è indispensabile rivedere e modificare non soltanto la asset allocation, e non soltanto la strategia di gestione, ma pure lo stesso processo di gestione, e precisamente:

  • quali dati dobbiamo seguire?

  • e come li dobbiamo selezionare?

  • da quali fonti li dobbiamo raccogliere?

  • con quale metodo li dobbiamo trasformare, oggi, in valutazioni per le azioni, per le obbligazioni, per le valute e per le materie prime?

  • come dobbiamo prendere le nostre decisioni oggi?

Come ci auguriamo di avere chiarito, oggi il vostro pensiero, la vostra attenzione, e le vostre valutazioni NON debbono concentrarsi sul dollaro USA da comperare oppure vendere, sulle Borse su cui andare LONG oppure SHORT, sul petrolio che è da comperare oppure da vendere.

Oggi, tutti gli investitori debbono mettersi al lavoro sul contesto generale: sul quadro geo-politico ma soprattutto sul quadro geo-economico.si tratta di un processo, di un lavoro in corso: non di un risultato già acquisito

Non c’è, non è mai stato scritto il “libro di testo”, un “libro di scuola” per situazioni come quella di oggi.

Quando la sola certezza è l’incertezza.

E proprio qui, viene esaltato il modello di servizio che Recce’d propone

Recce’d ha da oltre un decennio proposto sul mercato un modello di servizio che nelle attuali condizioni è l’unico possibile se si intende preservare il proprio risparmio ed allo stesso tempo ottenere un rendimento stabile e duraturo (e NON dipendente dalle bolle finanziarie, scommettendo i propri denari sul nero oppure sul rosso come si fa al Casinò).

Soprattutto, non affidando il proprio risparmio a fasulle “visioni di lungo periodo”, su una asset allocation statica, su inutili e pericolosi paragoni con il passato. Si sta riscrivendo la Storia: la vostra gestione deve, necessariamente essere dinamica, il vostro confronto con i mercati finanziari deve diventare più frequente, il modo nel quale voi fare le vostre valutazioni deve essere adeguato ai tempi, il vostro “consulente” deve essere presente ogni giorno.

In poche righe abbiamo appena riassunto ciò che Recce’d garantisce ai propri Clienti.

Come detto, e ripetuto più volte, a proposito del tema di questo Post: non si tratta di bla-bla, si tratta invece di questioni pratiche e di scelta: anzi, si tratta della più pratica di tutte le questioni, oggi 5 ottobre 2025.

Tutti lo vedrete presto, nelle nuove turbolenze che colpiranno i mercati finanziari. Noi però, come nostro dovere professionale, dobbiamo mettere in guardia con anticipo i nostri Clienti di queste situazioni, proprio come fanno i metereologi quando anticipano al pubblico cicloni, uragani e tempeste.

Così che i nostri Clienti ne possano approfittare, proteggendo e mettendo in sicurezza il loro risparmio ed allo stesso tempo guadagnando ciò che è possibile guadagnare dalle VERE, AUTENTICHE opportunità di investimento di questo 2025.

Opportunità che sono davvero enormi, come detto solo sette giorni fa anche qui nel Blog. E che NON sono “AI”, come abbiamo motivato anche qui nel Blog sette giorni fa, e poi dettagliato con analisi ed approfondimenti operativi per tutta la settimana appena conclusa nel nostro The Morning Brief.

Con l’articolo che segue, vi illustriamo con chiarezza che non si tratta di bla-bla, ma di una concreta questione di operatività e di scelte di investimento. E sempre utilizzando questo articolo che chiude il Post, vi indichiamo con chiarezza dove sta, oggi, 5 ottobre del 2025, l’occhio del ciclone che sta arrivando. Sta scritto proprio qui sotto.

Noi di Recce’d torneremo certamente a trattare questo tema, anche qui nel Blog. Ma ne leggerete sempre più spesso anche sulla prima pagina del vostro quotidiano, e lo sentirete poi anche al GR ed al TG.



L'autore è presidente del Queens' College di Cambridge e consulente di Allianz e Gramercy.

Un affascinante tiro alla fune si sta svolgendo sul mercato dei titoli di Stato statunitensi, indicatore di una tendenza più ampia: la crescente influenza della "geoeconomia".

All'inizio di settembre, molti trader e analisti erano convinti che la curva dei rendimenti dei titoli di Stato statunitensi si sarebbe irripidita, ovvero che i rendimenti a più lunga scadenza sarebbero aumentati più rapidamente di quelli a breve termine, per tenere conto del maggiore rischio di detenere i titoli per un periodo più lungo. Dopotutto, il debito e i deficit statunitensi erano elevati, senza prospettive immediate di un'inversione di tendenza. L'inflazione era bloccata al di sopra dell'obiettivo della Federal Reserve ed era probabile che aumentasse ulteriormente. E c'erano segnali che gli investitori stranieri stavano cercando di ridurre gradualmente le loro storiche posizioni "sovrappeso" in titoli del Tesoro statunitensi.

Ma questa visione unanime è stata messa in discussione dai commenti di funzionari governativi che affermavano di voler "piegare la curva", ovvero abbassare i tassi ben oltre le scadenze molto brevi che la Fed può controllare direttamente, al fine di rendere i mutui più accessibili, un obiettivo politico chiave dell'amministrazione Trump. Questo obiettivo potrebbe essere perseguito attraverso le operazioni di gestione delle passività del Tesoro o i vari strumenti che la Fed ha implementato in passato (come l'"Operazione Twist", che ha venduto debito a breve termine e acquistato titoli a più lungo termine, e gli acquisti diretti di asset).

Vedremo cosa prevarrà, ma la potenziale influenza di fattori non commerciali nel determinare la forma della curva dei rendimenti sembra determinante in un momento in cui ci sono state preoccupazioni sull'indipendenza politica della banca centrale. La nomina dell'economista Stephen Miran al consiglio della Federal Reserve è vista da alcuni come l'istituzione di un secondo presidente de facto per la banca centrale, dato che molti lo considerano il rappresentante delle opinioni del successore dell'attuale presidente Jay Powell, chiunque esso sia. (Miran ricopre la carica di presidente della Fed mentre è in congedo dal suo incarico di presidente del Consiglio dei consulenti economici degli Stati Uniti).

Il braccio di ferro si verifica anche in un momento in cui molte forze politiche stanno influenzando maggiormente le politiche economiche.

Altri esempi, solo quest'anno, includono la crescente strumentalizzazione del commercio e della finanza e il loro utilizzo per esercitare pressioni sia sugli alleati che sugli avversari su questioni non economiche; la diffusione della politica industriale per raggiungere obiettivi come la sicurezza di catene di approvvigionamento cruciali; e l'uso di controlli sulle esportazioni di tecnologie avanzate per limitare lo sviluppo militare ed economico di un rivale.

Questa tendenza non è isolata agli Stati Uniti; si sta verificando sempre più a livello globale. È la prova di come gli obiettivi politici e geopolitici interni stiano influenzando maggiormente le politiche economiche. E questa è una svolta radicale rispetto ai molti decenni in cui l'economia ha avuto un'influenza determinante sulla politica interna e sulla geopolitica.

Un'epoca in cui due convinzioni convenzionali hanno ancorato l'economia globale.

  • La prima era il "Washington Consensus", che sottolineava la deregolamentazione interna, la liberalizzazione commerciale, la responsabilità fiscale, la privatizzazione e la riforma fiscale.

  • La seconda era la globalizzazione, ovvero la sempre più stretta integrazione tra commercio e flussi di capitali. Entrambe si basavano sul presupposto che il libero mercato e l'efficienza economica avrebbero portato naturalmente alla prosperità per tutti.

Si fondavano su un fondamento di logica economica, in cui la politica e la sicurezza nazionale erano considerate fattori secondari piuttosto che centrali.

Tuttavia, la loro efficacia è stata compromessa da una scarsa attenzione alle disuguaglianze e alle altre vulnerabilità che potevano creare. Consigliato: The Long View, John Plender. La doppia FOMO che guida i mercati statunitensi. La crescente influenza della geoeconomia crea un ambiente più volatile per policymaker, aziende e operatori di mercato, con una gamma molto più ampia di potenziali risultati da considerare. Basta guardare cosa è successo nei mercati finanziari quest'anno.

Quando mai abbiamo assistito a un record di prezzo registrato simultaneamente da asset "risk-on" (azioni) e da asset "risk-off" (obbligazioni)?

Questo apparente paradosso non è facilmente comprensibile se non attraverso una lente geoeconomica.

È una delle numerose rotture delle correlazioni tradizionali, che si basavano su una netta separazione tra forze di mercato e azioni politiche.

È un mondo più complesso, con alcune regole chiave del gioco nei mercati e nell'economia che vengono riscritte in tempo reale. I leader aziendali e gli investitori devono integrare molto di più i fattori geopolitici e politici interni nelle strategie, riconoscendo che la gamma di potenziali risultati è molto più ampia e inusuale.

Dopotutto, come ha ironicamente affermato un collega la scorsa settimana, l'unica cosa certa oggigiorno è l'incertezza, e anche questa tende a diventare ogni giorno più insolita.

Valter Buffo
Detox. A che cosa serve veramente AI?
 

Nella nostra fortunata serie Detox, una serie di Post che iniziammo a pubblicare nel mese di marzo del 2025, la nostra attenzione si è dovuta fino a questo momento concentrare su questioni si sostanza: in una parola, sulla realtà: una realtà ignorata e distorta dai social e dai mezzi di comunicazione, e proprio per questa ragione messa in evidenza, analizzata e dissezionata da Recce’d nella sua serie di Post.

Proprio da questo segue il fatto che nella serie Detox, fino ad oggi, si è trattato in modo marginale e discontinuo di Borsa.

Mai come in questo 2025 le Borse sono un “di cui”: a seconda di come va tutto il resto, poi vanno le Borse. Per comprendere dove andranno le Borse, un investitore competente ed attento deve guardare … al di fuori delle Borse.

Era stato presentato come un grande vantaggio per gli investitori: “… le Borse ormai sono scollegate dalla realtà, seguono una strata tutta loro …”.

Ma oggi, nel settembre 2025, le cose sono già cambiate: nel senso che le Borse sono sì scollegate dalla realtà. Ma ormai soltanto per poco tempo. La realtà è in arrivo in Borsa. Il punto di svolta si avvicina.

Ed ecco spiegata la ragione per la quale, nella serie Detox, oggi scriveremo di Borse. Ed anche in alcuni futuri Post, da qui a fine 2025.

Introduciamo l’argomento però ritornando (sinteticamente) alla realtà.


L'economia statunitense è forte o debole in questo momento?

Negli ultimi mesi sono emersi molti segnali contrastanti, complicando il quadro per investitori, responsabili delle politiche della Fed e tutti gli altri. Una stagione positiva degli utili e il boom dell'intelligenza artificiale hanno dato impulso ai mercati, la spesa dei consumatori è resiliente e la crescita del PIL appare più forte di quanto si pensasse in precedenza. D'altro canto, il rallentamento del mercato del lavoro è reale, mentre l'inflazione si è mantenuta al di sopra dell'obiettivo del 2% della banca centrale per quasi cinque anni, e i dazi doganali potrebbero continuare a far salire tale cifra.

"Sta diventando evidente che l'economia statunitense è attualmente sostenuta da pochissimi pilastri", scrive Bret Jensen, leader dell'Investing Group, in "If The U.S. Economy Is So Good".

  1. "Il primo è il deficit fiscale del governo federale pari al 6-7% del PIL negli ultimi anni. Con gli interessi necessari per coprire un debito di oltre 37.000 miliardi di dollari, ovviamente questo a un certo punto non sarà sostenibile."

  2. "Poi abbiamo enormi investimenti nella costruzione di data center di intelligenza artificiale da parte di giganti della tecnologia come Microsoft (MSFT), Amazon (AMZN) e Alphabet (GOOG). Riusciranno a ripagare negli anni a venire e a generare un ritorno sull'investimento elevato, oppure alcuni di questi investimenti si riveleranno come le decine di miliardi che Meta Platforms (META) ha investito nella costruzione del Metaverso?"

  3. "Infine, un altro fattore trainante dell'economia è la piccola fetta della popolazione americana che ha visto l'apprezzamento dei prezzi dei propri asset (azioni, immobili, ecc.) superare l'aumento del costo della vita negli ultimi cinque anni. Il 10% dei percettori di reddito più elevati (circa 250.000 dollari di reddito annuo o superiore) è ora responsabile di quasi la metà di tutta la spesa al consumo. Detiene anche l'87% di tutto il valore azionario. Se il valore delle case continua a scendere e/o le azioni iniziano a vacillare, questa fonte chiave di spesa al consumo potrebbe indebolirsi.

L'indicatore di inflazione preferito dalla Fed è stato pubblicato alle 8:30 ET, fornendo un'ultima panoramica sullo stato dell'economia statunitense. Il dato rimane al 3%, ed funzionari della Federal Reserve si adegueranno a questo indice dei prezzi della spesa per consumi personali, che considerano la migliore misura delle tendenze inflazionistiche sottostanti. Le pressioni al rialzo si sono manifestate anche ad agosto, ma è opportuno tenere d'occhio anche altri aspetti importanti del rapporto sul reddito e le spese personali, come la spesa al consumo e la crescita del reddito.

I fatti elencato in questo contributo esterno sono ben noti a tutti, e non necessitano di commenti da parte di Recce’d: vogliamo però, oggi, fornire ai nostri lettori un approfondimento sul punto 2 qui sopra, che come vedrete condizionerà in modo decisivo il futuro delle Borse, ed anche il futuro prossimo.

Questa è la ragione della nostra decisione di proporvi in lettura un secondo contributo esterno, ampio ed approfondito, proprio sul tema toccato dal punto numero 2..

La ventosa cittadina di Ellendale, nel Dakota del Nord, con una popolazione di 1.100 abitanti, ospita due motel, un Dollar General, un college biblico pentecostale e una fabbrica di intelligenza artificiale, ancora in costruzione, più grande di 10 Home Depot.

Il suo costo di oltre 15 miliardi di dollari equivale a un quarto della produzione economica annuale dello stato.

Il boom dell'intelligenza artificiale ha dato il via a una delle più costose ondate di investimenti edilizi nella storia mondiale. Negli ultimi tre anni, le principali aziende tecnologiche hanno investito in data center di intelligenza artificiale come quello di Ellendale, oltre a chip ed energia, più di quanto sia costato costruire la rete autostradale interstatale in quattro decenni, al netto dell'inflazione. I sostenitori dell'intelligenza artificiale paragonano questo sforzo alla Rivoluzione Industriale.

Un grosso problema: nessuno sa con certezza come recupererà il proprio investimento, né quando.

La corsa all'edilizia è di fatto una scommessa mega-speculativa sul fatto che la tecnologia migliorerà rapidamente, trasformerà l'economia e inizierà a produrre profitti costanti. "Spero che non ci vorranno 50 anni", ha detto il CEO di Microsoft Satya Nadella durante una conferenza di maggio con il CEO di Meta Mark Zuckerberg, riferendosi all'iniziale lentezza nell'adozione dell'elettricità.

"Sì, beh, stiamo tutti investendo come se non ci volessero 50 anni", ha risposto Zuckerberg, che in una recente cena alla Casa Bianca ha ipotizzato che la spesa dell'azienda negli Stati Uniti fino al 2028 sarebbe stata "probabilmente" di circa 600 miliardi di dollari.

Un evento "torta sociale" in città. Per 5 dollari, si ottiene una fetta di torta, caffè e gelato.

Gli osservatori della Silicon Valley temono che l'entusiasmo per l'intelligenza artificiale si sia trasformato in una bolla che riecheggia sempre più forte la mania per lo sviluppo delle infrastrutture di Internet alla fine degli anni '90.

All'epoca, le compagnie di telecomunicazioni spesero oltre 100 miliardi di dollari per ricoprire il Paese di cavi in ​​fibra ottica, convinte che la crescita di Internet sarebbe stata così esplosiva da giustificare quasi ogni investimento. Il risultato fu una massiccia sovracostruzione che rese le telecomunicazioni il settore più colpito dalla crisi delle dot-com. Giganti del settore crollarono come tessere di un domino, tra cui Global Crossing, WorldCom e 360Networks.

Oggi, il mondo tipicamente anonimo dei chip e dei data center è diventato un campo di battaglia da centinaia di miliardi di dollari, dove i giganti della Silicon Valley si sfidano a vicenda con impegni di spesa e nomi fantascientifici.

Zuckerberg ha anticipato il suo mega-data center "Hyperion" con un post sui social media in cui mostrava che avrebbe avuto le dimensioni di un'ampia porzione di Manhattan.

Sam Altman di OpenAI chiama il suo progetto di data center "Stargate", un riferimento al film del 1994 su un portale interstellare per viaggi nel tempo. Questa settimana, i dirigenti dell'azienda hanno presentato piani che richiederebbero almeno mille miliardi di dollari di investimenti in data center, e Altman si è recentemente impegnata a pagare a Oracle una media di circa 60 miliardi di dollari all'anno per i server nei data center nei prossimi anni. Eppure, OpenAI è sulla buona strada per incassare solo 13 miliardi di dollari di fatturato da tutti i suoi clienti paganti quest'anno.

Sei anni fa, CoreWeave, la società che affitta la struttura del North Dakota, era un'oscura società di mining di criptovalute con meno di due dozzine di dipendenti. Inondata di denaro da Wall Street e da investitori di private equity, si è trasformata in un colosso dell'informatica con un valore di mercato superiore a quello di General Motors o Target.

Una vista da Main Street.

I numeri odierni sono molto più grandi della bolla delle dot-com, il che implica che sarebbe necessario un radicale cambiamento nell'economia per rendere questi investimenti redditizi.

David Cahn, partner della società di venture capital Sequoia, stima che il denaro investito in infrastrutture di intelligenza artificiale solo nel 2023 e nel 2024 richieda a consumatori e aziende di acquistare circa 800 miliardi di dollari in prodotti di intelligenza artificiale per l'intero ciclo di vita di questi chip e data center, al fine di ottenere un buon ritorno sull'investimento. Gli analisti ritengono che la maggior parte dei processori di intelligenza artificiale abbia una vita utile compresa tra tre e cinque anni.

Questa settimana, i consulenti di Bain & Co. hanno stimato che l'ondata di spesa in infrastrutture di intelligenza artificiale richiederà 2.000 miliardi di dollari di fatturato annuo nel settore dell'intelligenza artificiale entro il 2030. A titolo di paragone, si tratta di una cifra superiore al fatturato combinato del 2024 di Amazon, Apple, Alphabet, Microsoft, Meta e Nvidia, e più di cinque volte superiore all'intero mercato globale del software in abbonamento.

Morgan Stanley stima che lo scorso anno i prodotti di intelligenza artificiale abbiano generato circa 45 miliardi di dollari di fatturato. Il settore trae profitto da una combinazione di quote di abbonamento per chatbot come ChatGPT e denaro pagato per l'utilizzo dei data center di queste aziende.

Come il settore tecnologico colmerà il divario è "la domanda da mille miliardi di dollari", ha affermato Mark Moerdler, analista di Bernstein.

I consumatori sono stati rapidi nell'utilizzare l'intelligenza artificiale, ma la maggior parte utilizza versioni gratuite, ha affermato Moerdler. Le aziende sono state lente a sborsare per l'intelligenza artificiale, superando i circa 30 dollari al mese per utente di Copilot di Microsoft o prodotti simili. "Qualcuno dovrà pur guadagnarci", ha affermato.

Prevedere quando un boom si trasformerà in una bolla è notoriamente difficile. Molte si gonfiano per anni. Alcune non scoppiano mai e semplicemente ristagnano. I sostenitori dell'intelligenza artificiale insistono sul fatto che questo boom sia diverso dall'era delle dot-com.

I giganti della tecnologia di oggi generano molta più liquidità dei costruttori di fibra ottica Negli anni '90. E l'intelligenza artificiale è immediatamente disponibile per gran parte del pianeta, a differenza di Internet, che richiedeva a consumatori e aziende di connettersi via cavo per un accesso ad alta velocità.

OpenAI conta circa 700 milioni di persone, il 9% della popolazione mondiale, come utenti settimanali di ChatGPT ad agosto, in aumento rispetto ai 500 milioni di marzo, mentre il suo fatturato è destinato a triplicare entro il 2024.

Se l'intelligenza artificiale continua a progredire al punto da poter sostituire una vasta fetta di posti di lavoro impiegatizi, i risparmi saranno più che sufficienti a ripagare l'investimento, sostengono i sostenitori. I dirigenti dell'intelligenza artificiale prevedono che la tecnologia potrebbe aumentare il PIL globale del 10% nei prossimi anni.

"L'addestramento di modelli di intelligenza artificiale è un gigantesco mercato multimiliardario", ha dichiarato questo mese agli investitori il presidente di Oracle, Larry Ellison. Il mercato per le aziende e i consumatori che utilizzano quotidianamente l'intelligenza artificiale "sarà molto, molto più ampio".

L'ascesa di CoreWeave

Il finanziamento alla base dello sviluppo dell'intelligenza artificiale è complesso. Il debito è stratificato a quasi ogni livello.

Alphabet, Microsoft, Amazon, Meta e altre aziende creano i propri prodotti di intelligenza artificiale e talvolta vendono l'accesso ai servizi di cloud computing ad aziende come OpenAI che progettano modelli di intelligenza artificiale. Si prevede che le sole quattro "hyperscaler" spenderanno quasi 400 miliardi di dollari in investimenti di capitale l'anno prossimo, più del costo del programma spaziale Apollo in dollari odierni.

Alcune costruiscono i propri data center, mentre altre si affidano a terze parti per la costruzione di magazzini di grandi dimensioni, dotati di apparecchiature di raffreddamento e di alimentazione.

Gru e linee elettriche nel cantiere. Il clima ventoso e invernale del North Dakota contribuisce a contenere i costi di raffreddamento del data center.

Poi ci sono aziende intermediarie come CoreWeave, guidata da Michael Intrator, un ex trader di materie prime. Il compito principale di CoreWeave è affittare data center, riempirli di chip Nvidia e poi affittare i server alle aziende tecnologiche.

L'azienda, con sede in un desolato complesso di uffici del New Jersey, accanto a un Container Store e a un salone di bellezza, ha acceso l'entusiasmo degli investitori per l'infrastruttura di intelligenza artificiale con una grande offerta pubblica di marzo.

Ha avuto una rapida ascesa dal 2017, quando Intrator si è unito ad ex colleghi di un fondo speculativo energetico e ha fondato Atlantic Crypto, che ha acquistato server per il mining della criptovaluta ether.

L'azienda ha una cultura aziendale intraprendente, in cui i dirigenti sbraitano slang di Internet per ispirare le truppe, come "YOLO" (si vive una volta sola) e "GSD" (si fa la ca**o), secondo un ex dipendente.

Intrator ha rinominato l'azienda CoreWeave nel 2019 e si è concentrata sui server di cloud computing che alimentano l'intelligenza artificiale. Dopo che il lancio di ChatGPT nel 2022 ha scatenato la mania per l'intelligenza artificiale, ha dato il massimo, accumulando rapidamente data center e chip e firmando contratti di noleggio con aziende di intelligenza artificiale a un ritmo vertiginoso. Ha ricevuto investimenti da Nvidia, che oggi detiene una quota di oltre il 6%.

A partire da questa settimana, CoreWeave ha accumulato oltre 42 miliardi di dollari in contratti con aziende tecnologiche che affittano i suoi server nei prossimi anni, inclusa un'espansione fino a 6,5 ​​miliardi di dollari del suo precedente accordo con OpenAI annunciato giovedì.

Questa crescita è stata resa possibile da un ingente debito, che Intrator ha definito "il carburante per questa azienda" in un'intervista alla CNBC. Per finanziare gli acquisti di chip, CoreWeave si è rivolta a Blackstone, il suo principale partner finanziario, e ad altri istituti di credito desiderosi di entrare nel settore dell'intelligenza artificiale.

I tassi di interesse partono da oltre l'8% per i finanziamenti di CoreWeave sui suoi accordi con le principali aziende tecnologiche, tra cui Microsoft, e sono molto più elevati per le startup emergenti. In totale, CoreWeave ha circa 15 miliardi di dollari di debiti.

Deve ancora di più ai proprietari: i documenti depositati da CoreWeave mostrano che è responsabile di 56 miliardi di dollari in pagamenti per i contratti di locazione dei data center, che di solito durano circa 10 anni.

Tuttavia, gli accordi di CoreWeave con le aziende tecnologiche durano in genere dai due ai cinque anni, secondo quanto dichiarato nella documentazione per l'IPO. Ciò significa che dovrà effettuare pagamenti per miliardi di dollari alla scadenza degli accordi con le aziende tecnologiche. Si sta inoltre facendo carico dei pagamenti per i numerosi data center in cui non ha ancora trovato un cliente disposto a noleggiare i server.

Se l'ondata di costruzioni si rivelasse ben più intensa del necessario, o se le aziende tecnologiche abbandonassero i fornitori terzi, il rischio è che i data center di CoreWeave finiscano come i cavi in ​​fibra ottica inattivi che attraversavano gli Stati Uniti negli anni 2000.

Intrator ha affermato che il boom dei data center è simile alla crescita della rete elettrica statunitense alimentata dal debito all'inizio del secolo scorso, solo molto più grande, più simile a una mobilitazione in tempo di guerra.

Prevede una domanda elevata per mantenere operativi i data center di CoreWeave negli anni a venire. Intrator ha affermato che il debito dell'azienda è in gran parte legato ai contratti con le aziende tecnologiche, che forniscono più che sufficienti risorse per estinguere prestiti e leasing. Gli elevati costi di finanziamento sono "la retta che si paga quando si costruisce qualcosa di nuovo, e noi abbiamo pagato quella retta per entrare in anticipo", ha affermato.

"Non vi dirò che non c'è alcun rischio", ha detto. "Ma abbiamo riflettuto attentamente su come mitigare tale rischio e strutturare il debito in modo che sia appropriato per questa tecnologia".

Come Core Weave cresce e si affretta ad affittare data center in aree ricche di energia, prima dei suoi concorrenti. La sua portata si estende dal New Jersey al Texas all'Oregon.

Per piantare la sua bandiera a Ellendale, CoreWeave ha trovato un sito in fase di sviluppo da parte del costruttore di data center Applied Digital, che ha iniziato come azienda di infrastrutture per criptovalute prima di unirsi alla corsa all'intelligenza artificiale.

Nel 2023, Applied Digital ha avviato la costruzione di un data center situato in pianure ventose dove i parchi eolici producono energia a basso costo. Il clima invernale del North Dakota è un vantaggio: costa meno raffreddare i server, che assorbono enormi quantità di energia e spesso si surriscaldano.

Wes Cummins, CEO di Applied Digital, ha trascorso mesi a cercare di convincere i giganti della tecnologia ad affittare direttamente il data center, senza successo, insistendo con la costruzione mentre contraeva debiti con una banca giapponese e un investimento da Macquarie.

Ha detto di essere stato in ansia fino all'inizio di quest'anno, quando la sua azienda e CoreWeave hanno iniziato a trattare seriamente per l'affitto del data center da parte di CoreWeave. A maggio, hanno siglato il primo di tre accordi. In totale, CoreWeave deve alla società di Cummins 11 miliardi di dollari in 15 anni.

"CoreWeave è agile e si muove molto velocemente", ha detto Cummins. "Sono aggressivi e rimangono aggressivi", anche se il mercato oscilla.

CoreWeave dovrebbe installare oltre 10 miliardi di dollari di chip e altre apparecchiature nel complesso simile a un magazzino, attrezzato per 400 megawatt di elettricità, sufficienti ad alimentare oltre 150.000 abitazioni.

L'azienda ha stipulato accordi con due aziende tecnologiche per utilizzare i server di Ellendale, ha dichiarato un portavoce, rifiutandosi di fare i nomi degli utenti specifici.

Echi di bolle passate

La storia è piena di bolle tecnologiche che scoppiano. L'ottimismo per un'invenzione – canali, elettricità, ferrovie – scatena una corsa sfrenata degli investitori, alimentata da una crescita esplosiva. Ne consegue una sovracostruzione e gli investitori subiscono perdite enormi, anche quando una nuova tecnologia permea l'economia.

La mania ferroviaria del Regno Unito del XIX secolo fu così grande che oltre il 7% del PIL nazionale fu destinato alla copertura ferroviaria del Paese. Tra il 1840 e il 1852, la rete ferroviaria quasi quintuplicata, raggiungendo i 11.700 chilometri di binari, produsse però solo un quarto dei ricavi previsti, secondo Andrew Odlyzko, professore emerito di matematica all'Università del Minnesota, esperto di bolle speculative.

Definisce l'ottimismo sfrenato nelle manie "allucinazioni collettive", in cui investitori, società e stampa seguono la mentalità del gregge e smettono di vedere i rischi.

Lo sa per esperienza diretta, essendo stato ricercatore presso i Bell Labs negli anni '90. Poi, i giganti delle telecomunicazioni e le startup emergenti si sono affrettati a piantare speculativamente decine di milioni di chilometri di cavi in ​​fibra ottica nel terreno, spendendo l'equivalente di circa l'1% del PIL degli Stati Uniti nell'arco di cinque anni.

I sostenitori hanno paragonato l'iniziativa al sistema autostradale, all'avvento dell'elettricità e alla scoperta del petrolio. La convinzione prevalente all'epoca, ha detto, era che l'uso di Internet raddoppiasse ogni 100 giorni. Ma in realtà, per gran parte del boom degli anni '90, il traffico raddoppiava ogni anno, ha scoperto Odlyzko.

La forza di questa mania ha portato i dirigenti di tutto il settore a concentrarsi sul clamore più che su notizie e statistiche negative, investendo nella fibra ottica fino allo scoppio della bolla.

"C'era una forte componente di interesse personale", poiché aziende e dirigenti avrebbero tutti beneficiato finanziariamente finché il boom fosse continuato, ha detto Odlyzko. "I segnali premonitori vengono ignorati".

Kevin O'Hara, co-fondatore di Level 3, azienda emergente nel settore della fibra ottica, ha affermato che banche e investitori azionari stavano investendo nell'azienda e che i dirigenti credevano che la domanda sarebbe salita vertiginosamente per anni. Nonostante i segnali preoccupanti, i dirigenti si sono concentrati sulla promessa di un maggiore traffico da utilizzi come lo streaming video e i giochi.

"È stata una vera e propria corsa all'oro", ha affermato. "Spendevamo circa 110 milioni di dollari a settimana" per costruire la rete.

Quando la realtà ha preso il sopravvento, le azioni di Level 3 sono crollate del 95%, mentre i giganti del settore sono falliti. Gran parte della fibra è rimasta inutilizzata per oltre un decennio. In definitiva, la crescita dello streaming video e di altri utilizzi all'inizio del decennio ha contribuito ad assorbire gran parte dell'eccesso di offerta.

Segnali preoccupanti

Ci sono segnali crescenti e preoccupanti che indicano che l'ottimismo sull'intelligenza artificiale non si concretizzerà.

Un rapporto del MIT ha rilevato che il 95% delle organizzazioni intervistate non sta ottenendo alcun ritorno sugli investimenti in prodotti di intelligenza artificiale. Uno studio economico dell'Università di Chicago ha rilevato che i chatbot AI non hanno avuto "alcun impatto significativo sui guadagni dei lavoratori, sulle ore lavorate o sui salari" in 7.000 luoghi di lavoro danesi.

Il rilascio di ChatGPT-5 da parte di OpenAI ad agosto è stato ampiamente considerato un miglioramento incrementale, non il momento di svolta che molti si aspettavano. Dato l'elevato costo di sviluppo, il rilascio ha alimentato la preoccupazione che i modelli di intelligenza artificiale generativa stiano migliorando a un ritmo più lento del previsto.

Ogni nuovo modello di intelligenza artificiale – ChatGPT-4, ChatGPT-5 – costa significativamente di più del precedente per l'addestramento e il rilascio al mondo, spesso da tre a cinque volte il costo del precedente, afferma un dirigente del settore IA. s. Ciò significa che il ritorno sull'investimento deve essere ancora più elevato per giustificare la spesa.

Un altro ostacolo: i chip nei data center non saranno utili per sempre. A differenza dei cavi in ​​fibra ottica del boom delle dot-com, i più recenti chip di intelligenza artificiale perdono rapidamente valore con il miglioramento della tecnologia, proprio come un vecchio modello di auto.

"Questo è più grande di tutte le altre bolle tecnologiche messe insieme", ha affermato Roger McNamee, co-fondatore dell'investitore tecnologico Silver Lake Partners, che ha criticato alcuni giganti della tecnologia. "Questo settore può avere lo stesso successo dei prodotti tecnologici di maggior successo mai introdotti e non giustificare comunque gli attuali livelli di investimento".

Nuove abitazioni in costruzione a fronte di un aumento della popolazione dovuto al nuovo data center.

La città ha ottenuto prestiti per costruire nuove infrastrutture e sta pianificando la crescita.

Nonostante le preoccupazioni, i soldi continuano ad arrivare.

Applied Digital, proprietaria di CoreWeave nel Dakota del Nord, ha recentemente avviato i lavori per un ulteriore data center da 280 megawatt nello stato. Non ha ancora trovato un inquilino.

A Ellendale, la popolazione raddoppia durante il giorno, mentre gli operai edili affollano il bancone dei panini della stazione di servizio Cenex durante l'ora di punta del pranzo. Una volta completato il data center, si prevede che la popolazione permanente della città aumenterà di 300-400 persone, ovvero circa un terzo.

C'è una crescente carenza di alloggi, ha affermato il sindaco Don Flaherty. La città ha recentemente ottenuto prestiti per costruire fognature, marciapiedi e altre infrastrutture per servire un quartiere pianificato di circa 20 nuove abitazioni.

"Stiamo prendendoci una responsabilità, e c'è il timore che tutto possa crollare" se il boom dell'intelligenza artificiale dovesse indebolirsi, ha affermato Flaherty.

Ma senza il boom, "c'è la possibilità che tra 20 o 30 anni Ellendale diventi una città fantasma", ha detto. "Siamo sull'onda in questo momento e dobbiamo solo continuare a cavalcarla".

Scrivete a Eliot Brown all'indirizzo Eliot.Brown@wsj.com e a Robbie Whelan all'indirizzo robbie.whelan@wsj.com

I fatti citati nel brano che avete appena letto sono così macroscopici, e così facili da interpretare dal punto di vista della gestione del proprio risparmio, che Recce’d ritiene di non dovere aggiungere altro.

E’ più che sufficiente che l’investitore ricordi la vicenda Enron: moltiplicata però di 100 volte nelle dimensioni. Niente di nuovo sotto il sole, insomma.

Ma oggi come vanno utilizzate queste informazioni, per le scelte di asset allocation, e nella futura gestione dei vostri portafogli di asset finanziari? Che tipo di analisi ci serve e vi serve?

Per aiutarvi, come sempre in modo concreto e diretto, vi proponiamo di esaminare alcune immagini e di leggere un terzo, breve contributo: un commento appunto sintetico ai fatti dell’ultima settimana, ed in particolare ad un annuncio che replica un modello di comportamento giù utilizzato in precedenza, ed in migliaia di occasioni. Un comportamento che sta alla base, e quindi spiega, tutta intera la “bolla di AI”. Leggendo vi verrà spiegato, in poche righe, a che cosa serve davvero AI.

Vi saranno quindi sufficienti queste poche informazioni, per rispondere alle domande sul “che cosa fare oggi” in merito ai vostri attuali investimenti ed alla gestione del vostro portafoglio. Ed in particolare della parte azionaria del vostro portafoglio.

Ovviamente, se avete interesse ad approfondire ulteriormente, ci trovate disponibili utilizzando la pagina CONTATTI del nostro sito.

Dopo avere letto il terzo ed ultimo contributo, trovate un commento (di estrema sintesi) di Recce’d.


Ieri, commentando l'ultimo schema di finanziamento perpetuo dei fornitori svelato da Nvidia e OpenAi, secondo cui, come parte del suo ultimo numero da circo, la più grande azienda al mondo investirà fino a 100 miliardi di dollari in OpenAi in modo che la società di Sam Altman possa permettersi di spendere una fortuna in vari componenti, abbiamo detto che domani probabilmente avremmo visto il seguente comunicato stampa:

Ci riferivamo ovviamente a quella che ormai è diventata una battuta ricorrente anche tra i veterani delle frodi sui finanziamenti ai fornitori...

... ovvero il fatto che gran parte del fatturato di Nvidia deriva dal denaro che trasferisce ai propri clienti, che poi alimenta il fatturato di Nvidia, solitamente con un moltiplicatore di capitalizzazione di mercato pari a 20-30 volte, che le consente di trasferire ancora più denaro ai clienti, e così via, in quella che ormai è diventata una versione reale del famigerato glitch del denaro infinito.

A posteriori, lo schema di finanziamento dei fornitori sempre più grottesco di Nvidia sta iniziando a sorprendere non solo noi.

Durante la notte, la venerabile Australian Financial Review ha scritto: "L'accordo OpenAI di Nvidia mostra quanto sia preoccupante il giro di denaro dell'intelligenza artificiale", sostenendo che "Un'azienda investe 100 miliardi di dollari nell'altra, così da poter acquistare 100 miliardi di dollari di chip prodotti dall'investitore. Benvenuti nell'economia circolare dell'intelligenza artificiale". Detto questo, come ha scritto stamattina Michael Every di Rabobank, la storia è piena di mercati che vedono le partecipazioni incrociate funzionare proprio così, di solito, ma non esclusivamente, come parte di una strategia economica.

Il che è anche vero, ma in fin dei conti, finanziamenti da parte dei fornitori come questo non sono altro che magia contabile e, sebbene non siano (ancora) della stessa gravità di quelli che hanno portato al crollo istantaneo di Enron oltre 20 anni fa, più persone se ne accorgono, più ci avviciniamo al punto di svolta.

E sicuramente più persone se ne stanno accorgendo. Personaggi importanti, come Rich Privorotsky, responsabile del trading di Delta One di Goldman, che ha dedicato un'intera sezione alla "transazione" Nvidia nella sua nota mattutina, intitolata appropriatamente "Riferimento circolare?".

I mercati erano per lo più laterali, guidati all'inizio da una ripresa di Apple, con il resto del mercato che faticava a mantenere i guadagni... fino al titolo Nvidia-OpenAI. Reuters riporta una struttura in cui Nvidia investe fino a 100 miliardi di dollari in azioni senza diritto di voto e OpenAI utilizza il denaro per acquistare chip Nvidia, con un piano per l'implementazione di almeno 10 GW di sistemi Nvidia. NVDA ha strappato... TSMC +3%/resto della supply chain AI in rialzo e Oracle è balzata agli occhi della lettura, affermando che probabilmente costruirà una grossa fetta del calcolo.

Ok, sicuramente non abbastanza vecchio per aver fatto trading durante la bolla tecnologica e i multipli non sono neanche lontanamente vicini a quel momento... Detto questo, il finanziamento dei fornitori era una caratteristica di quell'epoca e quando i produttori di apparecchiature per telecomunicazioni (Cisco, Lucent, Nortel, ecc.) concedevano prestiti, investimenti azionari o garanzie di credito ai propri clienti, che poi usavano il denaro/credito per riacquistare le apparecchiature... beh, basti dire che non è finita bene per nessuno.

E indovinate un po', questa volta non sarà diverso. L'unica domanda è quando, e al ritmo con cui queste azioni crollano ogni giorno (quando non crollano), la risposta potrebbe fare la differenza tra una carriera di successo nella finanza o finire come cuoco di linea da McDonald's.


In estrema sintesi, tutto ciò che avete letto ci porta alla sintesi offerta questa settimana da un trader di Goldman Sachs a proposito della Borsa: “… se il pattume continua a volare, tu sopravvivi; ma se questa tendenza si inverte, almeno non sarai il solo a crollare”.

La Borsa del 2025 è spiegata da queste poche parole: in Recce’d siamo fieri di esserci da sempre opposti ad un uso così tanto scriteriato dei propri risparmi. Come i nostri Clienti sanno molto bene.

Valter Buffo
Detox. Il passaggio più delicato di questo 2025
 

La Banca Centrale degli Stati Uniti ha tagliato il costo ufficiale del denaro del 2025 mercoledì 17 settembre 2025.

Questo momento è il passaggio più delicato per noi investitori e per il risparmio, dell’intero anno 2025.

Merita quindi una analisi ed un approfondimento.

Ogni mattina, noi abbiamo già prodotto l’analisi ed il commento che sono necessari, in esclusiva per i Clienti di Recce’d, in The Morning Brief.

Attraverso il nuovo Post della serie Detox che state leggendo ora, offriamo gratuitamente ai nostri lettori una sintesi del nostro lavoro di approfondimento ed analisi.

Abbiamo scritto che si tratta del passaggio più delicato del 2025. e non ci riferiamo al taglio dei tassi ufficiali di interesse in sé. No, noi qui ci riferiamo a ciò che viene dopo.

Ci sono risposte che voi lettori, e tutti i risparmiatori, ad oggi non hanno.

Risposte essenziali. Senza queste risposte, oggi è impossibile gestire un investimento finanziario, figurarsi un intero portafoglio di investimenti.

Ed è per questa ragione necessario fare uno sforzo, un lavoro accurato di analisi, una ricostruzione ed una interpretazione dei fatti, insomma è necessario mettere della qualità nel proprio processo di investimento e nelle proprie scelte.

Le domande che a tutto oggi restano senza risposta, per voi come per tutta la massa degli investitori, sono le seguenti

  1. perché il taglio

  2. perché adesso

  3. che cosa viene dopo

  4. che cosa è già cambiato e che cosa sta cambiando nel ruolo della Federal Reserve

Proprio di questo, una decina di giorni fa, hanno scritto sia uno dei più grandi gestori di Fondi hedge al Mondo, Ken Griffin, sul Wall Street Journal, sia il Ministro del Tesoro americano Scott Bessent, per un intervento in pubblico.

Oggi, in questo Post, noi di Recce’d non abbiamo né il tempo né lo spazio per riprendere questi due importanti interventi. Lo faremo, molto probabilmente, in un Post successivo. Voi lettori, se lo credete utile, potete fare una ricerca ed andare alla fonte.

Noi di Recce’d, ovviamente, li abbiamo già letti ed analizzati, e anche da queste letture abbiamo ricavato ciò che leggete in questo Post.

Come detto, il taglio dello 0,25% al costo ufficiale del denaro negli Stati Uniti non era la cosa più importante della riunione di mercoledì scorso: anzi, era un fatto scontato.

La battaglia era, invece, per intero sul piano della politica. Chi ha il potere di decidere sul costo del denaro, ed in generale sulla politica monetaria?

Allo stato dei fatti, la risposta è chiara. Il potere rimane a Powell.

Ma, come abbiamo scritto più in alto, è adesso, ovvero dopo il taglio, che si entra nel passaggio più delicato dell’intero 2025.

La chiave con la quale la Federal Reserve ha presentato questo taglio dei tassi è quella del “risk management”: ovvero anticipare futuri problemi sul lato del mercato del lavoro.

Ciò che gli investitori 8anche voi che ci leggete, soprattutto voi) è capire se questi problemi esistono davvero.

Come potete fare, a scoprirlo? Leggendo i dati, oppure affidandovi a qualcuno che non sia solo un venditore ma che sia in grado di fare un lavoro qualitativo di analisi che porta poi alla stima dei rendimenti e dei rischi futuri per ognuno dei vostri asset finanziari.

Contattate Recce’d: vi spiegheremo in che modo deve essere fatta questa analisi, prima di ogni decisione di investimento.

Come dicevamo poco sopra, voi che state leggendo questo Post non sapete per quale ragione la Federal Reserve, proprio mercoledì scorso, ha tagliato il costo ufficiale del denaro, in un contesto economico nel quale l’economia è forte e resiliente (lo dice Trump), l’inflazione sta da 50 mesi al di sopra dell’obbiettivo della Federal Reserve, la Borsa è ai livelli massimi di ogni Tempo (anche questo ce lo conferma Trump), il deficit dello Stato americano è del tutto fuori controllo (Trump di questo non fa neppure un minimo accenno).

Un fatto risulta evidente: il problema non sta nell’economia, ma nella politica.

E dunque, la scelta della Federal Reserve incide sulla credibilità stessa della Banca Centrale.

E per conseguenza, ha ed avrà una pesante influenza sul futuro dei prezzi di tutti gli asset finanziari del Pianeta.

Tutti lo hanno visto, e commentato, nelle reazioni immediate delle valute, delle materie prime, dei rendimenti delle obbligazioni, e nell’andamento degli indici azionari: una dimostrazione molto forte di ciò che stiamo dicendo.

Ovvero, che nessuno oggi ha una risposta per le nostre quattro domande che vi abbiamo sottoposto più in alto:

  1. perché il taglio

  1. perché adesso

  2. che cosa viene dopo

  3. che cosa è già cambiato e che cosa sta cambiando nel ruolo della Federal Reserve


Noi investitori abbiamo un problema, molto grande e profondo, da risolvere oggi: si chiama “la perdita di ancoraggi”, e lo abbiamo già trattato in particolare tra il 2020 ed il 2025, proprio qui nel Blog. Ma soprattutto ne abbiamo fatto uno dei pilastri sui quali si fonda la asset allocation e la strategia di investimento adottata da Recce’d per i portafogli modello. E’ questa una delle fonti delle nostre performances.

Non è difficile comprendere di che cosa si tratta. Utilizzate la vostra stessa memoria. Quando i mercati finanziari si sono trovati in una tempesta, a chi si sono rivolti tutti, per cercare una scialuppa di salvataggio? Alle Banche Centrali. Qualcuno ha scritto che “hanno salvato il Mondo”, noi non siamo per nulla d’accordo, ma al tempo steso è impossibile negare che proprio le Banche Centrali furono il solo ormeggio soldio durante le tempese.

E oggi, chi salverà il Mondo durante la prossima tempesta?

Questa Federal Reserve?

Oppure forse Trump?

Riflettete su alcuni fatti, che vi riportiamo alla memoria attraverso le immagini che seguono, senza aggiungere commenti. Lasciamo al nostro lettore di farsi il suo proprio commento.

E inoltre, fate bene attenzione al dato che sarà pubblicato venerdì prossimo 26 settembre 2025.

Qualora tra i nostri lettori ci fosse qualcuno che trova impegnativo e faticoso mettere insieme, nel modo corretto, i pezzi di questo puzzle, noi abbiamo deciso ancora una volta di fornire un supporto concreto: affidandoci alla penna del giornalista che più di ogni altro viene visto come informato “dall’interno” dei fatti che riguardano la Federal Reserve.

Si tratta di Nick Timiraos, che può aiutarvi a collegare nel modo per voi più utile tutti i fatti e le notizie che vi abbiamo messo a disposizione in questo Post.

Poi, a voi, non resta che arrivare alle scelte che riguardano il portafoglio titoli ed il vostro risparmio: ovvero la scelta dei singoli asset, la scelta del peso di ogni asset, la scelta del timing, la scelta dell’orizzonte di investimento, e la scelta dello strumento finanziari da utilizzare e del mercato sul quale operare.

Noi qui ci limitiamo a ricordare ad ogni lettore che il “risk management” utilizzato da Powell per giustificare la sua decisione di mercoledì è fondamentale anche per tutti noi e voi investitori. Il “risk management” è il 50% della gestione di un portafoglio titoli. Il “risk management” oggi, nella situazione che Recce’d descrive e documenta in questa serie Detox, deve essere il 75% della gestione di un portafoglio titoli.

Lo spiega benissimo anche Nick Timiraos del WSJ, nel brano che abbiamo selezionato per i nostri lettori oggi.

Quando la Federal Reserve ha tagliato i tassi di interesse mercoledì, sembrava che si trattasse di una politica monetaria di routine. I mercati hanno in gran parte scrollato le spalle e il presidente Jerome Powell ha per lo più evitato aspri dissensi su una decisione presa in un contesto di confronto politico senza precedenti.

La svolta avviata con il taglio di mercoledì potrebbe rappresentare l'ultima istanza di Powell per dimostrare che una banca centrale statunitense indipendente può gestire complesse correnti incrociate prima che persone più in linea con le priorità del presidente Trump assumano un maggiore controllo. Il mandato di Powell come presidente termina in primavera.

Per la terza volta nel suo mandato, Powell sta tentando la delicata manovra di tagliare i tassi non perché una recessione appaia imminente, ma piuttosto per prevenirla. Il suo tentativo del 2019 è stato interrotto dalla pandemia prima che la sua efficacia potesse essere valutata. L'anno scorso, il mercato del lavoro si è stabilizzato, ma quest'anno il calo dell'inflazione si è arrestato a causa dell'aumento dei prezzi, che potrebbe riflettere gli effetti dei forti aumenti tariffari da parte di Trump.

Il risultato è che si tratta di un calcolo più rischioso. La Fed sta affrontando una sfida straordinaria alla sua tradizionale indipendenza, oltre a una crescita più debole e a un'inflazione vischiosa che non hanno complicato gli altri episodi.

La storia offre tre possibili esiti per la mossa di Powell. A metà degli anni '90, la Fed riuscì a progettare con successo un "atterraggio morbido" riducendo gli aumenti dei tassi e prolungando l'espansione economica senza innescare l'inflazione: il Santo Graal che ogni presidente della Fed cerca di replicare.

Nel 1967, tagli prematuri contribuirono ad alimentare le persistenti pressioni sui prezzi degli anni '70, esacerbate dalle pressioni politiche e da una diagnosi errata delle condizioni economiche. E nel 1990, 2001 e 2007, i tagli non riuscirono a prevenire la recessione.

Le proiezioni dei funzionari della Fed pubblicate mercoledì su crescita, inflazione e occupazione sono rimaste pressoché invariate rispetto a giugno. Mentre all'epoca solo una risicata maggioranza aveva previsto due tagli, mercoledì una risicata maggioranza ne ha previsti tre per il resto del 2025, incluso quello di questa settimana. Questa variazione indica che tagli consecutivi dei tassi alle riunioni della Fed di ottobre e dicembre sono diventati più probabili.

Il motivo? Un significativo rallentamento del ritmo di crescita dell'occupazione quest'estate. Quando la Fed ha accettato di mantenere i tassi invariati sette settimane fa, "il mercato del lavoro era in buone condizioni", ha dichiarato Powell mercoledì.

Le revisioni hanno abbassato la media trimestrale di incrementi occupazionali a 29.000 ad agosto, rispetto ai 150.000 inizialmente segnalati a giugno. Quest'ultimo numero era l'ultimo dato disponibile alla precedente riunione della Fed. I dati suggeriscono che "esiste davvero un rischio di ribasso significativo", ha affermato Powell.

Il governatore della Fed Stephen Miran Foto: Daniel Heuer/Bloomberg News

Alcuni economisti sostengono che queste siano le ragioni per cui Powell e i suoi colleghi avrebbero dovuto essere ancora più aggressivi, anche con una riduzione più consistente di mezzo punto percentuale questa settimana. "La crescita dell'occupazione ha raramente rallentato al ritmo attuale per poi riaccelerare" senza una recessione intermedia, ha affermato Jeffrey Cleveland, capo economista di Payden & Rygel, una società di gestione patrimoniale con sede a Los Angeles.

C'è stata una sola eccezione dal 1990: la scorsa estate, quando la crescita dell'occupazione nel settore privato ha rallentato fino ad agosto per poi riprendere. "Potremmo ripetere l'impresa? Non ne sono sicuro, ma sono scettico", ha affermato.

Cleveland teme che la Fed abbia posto troppa enfasi sui rischi che i dazi alimenteranno l'inflazione e non abbastanza attenzione su come potrebbero ostacolare le assunzioni, anche per i produttori che devono affrontare costi più elevati per beni e materiali importati. Le aziende che devono far fronte a costi di produzione più elevati potrebbero proteggere i profitti congelando le assunzioni e non sostituendo i lavoratori quando se ne vanno, rendendo i mercati del lavoro più fragili e suscettibili a un rallentamento che si autoalimenta.

Altri temono che la Fed possa interpretare erroneamente i cambiamenti strutturali come una debolezza ciclica temporanea. Gli esperimenti politici dell'amministrazione Trump, tra cui le restrizioni all'immigrazione che stanno limitando la crescita della forza lavoro e gli aumenti tariffari molto più ampi rispetto al suo primo mandato, potrebbero alterare in modo permanente la capacità dell'economia di produrre beni e servizi.

Questo li rende particolarmente preoccupati di tagliare eccessivamente i tassi. Dopo anni di inflazione elevata, consumatori e imprese potrebbero abituarsi maggiormente ai regolari aumenti dei prezzi, consentendo a un'inflazione elevata di persistere, ha affermato Ethan Harris, ex responsabile della ricerca economica globale presso Bank of America.

"Non dovremmo dare per scontato che, poiché gli economisti sono fiduciosi che la Fed ridurrà l'inflazione, lo sia anche la persona media", ha affermato Harris. "C'è una certa discrepanza qui. L'americano medio è molto preoccupato per l'inflazione. Le preoccupazioni inflazionistiche hanno guidato le ultime elezioni."

I mercati azionari in crescita evidenziano un enigma: nonostante il malessere per la debolezza del mercato del lavoro e la stagnazione del settore immobiliare, la spesa dei consumatori ha retto e le aziende stanno investendo in infrastrutture di intelligenza artificiale. La domanda è se la spesa finirà per indebolirsi con il rallentamento della crescita del reddito o se potrà essere sostenibile.

indotto da altre forze.

Powell è stato schietto sui rischi bilaterali di un'occupazione più debole e di un'inflazione più stabile. "Non esiste una strada priva di rischi", ha affermato.

Alcune delle spiegazioni di Powell per il taglio dei tassi – e le proiezioni economiche e sui tassi dei funzionari – sono sembrate più confuse del solito, ma ciò rifletteva il momento, ha affermato Blake Gwinn di RBC Capital Markets. "Non pensiamo che sia colpa sua se non esiste una posizione coerente e chiara", ha affermato.

Per ora, Powell è riuscito a mantenere il consenso nonostante il disaccordo sulle prospettive e l'intensa tensione politica. Tre funzionari della Fed che hanno votato questa settimana – tutti presidenti di banche regionali della Fed – hanno recentemente espresso apprensione per l'inflazione, ma hanno appoggiato la mossa di mercoledì. Lo stesso hanno fatto due governatori della Fed che si sono opposti alla decisione di luglio, sostenendo che la banca centrale avrebbe dovuto tagliare i tassi piuttosto che mantenerli invariati.

L'ultima riduzione abbasserà il tasso di riferimento della Fed a un intervallo compreso tra il 4% e il 4,25%.

Mercoledì, Powell ha dovuto affrontare il dissenso di un solo governatore della Fed, Stephen Miran, che aveva iniziato la settimana come consigliere senior di Trump, ma è stato confermato e ha prestato giuramento per un mandato di 4 mesi e mezzo in tempo per votare alla riunione di questa settimana. Miran si è espresso a favore di un taglio più ampio di mezzo punto percentuale e ha previsto tassi di poco inferiori al 3% entro la fine dell'anno.

Le proiezioni sui tassi evidenziano la prospettiva di dibattiti più accesi in futuro, con divisioni che probabilmente persisteranno indipendentemente da chi presiederà la Fed. Sette dei 19 partecipanti alla riunione hanno dichiarato che non saranno previsti ulteriori tagli quest'anno e due pensavano che ne sarebbe stato necessario solo uno.

Se i dati in arrivo non risolveranno le divisioni, Powell si troverà a dover difendere l'indipendenza della banca centrale una decisione precaria alla volta. "Siamo in una situazione di riunione dopo riunione", ha affermato.

Scrivi a Nick Timiraos a Nick.Timiraos@wsj.com

In chiusura di questo nostro lavoro, riproponiamo le nostre quattro domande, domande per le quali voi lettori, i mercati, e la massa degli investitori oggi non hanno alcuna risposta:

  1. perché il taglio

  1. perché adesso

  2. che cosa viene dopo

  3. che cosa è già cambiato e che cosa sta cambiando nel ruolo della Federal Reserve

Come già scritto, queste domande senza risposta esprimono una realtà nella quale tutti i mercati e tutti gli investitori hanno del tutto perso gli ancoraggi: ed ora, nel settembre del 2025, quando le onde dei mercati iniziano ad alzarsi ed il mare ci fa capire di essersi arrabbiato, a chi si rivolgeranno tutti cercando un ancoraggio di salvezza?

Come si potrà ritornare alla terra ferma, evitando le tempeste che spazzeranno via AI e probabilmente anche alcune delle istituzioni politiche che governano il Mondo dal 1945?

Il problema oggi è quello della credibilità della Federal Reserve e di tutte le Banche Centrali: hanno ancora il potere di governare gli eventi, oppure li subiscono?

Non è certo con un “Vertice di Ferragosto in Alaska” oppure con una “telefonata al Premier cinese Xi” che si può sperare di riportare la calma sui mercati. E dunque, per questa ragione, i vostri risparmi e la vostra pensione oggi sono sotto attacco, come abbiamo già documentato nella serie Detox che state leggendo.



Valter Buffo
Detox. Frenzy: ovvero come perdere i vostri risparmi con le obbligazioni, con le azioni, e soprattutto con gli investimenti diretti nell’economia reale
 

Vi abbiamo già chiarito (sette giorni fa) quale è oggi, in questo mercato Detox, l’occasione d’oro: l’occasione di una vita.

Oggi, all’opposto, vi indichiamo con grande chiarezza quale è, in questo momento, la scelta peggiore. Quella scelta che è sì una garanzia: ma di perdere il vostro risparmio accumulato con grande fatica, impegno ed attenzione.

Nel mondo di Detox, ciò che vi garantisce, nel 2025 ma pure nel 2026 e nel 2027, di perdere i vostri soldi è proprio la asset allocation azioni/obbligazioni che voi oggi avete nel vostro portafoglio titoli.

Ovvero quel portafoglio con il 50% LONG di Titoli di Stato ed altri pasticcetti obbligazionari alla rinfusa, il 30% di azionario misto (senza una logica comprensibile, e con quel pizzico di Italia …) e un 20% di “economia reale” che ancora non avete ben compreso (finanziamenti diretti, private equity, venture capital ed altre cose che NON vi sono state spiegate chiaramente, ma soltanto a grandissime linee e nel modo più confuso che è possibile).

  • Sulla parte di Titoli di Stato, siete destinati a perdere soldi.

  • Sulla parte azionaria, perderete molti soldi.

  • Sulla parte di crediti diretti, e private equity, che chiamano “economia reale”, beh … non si sa, se rivedrete qualcosa. Buona fortuna!

Le ragioni per le quali è diventato facile, ed anzi facilissimo, anticipare per il vostro portafoglio una performance negativa nei prossimi cinque anni sono moltissime: noi di Recce’d possiamo soltanto, in questo Post, illustrarne alcune.

La prima ragione, la più evidente, la più pesante, l’argomento più facile da comprendere, è la seguente: la costruzione di quel vostro portafoglio, la vostra attuale asset allocationi, ignora del tutto … lo stato del Mondo. Non dei mercati finanziari: proprio del Mondo, il Mondo intorno a voi, quel Mondo dove vi muovete, crescete la vostra famiglia, esercitate le vostre attività.

Il vostro attuale portafoglio dà un peso pari a zero a ciò che, nell’estate 2025, accade nel Mondo. Via hanno suggerito (costretto) ad attribuire un peso pari a zero, nelle vostre scelte di investimento, alle relazioni internazionali, alla geopolitica, agli sviluppi politici interni.

I quali però, proprio in questo 2025, si muovono e cambiano ed evolvono a velocità mai vista.

Si tratta di un azzardi folle, di un rischio assurdo: come andare ai 100 all’ora contro un muro, per vedere se il muro crolla.

Eppure, l’esercito dei venditori (i “consulenti finanziari pagati con le retrocessioni sui Fondi Comuni, sulle polizze e sulle GPM”) stordisce l’investitore che si affida alle Reti con le frasi abituali, del tipo “non sta succedendo nulla”, “non ci sono rischi all’orizzonte, “non bisogna mai vendere i Fondi e le polizze e le GPM”, per poi riprendere il ritornello che dice “i mercati recuperano sempre”.

Non si tratta soltanto di affermazioni assurde, ripetitive e dettate dalla convenienza. Si tratta proprio di affermazioni condizionate dall’interesse privato (dei venditori e delle Reti che li sguinzagliano in giro). Lo scopo è guadagnare denaro. Su di voi, e da voi.

Soltanto i venditori delle Reti di promotori finanziari, ed i social ed i media pagati proprio dalle Reti di promotori, oggi vedono il Mondo in questo modo assurdo. Là fuori (in quel Mondo che non è costretto nella prigione costruita dal cartello delle Reti di promotori finanziari) la si vede diversamente.

Questa settimana, persino un quasi-Papa si è espresso con parole molto forti, come vedete sotto nell’immagine..

Il quasi-Papa ve lo dice chiaramente: è un momento storico nella storia del Mondo, unico negli ultimi ottanta anni.


Ma voi lettori come ne tenete conto? In nessun modo.

Ed il vostro portafoglio titoli, la vostra asset allocation, la vostra strategia di investimento, il vostro risparmio, ancora oggi fa finta di non vedere, di non sentire, di non capire.

Così vi è stato suggerito dai media, dai social e dai venditori: e voi avete abboccato. Molti fra di voi non vogliono proprio vedere. Voi non volete ascoltare. Voi non volete agire né reagire.

Eppure, ve lo hanno detto chiaramente: sulla parte azionaria del vostro portafoglio, e sulla parte obbligazionaria, e soprattutto sulla parte di “investimenti diretti”, siete certi di perdere i vostri soldi, nei prossimi anni.

Ma oggi, nel settembre 2025, vince la frenesia. “Frenzy” infatti e quella forma di isteria collettiva che priva gli investitori di lucidità, di capacità di ragionamento, di capacità di giudizio.

Frenzy è una allucinazione collettiva.

Le menti della massa vengono sconvolte, disturbate, ubriacate: non è la prima volta, di tanto in tanto succede.

Ma come si fanno, i soldi, come si guadagna, in situazioni come queste?

Occorre riaccendere il cervello, ragionare con la propria testa, e tenere a (massima) distanza i social, e i media, e soprattutto chi vi vuole “vendere la roba, la merce, i prodotti finanziari come Fondi, polizze e GPM”.

Quei prodotti che, a voi NON SERVONO.

Occorre recuperare senso critico: e diffidare. Occorre riconoscere i segnali di allucinazione collettiva. Tra questi, in evidenza negli ultimi due mesi c’è quello slogan di vendita che dice

“le cattive notizie adesso sono buone notizie per le Borse”.

Una cosa più stupida non si è mai sentita. Eppure, nel brevissimo termine, oggi funziona.

La settimana scorsa, per i nostri Clienti, abbiamo fornito un approfondimento analistico (oggi più necessario che mai) nel bollettino quotidiano The Morning Brief, alla Sezione Operatività che dedichiamo alle nuove operazioni. Ed abbiamo anticipato le motivazioni alla base delle nuove operazioni nei nostri portafogli modello, per ciò che riguarda la parte azionaria dei portafogli.

Con il brano che potete leggere qui sotto, offriamo ai nostri lettori una sintesi, mentre se siete interessati ad approfondire potete con grande facilità contattarci attraverso la pagina CONTATTI.

L’alternativa è di continuare con i social, con Milano Finanza, e con il Sole 24 Ore. Dove però queste cose, e quasta qualità, non le troverete.

Per gli investitori del mercato azionario, negli ultimi tre mesi, anche le cattive notizie sono state considerate buone notizie.

Prendiamo il calo degli utili aziendali, che normalmente sarebbe ribassista. Ma non nel secondo trimestre di quest'anno, durante il quale gli utili per azione stimati per il 2025 dell'indice S&P 500 sono scesi di quasi il 10%. In risposta, il mercato azionario complessivo è cresciuto dell'11%.


Oppure prendiamo un rapporto prezzo/utili in aumento, che è stato la fonte del rally del mercato a fronte di un EPS in calo. Il modello storico "normale" prevede che l'andamento del P/E sia inversamente correlato a quello dei tassi di interesse, ma ancora una volta non è stato così nel secondo trimestre di quest'anno. A fine giugno, i tassi dei Treasury su tutte le scadenze si sono attestati molto vicini ai livelli di fine marzo.

In altre parole, il mercato azionario odierno non sta salendo grazie ai fondamentali o ai tassi di interesse, ma a qualcos'altro. Warren Buffett, fondatore di Berkshire Hathaway

e molto probabilmente l'investitore di maggior successo oggi in vita, parlò di questo "qualcos'altro" in un ormai celebre articolo sulla rivista Fortune alla fine del 1999, poche settimane prima dello scoppio della bolla di Internet.

"Una volta che un mercato rialzista inizia, e una volta raggiunto il punto in cui tutti hanno guadagnato, indipendentemente dal sistema seguito, una folla viene attratta dal gioco, che non reagisce ai tassi di interesse e ai profitti, ma semplicemente al fatto che sembra un errore essere fuori dal mercato azionario. ... Come il cane di Pavlov, questi "investitori" imparano che quando suona la campanella – in questo caso, quella che apre la Borsa di New York alle 9:30 – vengono nutriti. Attraverso questo rinforzo quotidiano, si convincono che esiste un Dio e che Lui vuole che diventino ricchi."

Questo aiuta a spiegare come il mercato azionario sia diventato ancora più sopravvalutato di quanto non fosse già all'inizio di quest'anno.

Infatti, quasi senza eccezioni, gli indicatori di valutazione con buoni risultati a lungo termine sono oggi più apprezzati che in quasi ogni altro momento nella storia degli Stati Uniti. Ciò è indicato nella tabella in fondo a questa colonna dalle letture del 100%.

Certamente, gli indicatori di valutazione hanno scarso potere predittivo nel breve termine. Ma il loro potere predittivo a lungo termine è sufficientemente valido da farci riflettere. Ciascuno degli indicatori nella tabella seguente è stato selezionato per la sua eccellente storia di previsione del rendimento totale reale del mercato azionario nel decennio successivo. Le loro ultime rilevazioni indicano quindi una performance deludente del mercato azionario da qui al 2035.

Quanto deludente? Per ciascun indicatore, ho costruito un semplice modello econometrico basato sulla sua relazione storica dal 2000 con il rendimento decennale del mercato azionario. Ho quindi utilizzato tale modello per prevedere il rendimento del mercato azionario nel prossimo decennio.

In media, gli indicatori elencati di seguito prevedono che il rendimento totale dell'S&P 500 da qui al 2035 sarà inferiore di 2,0 punti percentuali annualizzati all'inflazione.

Pur potendo sperare che questa previsione si riveli sbagliata, la speranza non è una strategia.

Credere che nel prossimo decennio il mercato azionario avrà un andamento pari alla sua media storica, e ancor meno migliore (come è accaduto nell'ultimo decennio), equivale di fatto a scommettere che "questa volta è diverso" — le quattro parole più pericolose nel mondo degli investimenti.

Noi di Recce’d abbiamo deciso di non scrivere molto, almeno in questo Post, a proposito delle Borse nel settembre del 2025: le cose importanti sono tutte sono evidenti, e sono molto chiare, per tutti: è in corso una (colossale) manipolazione della massa degli investitori, e gli esempi concreti abbondano.

I pochi dati che avete appena letto documentano questa nostra affermazione. Ma faremo ancora un esempio concreto della manipolazione di massa, esempio che possiamo ricavare proprio dalle ultime settimane dei mercati.

Prendendo in esame la Borsa che guida e determina la direzione di tutte le Borse del Mondo, nelle ultime settimane sui media si è letta r(dovunque ed in modo uniforme) una “narrativa” che si concentra sul dato del grafico qui sotto.

E’ persino ovvio sottolineare che il grafico qui sopra è una distorsione: il lettore si trova di fronte a un rialzo violento e di grandi dimensioni. Lo scopo è di distorcere il modo nel quale la massa degli investitori interpreta i movimenti delle Borse, e quindi la visione del Mondo nel quale l’investitore investe il proprio risparmio.

Anche in Italia, tutti gli investitori sono stati bombardati negli ultimi mesi da titoli sui social e sui quotidiani che annunciano le “Borse ai massimi” e le “Borse ubriache di ottimismo”.

La realtà, invece e quella che documentiamo ai nostri lettori nel grafico qui sotto: è sufficiente allungate l’intervallo di tempo in cui vengono presentati i dati sulla Borsa di New York.

Un investitore, che abbia a cuore il proprio risparmio e che sia al tempo stesso alla ricerca di opportunità redditizie, dovrà quindi concentrarsi sulla differenza tra 6550 punti e 6150 punti di questo indice. Esattamente il 6,50%.

Dovrà concentrarsi sui 400 punti di differenza, e comprendere che cosa significano per lui, per la sua asset allocation, e per la sua strategia di investimento. Che cosa dice, a voi, un rialzo del 6,50% in nove mesi?

Davvero, da questi numeri, dobbiamo ricavarne che “le Borse sono ai massimi ed ubriache di ottimismo”?

A noi, in Recce’d, la cosa suona come … una grossa cavolata. La solita sciocchezza.

Noi di Recce’d abbiamo già spiegato il perché e proposto la nostra analisi, la settimana scorsa: ogni mattina nel bollettino quotidiano che si chiama The Morning Brief, e viene inviato in esclusiva ai Clienti di Recce’d, quelli che che beneficiano dei risultati dei nostri portafogli modello.

In particolare, la settimana scorsa, Recce’d ha spiegato al proprio Cliente come faremo, attraverso i portafogli modello, a guadagnare da questa attuale situazione di eccesso, di euforia e di isteria provocata da una serie di allucinazioni. Una situazione che si chiama, appunto “Frenzy”.

Non è difficile rispondere alla domanda: “come si guadagna da Frenzy?”.

Sarà sufficiente fondare le proprie decisioni di investimento, per la parte azionaria dei portafogli, sui dati del grafico che segue.

Per le Borse, oggi noi ci fermiamo qui: anche perché, sulle Borse, oggi c’è poco altro da aggiungere. Stata tutto nelle poche righe che avete appena letto. Vi invitiamo ad approfondire voi stessi.

Noi di Recce’d ora ci dedichiamo (nel vostro interesse di lettori ed investitori) ad un’altra componente del vostro portafoglio titoli: un’altra componente della vostra attuale asset allocation. Che chiameremo l’investimento diretto, ovvero senza passare attraverso mercati organizzati.

Fino ad oggi, è stata una nostra scelta quella di parlarne poco: il tema non ci stimola, e sicuramente non abbiamo intenzione di mettere dentro ai nostri portafogli modello alcun “prodotto finanziario” che abbia scarsa trasparenza, opacità nella determinazione del prezzo, e quindi impossibilità per l’investitore di determinare il valore autentico del proprio investimento.

Cose come queste, per noi e per i nostri Clienti, vengono tenute fuori dalla porta. Ed anzi, alla maggiore distanza possibile. Lo evitiamo come la peste.

Oggi però, ci rendiamo conto che la cosa sta arrivando sui social e sui media con insistenza sempre maggiore: per questa ragione, ne scriviamo nel Blog: per evitare al nostro lettore di commettere errori gravi, ed eventualmente per aiutare chi gli errori li ha già fatti a rimediare nel più breve tempo possibile.

Anche in questo caso, la via di uscita è Detox, ed anche qui Detox è la soluzione del problema.

La via di uscita dal credito diretto, anche dal private equity, anche dal venture capital, anche dai finanziamenti diretti. Anche in questi caso, sarà necessario disintossicare la massa degli investitori, e ripulire i portafogli titoli, già nei prossimi mesi.

Gli sforzi per ampliare l'accesso degli investitori al dettaglio ai mercati privati ​​in Europa hanno compiuto un significativo passo avanti questa settimana con il lancio di un nuovo veicolo di investimento, ma permangono preoccupazioni circa la crescente esposizione ad asset relativamente rischiosi.

La piattaforma di investimento Hargreaves Lansdown ha annunciato lunedì una partnership con Schroders Capital che consentirà agli investitori britannici con piani pensionistici personali autoinvestiti (SIPP) di accedere a due dei suoi fondi di investimento a lungo termine (LTAF) diversificati a livello globale, offrendo esposizione ad asset alternativi, inclusi i mercati privati. Uno si concentrerà sulle piccole e medie imprese, mentre l'altro offrirà esposizione alle infrastrutture energetiche.

Emma Wall, responsabile degli investimenti della piattaforma di Hargreaves Lansdown, ha affermato che il lancio rappresenta una "pietra miliare per l'accessibilità dei mercati privati ​​per gli investitori individuali nel Regno Unito", progettato per essere semplice da utilizzare ma con controlli del rischio pertinenti, comprese le restrizioni di ammissibilità. Il livello minimo di investimento sarà di £ 10.000 ($ 13.545).

"Per gli investitori al dettaglio con un orizzonte di investimento a lungo termine, conoscenze e risorse adeguate e come parte di un portafoglio ben diversificato, i mercati privati ​​possono svolgere un ruolo importante nel creare opportunità di crescita uniche, oltre a quelle tipicamente disponibili sui mercati quotati", ha affermato Wall.

Sempre più investitori desiderano asset pubblici e privati ​​nel proprio portafoglio. Ora esiste un benchmark per monitorare questa combinazione.

I fondi LTAF sono stati approvati dalle autorità di regolamentazione del Regno Unito nel 2021 come strumento per investire in asset non quotati, tra cui private equity, credito privato, immobiliare, infrastrutture, capitale di rischio e altre società private, con un accesso alla liquidità solo periodico, che di solito richiede anche un periodo di preavviso per il recesso.

Tuttavia, l'accesso è stato limitato a specifici investitori sofisticati e a fondi pensione non autogestiti.

La Financial Conduct Authority del Regno Unito afferma di aver cercato di bilanciare il desiderio degli investitori di diversificare i propri portafogli con asset privati, che offrono il potenziale per opportunità a lungo termine ad alto rendimento, con l'elevato rischio, la mancanza di liquidità immediata e la relativa mancanza di trasparenza in tale ambito rispetto ai mercati quotati.

In base alle riforme annunciate dal governo a luglio, i LTAF saranno disponibili per gli investitori idonei a partire da aprile 2026 tramite un conto di risparmio individuale (ISA) azionario, che, come i SIPP, non è soggetto a imposte sulle plusvalenze.

L'iniziativa di Hargreaves Lansdown nel Regno Unito per rendere gli asset privati ​​accessibili agli investitori al dettaglio è l'ultima di una serie di lanci di fondi nel 2025 a livello globale.

A febbraio, Apollo e State Street hanno lanciato un fondo negoziato in borsa (ETF) sul credito privato, segnando la prima opportunità di accesso diretto al mercato del debito da mille miliardi di dollari.

Tra gli altri colossi del settore che si stanno muovendo in questo settore ci sono Capital Group e KKR, che stanno cercando l'approvazione per un fondo che combina azioni quotate con private equity, così come BlackRock and Partners Group, che lo scorso anno ha annunciato una nuova forma di portafoglio modello che abbraccia private equity, credito privato e asset reali.

Ad agosto, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo per aumentare la disponibilità di asset alternativi nei piani pensionistici.

In Europa, la Francia ha incoraggiato gli investitori al dettaglio a investire nei mercati privati. Una nuova legge mira a reindirizzare 5 miliardi di euro (5,9 miliardi di dollari) all'anno "dai risparmi degli investitori tradizionali per contribuire a finanziare gli sforzi di decarbonizzazione e la ripresa industriale, in particolare attraverso assicurazioni sulla vita e piani pensionistici", hanno scritto gli analisti di Moody's in una nota di luglio.

Nell'Unione Europea, la seconda ondata del regime europeo dei fondi di investimento a lungo termine (ELTIF) ha rimosso le barriere strutturali all'accesso ai fondi di investimento privati, aprendo la strada a centinaia di fondi a lungo termine idonei per gli investitori al dettaglio, ha osservato Garvan McCarthy, Chief Investment Officer di Mercer per EMEA e Asia.

La maggior parte sono veicoli semi-liquidi con periodi di preavviso e sono concentrati in asset reali come infrastrutture e immobili, ha dichiarato alla CNBC, sebbene alcuni siano più diversificati e accedano a settori come le operazioni secondarie. Gli Stati Uniti hanno una maggiore scalabilità e varietà di prodotti e, a questo proposito, mentre in Asia l'accesso rimane sbilanciato verso i canali della ricchezza privata, ha aggiunto.

I sostenitori di un maggiore accesso ai mercati privati ​​sottolineano i benefici per l'attività economica più ampia.

Namita Kain, responsabile dei mercati privati ​​presso il gruppo commerciale britannico The Investment Association, ha affermato che il private equity è stato in grado di sostenere l'espansione aziendale in un contesto di debole attività di IPO, mentre il capitale privato ha contribuito all'economia britannica con quasi 200 miliardi di sterline (271 miliardi di dollari) all'anno in diversi settori.

Oltre ai fondi LTAF, che nel Regno Unito potrebbero promuovere una cultura di investimento a lungo termine simile a quella degli Stati Uniti, Kain ha affermato che i "fondi evergreen" sono emersi come un'"opzione interessante per gli investitori al dettaglio".

Noti anche come fondi semi-liquidi o perpetui, questi offrono una "via di mezzo tra i lunghi periodi di lock-up dei tradizionali fondi drawdown e le aspettative di liquidità giornaliera delle strutture del mercato pubblico", e generalmente presentano minimi di investimento bassi e un'idoneità più ampia, ha dichiarato alla CNBC in commenti via email.

Theo Delia-Russell, vicedirettore del private banking di Mediobanca, ha affermato che i mercati privati ​​in Europa sono "ancora in ritardo".

"Gli investitori europei sono tradizionalmente più cauti sulle nuove classi di attività e, in generale, nelle loro allocazioni di capitale", ha dichiarato Delia-Russell alla CNBC. Gli investitori stanno faticando a generare rendimenti reali positivi al netto dell'inflazione, per i quali i mercati privati ​​e gli asset reali possono diventare parte della soluzione, ha continuato, ma la loro complessità rimane un problema.

"I fondi Evergreen hanno recentemente rivoluzionato la struttura: essendo più gestibili e flessibili, stanno progressivamente guadagnando spazio nell'asset allocation. Abbiamo davanti a noi un'enorme opportunità... Stati Uniti e Regno Unito stanno ora indicando la strada", ha affermato Delia-Russell.

La spinta verso il coinvolgimento degli investitori retail nei mercati privati ​​ha tuttavia sollevato dubbi sulla capacità degli investitori ordinari di affrontare la complessità e il rischio insiti in questo settore, inclusa la probabile incapacità di accedere al proprio capitale o ai propri rendimenti per periodi significativi.

Una delle principali preoccupazioni segnalate dagli esperti riguarda i rischi di liquidità nei fondi di private asset.

In periodi di turbolenza del mercato o di timori di recessione, "gli investitori retail potrebbero correre verso l'uscita, il che esacerberebbe il fabbisogno di liquidità e il rischio di potenziali discrepanze tra la liquidità disponibile di un prodotto e le aspettative degli investitori", hanno scritto gli analisti di Moody's Ratings, guidati da Alexandra Aspioti, in una nota ai clienti all'inizio di quest'anno.

Il private equity in generale sta affrontando una siccità di accordi che ha limitato la capacità degli investitori istituzionali di realizzare rendimenti e accedere alla liquidità.

In una nota di inizio mese, Moody's ha avvertito che anche il rischio di credito negli asset del credito privato stava crescendo. "La deglobalizzazione, la transizione energetica e l'intelligenza artificiale stanno alimentando la domanda di maggiori capitali, ma in un momento in cui le condizioni del credito stanno peggiorando", ha affermato Christina Padgett, analista dell'agenzia di rating.

Un'altra preoccupazione è la relativa mancanza di requisiti di informativa, di qualità della consulenza e di controllo esterno nei mercati privati ​​rispetto a quelli pubblici.

"Gli investitori al dettaglio devono essere vigili. I livelli delle commissioni coinvolti possono essere significativi e potrebbero comportare una compressione dei rendimenti, soprattutto se i premi di illiquidità si riducono a causa della democratizzazione dell'accesso", ha affermato Garvan McCarthy di Mercer.

La scorsa settimana, il gruppo di servizi finanziari Morningstar ha pubblicato il suo primo rapporto di rating qualitativo in assoluto, confrontando le potenziali performance di strategie "semiliquide" come i fondi intervallari tra loro, nonché con i fondi comuni di investimento e gli ETF. I fondi intervallati offrono l'opportunità di investire in determinate aree dei mercati privati ​​e del credito, garantendo al contempo un accesso limitato o periodico alla liquidità.

Morningstar ha rilevato che, sebbene i fondi semiliquidi siano cresciuti di oltre il 60% dal 2022, "le loro strutture commissionali e la liquidità limitata li rendono difficili da valutare, sottolineando la necessità di un'analisi indipendente di questi veicoli".



Ci auguriamo che abbiate letto con grande attenzione il contributo precedente.

Vi sarete, senza dubbio resi conto che la principale qualità di questi prodotti finanziari che vengono piazzati dalle Reti di promotori finanziari come Mediolanum, Fideuram Allianz, Fineco, Generali e tutti gli altri, è quello di nascondere il prezzo, di nascondere la quotazione, di nascondere il valore.

Questi prodotti di fatto illiquidi funzionano in tanto in quanto liberano il venditore, quello che viene a casa vostra, dal “fastidio” di seguire il prezzo e di motivare la Cliente i movimenti, i cambiamenti e le oscillazioni.

I prodotti non possono essere riscattati, non possono essere convertiti in denaro, se non a particolari condizioni.

Questo è un altro aspetto di Frenzy: che cosa vanno inseguendo, gli investitori che affidano i propri risparmi ad asset illiquidi? Asset ai quali il venditore può attribuire un prezzo “stimato” e quindi di fantasia?

Che cosa inseguono qui, questi investitori? Preferiscono smettere di ragionare, alla difesa del proprio risparmio?

Proveremo a comprendere meglio questa situazione, una situazione al limite, attraverso la lettura del brano che trovate qui sotto.


L'ascesa dei mercati privati ​​ha un che di inesorabile. Nonostante l'aumento dei costi di finanziamento e le prospettive di crescita incerte, il patrimonio gestito dai mercati privati ​​ammontava a 13,1 trilioni di dollari al 30 giugno dello scorso anno, con una crescita di quasi il 20% annuo dal 2018, secondo la società di consulenza McKinsey.

Sebbene la raccolta fondi sia diminuita rispetto al picco del 2021, un recente sondaggio di State Street ha rilevato che la maggior parte degli investitori istituzionali intendeva aumentare la propria esposizione a quasi tutti i mercati privati, tra cui infrastrutture, debito privato, private equity e immobiliare. Eppure, il boom dei mercati privati ​​dopo la crisi finanziaria del 2007-2009, soprattutto nella categoria dei grandi buyout, si è basato su una politica monetaria estremamente accomodante.

La maggior parte dei rendimenti non derivava dal miglioramento dell'efficienza delle società in portafoglio, ma dalla vendita di asset a multipli di mercato sempre crescenti e attraverso la leva finanziaria, che aumenta il rendimento del capitale proprio rispetto al rendimento delle attività.

Oggi i multipli sono in calo, i costi di finanziamento sono in aumento e i bilanci sono più deboli grazie a tale leva finanziaria. I dividendi agli investitori sono bassi, poiché i gestori sono riluttanti a vendere asset e cristallizzare i rendimenti, mentre i multipli sono bassi.

Per quanto riguarda il debito privato, la sua crescita è stata sostanzialmente trainata dall'arbitraggio normativo, con le banche che si trovano ad affrontare una regolamentazione più severa dopo la crisi finanziaria. Le carenze di governance nel private equity, trascurate durante la stagione del denaro a basso costo, appaiono ora pressanti, poiché gli investitori istituzionali mettono in discussione il valore che i gestori di private equity attribuiscono alle società in portafoglio. Il problema della valutazione è diventato acuto dopo il ritorno a tassi di interesse più normali. I gestori di private equity hanno teso a svalutare il valore dei propri asset in misura molto inferiore rispetto al calo dei mercati azionari.

Questo è un controsenso, data la maggiore leva finanziaria e l'illiquidità di questa categoria di asset. Le svalutazioni dovrebbero essere molto maggiori rispetto al capitale azionario pubblico.

Preoccupa anche la decisione del mese scorso della Corte d'Appello del Quinto Circuito degli Stati Uniti di respingere le nuove regole della Securities and Exchange Commission che impongono una maggiore trasparenza su performance e commissioni nel private equity. Non esiste uniformità nella disclosure, che si basa su accordi individuali tra i gestori e i loro investitori. Molte controversie circondano il calcolo dei tassi interni di rendimento e le opache commissioni di backdoor che gli investitori spesso pagano inconsapevolmente. La SEC era anche preoccupata per la mancanza di procedure e protocolli di valutazione chiaramente definiti per mitigare gli innumerevoli conflitti di interesse del settore. Tra questi, un'ondata di fondi di continuazione in cui i gestori vendono le società in portafoglio a un nuovo fondo. Questo li protegge dalle valutazioni sui mercati pubblici.

Tali accordi comportano notevoli aumenti delle commissioni del gruppo di acquisizione. L'esposizione ad attività illiquide sta portando a crescenti problemi di equilibrio del portafoglio per i fondi pensione che si avvicinano alla cosiddetta fase finale, in cui trasferiscono obbligazioni pensionistiche e attività di contropartita agli assicuratori tramite acquisizioni o acquisizioni. Gli assicuratori non amano acquisire attività illiquide e, se le accettano, impongono tagli severi.

Detto questo, l'ascesa dei mercati privati ​​è stata positiva per gli investitori, se ci affidiamo alle cifre “ufficiali”. Offrono vantaggi in termini di diversificazione, subordinatamente alla clausola finale di cui sopra. Ci sono enormi opportunità nel settore delle infrastrutture derivanti dalla decarbonizzazione e dalla digitalizzazione. E il capitale di rischio offre un accesso alle nuove tecnologie. Meno chiaro, date le ingenti somme che affluiscono al capitale privato, è quanto del premio di illiquidità resti ancora da raccogliere. Le riserve di liquidità, ovvero gli importi impegnati dagli investitori ma non ancora impiegati, ammontano a 3,7 trilioni di dollari, un nono anno consecutivo di crescita.

Valutare la performance del private equity rispetto ai mercati pubblici è difficile. I rendimenti reali possono essere conosciuti solo quando gli investimenti vengono finalmente realizzati. Nel frattempo, tutto si basa sulle valutazioni dei gestori. Jeffrey Hooke della Johns Hopkins Carey Business School sostiene che i gestori di private equity hanno mascherato rendimenti di investimento mediocri dietro una massa di riservatezza e disinformazione. Hanno, dice, preso un concetto semplice – prendere in prestito denaro per aumentare i rendimenti azionari – e lo hanno trasformato in un enorme impero commerciale con scarsa responsabilità.

La questione più importante riguarda i costi. Il private equity in genere addebita una commissione di gestione annuale del 2% basata sul denaro degli investitori impegnato nel fondo, insieme a una quota del 20% degli utili oltre una soglia di rendimento prestabilita, in genere dell'8%. Questo rappresenta un enorme ostacolo alla performance rispetto ai costi percentuali frazionari degli investimenti in azioni quotate gestite passivamente. I giorni delle facili vincite derivanti da politiche monetarie incredibilmente accomodanti sono finiti. Ora, il capitale privato è un terreno molto più rischioso per gli investitori.

john.plender@ft.com


Per quei pochi lettori che, dopo avere letto questo contributo (utile, concreto e molto chiaro) si sentissero ancora confusi su questo argomento, noi di Recce’d abbiamo selezionato e tradotto un ulteriore qualificato contributo.

Un contributo che fornisce ai nostri lettori i necessari riferimento nel passato dei mercati finanziari, e nella storia personale di tutti noi investitori e delle nostre famiglie ed Aziende.

Nessuno dei nostri lettori, in futuro potrà dire “non me lo avevano spiegato” oppure “non lo sapevo”.


Nel 2007, poco prima della crisi finanziaria globale, Chuck Prince, allora sfortunato capo di Citigroup, disse al FT che "finché la musica suona, bisogna alzarsi e ballare. Noi continuiamo a ballare". O, in parole povere: quando una classe di attività è in piena espansione, le pressioni competitive costringono i finanziatori a continuare a proporre accordi, anche se temono che la bolla scoppierà. È un mantra che potrebbe tormentare Jamie Dimon, capo di JPMorgan, in questo momento. Negli ultimi mesi, Dimon ha ripetutamente messo in guardia dai rischi in agguato nel credito privato, che ha recentemente avuto una "crescita così fulminea", per citare la Federal Reserve di Boston, da essere uno dei settori finanziari in più rapida crescita.

Dimon ha osservato che, sebbene ci siano molti buoni affari, ne esistono anche di cattivi, e i rating del credito sono così inaffidabili che il settore sta creando una potenziale "ricetta per una crisi finanziaria". "Ho visto un paio di queste operazioni valutate da un'agenzia di rating. E... sono rimasto scioccato dal loro rating", ha osservato. "Mi ricorda un po' i mutui [prima della crisi finanziaria globale]". Poi questo mese ha raddoppiato la posta, suggerendo che "potremmo aver visto un picco nel credito privato".


Ma quest'anno anche JPMorgan ha aumentato la sua allocazione al credito privato da 10 a 50 miliardi di dollari. Il motivo? I suoi rivali si stanno precipitando in questo settore, mentre il presidente degli Stati Uniti Donald Trump cerca di aprire questa classe di attività ai fondi pensione e agli investitori al dettaglio. Il "ballo" finanziario si sta intensificando. Quindi, cosa dovrebbero concludere gli investitori? Il primo punto da sottolineare è che ci sono valide ragioni per cui alcuni investitori potrebbero voler diversificare i propri portafogli nel credito privato, dato che storicamente è stata una classe di attività ben performante con rendimenti abbastanza stabili (seppur con commissioni elevate).

Ci sono anche buone ragioni per cui il settore esiste. Le riforme normative post-crisi hanno frenato i prestiti bancari negli ultimi decenni, e le incertezze tariffarie hanno frenato nuovamente i prestiti quest'anno. Tuttavia, un decennio di politica monetaria estremamente accomodante ha lasciato il sistema inondato di liquidità, parte della quale è confluita in fondi di capitale privati. Non sorprende quindi che, quando Meta ha recentemente deciso di raccogliere finanziamenti per investimenti nell'intelligenza artificiale, abbia preso in considerazione il credito privato, sebbene possa facilmente emettere obbligazioni. Fattori di "spinta" e di "attrazione" sono entrambi all'opera in questo boom, che ha portato il settore globale a quasi 2.000 miliardi di dollari di dimensioni, di cui circa tre quarti in Nord America.

Tuttavia, ciò che preoccupa alcuni osservatori è che la velocità di questa crescita evoca paragoni storici poco raccomandabili. Dopotutto, la storia è piena di esempi di nuovi prodotti finanziari che si sono espansi a una velocità vertiginosa, hanno generato grandi profitti per i primi investitori intelligenti, ma poi hanno prodotto ingenti perdite quando il denaro al dettaglio o gli investitori istituzionali inesperti si sono finalmente precipitati. Questo è successo con i derivati, i prestiti con leva finanziaria e gli asset ESG. Lo stesso vale per i prodotti ipotecari subprime. (Non dimenticherò mai di aver visto i raffinati finanzieri di Wall Street vendere titoli subprime a malvestiti direttori di banche regionali tedesche e giapponesi durante un summit sulla cartolarizzazione nel giugno 2007; era un buon segno che la bolla stava per scoppiare.)

E ciò che rende questi confronti storici doppiamente inquietanti è che gli accordi di credito privati ​​sono in genere su misura e opachi, come suggerisce il nome. A livello macro, questo lascia enti come il FMI e il Financial Stability Board preoccupati per le minacce di una leva finanziaria eccessiva e nascosta. A livello micro, suggerisce che potrebbero esserci delle bombe a orologeria nei portafogli. E mentre il capitale paziente (come i fondi sovrani) può resistere a tali shock, gli investitori al dettaglio e i pensionati di solito si aspettano rendimenti regolari e affidabili.

O per citare ancora Dimon: "Potrebbe esserci l'inferno da pagare... quando la situazione precipita", poiché "i clienti al dettaglio tendono a girare intorno all'isolato e chiamare i loro senatori e deputati" se scoppiano le perdite. I finanziatori di gruppi come Morningstar ritengono che problemi come questi possano essere mitigati, ad esempio creando meccanismi per garantire pagamenti regolari e mettendo in comune i crediti per coprire i rischi.

E il bello di aprire il settore agli investitori al dettaglio, osservano, è che questo processo di "democratizzazione" potrebbe costringerlo a diventare più trasparente e credibile, e a ridurre le commissioni. Lo si spera: è difficile contestare l'idea che la "democratizzazione" della finanza sia una cosa positiva, soprattutto se distribuisce i rendimenti in modo più ampio e consente a un settore di diventare più maturo e trasparente.

Tuttavia, c'è un'altra lezione dalla storia che Wall Street dovrebbe tenere a mente: quando altri settori sono stati costretti a ripulire i propri standard in passato, ciò è avvenuto quasi sempre dopo, non prima, di una grande crisi. Le perdite dolorose sono solitamente ciò che innesca la riforma. Forse il credito privato può invertire questa tendenza e riformarsi prima, non dopo, che una bolla scoppi. Ma questo probabilmente accadrà solo se istituzioni come JPMorgan e BlackRock faranno campagna per il cambiamento. Non aspettatevi che il team di Trump protegga gli investitori senza una pressione così forte; “caveat emptor” è ormai il mantra del momento. Chiunque entri nel giro del credito privato dovrebbe essere avvisato.

gillian.tett@ft.com


A questo punto, tutti i lettori avranno ben compreso le ragioni per le quali Recce’d ha augurato “Buona fortuna!” a tutti gli investitori che avessero già scelto di affidare una parte del loro capitale a strumenti finanziari di finanziamento diretto, di private equity, di venture capital, e tutti gli altri veicoli che, di fatto, non hanno un prezzo e dunque non hanno neppure un valore,

Ora, non ci rimane che chiudere il discorso prospettandovi il futuro della componente più pesante del vostro attuale portafoglio: ovvero le obbligazioni ed in particolare i Titoli di Stato.

Qui, è tutto molto più facile: le cose davvero importanti, voi le avete già lette nella serie Detox, che Recce’d ha avviato nello scorso mese di marzo, e che anche oggi rimane il solo tema di investimento di questo 2025.

In questo nuovo Post, aggiorniamo soltanto una situazione: una situazione che, grazie a Detox, i nostri lettori conoscono già alla perfezione.

Come scrive Reuters poche ore fa, siamo già nel centro di una tempesta per i mercati delle obbligazioni e dei Titoli di Stato. Non lo sapevate? Voi avete seguito invece il Vertice in Alaska?

Beh … come sempre noi di Recce’d vi aiutiamo, ancora una volta.

Dunque, vediamo nel dettaglio le nuove informazioni ricevute nell’ultima settimana di mercato. I commenti? Fateveli da soli: ogni nostro lettore è in grado di farsi i propri conti, e capire così come e dove perderà i soldi oggi investititi sulle posizioni obbligazionarie. Ed in Btp, in modo particolare.

Per quei (pochissimi) lettori di Recce’d che faticano a fare i conti, proprio in chiusura del Post si possono leggere le conclusioni di pochi giorni fa di Elon Musk: che è un Genio, giusto? E quindi ha sicuramente ragione.

Noi di Recce’d, che invece sicuramente NON siamo dei Geni … beh, noi ci eravamo arrivati già alcuni anni fa, come trovate scritto qui nel nostro Blog.

E noi dal mese di marzo 2025, ne scriviamo anche nella nostra serie che si chiama Detox.

Un ulteriore approfondimento, che è aggiornato con gli ultimissimi dati a nostra disposizione, lo troverete in The Morning Brief la prossima settimana, ogni mattina alle ore 7. Dovete semplicemente diventare Clienti di Recce’d, e sfruttare a vostro vantaggio i nostri portafogli modello. Contattateci attraverso la pagina CONTATTI del sito, e vi spieghiamo come si fa.

Andiamo quindi i rileggere i dati dell’ultima settimana, i dati veri, quei dati che contano per voi perché determinano le performances future di tutti i vostri investimento obbligazionari, inclusi i BTp italiani.

Il mese di agosto 2025 è stato il secondo mese di agosto nella graduatoria dei deficit: in altre parole, lo Stato americano ha registrato nel 2025 il disavanzo finanziario più ampio rispetto a tutti i mesi di Agosto precedenti, da quando esiste lo Stato americano.

Trump, come sapete, a Ferragosto era in Alaska.

Nessuno si occupava di questo dato, a Ferragosto 2025.

L’anno fiscale finisce a settembre. negli 11 mesi precedenti, il disavanzo fiscale complessivo è stato di 1974 miliardi di dollari americani.

Il 2025 sarà il terzo peggiore anno di sempre, da questo punto di vista, dopo il 2020 ed il 2021.

Noi tutti, noi investitori, nel frattempo, siamo stati informati ogni mattina delle “Borse ai massimi” e delle “Borse ubriache di ottimismo”.

Per i social e per i media, questi numeri e questi dati nelle ultime settimane non esistevano.

Media e social vi hanno invece aggiornato, ogni giorno, in merito alle tariffe. Sul Corriere della Sera alcuni insistono sul successo delle tariffe. Usando anche il grafico qui sopra.

I dati ci dicono che, nel corso di 12 mesi, gli incassi USA dalle tariffe potrebbero aumentare di 200 miliardi. Come detto, il deficit dello Stato è di 2200 miliardi di dollari USA in 12 mesi. Circa 200 miliardi ogni mese.

E le entrate da tariffe come vedete sopra sono già aumentate.

Fate i vostri conti e prendete le vostre decisioni.

Come leggete sopra, le spese dello Stato americano sono state, nel mese di agosto 2025, le più elevate dal marzo 2023.

Forse pesano i costi del vertice di Ferragosto, e del tappeto rosso in modo particolare?

Anche le entrate dello Stato, come leggete sopra, aumentano: anche grazie alle tariffe.

Ma aumentano meno delle spese: lo dicono i dati del deficit.

Con i due grafici sopra, vi aggiorniamo in modo puntuale e dettagliato sulla spesa per interessi sul debito dello Stato americano.

E sotto, come promesso, il commento di Elon Musk a tutti i dati, aggiornatissimi, che avete appena letto, del tutto gratuitamente, grazie al lavoro del team di Recce’d.

Che cosa fate? State lì fermi. Ma fate qualcosa!

Valter Buffo