Detox. Una volta ogni 100 anni: è l'occasione d'oro, l'occasione di una vita
 

Come è andato, il vostro Ferragosto in Alaska?

Le Borse sono ancora “ubriache di ottimismo”?

Vi siete informati?

Avete analizzato la situazione del vostro portafoglio di investimenti finanziari?

Molte cose stanno succedendo, e molto rapidamente.

Lo diciamo subito. Non è l’oro. Oggi, l’occasione di una vita non è l’oro.

E’ altro.

L’oro vale oggi 3650$ l’oncia: i nostri Clienti investirono sull’oro a poco meno di 2000$. Anni fa, parecchi anni fa.

Allora, l’oro … era un’occasione d’oro.

Oggi? Lo è ancora, ma non è la più grande.

Altre occasioni, molto più grandi, sono proprio lì davanti ai vostri occhi.

Voi forse pensate che sia “la prossima Tesla”? Oppure “la prossima Amazon”? Oppure “la prossima Apple”?

Siete totalmente fuori strada. Completamente. Pericolosamente Forse disastrosamente.

Noi vi spieghiamo tutto delle tante occasioni … d’oro (dalla scorso mese di marzo) ed in modo totalmente gratuito, qui nel Blog di Recce’d, dal mese di marzo 2025, in una serie di Post.

In questo nuovo Post, vi indicheremo i segnali che ci evidenziano queste grandi, enormi opportunità, che oggi sono lì da prendere. Facili: proprio come fu l’oro anni fa, per i Clienti di Recce’d. Ed i Titoli di Stato, sempre per i Clienti di Recce’d, nel 2021 e nel 2022.

Queste, sono le occasioni di una vita che potete cogliere oggi: sicuramente non Tesla, non Amazon, non Apple. Dovete guardare altrove.

Partendo proprio dall’oro.


L’oro, da sempre nella storia del Mondo (anche prima che venissero istituite le Borse titoli) è un fondamentale segnalatore di tendenze, di cambiamenti, di aumento oppure diminuzione della ricchezza.

Nella storia dell’umanità, l’oro ha sempre svolto un ruolo essenziali, anche nel fornire e trasferire informazioni.

Quali sono, le informazioni che noi ricaviamo oggi, guardando i movimenti dell’oro?

Gratuitamente, Recce’d in questo Post vi svela quali sono questi forti segnali.

Permettendovi, in questo modo, di cogliere (finalmente, e per una volta) le “occasioni di una vita” che da sempre sfuggono a voi lettori.

Come vedete nell’immagine sopra, la performance dell’oro negli utlimi tempi è stata davvero notevole: voi sui quotidiani leggete unicamente delle “borse a livelli record”, ma mentre il rialzo dell’indice USA di Borsa non arriva al 10% da inizio anno, quella dell’oro è quattro volte maggiore. I gironali (per ora) non ci fanno titoli a piena pagina: ma la ragione è semplice, ed è che non ci hanno capito nulla.

Per ora: più avanti, i giornali ed i social saranno costretti, dai fatti, a mettere le Borse da parte, e concentrarsi proprio sull’oro.

E sui segnali che dall’oro vengono trasmessi, a tutti gli investitori del Pianeta.

Tra i tanti ritardatari, sicuramente non poteva mancare Goldman Sachs: la quale, nel mese di settembre 2025, quando l’oro trattato a 3650$, si sbilancia ad affermare che l’oro è una opportunità interessante (le due immagini che seguono).

Non era invece una opportunità, se voi state a sentire Goldman Sachs, quando era scambiato sotto i 2000$ l’oncia.

Ma questa è la solita storia, e tutti la conosciamo già e l’abbiamo tutti ben compresa. E’ la solita storia di Paperino.

Prezzo che sale, e DOPO che è salito salgono poi anche le “previsioni” delle grandi banche di investimento. Poi, da buoni ultimi della cosa, arrivano anche i “consulenti pagati a retrocessioni sui Fondi, sulle GPM e sulle polizze assicurative”: ovvero le grandi Reti di promotori finanziari, quelle riunite in Assoreti.

Trovano terreno fertile nella massa di investitori che sono convinti che alle Reti di promotori non c’è alternativa, che ai Fondi comuni non c’è alternativa (se non nelle GPM e nelle polizze assicurative), e che per investire “è preferibile un rapporto più personale”.

Scambiando in questo modo una attività professionale con il ruolo degli assistenti sociali e degli psicologi, che assistono chi ha disturbi e pulsioni emotive non controllate.

Investire, ovviamente, è tutt’altra cosa. per fortuna.

Come li riconoscete, questi “consulenti che in realtà sono semplici venditori”?

E’ semplice: adesso, arriveranno anche da voi a vendere “la storia dell’oro” (adesso, che sta a 3650$: mai prima), ma sicuramente NON vi spiegheranno il perché, la ragione, non vi forniranno l’analisi dei fattori decisivi.

Non vi spiegheranno: perché loro non lo sanno. Loro, non capiscono: capire, non è richiesto. Loro devono vendere, quanto a loro è stato detto, e ciò che a loro è stato detto dalla Direzione della Rete.

Per loro, è così che si fa il mestiere di “consulente”. Per noi, in Recce’d, questo è l’opposto, di come si fa il mestiere di consulente per gli investimenti.

Il “perché” viene prima di tutto, per noi di Recce’d: ed infatti oggi lo leggete, in sintesi, nell’immagine qui sotto.

Non ci dilunghiamo su questo punto: non vogliamo annoiare i nostri lettori affezionati, che hanno già avuto a disposizione approfondimenti qualificati dei temi toccati dall’immagine precedente.

Se ancora non avete letto i Post della serie Detox, che Recce’d iniziò lo scorso mese di marzo, allora vi suggeriamo di farlo adesso. Come vi dice l’immagine che vedete qui sopra, sono la spiegazione che vi serve oggi.

Sono la spiegazione anche per i dati che leggete nell’immagine seguente. Le Banche Centrali come vedete iniziarono a comperare oro in grande scala anni fa (come i Clienti di Recce’d).

E non hanno avvistato i venditori delle Reti di Assoreti, che … se la dormivano della grossa. Non hanno avvisato il vostro promotore finanziario.

Il grafico vi dice che cosa fare:

“for now, all we can do is to position accordingly”. Voi fatelo oggi.

In quanto gestori di portafogli modello, noi di Recce’d (che abbiamo a cuore unicamente l’interesse del nostro Cliente, e non abbiamo la “merce da piazzare comunque”) oggi siamo molto attenti all’oro: ma siamo, oggi, dopo che l’oro è salito a 3650$ per oncia, più attenti e più interessati ai segnali che l’oro sta mandando a proposito degli altri asset finanziari, delle altre classi di attività, degli altri strumenti finanziari.

Ad esempio, che cosa dice di fare, l’oro con le vostre e nostre posizioni in BTp, Titoli di Stato, ed obbligazioni in generale? Che tipo di segnale ci manda, l’oro?

Leggiamo qui sotto.

Per decifrare i segnali che l’oro ci sta mandando a proposito del comparto obbligazionario, è indispensabile avere chiarissime le idee in merito all’inflazione, quella di oggi ma soprattutto quella futura.

Che cosa ci sta dicendo, l’oro, sull’inflazione futura?

Ovvio che non ci sono soltanto le obbligazioni, ed i Titoli di Stato. Ci sono anche le azioni.

L’oro ci sta mandando segnali molto forti anche per ciò che riguarda il comparto azionario.

Non vogliamo, come già detto, dilungarci oggi: ne abbiamo già scritto diffusamente, e presto ritorneremo sulle azioni con un approfondimento dedicato.

Ci limitiamo ad aggiungere, al grafico qui sotto, quattro circoletti colorati. lasciamo poi al nostro lettore di divertirsi un po’, e notare le differenze (molto evidenti) tra la situazione di oggi (in viola) e tre importanti periodi precedenti.

Il grafico evidenzia che nel 2020 qualche cosa, di fondamentale, è cambiato per i mercati finanziari.

Recce’d ve lo ha segnalato, in decine di occasioni, dal 2020 ad oggi: il 2020 ha chiuso un’era, ed ha aperto una Nuova Era.

Dal 2022, in particolare, noi di Recce’d abbiamo evidenziato più e più volte che tutti i mercati e tutti gli investitori oggi si trovano a procedere dentro una Nuova Era delle economie e dei mercati.

Oggi, questo concetto lo ritrovate dovunque.

Anche quando si parla di oro.

Ed è esattamente questa la chiave che Recce’d vi suggerisce di adottare, per decifrare i segnali (moltissimi) che l’oro oggi manda a tutti gli investitori.

Quando leggete dei record dell’oro (decisamente più importanti, oggi, dei record delle Borse), adottate questa chiave di interpretazione, che vi permette di cogliere tutti i segnali più importanti.

Si legge nell’immagine che segue:

“… questo fenomeno ci fornisce informazioni sul contesto circostante, ed in particolare sul più generale cambiamento del panorama finanziario. I record di prezzo non ci dicono soltanto dell’oro, ma ci segnalano un cambiamento profondo nel modo nel quale sia gli investitori, sia le stesse banche centrali, gestiscono il rischio, coinvolgendo quindi sia le valute sia i Titoli di Stato”.

Per comprendere i segnali in arrivo dall’oro, vi sarà necessario (come detto sopra) avere la massima chiarezza sullo stato dell’inflazione: a questo proposito vi saranno quindi utilissimi i dati del grafico che segue.

In aggiunta, vi sarà utile comprendre meglio la questione del “tasso di interesse neutrale”: per questo Recce’d vi aiuta concretamente con l’immagine che segue qui sotto,

L’analisi dell’inflazione, a sua volta, vi riporterà alla questione dei tassi di interesse in termini reali, ovvero al netto del tasso di inflazione. Il lavoro di Recce’d ci consente di mettere a vostra disposizione un aggiornamento anche a questo proposito con il grafico che trovate qui sotto.

Come sempre, i Post del nostro Blog hanno lo scopo dichiarato di fornire a chi li legge un aiuto concreto, e noi lo abbiamo già fatto e continueremo a farlo anche oggi. Ed ecco spiegato il perché Recce’d ha selezionato per voi un contributo che spiega in modo chiaro le ragioni della crisi che ci viene segnalata dal prezzo dell’oro: che prima di ogni altra cosa è una crisi di fiducia.

Quante volte vi hanno detto: “dobbiamo avere fiducia nel sistema”, “il sistema regge”, “dobbiamo fare sistema”.

Beh, amici investitori … vi suggeriamo grande cautela: il “sistema” forse si salverà, ma di certo il “sistema” non ha ha cuore il vostro interesse di risparmiatori, ma soltanto il suo, quello “del sistema”. Sarete abbandonati a voi stessi. Vi serve che vi facciamo qualche concreto esempio del recente passato?

Crediamo non ce ne sia bisogno, ma se volte contattare Recce’d attraverso la pagina CONTATTI del nostro sito.

Intanto, vi sarà utile leggere un dettagliato resoconto dello stato delle cose oggi.

I costi dei prestiti a lungo termine in tutto il mondo sono di nuovo sotto pressione, e gli analisti affermano che ciò è dovuto in parte al diffuso malcontento degli investitori riguardo all'andamento delle politiche fiscali e monetarie in molte delle principali economie.

Quest'anno i mercati obbligazionari hanno vissuto un periodo turbolento, con picchi e cali massicci a volte derivanti dalle politiche della Casa Bianca, che vanno dai dazi alle preoccupazioni per il deficit statunitense legato alla "grande, bella bolletta fiscale".

Questa settimana i movimenti sono stati più misurati. Tuttavia, diversi rendimenti hanno raggiunto traguardi importanti, riaccendendo il dibattito sulle opportunità e sui rischi del debito pubblico.

Il rendimento dei titoli del Tesoro statunitensi a 30 anni ha superato il 5% mercoledì mattina per la prima volta da luglio, a causa delle incertezze sul futuro delle entrate tariffarie a seguito di una recente sentenza del tribunale. Il rendimento dei titoli di Stato giapponesi a 30 anni ha raggiunto un livello record mercoledì, con un aumento di 100 punti base quest'anno, trainato dall'elevata inflazione, dai bassi tassi reali e dall'incertezza politica.

Il rendimento dei titoli di Stato britannici a 30 anni ha raggiunto martedì il livello più alto dal 1998, in vista di un bilancio molto atteso che verrà presentato nei prossimi mesi, e ha aggiunto altri 4 punti base mercoledì mattina. Il premio sui titoli di Stato francesi a 30 anni ha superato un livello visto l'ultima volta nel 2008, poiché il governo è sull'orlo del collasso, mettendo a rischio i piani di riduzione del deficit del Paese.

 I titoli di Stato tedeschi, che avevano beneficiato di una fuga verso la sicurezza all'inizio dell'anno, si sono uniti alla corsa, con il rendimento del Bund trentennale che ha raggiunto il massimo degli ultimi 14 anni.

Kallum Pickering, capo economista di Peel Hunt, ha affermato che, sebbene non vi sia alcuna crisi nel mercato obbligazionario, l'elevato prezzo pagato dai governi, unito agli elevati tassi di interesse, rappresenta un problema economico per tutto il mondo avanzato.

"[I tassi elevati] limitano le scelte politiche, ostacolano gli investimenti privati, ci lasciano a chiederci ogni sei mesi se dovremo affrontare un periodo di instabilità finanziaria. Sono davvero, davvero negativi per il settore privato", ha dichiarato Pickering mercoledì a "Squawk Box Europe" della CNBC.

"Sto arrivando al punto in cui penso che l'austerità avrebbe un effetto stimolante, perché darebbe fiducia ai mercati, farebbe scendere i rendimenti obbligazionari e il settore privato tirerebbe un sospiro di sollievo e inizierebbe a distribuire parte della sua solidità patrimoniale".

Jonas Goltermann, vice capo economista dei mercati di Capital Economics, ha affermato che sembrano esserci tre fattori sovrapposti nel rialzo globale dei rendimenti a lungo termine: preoccupazioni fiscali, politica monetaria ed effetti dei premi a termine, come le dinamiche di domanda e offerta.

Sia il Regno Unito che la Francia si trovano ad affrontare una "complicata aritmetica di bilancio" in cui "è necessaria una combinazione di aumenti delle tasse e tagli alla spesa per mantenere le finanze pubbliche su un piano sostenibile e i mercati obbligazionari dalla loro parte", ha affermato in una nota di martedì.

Le dinamiche di mercato, nel frattempo, suggeriscono una fiducia vacillante nella "capacità e volontà delle banche centrali di tenere sotto controllo l'inflazione nel medio termine", ha continuato Goltermann, pur sottolineando la relativa resilienza dei rendimenti statunitensi, dove i timori sull'indipendenza delle banche centrali si sono fatti acuti.

Infine, una combinazione di maggiori emissioni obbligazionarie e minore domanda da parte dei tradizionali Gli acquirenti di debito a lunga scadenza – in parte a causa del rischio di tassi più elevati e di inflazione, e di un indebolimento del tipico legame tra avversione al rischio e rendimenti obbligazionari più bassi – hanno lasciato scarse le possibilità che una "soluzione miracolosa" arrivi a far scendere i rendimenti, ha affermato Goltermann.

Infine, in un momento in cui l'emissione obbligazionaria è aumentata, la domanda da parte degli acquirenti tradizionali di debito a lunga scadenza è diminuita, ha continuato Goltermann. Il tipico legame tra avversione al rischio e rendimenti obbligazionari più bassi si è eroso quest'anno e gli operatori stanno valutando il rischio di tassi più elevati e di inflazione, ha affermato.

Gli strateghi di ING hanno minimizzato l'idea che la svendita obbligazionaria di questa settimana sia stata innescata dall'incertezza sui dazi statunitensi legata a una sentenza della corte d'appello secondo cui la maggior parte dei dazi imposti dal presidente Donald Trump sulle importazioni da altri paesi sono illegali.

"Non c'è incertezza. "I dazi rimangono e rimarranno", hanno affermato in una nota di martedì, descrivendo l'amministrazione Trump come "tutta concentrata sulla gestione macroeconomica tramite dazi" con qualsiasi mezzo.

"Le estremità lunghe delle curve dei rendimenti rimangono sotto pressione al rialzo, in un contesto di preoccupazioni fiscali e preoccupazioni sull'indipendenza della banca centrale", hanno affermato, in particolare dopo il "caso Lisa Cook" - riferendosi a Trump.

Ritorniamo quindi al nostro punto di partenza, del Post che state leggendo: le opportunità della vita.

Concentriamoci adesso sulle obbligazioni e sui Titoli di Stato: ritorneremo, in altri Post, sia sulle Borse sia sulle valute.

I dati ci dicono che proprio nel comparto dei Titoli di Stato e delle obbligazioni, oggi ci sono opportunità che sono le più grandi, e le più facili da cogliere, degli ultimi 100 anni.

Lo dimostra il fatto che la situazione di oggi non ha alcun precedente negli ultimi 100 anni.

È questo il decennio peggiore di sempre per i titoli di Stato? Questa è la domanda che Deutsche Bank si è posta mercoledì in una nota di ricerca redatta da Jim Reid. La risposta è sì, è "il periodo peggiore mai registrato per i rendimenti nominali decennali statunitensi", ma la rivelazione più sorprendente è che i rendimenti decennali di riferimento sono inferiori alla media a lungo termine risalente al 1800.

Il rendimento a 10 anni è inferiore alla media dal 1800.

Il rapporto, redatto in collaborazione con lo stratega macroeconomico Henry Allen, sottolinea che i rendimenti globali a lungo termine, come ribadiscono con entusiasmo i media, sono ai massimi pluriennali e, in molti casi, pluridecennali per molti titoli sovrani, e le cause principali di questo fenomeno sono le preoccupazioni sulla sostenibilità del debito e l'inflazione.

La nota di Deutsche Bank sottolinea che "si prevede ampiamente un aumento dell'inflazione nei prossimi mesi, dato che i dazi e gli indicatori anticipatori come la componente ISM dei prezzi dei servizi pagati stanno aumentando... mostrando la potenziale direzione di marcia".

Le curve dei rendimenti più ripide, con tassi a lungo termine che salgono più di quelli a breve termine, rappresentano la via di minor resistenza, concludono gli analisti di Deutsche.

Quindi, sebbene l'estate sia finita, la tensione sui mercati obbligazionari di tutto il mondo è ancora molto alta. Non c'è sollievo per i titoli di Stato attualmente al centro dell'attenzione: i titoli a lungo termine di Francia, Regno Unito e Stati Uniti hanno attirato un'attenzione indesiderata nelle contrattazioni di martedì 2 settembre 2025, quando i rendimenti statunitensi hanno brevemente toccato il livello psicologico chiave del 5,0%.

In un post su X, Dario Perkins, stratega macro di TS Lombard, ha sottolineato che i titoli del Tesoro statunitensi sono "una sorta di tasso generico privo di rischio per la finanza globale", quindi "con l'aumento dei rendimenti statunitensi, aumentano anche i rendimenti ovunque". Ciò rappresenta un serio problema per paesi come Francia e Regno Unito, dove i costi di finanziamento aumentano senza un corrispondente aumento della crescita.

È improbabile che le tensioni sul mercato obbligazionario francese si allentino prima del voto di fiducia per il governo di coalizione dell'8 settembre. I rendimenti continuano a salire dopo che il Primo Ministro François Bayrou non è riuscito a raggiungere un accordo sul pacchetto di austerità da 44 miliardi di euro con il partito di estrema destra di Marine Le Pen martedì. Tenterà lo stesso con il partito di estrema sinistra di Jean-Luc Mélenchon mercoledì, ma il risultato sarà probabilmente lo stesso, secondo Politico.

I titoli di Stato francesi a 10 anni, noti come OATS, rimangono ai massimi recenti o prossimi al 3,57%.

Per illustrare in modo più grafico la tensione generata sui mercati obbligazionari europei dalla crisi politica francese e l'imminente crisi che affligge le finanze pubbliche britanniche, Robin Brooks ha pubblicato un grafico su X. Si tratta di un grafico che illustra la liquidità relativa nei mercati obbligazionari. Curve dei rendimenti lisce implicano liquidità e fiducia. Le curve dei rendimenti rappresentate mostrano illiquidità e nervosismo.

Più curve si susseguono, minore è la liquidità, maggiore è l'ansia sul mercato.

Mentre i rendimenti obbligazionari a lungo termine del Regno Unito continuano la loro allarmante spirale al rialzo, Simon French, stimato responsabile della ricerca di Panmure Liberum, ha fornito la sua ricetta per porre rimedio ad alcune delle vulnerabilità nelle dinamiche del debito del Regno Unito. Il suo post ha raccomandato diverse misure per calmare i mercati dei gilt.

In primo luogo, suggerisce che il Cancelliere e la Banca d'Inghilterra si coordinino per ridurre il ritmo del quantitative tightening, sorprendendo al contempo il mercato riducendo le aspettative di emissione di debito (o gilt) nel 2026.

In secondo luogo, French propone che la Banca d'Inghilterra invii un segnale inequivocabile sul suo impegno a contenere l'inflazione. Anche questo richiede la collaborazione del governo affinché si astenga dall'aumentare il carico fiscale e normativo sull'economia nella dichiarazione di bilancio di novembre. È questo il motivo del problema di inflazione asimmetrica del Regno Unito, sostiene French.

Infine, propone l'impegno del governo a rinunciare alle sue politiche energetiche a zero emissioni nette per sostenere la crescita e ancorare le aspettative di inflazione. Queste misure, prese insieme, potrebbero far scendere i rendimenti dei titoli di Stato britannici a 10 anni dall'attuale 4,8%.


Tornando alla ricerca di Deutsche Bank, Reid si chiede per quanto tempo il mondo rimarrà in questo ciclo di deficit strutturalmente elevati. Reid osserva che i deficit statunitensi "sono sulla buona strada per raggiungere il 9% entro un decennio", secondo Moody's, mentre "il piano del Segretario al Tesoro Bessent di raggiungere il 3% sembra lontano".

Durante la grande bolla obbligazionaria dell'ultimo decennio, molti venditori di Wall Street amavano rassicurare i propri clienti sul fatto che potevano ancora aspettarsi di guadagnare circa il 6% all'anno dalle loro obbligazioni, perché quella era la "media storica".

Quando fecero queste promesse, le obbligazioni stesse erano così costose che i loro rendimenti, o tassi di interesse, erano spesso bassi fino al 4% o addirittura al 3%.

Come i consulenti riuscissero a ottenere rendimenti annuali del 6% da obbligazioni con un rendimento del 4% o del 3% è una domanda rimasta senza risposta.

Abbiamo chiarito a ogni nostro lettore le grandi anomalie e le mille particolarità della attuale situazione dei mercati obbligazionari in tutto il Mondo.

Ora, aggiungete a questa situazione il dato NFP per gli occupati negli USA di ieri venerdì 5 settembre 2025, e la reazione immediata dei mercati finanziari, che commenteremo poi anche alla nostra pagina TWIT - TWOO.


Avrete un quadro dettagliato e completo.

Molti tra i nostri lettori per conseguenza, si staranno chiedendo: ma come è stato possibile precipitare in una situazione come questa?

Come è possibile uscirne? Quali strade si possono percorrere?

Che cosa succede adesso?

E chi potrebbe guidarci in modo sicuro verso l’uscita?

Se voi sarete in grado di dare la risposta giusta a queste domande, per voi sarà facile cogliere le opportunità di una vita.

Che cosa succede adesso, ve lo abbiamo già anticipato. E lo potete leggere, un’altra volta, nell’immagine che segue. E’ davvero molto molto semplice.

Alcune delle possibili risposte alle altre domande, invece, le potete leggere nel (qualificatissimo) terzo ed ultimo contributo, che trovate di seguito.

Saranno proprio questi fattori a determinare perdite e guadagni nel vostro portafoglio, nei prossimi 12 mesi come anche nei prossimi 5 anni.

Nel mondo degli investimenti, come sapete, non esistono certezze: sono false certezze, in particolare, quelle di chi vi racconta che “i mercati si riprendono sempre”. E’ un falso, un inganno, una menzogna.

Noi però una certezza e la vogliamo dare: quella che avete letto in questo Post sembra una situazione senza uscita. Invece, un uscita esiste, ed esiste sempre.

Per noi, e voi investitori, tutto dipende da come si arriva, a questa uscita. E su questo, certezze oggi non ne esistono. Il portafoglio va gestito: ogni giorno.

Sei ministro delle Finanze dopo un decennio di scarsa crescita economica, shock dovuti a una crisi finanziaria, una pandemia e prezzi dell'energia alle stelle.

Il debito pubblico vale più del prodotto interno lordo del tuo Paese, i tassi di interesse sono ai massimi da anni e il solo servizio del debito in essere assorbe una quota sempre maggiore di entrate fiscali.

L'inflazione è ostinata.

La prodigalità americana sta soddisfacendo gran parte della domanda mondiale di titoli di Stato, il che significa che il tuo debito deve pagare di più per attrarre investitori.

Resti sveglio a preoccuparti di come far quadrare i conti. I tuoi colleghi ministri, nel frattempo, si preoccupano per le loro carriere: i partiti populisti sono in piena espansione.

Il contesto economico richiede un consolidamento fiscale; quello politico mette in guardia contro l'austerità.

Cosa fai?

Questo è il problema che devono affrontare i governi di gran parte del mondo ricco. Il deficit fiscale medio nell'OCSE, un club di paesi per lo più ricchi, ha raggiunto il 4,6% del PIL lo scorso anno, in aumento rispetto a una media del 2,9% nei quattro anni precedenti la pandemia di Covid-19; Il pagamento degli interessi sul debito in essere ha raggiunto il 3,3% del PIL, appena al di sotto della cifra che i membri della NATO sperano di spendere per la difesa entro il 2035.

La letteratura politologica offre un certo conforto – l'austerità di solito non è un ostacolo alla rielezione – ma anche un monito. La ricerca mostra un legame tra tagli alla spesa e successo populista. In effetti, in Gran Bretagna, Francia e Germania questi partiti sono già in ascesa. Chiamiamolo il circolo vizioso deficit-populismo: i ministri si trovano ad affrontare sia grandi deficit che rivolte degli elettori, e c'è ben poco modo di soddisfare sia i mercati obbligazionari che i barbari alle porte.

Durante la lenta ripresa dalla crisi finanziaria globale del 2007-2009, molti governi hanno ritardato il consolidamento fiscale e contratto prestiti. L'attuale contesto economico è meno favorevole a un simile approccio: i debiti sono più elevati e le banche centrali stanno inasprendo le politiche, anziché impegnarsi in un allentamento quantitativo. La Banca d'Inghilterra ha ridotto le sue obbligazioni di circa 100 miliardi di sterline (135 miliardi di dollari) all'anno, rendendo più difficile per lo Stato trovare acquirenti per i circa 300 miliardi di sterline di obbligazioni che vende annualmente.

Gli obbligazionisti sono inquieti. Il rendimento dei titoli di Stato decennali francesi è del 3,5%, in aumento rispetto a meno dell'1% di dieci anni fa. L'aumento dell'inflazione e dei tassi di interesse, che diventano più probabili quando i governi contraggono ingenti prestiti, possono anche infliggere danni politici ai governi in carica, come ha scoperto il presidente Joe Biden.

Contrarre maggiori prestiti è quindi poco allettante. Le condizioni fiscali rendono inoltre più preoccupante la prospettiva di governi di estrema destra. I populisti in genere promettono una maggiore spesa per pensioni e assegni familiari, nonché tagli fiscali: una miscela nociva nelle circostanze attuali. Pertanto, i tagli alla spesa impopolari potrebbero essere controproducenti: non ha senso raddrizzare la situazione fiscale solo per mettere al potere un populista spendaccione. I mercati obbligazionari hanno già iniziato a preoccuparsi del successo dell'estrema destra. Quando Emmanuel Macron ha indetto elezioni anticipate nel giugno 2024, lo spread tra i rendimenti dei titoli di Stato decennali francesi e quelli tedeschi è salito da 0,5 a 0,8 punti percentuali, a causa delle preoccupazioni degli investitori per il Raggruppamento Nazionale. Con il governo di minoranza che ora si trova ad affrontare un voto di fiducia l'8 settembre, lo spread è nuovamente aumentato.

In teoria, potrebbe essere possibile vendere tagli alla spesa agli elettori. I governi vengono spesso rieletti dopo aver attuato misure di austerità; un politico intelligente può eliminare i tagli ben prima delle elezioni. Tuttavia, gli studi suggeriscono anche che, nel tempo, i tagli alla spesa indeboliscono il sostegno al mainstream politico. Una revisione di prossima pubblicazione di Evelyne Hübscher della Central European University e Thomas Sattler dell'Università di Ginevra rileva che la diffusione del populismo nell'Europa occidentale si è verificata a ondate che coincidono con episodi di austerità. I dibattiti su immigrazione, servizi pubblici e sussidi diventano più intensi quando si sviluppa quella che Stefanie Stantcheva dell'Università di Harvard chiama una "mentalità a somma zero".

Ciò è confermato da studi su piccola scala. Simone Cremaschi dell'Università Bocconi e coautori hanno esaminato le variazioni nelle riforme degli enti locali italiani. Hanno scoperto che, nelle aree in cui i tagli ai servizi pubblici sono stati più incisivi, i partiti di estrema destra hanno ottenuto più voti. Un altro articolo di Zachary Dickson della London School of Economics, condotto da Cremaschi e coautori, rileva che Reform UK prospera nelle aree in cui gli ambulatori del Servizio Sanitario Nazionale sono stati recentemente chiusi. Anche buche e strade dissestate sembrano essere correlate al successo del partito. "Investire nei servizi pubblici chiave per far capire alle persone che vale la pena pagare le tasse e far parte di questo sistema democratico", consiglia Catherine de Vries della Bocconi.

Investire nei servizi pubblici richiederebbe, tuttavia, aumenti delle tasse. Questi potrebbero essere meno propensi dei tagli alla spesa a incoraggiare l'ascesa dei populisti. Jacopo Ponticelli della Northwestern University e Hans-Joachim Voth dell'Università di Zurigo hanno esaminato i consolidamenti fiscali in diversi paesi dal 1919 al 2008.

Investire nei servizi pubblici richiederebbe, tuttavia, aumenti delle tasse. Potrebbero essere meno propensi dei tagli alla spesa a incoraggiare l'ascesa dei populisti. Jacopo Ponticelli della Northwestern University e Hans-Joachim Voth dell'Università di Zurigo hanno esaminato i consolidamenti fiscali in diversi paesi dal 1919 al 2008. Hanno scoperto che, sebbene vi sia una chiara associazione tra tagli alla spesa e casi di instabilità sociale, come le rivolte, gli aumenti delle tasse hanno avuto solo un impatto "piccolo e insignificante". Il problema è che comporterebbero altri costi. Alberto Alesina di Harvard e coautori hanno scoperto che i pacchetti di austerità che si basano più sugli aumenti delle tasse che sui tagli alla spesa sono peggiori per la crescita economica a lungo termine. I partiti liberisti che attuano aumenti delle tasse sono particolarmente penalizzati dagli elettori.

Ci sono altre opzioni? Una gestione oculata del debito potrebbe essere stata una di queste. Negli ultimi decenni, come hanno osservato Barry Eichengreen dell'Università della California, Berkeley, e Rui Esteves del Geneva Graduate Institute, politiche credibili e obbligazioni a lunga scadenza hanno impedito che modesti episodi di inflazione facessero impennare i rendimenti, rallentando così l'accumulo di debito.

Il problema è che negli ultimi anni la maggior parte dei paesi ha abbandonato l'emissione di obbligazioni a lungo termine. Infatti, il quantitative easing, che prevede lo scambio di titoli di Stato a più lunga scadenza con depositi overnight presso la banca centrale, ha accorciato la scadenza effettiva delle passività pubbliche, rendendole più sensibili alle variazioni dei tassi di interesse a breve termine.

Eichengreen ed Esteves sottolineano che, a partire dalla Seconda guerra mondiale, i governi europei hanno solitamente ridotto il proprio debito attraverso una rapida crescita economica o una repressione finanziaria. Una rapida crescita economica non sembra probabile oggi, lasciando spazio alla repressione finanziaria.

In genere, questa prevede controlli sui capitali o una regolamentazione finanziaria che mantenga i tassi di interesse nominali al di sotto del tasso di inflazione. Sebbene pochi governi siano desiderosi di tornare ai controlli sui capitali del dopoguerra, alcuni stanno flirtando con altre forme di repressione.

Tra le idee c'è l'abolizione dei pagamenti degli interessi sulle riserve delle banche centrali o l'obbligo per i fondi pensione di acquistare attività nazionali. I politici britannici potrebbero utilizzare incentivi fiscali per incoraggiare i risparmiatori a investire in patria.

La repressione finanziaria, indipendentemente da come venga attuata, è in definitiva una tassa sui risparmiatori, che ottengono rendimenti peggiori quando sono costretti a investire nel loro mercato interno. Molti più elettori ora possiedono attività e pensioni private rispetto ai periodi di repressione del dopoguerra. Non è chiaro come reagirebbero se fossero costretti, di fatto, a consegnare una parte dei loro risparmi al governo, ma non è difficile immaginare una reazione negativa.

Il vincolo populista, quindi, è stretto. Peccato per il ministro delle Finanze che spera di tenere sotto controllo il peso del debito e di tenere a bada l'estrema destra. Almeno, durante le sue notti insonni, può consolarsi pensando che, quando verrà cacciato dall'incarico, il suo successore populista dovrà affrontare molti degli stessi vincoli. Vedremo come gli piace farlo. ■

Valter Buffo
Detox. Il vostro portafoglio di BTp e la vostra pensione
 


Nel Post precedente, pubblicato sempre oggi, 30 agosto 2025, noi di Recce’d abbiamo lanciato un allarme. Con le parole che seguono:

(…) anche, per tutti noi che investiamo sui mercati finanziari, molto pericoloso. E diciamo anche di più: diciamo che è drammatica. per noi, risparmiatori ed investitori: perché siamo noi, proprio noi, a rischiare, e di tasca nostra, con i nostri soldi.

Questo è Allarme Rosso.

Sappiamo per certo che non c’è al Mondo una persona, un solo investitore, che leggendo quello che sta scritto nel nostro Post precedente di oggi, e poi leggendo ciò che sta scritto qui sotto nell’immagine, non provi un brivido, profondo, e sgradevole: un brivido freddo, e anche di paura.

Ciò che Recce’d può fare, per fornire un concreto aiuto a tutti gli investitori che ci leggono, è chiarire attraverso il Post precedente e questo che ora state leggendo ogni aspetto della situazione così come si presenta all’inizio del nuovo mese di settembre.

Come dicevamo sopra, non c’è una sola persona dotata di normale buon senso che oggi può rimanere indifferente, di fronte ai fatti elencati nell’immagine.

Non c’è un solo investitore che, messa di fronte ai fatti citati nell’immagine, non chieda a sé stesso:

“ ma dove stiamo andando?” oppure “che fine faremo tutti?”.

Questo è un vero e proprio attacco ai risparmi di tutti noi: la politica vuole mettere le mani sui nostri soldi. In particolare, sui soldi oggi investiti in Titoli di Stato.

Spieghiamo con maggiore dettaglio, ritornando al modo nel quale alla massa degli investitori è stato “spiegato” il discorso di Powell a Jackson Hole, otto giorni fa.


Il via libera del presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, a un taglio dei tassi a settembre è una scommessa sul fatto che tassi più bassi potrebbero sostenere un mercato del lavoro in difficoltà senza lasciare che l'inflazione diventi incontrollabile.

Sebbene il tasso di disoccupazione sia rimasto stabile per gran parte dell'ultimo anno e i licenziamenti siano bassi, il malessere sta crescendo. Le aziende non assumono e i nuovi arrivati ​​nel mercato del lavoro hanno difficoltà a trovare lavoro. Nel suo discorso al simposio della Fed a Jackson Hole, nel Wyoming, venerdì, Powell ha definito questo un mercato del lavoro "strano" e ha affermato che la banca centrale nutre crescenti preoccupazioni circa le prospettive occupazionali.

Scott Anderson, capo economista statunitense di BMO Capital Markets, ha affermato che la Fed spera che tassi leggermente più bassi possano aiutare le aziende a districarsi nel nuovo scenario tariffario elevato.

"Powell sta inviando un segnale che le aziende possono procedere con i piani di investimento, incoraggiandole a continuare a spendere ed evitando che licenzino in modo aggressivo", ha affermato Anderson. Powell affermava che la Fed può far fronte all'aumento dei prezzi dovuto ai dazi – e così dovrebbe, ha aggiunto.

Nancy Vanden Houten, economista capo di Oxford Economics, ha affermato che "un taglio dei tassi di 25 punti base non modificherà troppo il corso dell'economia", ma che nella misura in cui può aumentare la fiducia, sarebbe positivo.

Sia Anderson che Vanden Houten si sono detti sorpresi dall'adesione di Powell a un taglio dei tassi nel suo discorso di Jackson Hole. Cosa lo ha spinto ad accettare questa mossa? Entrambi gli economisti ritengono che il fattore decisivo sia stato il rapporto sull'occupazione di luglio, pubblicato all'inizio di questo mese, che ha scioccato il mercato con significative revisioni al ribasso della crescita occupazionale e ha spinto il presidente Donald Trump a licenziare il capo statistico del Dipartimento del Lavoro.

I nuovi dati sull'occupazione mostrano che l'economia ha creato solo 35.000 posti di lavoro al mese da giugno. Si tratta di un numero ben al di sotto del ritmo di 168.000 posti di lavoro al mese nel 2024.

La Fed ha due obiettivi: mantenere bassa l'inflazione e preservare un mercato del lavoro sano. Entrambi questi obiettivi sono stati complicati dalla decisione della Casa Bianca di imporre dazi sui beni importati.

Sulla carta, i funzionari della Fed hanno affermato che, quando l'inflazione aumenta e l'economia si indebolisce, cercheranno di valutare quale dei due obiettivi sia più lontano dalla normalità. Vanden Houten ha affermato che questa formula suggerisce che la Fed metterà l'inflazione al primo posto e manterrà i tassi più alti.

Ma il discorso di Powell ha sostanzialmente ribaltato la situazione. Ha suggerito che la banca centrale ritiene che il mercato del lavoro abbia bisogno di un aiuto fondamentale.

"I rischi al ribasso per l'occupazione stanno aumentando. E se questi rischi si materializzano, possono farlo rapidamente sotto forma di un forte aumento dei licenziamenti e della disoccupazione", ha affermato Powell.

Jonathan Millar, economista senior statunitense presso Barclays a New York, ha osservato che un fattore chiave per Powell è che il mercato del lavoro non è teso e i lavoratori non potranno chiedere salari più alti.

Uno dei maggiori rischi di inflazione si verifica quando i lavoratori possono chiedere salari più alti, il che consente alle aziende di aumentare i prezzi, innescando una spirale al rialzo.

"Bisogna davvero strizzare gli occhi per vedere un'accelerazione dei salari", ha affermato Millar. Sebbene alcuni lavoratori possano essere in grado di contrattare per salari più alti data la mancanza di immigrazione, ciò riguarda solo una piccola fetta del mercato del lavoro, ha aggiunto.

Il ritmo dei tagli dei tassi per il resto dell'anno e fino al 2026 dipenderà da cosa accadrà al tasso di disoccupazione nei prossimi mesi, ha affermato Millar.

Vanden Houten ha sottolineato che Powell sosterrà che la Fed non sta stimolando l'economia. Il capo della Fed ritiene che l'attuale livello dei tassi, compreso tra il 4,25% e il 4,5%, sia superiore a quello che si avrebbe in un'economia normale.

Rivediamo ora insieme che cosa ne scrisse, esattamente sette giorni fa, la stampa nazionale.


Ricordate ancora il venerdì 22 agosto? Sette giorni fa, alla massa degli investitori, tutti i social e tutti i media avevano spiegato che “bisogna essere euforici, visto che finalmente Powell taglierà i tassi”.

Il Sole 24 Ore ai propri lettori annunciava il 22 agosto, sette giorni fa: “c’è un cambio di strategia”. L’immagine la trovate qui sopra.

Poi che cosa è successo, nella realtà?

Un bel nulla, di nulla: da lunedì 25 a ieri, venerdì 29 agosto, nulla. nessuna euforia, nessun entusiasmo.

Nessuno, nel Mondo, ci ha messo i propri soldi, su quella (falsa) promessa di entusiasmo del venerdì 22 agosto.

Proprio come Recce’d, ai propri Clienti, aveva anticipato attraverso il bollettino quotidiano che abbiamo chiamato The Morning Brief. Noi adottiamo criteri di qualità del tutto diversi.

Torniamo però ora al merito della questione, e ritorniamo a leggere le parole di Powell venerdì 22 agosto: che i social ed i media avevano mis-interpretato (come leggete grazie alle nostre immagini), e che sui mercati finanziari hanno avuto l’impatto opposto a quello che era stato anticipato venerdì 22 da media e social, nella settimana successiva che si è appena conclusa.

Detto questo, non sarebbe corretto concludere che quelle parole di Powell, il 22 agosto, fossero prive di rilevanza, per la nostra gestione del portafoglio titoli e per tutti i mercati finanziari.

hanno una grande rilevanza: ma non per le Borse. Hanno grande rilievo per la politica.

Le recenti mosse di Trump contro la Federal Reserve (esaminate nel Post precedente a questo pubblicato oggi), spingono altri membri del Consiglio della Fed ad uscire allo scoperto, e mettersi in luce come sostenitori della “linea” desiderata dal Presidente. E’ lo scopo di Donald Trump: aumentare ed accelerare la conflittualità interna al Consiglio della Fed: quel Consiglio che decide sui tassi di interesse ufficiali negli Stati Uniti.

Lo scopo di Trump è, per sua stessa dichiarazione, quello di de-stabilizzare la Banca Centrale.

E proprio qui, a questo punto, per tutti noi investitori scatta l’allarme rosso.

Il governatore della Federal Reserve, Christopher Waller, ha dichiarato giovedì di sostenere una serie di tagli dei tassi di interesse a partire da settembre, con il ritmo delle successive mosse guidato dai dati in arrivo.

Waller aveva esortato la Fed a tagliare i tassi durante l'ultima riunione di luglio, e ora si è detto più sicuro che sia stata la decisione giusta.

"Andiamo avanti", ha dichiarato Waller giovedì durante un evento a Miami.

La Casa Bianca ha affermato che Waller è tra i candidati che saranno intervistati per sostituire il presidente della Federal Reserve Jerome Powell, quando il mandato di Powell terminerà a maggio.

Il presidente Donald Trump insiste da mesi sulla necessità che la Fed abbassi rapidamente i tassi. Ha sminuito Powell quasi quotidianamente e ha pubblicamente accarezzato l'idea di licenziare il capo della Fed.

All'inizio di questa settimana, Trump ha preso la decisione senza precedenti di licenziare una governatrice della Fed in carica, Lisa Cook, cercando di sovvertire leggi e tradizioni che hanno mantenuto la banca centrale indipendente dal controllo della Casa Bianca. Gli analisti hanno affermato che la mossa mira principalmente a dare a Trump l'opportunità di inserire i sostenitori dei suoi obiettivi politici nel comitato sui tassi di interesse della Fed. Cook si è rivolta al tribunale per bloccare il suo licenziamento, definendolo illegale.

Nel suo intervento all'Economic Club di Miami di giovedì, Waller non ha menzionato Trump. Si è rifiutato di commentare Cook e la sua battaglia legale.

Il governatore della Fed ha affermato di essere favorevole ai tagli dei tassi perché teme che il mercato del lavoro sia più debole di quanto sembri in superficie.

Waller ha affermato che un quadro settimanale del mercato del lavoro creato dalla Fed utilizzando i dati di ADP suggerisce che la debolezza osservata nel rapporto sull'occupazione di luglio sia proseguita anche questo mese.

Waller ha anche affermato che l'inflazione dovuta ai dazi sarà temporanea e quindi la Fed non ha bisogno di mantenere i tassi più alti del normale per proteggersi da un'altra ondata di prezzi in costante aumento.

Nei primi sette mesi dell'anno, Powell ha sostenuto una politica di mantenimento dei tassi più alti del normale per proteggersi da un'ondata di inflazione, che è stata superiore all'obiettivo della Fed per quattro anni.

Nel suo discorso della scorsa settimana a Jackson Hole, nel Wyoming, Powell ha aperto la strada a un taglio dei tassi a settembre, ma ha sottolineato la necessità che la Fed agisca con cautela.

È possibile che altri funzionari della Fed possano dissentire da un taglio dei tassi a settembre. Solo due mesi fa, sette funzionari della Fed avevano dichiarato di ritenere che la Fed non avrebbe dovuto effettuare alcun taglio quest'anno. Solo un altro funzionario della Fed, la governatrice Michelle Bowman, ha appoggiato la richiesta di Waller di un taglio dei tassi a luglio.

Il tasso di interesse di riferimento della Fed si attesta ora in un intervallo compreso tra il 4,25% e il 4,5%. Un sondaggio tra i funzionari della Fed indica che un tasso di interesse normale, o "neutrale", si attesta intorno al 3%. Questo è il livello stimato in cui i tassi non stimolano la crescita né frenano l'attività.

Utilizzando questi calcoli, Waller ha affermato che i tassi di interesse possono essere inferiori di 125-150 punti base rispetto al livello attuale.

"La totalità dei dati e le prospettive determineranno la rapidità con cui ritengo necessario spostare la politica monetaria verso un assetto neutrale, ma, stando qui oggi, prevedo ulteriori tagli nei prossimi tre-sei mesi, e il ritmo dei tagli dei tassi sarà determinato dai dati in arrivo", ha affermato Waller.

Waller ha aggiunto di non essere attualmente favorevole a un taglio di 50 punti base alla riunione della Fed del 16-17 settembre, ma ha aggiunto che potrebbe cambiare idea se il rapporto sull'occupazione di agosto indicherà un indebolimento sostanziale dell'economia e un'inflazione ben contenuta. I dati sull'occupazione saranno pubblicati il ​​5 settembre, mentre quelli sull'inflazione saranno pubblicati la settimana successiva.

Vi abbiamo chiarito a proposito di Powell e il suo Consiglio, ma ora dobbiamo focalizzarci sui mercati finanziari: perché le ricadute sui mercati finanziari sono proprio ciò che spiega perché è già scattato l’allarme rosso, come abbiamo scritto all’apertura del nostro secondo Post di oggi.

Abbiamo selezionato per voi un contributo che fa il punto proprio sui mercati finanziari, alla luce dei fatti di cui avete appena letto.

La scommessa di Trump con la Fed rischia di far salire ulteriormente i tassi obbligazionari chiave

26 agosto 2025 • Greg Ritchie, Carter Johnson, Michael MacKenzie

L'attacco senza precedenti e crescente del presidente Donald Trump alla Federal Reserve rischia di ritorcersi contro i mercati finanziari e l'economia con costi di indebitamento a lungo termine più elevati.

Per settimane, ha criticato aspramente il presidente Jerome Powell per non aver tagliato drasticamente i tassi di interesse per stimolare l'economia e – secondo Trump – ridurre il debito pubblico.

Ha già nominato il presidente del suo Consiglio dei consulenti economici nel consiglio di amministrazione della banca centrale e ora sta cercando di estromettere la governatrice Lisa Cook, preparando il terreno per una battaglia legale sull'autonomia politica dell'istituzione.

Eppure, nonostante tutto il potere della Fed sui tassi di interesse a breve termine, è il rendimento dei titoli del Tesoro a 10 anni – fissato in tempo reale dagli operatori di tutto il mondo – a determinare in larga misura quanto gli americani pagheranno per migliaia di miliardi di dollari di mutui, prestiti aziendali e altri debiti.

E anche se Powell segnala di essere pronto ad allentare la politica monetaria già dal mese prossimo, quei tassi sono rimasti ostinatamente alti per altri motivi: i dazi minacciano di aggravare un'inflazione ancora elevata; il deficit di bilancio è destinato a continuare a inondare il mercato di nuovi titoli del Tesoro; e i tagli fiscali di Trump potrebbero persino dare una scossa di stimolo l'anno prossimo.

Se a ciò si aggiungono i timori che una Fed fedele al presidente possa tagliare i tassi troppo e troppo velocemente – mettendo a repentaglio la credibilità della banca centrale nella lotta all'inflazione – i tassi a lungo termine potrebbero finire per salire ancora di più di quanto non siano ora, schiacciando l'economia e potenzialmente sconvolgendo altri mercati.

"La combinazione di una crescita più debole delle retribuzioni negli Stati Uniti e delle pressioni della Casa Bianca sulla Fed, sia a livello istituzionale che personale, sta iniziando a creare seri problemi per gli investitori in titoli del Tesoro statunitensi", ha affermato David Roberts, responsabile del reddito fisso di Nedgroup Investments, che prevede un aumento dei tassi a lungo termine anche in caso di calo di quelli a breve termine. "L'inflazione è ben al di sopra dell'obiettivo della Fed. Un denaro molto più economico ora probabilmente alimenterebbe un boom, un dollaro USA più debole e un'inflazione significativamente più elevata".

La pressione sui tassi di interesse a lungo termine non riguarda solo gli Stati Uniti. Nel Regno Unito, in Francia e in altri paesi, sono stati sostenuti dalle preoccupazioni degli investitori per la stessa combinazione di elevati oneri del debito pubblico e di una politica sempre più imprevedibile.

Ma le correnti contrarie del ritorno di Trump alla Casa Bianca hanno posto le loro sfide.

Durante la campagna presidenziale dello scorso anno, quando gli investitori iniziarono a scommettere sulla sua vittoria, i rendimenti dei titoli del Tesoro decennali salirono bruscamente, nonostante la Fed iniziasse a ridurre il tasso overnight di riferimento da un massimo di oltre due decenni. Questo perché gli investitori si aspettavano che il programma repubblicano di tagli fiscali e deregolamentazione avrebbe alimentato quella che, all'epoca, era un'economia sorprendentemente resiliente.

Da quando Trump è entrato in carica, tuttavia, la Fed è rimasta in attesa, poiché la sua imprevedibile guerra commerciale sconvolge le prospettive economiche, spaventa gli investitori stranieri e minaccia di far salire i prezzi al consumo. Quando l'introduzione dei dazi di aprile da parte di Trump scatenò una delle peggiori vendite obbligazionarie degli ultimi decenni, facendo impennare i rendimenti, Trump li interruppe, affermando che i mercati stavano "diventando un po' nervosi, un po' spaventati".

Da allora ha reintrodotto i dazi sulle importazioni e la sua politica commerciale ha continuato a essere instabile. Allo stesso tempo, il suo disegno di legge sui tagli alle tasse è destinato ad aggiungere oltre 3.000 miliardi di dollari al deficit nel prossimo decennio, il che aumenterà ulteriormente l'accumulo di debito a meno che i suoi dazi non vengano mantenuti in vigore dai futuri presidenti e non forniscano entrate sufficienti a compensarne i costi.

"Gli Stati Uniti devono emettere un'enorme quantità di debito per finanziare il proprio deficit", ha affermato Michael Arone, responsabile della strategia di investimento di State Street Investment Management.

Ha affermato che questo eccesso sta aumentando le preoccupazioni sulla crescita e sull'inflazione. "Di conseguenza, mi aspetto che i tassi a lungo termine rimangano più elevati e più volatili di quanto il mercato si aspetti".

Sebbene il Segretario al Tesoro Scott Bessent abbia affermato che le politiche di riduzione dei costi e di crescita dell'amministrazione finiranno per far scendere il rendimento a 10 anni – che ha indicato come un parametro chiave di successo – ciò non è ancora accaduto. Mentre i rendimenti a breve termine sono scesi in previsione di un'altra tornata di tagli da parte della Fed, il decennale è leggermente salito al 4,26% martedì, più o meno al livello in cui si trovava al momento dell'elezione di Trump a novembre.

Ciò ha segnato una risposta relativamente tiepida all'annuncio di Trump di licenziare Cook dalla Fed a causa di accuse non provate di frode sui mutui, una mossa che Cook ha promesso di contestare in tribunale. La Fed ha dichiarato che si atterrà all'esito del caso.

Ciò ha segnato una risposta relativamente smorzata all'annuncio di Trump di licenziare Cook dalla Fed a causa di accuse non provate di frode ipotecaria, una mossa che Cook ha promesso di contestare in tribunale. La Fed ha dichiarato che si atterrà all'esito del caso.

Parte della reazione del mercato riflette le aspettative che i tribunali proteggeranno l'indipendenza della Fed.

Priya Misra, portfolio manager di JPMorgan Investment Management, ha sottolineato le "garanzie istituzionali che proteggono e custodiscono gelosamente" la Fed dalle pressioni politiche. Anche la sostituzione di Cook, ha affermato, difficilmente modificherebbe la traiettoria a breve termine della Fed.

Inoltre, con il rallentamento della crescita occupazionale e Powell che ora annuncia che un altro round di tagli dei tassi potrebbe iniziare già il mese prossimo, gli operatori stanno già scontando cinque riduzioni di un quarto di punto percentuale entro la fine del prossimo anno. Powell, nominato da Trump il cui mandato alla presidenza termina a maggio, ha anche affermato che non si dimetterà dal suo incarico e ha cercato di isolare la banca centrale dalla politica.

Tuttavia, un crescente sforzo da parte di Trump per rimodellare la Fed manterrebbe quasi certamente i mercati obbligazionari in ansia, e i rendimenti del debito a lungo termine elevati.

I mercati si sono abituati all'autonomia della Fed, con i recenti presidenti che hanno fatto di tutto per non essere visti come coloro che influenzano la politica della banca centrale.

Il suo isolamento dalla politica elettorale non è stato un problema per gli investitori dall'inizio degli anni '70, quando l'amministrazione Nixon cercò di mantenere bassi i tassi facendo pressione sull'allora presidente della Fed Arthur Burns. Da allora, questo è servito da monito, data la successiva impennata dell'inflazione che molti hanno attribuito alla banca centrale per aver ceduto al presidente.

"Il mandato tacito della Fed è di non essere Arthur Burns", ha affermato Steve Sosnick, capo stratega di Interactive Brokers. "Non ci si piega alle pressioni politiche".

Questo articolo è stato fornito da Bloomberg News.


In conclusione del secondo Post di oggi, ora spieghiamo al lettore in modo ancora più chiaro quali sono le ricadute di questo stato delle cose su

  • gestione del portafoglio titoli

  • asset allocation attuale

  • strategia di gestione nelle prossime settimane, mesi ed anni

In aggiunta, come potete leggere proprio nell’attacco dell’articolo che chiude il nostro Post, fate bene a riflettere, a lungo, anche sul futuro del vostro Fondo Pensione, e delle pensioni in senso lato.

Voi, vi aspettate legittimamente di riceve un flusso regolare di denaro, in un futuro più o meno lontano.

Vi siete già chiesti da dove, da chi, verranno i soldi che voi vi aspettate come trattamento pensionistico? Chi vi pagherà? E come? Da dove arriveranno quei denari?

Ci dobbiamo quindi occupare sia del valore (il valore intrinseco, il VALORE in termini reali) futuro sia dei Titoli di Stato sia delle azioni: cosa che noi subito facciamo, proponendovi in lettura il contributo che segue.

La domanda che si pongono gli investitori che gestiscono i propri fondi pensione è inquietante: per quanto tempo potrà andare avanti così? Soprattutto di fronte a giganteschi deficit federali e a un mercato azionario che non è quasi mai stato così costoso.

Mentre i titoli di Jackson Hole riguardavano l'apparente svolta del presidente della Federal Reserve Jerome Powell verso tassi a breve termine più bassi, i partecipanti affermano che un argomento di conversazione più importante durante la riunione della banca centrale è stata l'allarmante rialzo dei tassi a lungo termine, qui e in tutto il mondo.

Il rendimento del titolo di Stato giapponese a 30 anni è ora al 3,2%. È quasi 10 volte – sì, davvero – il tasso toccato all'inizio del 2019, quando era dello 0,35%.

I tassi di interesse sui titoli del Tesoro britannici a lungo termine, noti come Gilt, hanno appena raggiunto i livelli più alti dal 1998.

I tassi sono più alti in generale.

E poi, la cosa più inquietante di tutte, sono gli Stati Uniti.

I recenti dati sull'occupazione mostrano che l'economia sta rallentando bruscamente. I dati erano così negativi che il presidente Donald Trump ha licenziato la persona che li ha elaborati. Powell ha finalmente manifestato la sua disponibilità a tagliare i tassi a breve termine durante la riunione della Fed del mese prossimo. E il rendimento delle obbligazioni a lungo termine? Come nel resto del mondo, è in aumento, non in calo. Al 4,9%, il rendimento delle obbligazioni trentennali è superiore a quello di appena un paio di settimane fa e molto più alto di quello di un anno fa, quando era solo del 4,1%.

Powell, economisti e investitori sanno già che la Fed non controlla i tassi di interesse a lungo termine, ma solo quelli a breve termine. Aspettate che Trump lo scopra.

Non c'è nulla di misterioso in questo. I tassi di interesse stanno aumentando perché i governi di tutto il mondo accumulano deficit enormi ogni mese. Hanno bisogno di prendere in prestito quel denaro da qualche parte e devono continuare ad aumentare i tassi di interesse per attirare i creditori.

Considerate: il governo degli Stati Uniti sta prendendo in prestito 160 miliardi di dollari al mese, una cifra sbalorditiva e ridicola che sfida la comprensione umana. Forse questo la rende più reale: si tratta di circa 1.200 dollari per famiglia americana. Al mese. Oh, e non preoccupatevi: grazie al One Big Beautiful Bill Act, si prevede che l'anno prossimo salirà a 1.400 dollari al mese.

Come ha dichiarato il tenente Frank Drebin della "Police Squad" di fronte a una fabbrica di fuochi d'artificio in esplosione: Niente da vedere qui, gente. Per favore, disperdetevi.

Non c'è da stupirsi che gli investitori si stiano allontanando dal dollaro statunitense e si stiano dirigendo verso quasi tutto il resto, dall'oro al dogecoin.

Purtroppo, nonostante le migliori proteste di molti guru della finanza, il mercato azionario non è isolato dal mercato obbligazionario. Il denaro che presti allo Zio Sam è denaro che non puoi investire anche nel mercato azionario. Il vero scopo dei tassi più alti è convincere gli investitori a prestare denaro al governo invece di utilizzarlo in altro modo, come acquistare azioni.

Come al solito, fate i conti. Il tasso di interesse sui titoli del Tesoro a lungo termine è ora quattro volte il rendimento da dividendi del mercato azionario, il che significa che le obbligazioni vi renderanno quattro volte il reddito.

Albert Edwards, responsabile della strategia globale della banca d'investimento SG Securities, sottolinea che questo rapporto è il più alto degli ultimi venticinque anni.

Difficile da credere, ma a un certo punto durante la pandemia, il rendimento da dividendi sul mercato era in realtà superiore al rendimento cedolare delle obbligazioni a lungo termine.

L'ultima volta che le obbligazioni hanno reso quattro volte i dividendi azionari è stato durante la gigantesca bolla del mercato azionario all'inizio del millennio. Cosa è successo dopo? Le azioni sono crollate di circa la metà. (Anche le obbligazioni sono aumentate.)

Se vi fidate dei dati sull'inflazione del Bureau of Labor Statistics, recentemente convertito in MAGA, potete guadagnare di più dai titoli del Tesoro a lungo termine protetti dall'inflazione, o TIPS. Pagano fino al 2,6% all'anno più un adeguamento del capitale per adeguarsi all'inflazione, che attualmente è ufficialmente del 2,7% all'anno. Ma non stupitevi se quel tasso ufficiale crollerà presto verso il presunto tasso reale dello 0% proclamato da Trump.

Edwards scrive: "Sicuramente possiamo tutti concordare sul fatto che l'aumento dei rendimenti obbligazionari prima o poi farà crollare il mercato azionario? Ma quando?"

OK, confrontare azioni e obbligazioni non è un paragone perfetto. Nel caso delle azioni, i dividendi sono solo una parte della questione. Le aziende creano valore anche per gli azionisti investendo denaro in riacquisti azionari e reinvestendo nell'azienda. E i dividendi azionari in genere aumentano nel tempo, mentre le cedole sulle obbligazioni nominali sono fisse (quelle sui TIPS aumentano, ma solo con l'inflazione).

Ma è comunque un parametro utile. In ogni caso, il mercato azionario statunitense ora scambia a circa 24 volte gli utili per azione previsti – o, per dirla in altri termini, ha un rendimento degli utili di poco superiore al 4%.

In altre parole, anche il rendimento degli utili completo delle azioni – considerando non solo i dividendi ma anche l'intero utile netto – è considerevolmente inferiore al rendimento cedolare delle obbligazioni a lungo termine.

Le azioni delle grandi aziende statunitensi non sono mai state così costose. Durante il lungo boom di Wall Street dell'ultimo decennio, ci è stato detto che gli alti prezzi delle azioni erano giustificati, in gran parte, da rendimenti obbligazionari estremamente bassi. Cosa dirà Wall Street ora che i rendimenti obbligazionari sono molto, molto più alti e le azioni sono ancora più costose?

Ecco un indizio. Un importante esperto di economia, professore di Yale, ha rassicurato tutti che, nonostante si parli di una bolla azionaria, il mercato non crollerà. Al contrario, afferma, ha raggiunto "un plateau permanentemente elevato". E mentre alcuni oppositori si preoccupano pubblicamente delle valutazioni presumibilmente elevate, gli investitori comuni non dovrebbero preoccuparsi, afferma. Queste valutazioni elevate sono pienamente giustificate dal boom degli utili aziendali. Si aspetta "di vedere il mercato azionario molto più alto di quanto non sia oggi, entro pochi mesi".

La cattiva notizia? Come Edwards fa notare ai suoi clienti – citando l'articolo del New York Times dell'epoca che riportava queste osservazioni – queste affermazioni non sono recenti. Furono realizzati dal professore di economia di Yale Irving Fisher, il 16 ottobre 1929. Ops.

Valter Buffo
Detox. E’ aperta la guerra ai nostri risparmi.
 


“… non c’è nulla da vedere qui, procedere, sgomberare …”, strillava il tenente Frank Drebin.


I quotidiani, i TG, i GR, i social, i “consulenti pagati a retrocessione delle commissioni”: tutti impegnatissimi in agosto a esaltare un “rally delle Borse che non è mai esistito.

Chiusure del mese di agosto: 6460 di S&P 500, 42000 di FTSE MIB a Milano, DAX sotto 24000, Stoxx 600 europeo (come sempre, da sempre) a 550 punti.

Di che cosa stavano parlando, allora tutti quei signori, nel mese di agosto?

Proprio come Franck Drebin: a voi dicevano di stare tranquilli, che tutto è sotto controllo: proprio dietro a loro, intanto, la casa brucia.

Finti tonti? Oppure tonti veri? Probabilmente un po’ e un po’.

Noi di Recce’d non siamo tonti, né per finta e neppure per davvero. Noi, con il nostro quotidiano lavoro di analisi, siamo capaci di restituire, sempre e comunque, ai nostri Clienti il senso della realtà, anche nei momenti in cui tutto il Mondo strilla “il rally delle Borse”.

Noi di Recce’d, proprio per questa ragione, con il nostro lavoro di qualità accurato e quotidiano ci siamo anche fatti odiare.

Molti ci odiavano, solo qualche anno fa, per le nostre analoisi critiche dell’operato delle Banche Centrali. Ci odiavano quelli che considerano ogni critica alle Banche Centrali come una bestemmia contro una divinità che è unica, assoluta ed infallibile.

Noi invece sappiamo, e ne siamo certi, che investire è una faccenda non di fede ma di numeri, non di speranza ma di realtà, non di ottimismo ma di lucidità, non di entusiasmo ma di paura.

La questione è diventata urgente e scottante poi con il COVID: le nostre affermazioni dell’anno 2020, nelle quali abbiamo ripetutamente affermato (anche in pubblico qui nel Blog) che le politiche avviate dalle Banche Centrali erano sconsiderate, mal progettate, azzardate, spregiudicate e dannose per noi e per il pubblico dei rispamiatori.

Le cose sono cambiate: oggi offendere, aggredire ed insultare i banchieri centrali è diventato uno sport di massa.

E noi, vogliamo dirlo subito, non siamo affatto contenti. Ed al contrario, per le ragioni che andiamo a spiegare sia in questo Post sia nel prossimo, il secondo Post di oggi, siamo decisamente contrari a questa deriva.

Vi facciamo notare inoltre che oggi i banchieri centrali sono sotto attacco anche per la loro vita privata, e non soltanto per le loro scelte di politica monetaria (come Recce’d faceva nel 2020, nel 2021, nel 2022, nel 2023, e nel 2024)..

Chi è, oggi, che attacca le Banche Centrali?

Una parte della massa social, che tutti sappiamo essere facilmente manipolabile (e che capisce poco, anzi pochissimo, di ciò che commenta) . Questa massa viene ispirata e manipolata dagli uomini politici. Da mesi e mesi lo vedete succedere negli Stati Uniti. Presto, lo vedrete accadere anche in Giappone, ed in Europa.

Gli uomini politici vogliono togliere dalle mani delle Banche Centrali il potere di esercitare le scelte relative alla politica monetaria.

Questa nuova realtà, nella quale gli stessi errori da noi sottolineati negli anni precedenti oggi si ritorcono proprio contro le Banche Centrali, le rendono attaccabili, deboli e fragili come Recce’d aveva previsto alcuni anni fa.

Questo stato delle cose ci costringe, a nostra volta, a rivedere in modo radicale la nostra posizione.

Perché una cosa è criticare l’operato delle Banche Centrali dal 2003 ad oggi: e su quello, oggi siamo tutti d’accordo, e in tutto il Mondo.

Tutta un’altra cosa è affermare che un uomo politico, eletto attraverso le elezioni politiche, ne sappia di più in materia di politica monetaria.

Ed allora, Recce’d lo dice ad alta voce: questo no. Pensare che un politico (qualsiasi politico) possa saper meglio di una Banca Centrale che cosa deve essere fatto in materia di politica monetaria è una sciocchezza grossolana.

E anche, per tutti noi che investiamo sui mercati finanziari, molto pericoloso. E diciamo anche di più: diciamo che è drammatica. per noi, risparmiatori ed investitori: perché siamo noi, proprio noi, a rischiare, e di tasca nostra, con i nostri soldi.

Questo è Allarme Rosso.

In Recce’d, come tutti sapete, abbiamo fiducia nel “libero mercato”: un libero mercato, in economia, è un meccanismo di equilibrio che funziona, ha sempre funzionato, e funzionerà certamente, meglio di qualsiasi “economia dirigista” con l’intervento diretto dei politici nella vita economica di Aziende e famiglie.

Gli esempi? Sono migliaia.

Noi avvisiamo i nostri lettori: quello in corso è un vero e proprio attacco ai risparmi di tutti noi: la politica vuole mettere le mani sui nostri soldi.

Nel seguito del nostro primo (di due) Post di oggi, vi dimostreremo il come ed il perché.

Nei 11 anni di storia della Federal Reserve, nessun Presidente degli Stati Uniti aveva mai azzardato il “licenziamento” di un membro del Consiglio Direttivo della Banca Centrale.

E’ utile ricordare che, nei 111 anni di storia della Fed, i momenti di contrasto con la Presidenza degli USA non sono mancati.

Nessuno però, dei Presidenti americani, aveva mai superato questa linea.

Tutto il Mondo si è esercitato, nell’ultima settimana, a spiegare le ragioni di una mossa così eclatante, estrema, pericolosa.

Chi invece aveva seguito, da marzo ad agosto, la serie di Post che si chiama Detox, di cui anche questo Post fa parte, non ha avuto necessità di cercare una motivazione: perché la conosceva già, e nel dettaglio.

L’obbiettivo immediato di questa iniziativa è modificare la composizione del Consiglio, nel modo che viene dettagliato nell’immagine che segue.

L’obbiettivo autentico è ottenere nonostante tutti una riduzione del costo ufficiale del denaro. Cosa che il Presidente degli Stati Uniti non ha il potere di fare.

Anche sotto questo aspetto, il Presidente di uno Stato democratico è diverso dal Re di Inghilterra del XVI secolo.

Proprio per questa ragione (un Presidente non è un Re) non è neppure esercitabile un potere di “licenziamento” per un membro del Consiglio della Banca Centrale.

A maggior ragione, questo “licenziamento” non si potrà fare perché la sua motivazione non attiene alle operazioni immobiliari del Consigliere Cook, bensì è motivato dal desiderio di avere “una maggioranza” all’interno del Consiglio. Lo afferma lo stesso Trump nell’immagine che vedete qui sotto.

Ed è qui, che salta il banco: perché il Presidente non deve avere “una maggioranza”, e neppure “una minoranza”, all’interno del Consiglio della Banca Centrale.

Il Presidente deve rimanere fuori dalla Banca Centrale: che non deve essere assoggetata alle oscillazioni del “ciclo politico”.

Su queste basi è fondata la denuncia che è già stata presentata contro la Presidenza dal Consigliere Cook.

E su queste basi, è ragionevole attendersi la vittoria di questa causa da parte del Consigliere Cook.

Sempre che non vengano sovvertite le regole di democrazia negli Stati Uniti.

Ma nel frattempo, per ciò che riguarda noi investitori, i nostri rispami, ed i mercati finanziari di tutto il Mondo, il danno è stato già fatto. Ed è un danno grave.

Il danno, come scritto poso sopra, è già stato fatto.

Lo potete vedere anche nei prezzi di mercato. Concentratevi sui due grafici qui sotto.

E chiedete a voi stessi: per quale ragione i titoli dei GR, dei TG, e dei quotidiani ci raccontano delle Borse, ma invece neppure accennano a questi altri record?

Se avete letto i Post della nostra serie Detox, avete già la risposta.

E … non preoccupatevi: anche questi record arriveranno in prima pagina, e già in settembre.

Noi di Recce’d, per dovere professionale, a supporto del nostro qualificato lavoro professionale di analisi, ed a supporto delle nostre scelte per i portafogli modello di Recce’d, che generano la performance, ogni giorno di ogni settimana di ogni mese leggiamo centinaia di dati, migliaia di notizie, centinaia di analisi.

Ai nostri lettori, che seguono il sito di Recce’d, regaliamo poi una parte di tutto questo grande lavoro.

Oggi, la nostra selezione ci porta a proporvi di leggere l’articolo che segue, scritto dall’ex Presidente della sede di New York della Federal Reserve: che lega, in modo chiaro ed efficace, i fatti della Federal Reserve e il momento dei mercati finanziari, in questo agosto del 2025.

27 agosto 2025 • Bill Dudley

All'inizio di questo mese, ho scritto un articolo in cui minimizzavo la minaccia che il presidente Donald Trump rappresenta per l'indipendenza della Federal Reserve. Ora sono molto più preoccupato. Credo che anche i mercati dovrebbero esserlo.

È troppo presto per trarre conclusioni definitive su come si evolverà la decisione del presidente di estromettere il governatore della Fed, Lisa Cook. Il licenziamento "per giusta causa" comporterà lunghi procedimenti giudiziari e richiederà probabilmente prove di illecito o negligenza nello svolgimento delle sue funzioni ufficiali. Anche se dimostrata, l'affermazione dell'amministrazione – secondo cui Cook avrebbe violato la legge prima del suo insediamento, designando due case diverse come residenza principale al momento della richiesta di mutui – probabilmente non soddisferebbe i requisiti.

Tuttavia, l'attacco a Cook rappresenta una grave escalation che potrebbe finire molto male. Mai prima d'ora un presidente aveva cercato di licenziare un governatore della Fed, e la posta in gioco è molto più alta del lavoro di una sola persona. Se Cook se ne andasse, Trump avrebbe presto nominato quattro dei sette governatori della banca centrale, una maggioranza. Questo non gli permetterebbe di esercitare immediatamente il controllo sul Federal Open Market Committee, i cui 12 membri votanti definiscono la politica monetaria. Tuttavia, fornirebbe al presidente maggiore influenza. Il Consiglio dei governatori potrebbe, ad esempio, rifiutarsi di rinominare alcuni o tutti i 12 presidenti regionali delle Federal Reserve Bank, i cui mandati quinquennali scadono a febbraio 2026, e cinque dei quali votano a rotazione per il FOMC. In teoria, questo potrebbe essere un modo per popolare il FOMC con membri che farebbero gli interessi di Trump, dando al presidente il potere di ottenere i tagli significativi dei tassi che desidera.

Certo, i nominati da Trump non farebbero necessariamente ciò che il presidente desidera. La loro fedeltà potrebbe spostarsi verso il mantenimento dell'efficacia della banca centrale per cui lavorano. In particolare, i due governatori attualmente nominati da Trump, Michelle Bowman e Christopher Waller, potrebbero rifiutarsi di indebolire un'istituzione a cui hanno dedicato tempo e sforzi considerevoli. Di certo capiscono che rifiutarsi di rinominare i presidenti della Fed che non sono favorevoli a un taglio netto dei tassi di interesse sarebbe un'opzione nucleare, che minerebbe gravemente la loro credibilità nell'attuazione della politica monetaria.

Qualunque sia l'esito, il potenziale di stalli, scontri, caos e incertezza sarebbe davvero spaventoso. Se Trump ottenesse il potere di rifiutare e selezionare i presidenti regionali della Fed tramite il Consiglio dei Governatori, il consiglio di amministrazione di ciascuna banca centrale si troverebbe ad affrontare la difficile questione politica di chi nominare. Alcuni potrebbero acconsentire, altri resistere. In quest'ultimo caso, il Consiglio potrebbe plausibilmente minacciare di tagliare i bilanci o di trasferire le responsabilità a banche centrali più accomodanti. Le riunioni del FOMC e i discorsi dei responsabili delle politiche della Fed potrebbero diventare aspri, il che non è un buon segno per una banca centrale.

Finora, gli investitori sembrano prendere gli sviluppi con calma. I rendimenti dei titoli del Tesoro a lungo termine sono leggermente più alti, le aspettative di tagli dei tassi di interesse sono leggermente aumentate e il dollaro si è leggermente indebolito. Tutto ciò suggerisce solo una lieve preoccupazione che, a seguito degli attacchi di Trump, la Fed sarà meno impegnata a tenere sotto controllo l'inflazione.

I mercati sono troppo compiacenti. Anche se Trump avesse solo una piccola possibilità di prendere il controllo della Fed, l'iniziativa in sé sarebbe destabilizzante e le conseguenze di un eventuale successo sarebbero disastrose. La minaccia all'indipendenza della Fed, insieme al rischio di un'inflazione incontrollata, di costi di finanziamento a lungo termine molto più elevati e di un dollaro significativamente più debole, non scomparirà.

Bill Dudley è editorialista di Bloomberg Opinion. Ex presidente della Federal Reserve Bank di New York, è direttore non esecutivo di Swiss Bank UBS e membro del consiglio consultivo di Coinbase Global.

Questo articolo è stato fornito da Bloomberg News.

Come ha scritto qui sopra Dudley, ino alla fine del mese di agosto 2025, la massa degli investitori non si è resa conto della gravità della situazione.

Non è difficile comprendere il perché: la massa è stata bombardata (diremo massacrata, non è eccessivo in questo caso) dalle armi di distrazione di massa: che spaziano dal Golfo del Messico alla Groenlandia, dal Vertice in Alaska alle tariffe, dall’Ucraina all’IRAN.

Il principale scopo di tutto questo (tragico) teatrino è proprio, precisamente, quello di distrarre la massa dalle manovre per mettere direttamente le mani sui loro soldi.

Sui nostri soldi. Sui nostri risparmi.

Come si legge nel secondo contributo che Recce’d ha scelto di proporre in questo Post.

La mancanza di una reazione più decisa da parte dei mercati finanziari al tentativo del presidente Donald Trump di licenziare un governatore della Federal Reserve sembra sorprendere investitori e strategisti di mercato.

La domanda è se la calma durerà.

"Riteniamo che i mercati azionari non siano adeguatamente valutati per quella che sembra sempre più probabile essere una rottura nell'indipendenza della Fed e nella funzione di reazione politica nel 2026", hanno dichiarato Krishna Guha e Marco Casiraghi del team di strategia globale e politica delle banche centrali di Evercore ISI in una nota di martedì mattina.

Trump ha dichiarato nella tarda serata di lunedì che avrebbe rimosso Lisa Cook, governatrice nominata dal presidente Joe Biden nel 2022, dal consiglio di amministrazione della Fed per giusta causa, citando accuse di frode nelle richieste di mutui. Cook, in una dichiarazione, si è rifiutata di farsi da parte, affermando che Trump non aveva l'autorità legale per licenziarla. L'avvocato di Cook ha aggiunto: "Adotteremo tutte le misure necessarie per impedire questo tentativo di azione illegale".

Il dollaro statunitense si è leggermente indebolito dopo l'annuncio di Trump, ma poi ha ridotto le perdite. L'indice ICE del dollaro statunitense, che misura la valuta rispetto a un paniere di sei principali rivali, ha perso lo 0,2%.

I rendimenti dei titoli del Tesoro, che si muovono in senso opposto al prezzo, sono inizialmente aumentati sul segmento a lungo termine, ma sono rimasti entro i range recenti. Entro la fine delle contrattazioni statunitensi di martedì, il rendimento a 10 anni è sceso di 1,9 punti base al 4,255%. Il rendimento dei titoli del Tesoro trentennali è salito di 1,9 punti base al 4,907%.

Gli investitori del mercato azionario sono sembrati più concentrati sul colosso dei chip Nvidia Corp. e sulla pubblicazione dei suoi utili, prevista per mercoledì sera.

I futures sugli indici azionari statunitensi hanno registrato solo una modesta pressione durante le contrattazioni notturne e le azioni statunitensi hanno mantenuto i guadagni poco prima della chiusura. Il Dow Jones Industrial Average è salito di 144 punti, pari allo 0,3%, mentre l'S&P 500 ha guadagnato lo 0,4% e il Nasdaq Composite è avanzato dello 0,5%.

Come ha osservato l'economista Mohamed El-Erian su X, la mossa più significativa è stata un ulteriore irripidimento della curva dei rendimenti dei titoli del Tesoro, una linea che traccia i rendimenti del debito a breve e a lungo termine, che è parte di un fenomeno globale.

"Questa reazione timida del mercato probabilmente alimenterà il dibattito tra coloro che sostengono che agli investitori semplicemente 'non importa' e coloro che avvertono che è troppo presto per giudicare, data l'incertezza sulla validità legale del licenziamento del membro del Consiglio della Fed", ha scritto El-Erian.

Nel frattempo, i mercati delle scommesse riflettevano scetticismo sulla capacità di Trump di estromettere Cook di fronte a una contestazione legale da parte sua. Un mercato delle scommesse, Kalshi, di recente dava una probabilità del 33% che Cook si ritirasse dalla carica di governatore della Fed quest'anno, così come un altro, Polymarket.

La Fed ha mantenuto i tassi di interesse invariati da dicembre, facendo infuriare Trump, che ha ripetutamente invitato i responsabili politici a riprendere i tagli. Ha ripetutamente criticato e insultato il presidente della Fed Jerome Powell e sembrava aver preso in considerazione l'idea di licenziarlo, prima di escluderlo all'inizio di quest'anno.

Alla riunione di luglio della banca centrale, i governatori Christopher Waller e Michelle Bowman, entrambi nominati da Trump, hanno espresso dissenso dalla decisione di mantenere i tassi invariati, votando invece per un taglio di un quarto di punto. Le dimissioni a sorpresa di Adriana Kugler dal consiglio della Fed all'inizio di questo mese hanno lasciato a Trump un posto vacante che sta cercando di colmare con la nomina del consigliere economico Stephen Miran. L'espulsione di Cook, se avesse successo, darebbe a Trump un altro posto da ricoprire.

"Se diversi funzionari venissero rimossi dalla Fed, ciò darebbe a Trump la possibilità di rimodellare il consiglio in una direzione più accomodante. E, data questa rinnovata ondata di pressione, è sorprendente che i rendimenti a lungo termine siano rimasti così contenuti, dato che ci si aspetterebbe normalmente che una crescente pressione politica sulla Fed porti a tassi a lungo termine più elevati", ha affermato Henry Allen, stratega macroeconomico di Deutsche Bank, in una nota di martedì.

Un aumento dei tassi a lungo termine segnalerebbe i timori del mercato che una Fed influenzata politicamente possa essere debole sull'inflazione, hanno affermato gli economisti.

Sebbene i rendimenti a lungo termine siano inizialmente balzati in risposta all'annuncio di Trump di lunedì sera, il rendimento dei titoli del Tesoro trentennali è rimasto nell'intervallo tra il 4,8% e il 5% che ha prevalso negli ultimi tre mesi, ha osservato Allen, mentre allo stesso tempo il numero di tagli dei tassi previsti tra dicembre 2025 e dicembre 2026 ha continuato a salire (vedi grafici sopra).

La posta in gioco è alta.

Guha e Casiraghi hanno scritto che gli operatori di mercato si sono concentrati troppo sulla possibilità che Trump potesse tentare di licenziare Powell e non hanno prestato la dovuta attenzione alla prospettiva di una "trumpificazione" radicale del consiglio di amministrazione della Fed, insieme all'erosione delle tutele legali per il prossimo gruppo di leader della Fed per garantire l'indipendenza dall'influenza della Casa Bianca.

"Ci aspettiamo che i rischi per l'indipendenza della banca centrale e il plausibile imminente cambiamento nella funzione di reazione si manifestino in una curva dei rendimenti più ripida, una maggiore compensazione dell'inflazione e un premio per il rischio di inflazione più elevato, e in particolare un dollaro più debole, sia in termini di [valute], oro e bitcoin", hanno scritto gli analisti di Evercore.

Le azioni potrebbero non essere troppo colpite negativamente, almeno nel breve termine, hanno affermato, data la prospettiva di una spinta a breve termine all'economia derivante da una politica monetaria accomodante e dal ruolo delle azioni come copertura contro l'inflazione. Tuttavia, le azioni potrebbero essere vulnerabili nel lungo termine, a causa "dell'erosione della qualità istituzionale e di una potenziale rivolta del mercato obbligazionario in un momento molto difficile da prevedere".

Allen di Deutsche Bank ha elencato la mancanza di una reazione più significativa dei titoli del Tesoro tra una lista di "dislocazioni" nei mercati finanziari che potrebbero rivelarsi pronte per una correzione.

Il tentativo di estromettere Cook ha suscitato l'entusiasmo degli investitori che concordano con Trump sul fatto che la Fed sia stata troppo lenta nel tagliare i tassi. Jay Hatfield, amministratore delegato e responsabile degli investimenti di Infrastructure Capital Advisors, ha affermato che la rimozione di Cook sarebbe "molto positiva", aprendo la strada a una nuova maggioranza che probabilmente si opporrà all'opinione che i dazi siano più di una tassa una tantum e che potrebbero portare a un'inflazione a spirale.

In una nota, Hatfield ha affermato di vedere la Fed avere la possibilità di abbassare il tasso sui fondi federali a circa il 3% nel 2026, dall'attuale intervallo compreso tra il 4,25% e il 4,5%. Ciò abbasserebbe i tassi a lungo termine, contribuendo a stimolare il settore immobiliare e quello delle costruzioni, che secondo Hatfield sono già in recessione.


Tutto ciò che avete letto fino a qui riguarda gli Stati Uniti.

Qualche lettore, forse, è convinto che gli Stati Uniti sono -… molto distanti dall’Italia.

E’ falso, se stiamo parlando di investimenti sui mercati finanziari.

Bsta ritornare, per un secondo, ai fatti di marzo ed aprile del 2025, per avere una conferma tangibile.

Quindi è giusto ed opportuno concentrare la nostra attenzione sugli Stati Uniti: da lì tutto comincia. ma certamente non finirà tutto lì. Gli effetti saranno (anzi, sono già) tangibili per tutti i Paesi Sviluppati. E per tutti i mercati finanziari globali.

Lo potete leggere qui sotto, nel terzo contributo che Recce’d ha selezionato.

La ricerca del presidente Donald Trump per abbassare i tassi di interesse statunitensi potrebbe essere in atto a Washington, ma probabilmente alla fine avrà un impatto su tutto il mercato obbligazionario globale.

Trump vuole un maggiore controllo sulle decisioni della Federal Reserve sui tassi di interesse, ma questi sforzi possono avere un impatto limitato. Mentre la Fed detiene la chiave dei tassi a breve termine, le forze di mercato determinano i costi di finanziamento a lungo termine attraverso il mercato obbligazionario.

Gli Stati Uniti e altre importanti economie hanno assistito a un'impennata dei costi di finanziamento a lungo termine. Ciò significa che gli investitori possono ottenere alcuni dei rendimenti più elevati degli ultimi decenni, ma devono anche affrontare il grattacapo di dover prestare denaro alle principali economie, mentre i governi accumulano sempre più debito.

Il lettore video sta riproducendo un annuncio pubblicitario. Puoi saltare la pubblicità in 5 secondi con il mouse o la tastiera. Come i dazi potrebbero influenzare i rendimenti dei titoli del Tesoro. Guarda tutti i video

"È davvero lo stesso tema che si sta verificando in tutto il G7", ha affermato Torsten Slok, capo economista di Apollo Global Management, riferendosi alle principali economie del Gruppo dei Sette, che comprende Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Stati Uniti e Regno Unito. "La situazione fiscale è grave praticamente in tutti i Paesi, con alcune sfumature".

Molte banche centrali globali, tra cui la Federal Reserve lo scorso anno, hanno abbassato i tassi a breve termine dai massimi raggiunti dopo la pandemia. Tuttavia, il grafico sottostante mostra che i rendimenti obbligazionari di riferimento a 10 anni in tutto il mondo rimangono ostinatamente elevati.

Parte di questo rialzo deriva dal fatto che le banche centrali globali cercano di raggiungere regimi di tassi più "normali" rispetto alla storia. Anche in Europa, la spesa è in ripresa, mentre di recente ci sono stati impegni ad aumentare la spesa per la difesa. Ciò rischia di aumentare i deficit, aumentare le emissioni di titoli di Stato e aumentare il "premio a termine".

Il premio a termine si riferisce alla remunerazione aggiuntiva richiesta dagli investitori per le obbligazioni con scadenza a lungo termine, spesso da 10 a 30 anni. Questi tassi sono importanti perché i bilanci di famiglie, imprese e governi tendono a dipendere dai costi di finanziamento a lungo termine.

Anche i tassi a lungo termine possono dipendere dalle preoccupazioni inflazionistiche. Uno sguardo ai titoli di Stato giapponesi sottolinea questa tendenza, con il rendimento dei titoli trentennali al 3,21% – vicino ai massimi degli ultimi 30 anni di rilevazione – mentre il tasso a 2 anni era solo dello 0,85% giovedì.

Il Giappone sta combattendo contro l'inflazione per la prima volta dagli anni '90, ma la sua banca centrale è stata "lenta e cauta" nel normalizzare i tassi di riferimento, ha affermato Paul Mielczarski, responsabile della strategia macroeconomica globale di Brandywine Global.

Il rifiuto della Banca del Giappone di aumentare i tassi più rapidamente, ha affermato Mielczarski, ha esercitato una pressione al rialzo sul segmento a lungo termine della curva dei rendimenti giapponese.

"Se l'inflazione è più alta, gli investitori hanno bisogno di una maggiore remunerazione per garantire che i loro investimenti non vengano compromessi", ha affermato Slok di Apollo. "Se la Fed tagliasse i tassi di interesse per ragioni più politiche, allora si temerebbe, ovviamente, che consenta un aumento dell'inflazione".

L'indipendenza della Fed dalle pressioni politiche è stata a lungo considerata un pilastro fondamentale del mercato dei Treasury da 29.000 miliardi di dollari e della forza del dollaro statunitense.

Curve dei rendimenti più ripide

La decisione di Trump di licenziare la governatrice della Fed Lisa Cook questa settimana ha suscitato poche reazioni evidenti nel mercato obbligazionario.

Ciò non significa che gli investitori non siano preoccupati dagli attacchi all'indipendenza della Fed. L'economista Paul Krugman ha sostenuto in un nuovo post su Substack che gli investitori potrebbero non essere "spaventati" perché "la determinazione dei prezzi di mercato non tiene quasi mai conto della possibilità di eventi enormi e dirompenti, anche quando la forte probabilità di tali eventi dovrebbe essere ovvia". Krugman ha sottolineato la robusta propensione al rischio prima del crollo dei mutui subprime negli Stati Uniti quasi vent'anni fa, così come prima che la crisi del debito dell'eurozona esplodesse dopo il 2009.

È anche utile guardare al quadro generale. Il rendimento dei titoli del Tesoro statunitensi a 10 anni è rimasto piuttosto stabile intorno al 4,21% giovedì. È più che in Francia, dove le finanze pubbliche hanno assunto un ruolo centrale nel contesto dell'incombente crisi politica del paese; il debito decennale francese rendeva il 3,48%, secondo FactSet.

Poi c'è il Regno Unito, "l'esempio lampante" dell'aumento del premio a termine in risposta ai deficit di bilancio, ha affermato Brian Quigley, senior portfolio manager di Vanguard. I suoi titoli decennali rendevano quasi il 4,70%.

Ciò significa che i rendimenti attesi sui titoli a lunga scadenza sembrano migliori oggi rispetto a un bel po' di tempo fa negli Stati Uniti e a livello globale, ha osservato Quigley. Costi più elevati possono anche essere un modo per i mercati di imporre una certa disciplina fiscale ai governi, ha aggiunto.

"Gli investitori sono chiaramente preoccupati per la potenziale perdita di indipendenza della Fed, che renderebbe la curva dei rendimenti più ripida e il dollaro più debole", ha affermato Mielczarski di Brandywine.

Il rendimento dei titoli del Tesoro a 2 anni è sceso in previsione dei tagli dei tassi di settembre, mentre il tasso a 10 anni è rimasto pressoché invariato questa settimana, causando un ampliamento dello spread tra i due grafici di circa 60 punti base, rispetto a quasi zero a dicembre.

"Questo ritorno a rendimenti più elevati è un passo importante per gli investitori obbligazionari", ha affermato Chip Hughey, amministratore delegato del reddito fisso di Truist Advisory Services. I rendimenti potrebbero diventare più scarsi se l'economia statunitense dovesse vacillare, spingendo la Fed ad agire con maggiore decisione.

Hughey ha affermato che la domanda di reddito fisso è aumentata in concomitanza con il pessimo rapporto sull'occupazione di luglio. La speranza è che la Fed possa attuare alcuni "tagli assicurativi" che forniscano un po' di sollievo in vista di un mercato del lavoro potenzialmente più debole, ha aggiunto.

D'altro canto, per ottenere maggiori rendimenti dagli elevati rendimenti obbligazionari attuali, gli investitori devono anche destreggiarsi tra le ingenti emissioni di debito pubblico in tutto il mondo, nonché tra i maggiori livelli di incertezza e volatilità, ha affermato Hughey.

Questo include la spinta di Trump a licenziare Cook. "Ovviamente, è una grande incognita", ha detto, aggiungendo che non è affatto chiaro se il licenziamento sia legalmente possibile. "C'è un po' di attesa e di osservazione su questo punto".

Grazie a Recce’d, oggi 30 agosto avete a disposizione tutte le informazioni essenziali, per comprendere come e quanto conta per il vostro attuale portafoglio ciò che accade in queste settimane negli Stati Uniti, e specificamente intorno alla Banca Centrale degli Stati Uniti.

Recce’d desidera però soddisfare al meglio le esigenze del nostro lettore che investe il proprio risparmio sui mercati finanziari internazionali, e per questo Recce’d ha selezionato oggi, tra i mille possibili, un commento qualificatissimo. Firmato dal nostro amico, che vi abbiamo già presentato, ovvero Mohamed El Erian.

Vi aiuterà molto, se vi state domandando che cosa dobbiamo attenderci nel prossimo futuro.

Noi, e soprattutto il nostro portafoglio titoli, la nostra asset allocation attuale, e la strategia di investimento futura.

È troppo tardi per salvare l'indipendenza della Fed?

Il mese scorso, ho sorpreso molti suggerendo che Jerome Powell dovesse dimettersi da Presidente della Federal Reserve per proteggere l'indipendenza politica della banca centrale più influente al mondo. Non l'ha fatto.

Da allora, gli attacchi all'istituzione si sono ampliati e approfonditi, e ora iniziano ad apparire preoccupanti crepe in un principio di lunga data, cruciale per il benessere sia dell'economia americana che di quella globale.

In un mondo alternativo, il Presidente Powell concluderebbe il suo mandato, che durerebbe fino a maggio, mentre l'indipendenza della Fed rimarrebbe indiscussa e la politica monetaria verrebbe impostata in modo appropriato. Ma un mondo del genere non è possibile, data la profonda animosità tra il Presidente Trump e Powell.

Questa animosità, nata da anni di disaccordi dalla nomina di Powell nel primo mandato di Trump – e, alcuni potrebbero persino dire, da promesse non mantenute – si è ora metastatizzata. Si è diffuso in molti aspetti della Federal Reserve, coinvolgendo più attori politici e minando la già in calo della fiducia del pubblico nella banca centrale e nel suo presidente, il cui indice di fiducia è sceso al di sotto del 40% secondo un sondaggio Gallup pubblicato ad aprile.

Negli ultimi mesi, l'amministrazione Trump sembra aver cercato una "causa" per licenziare Powell. Questa campagna ha incluso un'esposizione televisiva del progetto di ristrutturazione degli edifici della Fed, che ha superato il budget. A questa campagna si sono aggiunti continui attacchi alla competenza e alla politica di Powell, non solo da parte del presidente, ma anche da un gruppo sempre più ampio di personaggi, tra cui il Segretario al Tesoro, altri alti funzionari dell'amministrazione e il presidente della Camera dei Rappresentanti.

Di recente, l'amministrazione ha preso di mira una collega di Powell nel Consiglio di Amministrazione, la governatrice Lisa Cook, citando accuse non provate di frode ipotecaria. Le richieste iniziali di dimissioni di Cook e di licenziamento di Powell hanno preso una piega drammatica questa settimana, quando il presidente Trump l'ha "licenziata". Cook ha risposto affermando che il presidente non aveva l'autorità legale per farlo, che avrebbe intentato causa e che avrebbe continuato a svolgere il suo ruolo presso la Fed. Le battaglie legali sono iniziate.

Non si tratta solo di una questione tra amministrazione e Cook. È difficile capire come Powell possa resistere all'idea di avviare un'indagine interna alla Fed. Potrebbe persino dover decidere se consentire a Cook di rientrare nell'edificio durante questo periodo di battaglie legali e incertezze.

Nel frattempo, sta diventando sempre più evidente a molti che la posta in gioco per la Fed va ben oltre il Consiglio dei Governatori. Se il Governatore Cook venisse sostituito da un fedele sostenitore di Trump, il Consiglio potrebbe ottenere abbastanza voti da complicare la riconferma a febbraio di tutti i presidenti delle 12 banche regionali della Federal Reserve, minacciando di politicizzare l'intero sistema in modo senza precedenti e imprevedibile.

Per chi, come me, crede nell'importanza cruciale dell'indipendenza della Fed, questo è profondamente inquietante. È ancora più inquietante perché ritengo che questa situazione avrebbe potuto essere evitata se Powell si fosse dimesso prima, garantendo al presidente una tangibile vittoria politica che avrebbe potuto spingerlo ad andare avanti.

Inutile dire che alcuni miei amici e colleghi hanno reagito, sostenendo che le dimissioni di Powell avrebbero, di per sé, indebolito l'indipendenza della Fed e aperto le porte a una nomina politica ai massimi livelli di questa cruciale istituzione economica. Se giustificata, questa preoccupazione si sarebbe probabilmente concretizzata in ogni caso, data la prossimità della fine del mandato di Powell a maggio, con lo status di "anatra zoppa" prima di tale data. Una nota più incoraggiante è che la lista di 11 potenziali successori, segnalata dall'amministrazione, è composta da persone rispettate e altamente qualificate. Inoltre, sebbene la Fed tenda a essere "incentrata sul presidente", quest'ultimo necessita del supporto di altri per le decisioni chiave.

Le dimissioni anticipate di Powell avrebbero inoltre consentito al nuovo presidente di avviare riforme che persino i più convinti sostenitori della Fed, me compreso, ritengono attese da tempo. Da una maggiore responsabilità e supervisione alla lotta al pensiero di gruppo e alla riforma di elementi chiave del quadro monetario generale, c'è molto da fare per preservare non solo la credibilità e l'efficacia della banca centrale, ma anche per migliorare le prospettive di buoni risultati economici.

La domanda se la nave sia ormai salpata – se le dimissioni di Powell oggi avrebbero le stesse prospettive di tutela dell'indipendenza della banca centrale di quelle precedenti – è difficile a cui rispondere.

Molto è accaduto nelle ultime settimane, e alcune cose non possono più essere annullate. Quello che so è che questo rimarrà un argomento di discussione con amici e colleghi, e nessuna delle due parti probabilmente riuscirà mai a stabilire un controfattuale concordato.

Il Dr. Mohamed A. El-Erian è il principale consulente economico di Allianz e presidente eletto del Queens' College di Cambridge. Autore di due bestseller del New York Times, è consulente senior di Gramercy, professore di pratica presso la Wharton School (Università della Pennsylvania) e senior global fellow del Lauder Institute.

Adesso, avete tutti gli elementi necessari: e non potrete dire “nessuno me lo aveva detto, nessuno mi aveva avvisato”.

Un’ultima cosa: concentrate la vostra attenzione sul testo dell’immagine che segue.

Voi siete proprio in questo Mondo, ed in questa realtà. Che, come vi abbiamo documentato ampiamente, ha nulla a che vedere con quella dei 111 anni precedenti. Si tratta, come da anni noi di Recce’d vi spieghiamo, di una Nuova Era, per tutti noi investitori, e per tutti i nostri investimenti.

Una volta compreso questo, il resto, ma proprio tutto il resto, viene da solo.

Facilmente.

E gratuitamente, grazie ala lavoro di analisi che Recce’d vi regala anche oggi.

Valter Buffo
Detox. "Go For Broke": come cambia la strategia di investimento 2025 e 2026.
 

Molti, tra i nostri lettori, ricorderanno questa dichiarazione di Trump: risale al 6 marzo scorso, soltanto 6 mesi fa.

Un mese dopo, Trump fece esattamente l’opposto di ciò che aveva detto: le Borse determinarono la sua retromarcia sulle tariffe.

Da allora ad oggi, Trump ha fatto delle Borse la sua ossessione: così tanto, da orientare le sue scelte in altrre materie (dalle tariffe alla geopolitica) in funzione di ottenere un “positivo riscontro delle Borse”.

La cosa, in questo mese di agosto, è risultata del tutto evidente. Tutti i media si sono occupati, a tempo pieno, di Alaska e di Ucraina, e sui mercati finanziari ognuno diceva la sua sugli insulti di Trump a Powell.

Distrazione estive, adattissime per le chiacchiere sotto l’ombrellone. Distrazioni create ad arte, per influenzare la massa, sia negli Stati Uniti, sia in Europa ed in Giappone (non in Cina, e non in Russia, e non i Brasile, e non in Sudafrica: tenete bene a mente questo)

Invece non sono pure distrazioni, e non sono soltanto chiacchiere, le parole pronunciate venerdì 22 agosto a Jackson Hole, al Summit annuale dei banchieri centrali.

Si trattava di un appuntamento molto importante: noi di Recce’d lo abbiamo ripetuto, ogni mattina della settimana, per i nostri Clienti nel nostro bollettino quotidiano che si chiama in The Morning Brief. Abbiamo anticipato le ragioni per le quali, con questa riunione, si sarebbe chiusa la fase del gossip estivo e vacanziero, e si sarebbe (tutti) ritornati a parlare di cose serie.

Abbiamo anche anticipato, ai nostri Clienti (ma pure a chi quotidianamente legge le pagine del nostro sito che si chiamano MERCATI e TWIT - TWOO, che i mercati avrebbero fornito importanti risposte.

E sono arrivate: infatti noi le risposte le abbiamo avute, tutte quelle che noi cercavamo. Le illustreremo da domani, e per tutta la settimana, ai nostri Clienti in The Morning Brief, inviato ogni mattina alle ore 7.

In questo nuovo Post della serie Detox, accenniamo a tre di queste risposte, tutte e tre risposte importanti, che si possono leggere nelle reazioni dei mercati finanziari alle parole di Powell.

Partiremo mostrandovi i titoli dei quotidiani italiani: come vedete si tratta di titoli tutti concentrati sulle Borse: e tutti i titoli di venerdì 22 avevano un taglio … “esuberante”. Come a dire: “finalmente! Powell taglierà i tassi, e dopo tutto andrà ancora meglio”.

Come in quel celeberrimo slogan pubblicitario, che ognuno di voi ricorda: “L’ottimismo vola!”.

E quindi, tutto chiaro?

Certo, chiarissimo. Se si esclude il fatto che … non è vero niente.

Ve lo dimostriamo immediatamente, e facilmente. Leggiamo il rendiconto della settimana delle Borse a New York, così come è stato offerto ieri, sabato 23 agosto, da una testa americana.

Questa settimana Wall Street si avviava verso una solida perdita, appesantita dal crollo dei titoli tecnologici e dai deludenti utili del settore retail. Tuttavia, un segnale accomodante da parte del presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, venerdì al Simposio annuale sulla politica economica di Jackson Hole ha innescato un forte rally, aiutando l'indice di riferimento S&P 500 (SP500) a recuperare terreno durante la settimana.

Mentre l'S&P e il blue-chip Dow Jones (DJI) hanno registrato guadagni settimanali, il Nasdaq Composite (COMP:IND), focalizzato sul settore tecnologico, ha registrato un calo, poiché gli investitori cauti in vista di Jackson Hole hanno venduto costosi titoli tecnologici a mega-cap. Nel frattempo, i giganti del retail Walmart (WMT) e Target (TGT) sono scivolati dopo i risultati trimestrali, con quest'ultimo che ha anche nominato un nuovo amministratore delegato.

L'attesa per il discorso di Powell era alta, con gli operatori di mercato che speravano in commenti sull'allentamento della politica monetaria. Sebbene Powell non si sia impegnato pienamente a tagliare i tassi di interesse, ha osservato che i rischi al ribasso per il mercato del lavoro stavano aumentando e che "le prospettive di base e il mutato equilibrio dei rischi potrebbero giustificare un adeguamento della nostra politica monetaria".

Nella settimana, l'S&P (SP500) ha guadagnato lo 0,3%, mentre il Dow Jones (DJI) ha guadagnato l'1,5%. Il Nasdaq (COMP:IND) è sceso dello 0,6%.

E quindi, l’investitore resta lì con lo sguardo perplesso: ma allora, le Borse “volano oppure non volano?”.

Dipende: dipende dal mestiere che fate.

Se fate il trader, ovvero quello che “io compero ai minimi, e vendo ai massimi, e dopo poche settimane, e ci azzecco quasi sempre”, allora per voi forse qualche cosa è davvero successo.

Se però siete investitori, allora non è successo proprio nulla. Noi di Recce’d indichiamo ai nostri Clienti opportunità di INVESTIMENTO, opportunità che creano VALORE per il portafoglio del Cliente, garantendo allo stesso tempo rendimento ed anche protezione del patrimonio.

Si tratta di due mestieri diversi, e spesso opposti tra di loro.

Chi è, dei due quello che guadagna? Ci sono decine di migliaia di statistiche, che possono aiutarvi a trovare la risposta corretta, la risposta che è supportata dia fatti.

Un investitore vede, oggi, le cose in questo modo: come ci raccontano questi due grafici che seguono.

Il primo dei due grafici, tutti voi lo conoscete molto bene: in questo Blog, lo abbiamo proposto più di una volta. E’ un grafico aggiornato alla fine del mese di giugno, e ci documenta che alla fine del mese di giugno 2025 la Borsa di New York valeva tanto quanto valeva nel dicembre 2024.

E questo nonostante un vero e proprio bombardamento dei media, delle banche di investimento, e dei “consulenti finanziari pagati con le retrocessioni”, tutti impegnati a convincere la massa che sulle Borse fosse arrivato “il rally”.

Poi, è arrivato Powell, e Jackson Hole, venerdì 22 agosto: ed il secondo grafico qui sopra ci racconta che cosa è successo.

La Borsa di New York ha chiuso, venerdì 22 agosto, a quota 6466 punti. Il rialzo, rispetto al dicembre del 2024, è a questo punto del 4,4%.

Per voi è significativo? E’ tanto? E’ poco?

Dipende: se voi siete trader, allora è tanto. Se voi siete invece INVESTITORI, allora ricorderete immediatamente che questo asset (la Borsa di New York) quattro mesi fa fece vedere al Mondo un calo del 20% in sole tre settimane.

A fronte di un rischio del 20% in tre settimane, che cosa è un rialzo del 4,5% in otto mesi? Compensa per il rischio? Significa qualche cosa?

Come vedete nei due titoli qui sopra, noi non siamo i soli a farci qualche domanda in più (rispetto ai quotidiani italiani che abbiamo letto più in alto).

E soprattutto, grazie ai due titoli qui sopra ci rendiamo conto (molti di voi forse ci erano già arrivati da soli) che non c’è solo la Borsa. Per tutti gli investitori, un evento come Jackson Hole non può essere valutato, nelle sue implicazioni per i mercati, guardando unicamente alla Borsa.

Dobbiamo analizzare subito le reazioni anche delle valute, delle materie prime, e delle obbligazioni.

Ecco di seguito due esempi di variabili che vanno analizzate.

I due grafici qui sopra vi documentano un fatto: il discorso di Jackson Hole non ha cambiato nulla, secondo ciò che ci dice il mercato dei cambi.

E soprattutto, sempre leggendo i segnali in arrivo dai mercati, non ha cambiato nulla se stiamo ai segnali che arrivano dai Titoli di Stato.

Ma … allora? Che cosa è successo, realmente? Le Borse sono tutt’ora ubriache dopo i festini del Ferragosto? Non hanno capito nulla, di ciò che è successo?

Ecco che noi di Recce’d, come sempre, veniamo in aiuto dei nostri lettori, mettendo ordine e facendo chiarezza.

Descrivendo al lettore la realtà, quella dei mercati finanziari e quella intorno ai mercati finanziari. Lo scopo? Ve lo spiega Morgan Stanley proprio qui sopra.

“I mercati e le economie divergono”.

E come sempre, uno solo dei due ha ragione. Quale dei due prevale?

Come detto in apertura di Post, siamo stati proprio noi a mettere in evidenza la rilevanza del Summit di Jackson Hole, e le sue ricadute per i mercati finanziari. Il punto sta in questo: che la reazione immediata, quella delle prime ore, è spesso una reazione che va … nella direzione sbagliata.

Alcuni quotidiani (il Sole 24 Ore nell’immagine più in alto) ed alcuni social hanno letto nelle parole di Powell persino un “cambio di strategia”. La verità è opposta: Powell non ha annunciato ai mercati alcun cambio di strategia: ha invece detto, ai mercati finanziari, che le cose stanno cambiando. Ha usato queste parole:

“risks are shifting”

ed ha citato il mercato del lavoro.

E quindi: come vanno utilizzate, queste affermazioni di Powell a Jackson Hole, nella gestione del portafoglio? Come incidono sulla attuale asset allocation? Come modificano la strategia di investimento?

E specificamente questo, il lavoro che Recce’d fa ogni giorno, per i propri Clienti, attraverso i portafogli modello.

In questo nuovo Post (che come vedrete si collega in modo stretto a quello dello scorso giorno di Ferragosto) noi in modo sintetico forniremo ai nostri lettori alcune indicazioni a questo proposito.

Il punto di partenza, al quale dobbiamo ritornare, è la politica di Trump: che molti hanno definito “go-broke”. Il punto di arrivo, invece, è la stagflazione alla quale Recce’d ha dedicato il citato Post del Ferragosto.

Era evidente da alcuni mesi, ma il mese di agosto 2025 lo ha chiarito in modo definitivo: dopo mesi di contorsioni ed equilibrismi, il Presidente degli Stati Uniti ha deciso: ha del tutto abbandonato alcune delle principali promesse elettorali, e prima fra tutte la promessa di cui si era fatto carico la struttura da lui stesso creata e battezzata DOGE, ed oggi sceglie di giocarsi il “tutto per tutto” ovvero il “o la va o la spacca” alla roulette della crescita del PIL.

Scelta che ovviamente, non è la nostra: noi rifiutiamo la logica del “o tutto o niente”, per la gestione dei nostri portafogli modello, ed investiamo attraverso i portafogli modello il risparmio dei nostri Clienti nella fortissima convinzione che investire è un processo che si svolge nel tempo, e non passa da momenti “go-for-broke”, da momenti “o tutto o niente”. Il processo che porta un patrimonio a crescere, che garantisce un rendimento, ma che al tempo stesso protegge i risparmi da rischi eccessivi, è tutto l’opposto dell’atteggiamento del giocatore al tavolo della roulette.

Come tutti sanno, invece, Trump fu anni fa il proprietario di alcuni casinò, ed in quella occasione Trump non ebbe fortuna. Per lui “go-for-broke” in quel caso finì … che “broke”. Letteralmente.

Noi certamente non vogliamo che il risparmio dei nostri Clienti faccia la medesima fine.

Tutte le sue mosse, ormai, sono finalizzate ad un unico scopo, che è quello di ottenere un “boom economico”. Anche a costo di fare di nuovo aumentare l’inflazione: un prezzo da pagare che l’Amministrazione Trump ha già messo in conto. E che pagherete voi tutti, e non l’Amministrazione Trump. fate bene attenzione, ad esempio, ai dati in uscita 29 agosto negli Stati Uniti.

Secondo Recce’d, la scelta è una scelta forzata: Trump non ha più altre strade su cui procedere. O è questa, oppure è la sconfitta.

E tutto (incluso il Vertice di Ferragosto in Alaska) viene fatto al solo scopo di facilitare questo risultato, nascondendo al pubblico di massa le altre, gravissime difficoltà. Difficoltà dettagliate da noi di Recce’d qui, nella serie che si chiama Detox. Difficoltà che per tutti gli investitori del Mondo costituiscono un rischio enorme, e potenzialmente fatale. Come è stato denunciato da molti, incluso l’ex trumpiano Elon Musk.

Queste scelte azzardate di politica economica (che ovviamente coinvolgono anche tutti i Paesi Sviluppati, e non soltanto gli Stati Uniti) mettono davanti a tutti gli investitori una serie di grandi opportunità per guadagnare senza rischiare troppo. Per guadagnare mantenendo il controllo dei propri rischi di portafoglio. Di guadagnare senza compiere gesti folli con il proprio risparmio.

Come individuare queste opportunità, tutte molto grandi, ed alcune delle quali nuove di questo 2025?

Il migliore servizio che noi di Recce’d possiamo fare, per aiutare il lettore che cerca spunti e supporti per la gestione dei propri investimenti, è quello di aiutarlo nel comprendere in modo analitico e con dettaglio tutti gli aspetti della attuale realtà, alcuni dei quali sfuggono del tutto a chi si affida alla lettura dei quotidiani, all’ascolto di GR e TG, ai messaggini dei social, sulle piattaforme di trading come E-Toro e simili, e soprattutto agli interessati suggerimenti dei venditori, ovvero i “consulenti pagati con le retrocessioni da Fondi Comuni, GPM e polizze”.

Un esempio: a molti di voi, dati anche gli impegni di vacanza al mare, in montagna, al lago ed in campagna, saranno certamente suggiti molti dei dati che sono stati pubblicati in agosto. Recce’d invece li ha seguiti, e soprattutto analizzati, anche in agosto giorno per giorno, allo scopo di non fare mancare ai nostri Clienti la doverosa assistenza professionale, e le più tempestive indicazioni per l’operatività.

Un riassunto, molto sintetico, noi di Recce’d lo regaliamo a tutti i nostri lettori, attraverso il brano che segue qui sotto, che fu pubblicato durante la settimana del Ferragosto (e quindi prima di Jackson Hole).


Gli investitori hanno recentemente analizzato una serie di dati che suggeriscono che il contesto economico si sta avvicinando alla stagflazione, uno scenario temuto in cui l'inflazione aumenta mentre la crescita economica rallenta e la disoccupazione aumenta vertiginosamente.

Si ritiene che questa situazione sia persino più difficile da risolvere per i decisori politici rispetto a una tipica recessione, poiché un'inflazione elevata impedisce alla Federal Reserve di tagliare i tassi di interesse per stimolare la crescita economica.

La stagflazione è apparsa per la prima volta sul radar di Wall Street dopo che il presidente Donald Trump ha introdotto la sua ampia gamma di dazi il 2 aprile. Si ritiene che i dazi alimentino l'inflazione, poiché è probabile che le aziende trasferiscano almeno parte del costo dei dazi all'importazione aumentando i prezzi. Nel frattempo, possono rallentare la crescita aumentando i costi per le aziende che dipendono da input importati.

Ora, secondo gli analisti economici, la tendenza inizia a manifestarsi nei dati.

Ecco i segnali di allarme di stagflazione che hanno osservato nel mese di agosto 2025:

  • L'indicatore di inflazione preferito dalla Fed era più alto del previsto

  • L'inflazione della spesa per consumi personali, l'indicatore di inflazione preferito dalla Fed, è aumentata del 2,6% su base annua a giugno, superando l'aumento del 2,5% su base annua previsto dagli economisti e in rialzo rispetto al tasso del 2,4% di maggio.

"I principali indicatori di inflazione della Fed non sono più in evidente calo rispetto a quanto visto a inizio anno, e siamo ancora circa 80 punti base al di sopra dell'obiettivo di inflazione della Fed sulla maggior parte degli indicatori di inflazione critici. L'economia statunitense sembra essere in una lieve forma di stagflazione", ha scritto in una nota Skanda Amarnath, ex economista della Fed e direttore esecutivo di Employ America.

Il rischio di stagflazione potrebbe continuare a crescere mentre i mercati valutano il pieno impatto dei dazi di Trump, secondo Emily Bowersock Hill, CEO di Bowersock Capital Partners. Dopo molteplici rinvii, giovedì è finalmente entrata in vigore una vasta gamma di dazi su decine di paesi.

"Una guerra commerciale è uno shock da stagflazione", ha scritto Bowersock in una nota di luglio, aggiungendo che le aziende potrebbero aumentare i prezzi nel terzo e quarto trimestre di quest'anno. "Sebbene questo possa essere parzialmente compensato nel breve termine dalla deregolamentazione e dai tagli fiscali, il risultato finale sarà una crescita inferiore e un'inflazione più elevata".

Le assunzioni stanno rallentando

Il mercato del lavoro ha arrancato a luglio, con gli Stati Uniti che hanno aggiunto 73.000 posti di lavoro nel mese, meno dei 100.000 che gli economisti si aspettavano. Nel frattempo, l'aumento dei posti di lavoro tra maggio e giugno è diminuito di 258.000 unità, inviando un segnale importante che il mercato del lavoro è stato significativamente più debole di quanto inizialmente previsto. "Le massicce revisioni del NFP di questa mattina, concentrate nei settori esposti ai dazi, ora segnalano che il nostro scenario di 'stagflazione leggera' si sta materializzando", hanno scritto gli economisti della RBC in una nota la scorsa settimana, riferendosi alla revisione al ribasso delle buste paga degli ultimi due mesi.

Hanno aggiunto che la dinamica stagflazionistica si sta sviluppando perché l'incertezza che circonda la politica commerciale di Trump sta soffocando le assunzioni.

La banca ha affermato di aspettarsi dati deboli sul mercato del lavoro negli Stati Uniti.

I prezzi dei servizi stanno salendo

L'indice dei prezzi dei servizi dell'Institute for Supply Management, una misura di quanto gli americani pagano per i servizi, è salito al 69,9%, rispetto al 67,5% di giugno.

Si tratta del 98° mese consecutivo di aumento dei prezzi nel settore dei servizi, e del valore più alto dell'indice da ottobre 2022, ha affermato l'ISM nel suo ultimo PMI dei servizi. Torsten Sløk, capo economista di Apollo Global Management, ha affermato che l'aumento è un segnale che l'inflazione nel settore dei servizi si sta "intensificando", il che potrebbe innescare un rischio al rialzo per l'inflazione complessiva nei prossimi mesi.

"Allo stesso tempo, la crescita dell'occupazione sta rallentando e il tasso di disoccupazione sta aumentando. Le fonti di questo impulso alla stagflazione sono i dazi, le deportazioni e il deprezzamento del dollaro", ha scritto Slok in una nota ai clienti. "Il punto è che il tema della stagflazione sui mercati si sta intensificando".

Più americani stanno presentando richieste di sussidio di disoccupazione

La scorsa settimana sono stati presentati più casi di disoccupazione del previsto, un altro segnale di debolezza dell'economia.

Le richieste iniziali di sussidio di disoccupazione sono salite a 226.000 nella settimana conclusasi il 2 agosto, secondo i dati del Dipartimento del Lavoro, superando le 221.000 richieste iniziali previste dagli economisti. Nel frattempo, le richieste di sussidio di disoccupazione ricorrenti – ovvero il numero di americani che hanno presentato una domanda ripetuta – sono salite a 1,97 milioni. Si tratta del numero più alto di richieste ricorrenti registrato negli Stati Uniti dall'inizio della pandemia.


A proposito dei temi trattati nel brano precedente, si è espressa di recente anche l’Agenzia Moody’s, attraverso un’ampia analisi che Recce’d ha letto e analizzato e dalla quale ha selezionato un brano, che potete leggere qui sotto

Chiudiamo in questo modo il nostro lavoro di oggi, che ha fornito gratuitamente a tutti i nostri lettori ciò che è necessario per rivalutare i segnali arrivati venerdì 22 agosto da Jackson Hole, ed anche tutte le promesse, i proclami, le minacce e gli insulti del Presidente Trump lungo tutto l’arco del mese di agosto 2025.

Questa era, per tutti gli investitori, la parte più difficile e faticosa: a voi lettori rimane ora la parte più semplice,

Ovvero utilizzare tutte queste informazioni per costruire un quadro coerente, e da quel quadro fare poi discendere una serie di decisioni di investimento, che modificano la vostra attuale asset allocation, che indirizzano la vostra gestione del portafoglio titoli, e che definiscono la vostra futura strategia di portafoglio.

Prendete nota, in ogni caso, di un fatto: per tutti noi investitori, il gossip estivo è finito, e infatti non leggete più di Alaska, e non leggete più di tariffe.

Leggete di inflazione. Leggete di mercato del lavoro. Leggete di crescita del PIL. E ciò che per i mercati torna ad essere decisivo sono i dati per l’occupazione in uscita il 6 settembre negli Stati Uniti, e la riunione della Federal Reserve del prossimo 16 settembre.

Tutto torna: e tutto torna dove vi avevamo detto.

“Goodbye Alaska. Welcome reality”. In sintesi: decidete voi, nel vostro interesse esclusivo, se a voi conviene stare con Trump, con Powell, oppure con Recce’d.

Ma decidete oggi, senza perdere altro tempo ed altri soldi. E, se vi conviene, contattateci alla pagina CONTATTI del nostro sito.


Le aggressive politiche economiche del presidente Donald Trump probabilmente rallenteranno significativamente la crescita degli Stati Uniti e faranno aumentare l'inflazione, ma non causeranno una recessione o "stagflazione", gli scenari disastrosi che i meteorologi avevano previsto prima del suo insediamento, secondo un rapporto.

"La totalità delle politiche non spinge l'economia sull'orlo della recessione, ma riduce significativamente la crescita" durante il mandato quadriennale di Trump, ha affermato l'economista Justin Begley di Moody's Analytics.

Ha aggiunto: "Non è ancora stagflazione, ma ci si sta avvicinando".

La stagflazione è un'economia caratterizzata da elevata inflazione, crescita lenta o stagnante e alta disoccupazione: un cocktail insolito e tossico. In genere, un'economia stagnante porta a una bassa inflazione, consentendo alla Federal Reserve di tagliare i tassi di interesse per stimolare maggiori prestiti e attività.

La Fed, tuttavia, si trova di fronte a un dilemma: abbassare i tassi per sostenere un mercato del lavoro in difficoltà potrebbe far salire ulteriormente l'inflazione. Gli aumenti dei prezzi al consumo si sono generalmente attenuati notevolmente dopo il picco dovuto alla pandemia, ma recentemente hanno registrato un leggero aumento, in parte a causa delle ingenti imposte sulle importazioni imposte da Trump.

Le sue politiche stanno imponendo forze di compensazione all'economia. I tagli alle tasse e l'aumento della spesa per la sicurezza e la difesa delle frontiere sono destinati a stimolare la crescita. Ma si prevede che questi fattori positivi saranno più che compensati dai dazi, da una storica stretta sull'immigrazione, dai licenziamenti di centinaia di migliaia di dipendenti federali e dai forti tagli ai programmi di servizi sociali come Medicaid e i buoni pasto, ha affermato Begley.

Durante la corsa presidenziale di Trump contro l'ex vicepresidente Kamala Harris lo scorso anno, Moody's, tra le altre società di ricerca, aveva previsto che il piano economico di Trump avrebbe innescato una recessione entro la metà del 2025. Moody's ha aggiornato le sue previsioni anche perché i contorni del suo piano sono diventati più chiari di recente, ha affermato Begley.

"Abbiamo una visione migliore di come stanno andando le cose", ha affermato.

Ad esempio, sono in vigore dazi a due cifre su acciaio e alluminio, auto straniere e importazioni cinesi. E la Casa Bianca ha raggiunto accordi con partner commerciali come Giappone, Corea del Sud, Vietnam e Regno Unito che fissano i dazi tra il 10% e il 20%.

Le deportazioni e le restrizioni ai valichi di frontiera meridionali imposte da Trump sono in pieno svolgimento. E il suo ingente disegno di legge di bilancio, firmato il 4 luglio, ha ampliato i tagli fiscali del 2017, aumentato le spese militari e per la sicurezza delle frontiere e ridotto alcune spese per i sussidi statali.

In totale, Moody's prevede che le politiche di Trump ridurranno la crescita economica di circa 0,4 punti percentuali all'anno – quasi mezzo punto – durante il suo mandato. Ciò porterebbe l'economia a un'espansione media dell'1,7% annuo nell'arco dei quattro anni, con una crescita che toccherà il minimo dell'1,4% l'anno prossimo e un picco del 2,2% nel 2028.

L'economia è cresciuta a un tasso annuo dell'1,2% nella prima metà del 2025. Si prevede che crescerà a un ritmo leggermente inferiore all'1% nella seconda metà, secondo gli economisti intervistati da Wolters Kluwer Blue Chip Economic Indicators.

Al contrario, l'economia ha registrato una crescita media del 2,3% nel decennio successivo alla Grande Recessione del 2007-2009 e del 3,5% durante il mandato dell'ex presidente Joe Biden. Quest'ultimo, tuttavia, ha registrato guadagni insolitamente forti con l'uscita del Paese dalla recessione pandemica. Nel 2024, l'ultimo anno di mandato di Biden, l'economia è cresciuta di un solido 2,8%.

Ci si aspettava che la crescita rallentasse, indipendentemente da chi avesse vinto le elezioni del 2024, poiché l'impennata della domanda dei consumatori post-COVID-19 si era esaurita, gli americani avevano esaurito gli aiuti governativi per la pandemia e altre misure di stimolo governative si erano esaurite.

Ma entro la fine del mandato di Trump, nel 2028, l'economia sarà inferiore dell'1,3% rispetto a quanto sarebbe stata se le sue politiche non fossero state attuate, ha scritto Begley in un rapporto. Inoltre, si prevede che il tasso di disoccupazione raggiungerà il picco del 4,7% nel 2027, prima di scendere al 4,4% quando Trump lascerà l'incarico. Senza le sue politiche, la disoccupazione si manterrebbe sostanzialmente stabile intorno al 4% e ci sarebbero circa 885.000 posti di lavoro aggiuntivi, ha affermato Moody's.

Allo stesso modo, le politiche di Trump sono destinate a far aumentare l'inflazione in media di quasi mezzo punto percentuale all'anno. Ciò porterebbe l'inflazione annua a una media del 2,6% durante il mandato di Trump, con un picco del 3,1% nel 2026, secondo l'indice dei prezzi per consumi personali del Dipartimento del Commercio. L'inflazione poi diminuirebbe e raggiungerebbe quasi l'obiettivo del 2% della Fed nel 2028, l'ultimo anno del suo mandato.

In assenza delle politiche del presidente, l'inflazione raggiungerebbe l'obiettivo della Fed il prossimo anno, secondo l'analisi di Begley.

I dazi, di gran lunga, rappresentano sia il principale freno alla crescita sia il principale fattore di inflazione, ha affermato Begley. Si prevede che le aziende scaricheranno la maggior parte dei costi dei dazi sui consumatori, facendo salire i prezzi. E questo dovrebbe indebolire il loro potere d'acquisto e ridurre i consumi, che rappresentano il 70% dell'attività economica.

Senza i dazi, gli effetti netti delle politiche di Trump sulla crescita sarebbero leggermente positivi, ha affermato Begley. I benefici dei tagli fiscali e dell'aumento della spesa per la difesa e le frontiere compenserebbero il prezzo pagato dalla repressione dell'immigrazione, dai licenziamenti federali e dai tagli a Medicaid e ai buoni pasto, ha aggiunto.

Un altro duro colpo deriva dalle deportazioni.

Come i dazi, si prevede che la repressione dell'immigrazione ridurrà la crescita e stimolerà l'inflazione. Si prevede che una ridotta offerta di lavoratori in settori come l'edilizia, l'agricoltura e l'ospitalità farà aumentare salari e prezzi. E una popolazione di immigrati più piccola significa una minore spesa al consumo.

Ecco perché le previsioni di Moody's sugli effetti delle politiche di Trump sono meno fosche di quanto non fossero prima del suo insediamento:

Sebbene i dazi di Trump siano più alti del previsto, Moody's si aspettava ritorsioni più significative da parte dei paesi stranieri, che avrebbero danneggiato le esportazioni manifatturiere statunitensi. Almeno finora, queste nazioni hanno adottato un approccio più moderato.

Moody's stimava che l'amministrazione Trump avrebbe cercato di espellere circa 1 milione di immigrati privi di status legale permanente ogni anno. Ma Begley ha affermato che ciò si è rivelato logisticamente impegnativo. Goldman Sachs stima che le espulsioni mensili abbiano avuto un ritmo medio annualizzato di circa 600.000.

Sebbene Trump avesse promesso durante la sua campagna elettorale di eliminare le tasse su mance e straordinari, Moody's non si aspettava necessariamente che portasse a termine la sua promessa. Il disegno di legge di bilancio, tuttavia, elimina le tasse sulle mance fino a 25.000 dollari all'anno e nel tempo fino a 12.500 dollari.


Valter Buffo
Detox a Ferragosto: siete anche voi ubriachi?
 


Proprio la mattina di Ferragosto, nelle primissime ore, leggendo i quotidiani italiani, si leggono titoli celebrativi. Si celebra l’euforia. Si celebra l’ottimismo. Un po’ da tutte le parti.

Euforia derivata da che cosa? Ottimismo su che cosa?

Nessuno lo ha ben capito. Nessuno lo spiega con chiarezza. In pratica, ci viene detto di essere felici: ma nessuno ci dice il perché. Cia arriva l’ordine di essere, comunque, felici.

Poi si esce di casa, si incontrano persone, si fa la colazione, si parla con un amico oppure un conoscente: e si realizza che proprio nulla è cambiato. Il caldo resta terribile. Ed è quello, il caldo, che con ogni probabilità a Ferragosto genera confusione, confusione prodotta dall’ansia, dalla fretta, dallo stress.

Confusione che genera allucinazioni, miraggi, ed isteria collettiva.

Ed ecco quindi che leggere anche altri media, altre fonti, in particolare non italiane, a voi può essere utile a ritornare in contatto con la realtà, ad evitare i miraggi, e ad evitare di andare al muro a sbattere.

Perché su uno dei siti di Finanza più noti al Mondo e più visitati, ci si fa qualche domanda, sulla ubriacatura di ottimismo, e si toccano altri argomenti, diversi dall’euforia e dall’ottimismo. Argomenti che si possono toccare, più concreti. Argomenti che riguardano la vita di tutti noi: la vita vera, e non la vita sui social.

Proprio questa mattina, la mattina del Ferragosto 2025.

Nelle primissime ore del giorno di Ferragosto 2025, leggiamo anche questo titolo. Non è la stampa italiana, come vedete.

Nel titolo, viene citata l’euforia, vero: ma leggiamo pure dell’inflazione, dell’occupazione. E soprattutto leggiamo un nome a noi molto noto, il nome di una cosa che per i nostri lettori abbiamo analizzato più e più volte: la stagflazione.

E vale, sicuramente, la pena, per tutti gli investitori, di dedicare qualche minuto, qualche pensiero, e qualche riflessione proprio alla stagflazione, nel giorno del Ferragosto 2025.

Segnatevi queste parole: per il Ferragosto 2025, e per tutto il resto del 2025, la stagflazione è (molto) più importante di Putin.

E se voi siete invece in ansia per Putin, in questo giorno di Ferragosto, , allora Recce’d con qualche ora di anticipo vi svela come andrà a finire: Trump a voi dirà che “servono ancora 90 giorni”, proprio come ha fatto tre giorni fa per la Cina. E Putin avrà vinto sia la guerra sul terreno, sia quella diplomatica.

Quindi, pensate invece alla stagflazione: è nel vostro unico interesse.

Prestate attenzione (nel vostro interesse) a ciò che dice l’immagine qui sopra. Risale a mercoledì 13 agosto, subito dopo che gli Stati Uniti hanno pubblicato i dati aggiornati per l’inflazione. Che, come leggete anche nell’immagine, oggi sta al 3%.

Almeno, prestate attenzione alla frase più importante (per noi, per voi, per tutti).

“Stiamo accettando un Mondo ad alta inflazione”.

Oggi. Accade oggi, ed accade nella vita pratica. Sta accadendo anche a voi, siete voi che “accettate”: anche con i vostri BTp, quelli che “danno sicurezza”.

Quando noi, cinque anni fa, scegliemmo di mettere in evidenza il tema del quale scriviamo oggi, nel Post di Ferragosto, noi di Recce’d eravamo i soli a parlarne.

Annunciammo ai nostri lettori, in quel mese di agosto del 2020, l’arrivo della stagflazione. Capiamoci bene: noi, allora, cinque anni fa, annunciamo ai lettori l’arrivo di una nuova Era: non di due, tre, cinque anni, bensì di quindici, venti, trenta anni.

Adesso ci siamo dentro, tutti. Siamo tutti nell’Era Nuova, che è appunto l’era della stagflazione.

Stagflazione della quale nei mesi di luglio ed agosto del 2025, parlano letteralmente tutti.

Un esempio? Quello che vedete qui sotto è un titolo del giovedì 14 agosto, ovvero di ieri.

E riguarda le Borse europee (il minore entusiasmo degli ultimi mesi è spiegato dalla stagflazione) ed anche dell’Europa in generale. Proprio quell’Europa dove voi vivete e noi stessi viviamo ed operiamo.

Stagflazione che è confermata anche dati dati più recenti: inclusi quelli della settimana che si è appena conclusa, come vi abbiamo documentato con l’immagine di apertura..

Non fatevi ingannare dai titoli dei giornali e dalle frasi dei social, sui “nuovi massimi della Borsa di New York, o peggio ancora dai titoli sui “massimi della Borsa di Milano” (che non sono massimi, come abbiamo documentati ai nostri Clienti nell’ultima settimana, nella Sezione Operatività del quotidiano The Morning Brief, tra lunedì 11 agosto e venerdì 15 agosto.

Questi !nuovi massimi non significano che “le cose vanno molto bene”: esattamente come NON indicavano un messaggio di ottimismo nell’anno 2007 oppure nell’anno 2000.

A quei “nuovi massimi” si è arrivata solo per una ragione: terrorizzati dalla stagflazione, prima le Banche Centrali e poi i Governi (dall’anno 2020 ad oggi) hanno deciso che gonfiare tutti i prezzi di tutti gli asset (incluso in questo caso anche l’immobiliare) fosse il solo ed unico modo per tirare avanti, senza sprofondare, appunto, nella stagflazione.

Ma non dura. Non regge. L’edificio traballa, subisce scosse di terremoto sempre più evidenti. I politici lo sanno, Trump in particolare lo sa: ma lui è Donald Trump, e lui non teme nulla, lui non ha paura, lui senza imbarazzo scrive in un’unica frase che “l’economia americana va alla grande” ed anche che “il costo del denaro deve scendere allo 1%”.

Lui pensa che, scrivendo tutti in MAIUSCOLO e strillando ai quattro venti si possono risolvere le cose: e lui pensa questo perché lui sa che la massa è manipolabile, e va prima confusa per bene, e dopo, in modo velocissimo e silenzioso, va costretta a pagare per le scelte che lui, Trump, ha fatto.

Non è certamente il solo politico, a ragionar in questo modo. Ce ne sono stati altri nel passato e ne arriveranno altri in futuro.

L’investitore che cosa deve fare? Ogni investitore deve raggiungere due obbiettivi:

  1. proteggere; e

  2. guadagnare.

Come si fa?

Si tratta di due obbiettivi solo in apparenza opposti tra loro: se non proteggi, non puoi guadagnare nulla, e se guadagni, questo significa che hai saputo proteggerti bene dai rischi.

Per proteggere e guadagnare allo stesso tempo, ogni investitore ha necessità di comprendere a fondo il Mondo nel quale opera ed investe il proprio risparmio. Quel Mondo non è raccontato dai social, non viene raccontato dagli uomini politici, e soprattutto non viene raccontato dalle Reti di vendita, i cui ricavi (tutti) vengono dal piazzare Polizze assicurative, Fondi Comuni, GPM, Certificati e di recente anche “finanziamenti diretti all’economia reale” (private equity, finanziamenti privati, finanza strutturata, venture capital).

Ed altre cose che NON hanno un prezzo che l’investitore può leggere, consultare, confrontare. Ma il loro mestiere NON è fare rendere il vostro risparmio.

Il loro mestiere quello che paga le loro auto e le loro bollette, è solo quello di piazzare questa “merce, mercanzia” a voi, amici lettori ed investitori, che state leggendo questo Post. Una volta piazzata la mercanzia, poi … dopo vedremo come va.

Recce’d da oltre un decennio garantisce attraverso il suo sito con continuità supporti informativi e supporti decisionali per proteggere e guadagnare: supporti per migliorare la qualità delle proprie decisioni sull’allocazione del risparmio, per migliorare i propri risultati ed evitare di cadere nelle trappole (o almeno evitare le trappole abnormi che circolano oggi, nel 2025.

Abbiamo già scritto al lettore, alla pagina TWIT - TWOO del nostro sito: evitate (almeno) di fare la fine di Zelensky.

Lo ricordate Zelensky vero?


Dicevamo: Zelensky.

Quello che disse “la guerra finirà solo quando la Russia si sarà ritirata da tutto il territorio ucraino occupato”. Quello che disse “l’economia della Russia crollerà in tre mesi per effetto delle sanzioni”. Quello che disse “l’esercito russo sarà sconfitto perché abbiamo in dotazione armi migliori” Quello che disse “l’Occidente non ci abbandonerà mai perché noi difendiamo i loro valori”:

Non era vero. Lui si è sbagliato.

A voi lettori ed investitori invece dicono:

  • i mercati recuperano sempre

  • le Borse salgono sempre nel lungo periodo

  • un po’ di azioni ed un po’ di obbligazioni è il portafoglio ottimale

  • l’importante è non muoversi mai e rimanere al 1005 sempre investititi (ovviamente (su Fondi Comuni, GPM e polizze?

Beh, sappiatelo: nella Nuova Era della stagflazione queste sono balle. Non solo: sono proprio cose dannose, per i vostri risparmi. E quelli che a voi raccontano queste cose, quelli sono i nemici del vostro benessere finanziario.

Ed è anche una balla, specie in questa Nuova Era della stagflazione, quella che vi dice sempre quel vostro conoscente che è un falso amico: “con gli investimenti, è molto meglio fare da soli: tanto, è una cosa semplice, basta mezz’ora e hai già capito tutto … e poi se va male, lo tieni lì, per il lungo termine”.

Hanno venduto a milioni di risparmiatori i bond Parmalat, ed i bond Lehman Brothers, esattamente con questa tecnica di vendita. Vendevano di tutto, allora. Ma (attenzione!) proprio oggi, mentre ci leggete, stanno vendendo ancora di più, e di peggio (ma molto peggio davvero!).

Partiamo ora con una sintetica ricapitolazione dei fatti: leggete un po’ che cosa si scriveva solo tre giorni fa.


L'America sta mostrando nuovi segnali di stagflazione: l'inflazione è in aumento, il mercato del lavoro sta subendo una nuova debolezza e gli economisti avvertono che entrambi rischiano di peggiorare nei prossimi mesi.

Perché è importante: il termine "stagflazione" rievoca ricordi infelici degli anni '70, quando gli americani si trovavano ad affrontare una terribile combinazione di prezzi più alti e scarse opportunità di lavoro.

Il quadro generale: questa è stata la settimana in cui gli economisti tradizionali hanno trovato conferma.

Le previsioni di una crescita più debole e di un'inflazione più persistente – la "stagflazione" e la "flazione" – sembravano inverosimili, fino ad ora.

Cosa dicono: "In sostanza, il rischio di stagflazione è aumentato in modo significativo", ha scritto Olu Sonola, economista di Fitch Ratings, in una nota ai clienti.

"L'inflazione si sta allontanando sempre di più dall'obiettivo, la crescita economica del settore privato ha subito un rallentamento significativo e il mercato del lavoro ha appena lanciato un campanello d'allarme".

Un rapido aggiornamento: Trump ha licenziato il massimo funzionario del Bureau of Labor Statistics venerdì, poche ore dopo che l'agenzia aveva segnalato una crescita occupazionale inferiore alle aspettative.

Ha affermato, senza prove, che i numeri erano stati manipolati politicamente.

In un'intervista con Axios, il principale economista della Casa Bianca, Stephen Miran, ha concordato sul fatto che il BLS avesse bisogno di una nuova leadership per affrontare le massicce revisioni dei dati, ma non ha affermato che i numeri fossero stati manipolati.

In cifre: l'economia ha creato solo 73.000 posti di lavoro il mese scorso, mentre le revisioni al ribasso storiche suggerivano che il mercato del lavoro non avesse creato quasi nessun posto di lavoro nei due mesi precedenti.

Cosa sta succedendo: questa è la parte “STAG-". Ora consideriamo gli altri indicatori pubblicati la scorsa settimana.

💰 PIL: l'economia è cresciuta a un tasso annualizzato del 3% nel secondo trimestre, spinta dall'inversione di tendenza dell'attività di importazione senza precedenti nel primo trimestre. Analizzando il rapporto, la situazione della crescita appare peggiore.

Un indicatore della domanda interna di fondo – che esclude le oscillazioni del commercio, delle scorte e della spesa pubblica – è aumentato solo dell'1,2% nel secondo trimestre, il tasso più debole dalla fine del 2022.

🛒 Inflazione: l'indicatore di inflazione di riferimento della Fed è aumentato negli ultimi due mesi del secondo trimestre, nonostante la crescita di fondo in calo.

L'indice dei prezzi per consumi personali è aumentato del 2,6% nei 12 mesi fino a giugno, il secondo aumento consecutivo.

L'indicatore che esclude alimentari ed energia è aumentato del 2,8%, in leggero rialzo rispetto a maggio.

Tra le righe: la raccolta di dati, in particolare il debole rapporto sull'occupazione, rafforza la tesi che la Federal Reserve taglierà i tassi di interesse a settembre.

Ma le preoccupazioni inflazionistiche rimarranno comunque al centro dell'attenzione della Fed. Ci sono primi segnali che i dazi di Trump stiano spingendo i prezzi al rialzo. Nessuno sa se questi aumenti saranno persistenti.

Per la cronaca: "Ci siamo già trovati in questa situazione quando si parlava di catastrofi su larga scala... riguardo al Tax Cuts and Jobs Act e ai dazi imposti dal Presidente alla Cina durante il primo mandato", afferma Miran.

Tutti questi "catastrofismi" si sono rivelati sbagliati, ha detto Miran.

Ha aggiunto che c'erano buone ragioni per credere che l'economia si sarebbe rafforzata da qui in poi, citando la legge fiscale e di spesa di Trump, nonché una serie di recenti accordi commerciali.

In conclusione: se Trump otterrà il taglio dei tassi che desiderava, potrebbe essere per una ragione che probabilmente detesta: un rallentamento dell'economia.

Se non lo otterrà, sarà perché i responsabili delle politiche economiche considerano ancora l'inflazione un rischio troppo grande.


Ecco a voi una (estrema) sintesi dei dati aggiornati e disponibili: quello che avete appena letto è (in estrema sintesi) ciò che noi sappiamo al Ferragosto del 2025.

Detto che questa è la realtà, così come noi investitori la conosciamo, ora va fatto il lavoro di analisi, per poi arrivare a decisioni consapevoli, ed al tempo stesso protettive e vincenti.

Leggiamo, in ciò che segue, come questo lavoro di analisi è stato fatto da un soggetto che il lavoro di analisi lo sa fare, e molto molto bene. Si tratta del molto conosciuto (tra gli operatori di mercato) Torsten Slok.

Le sue considerazioni che state per leggere risalgono a una decina di giorni fa: ovvero, PRIMA che fosse pubblicato il dato per l’inflazione del quale avete letto poco sopra. Da allora, i segnali si sono rafforzati.

Di William Watts

"Il tema della stagflazione sui mercati si sta intensificando": Slok di Apollo

I timori di stagflazione non sono svaniti.

Il mercato azionario si è ripreso dall'oscillazione innescata da un indicatore economico attentamente monitorato all'inizio di questa settimana, ma gli investitori dovrebbero fare attenzione a non farsi cogliere impreparati dalla potenziale minaccia di stagflazione che ha contribuito a evidenziare, ha avvertito giovedì un economista di Wall Street molto seguito.

"In sostanza, il tema della stagflazione sui mercati si sta intensificando", ha affermato Torsten Slok, capo economista di Apollo Global Management, in una nota. Stagflazione è un termine che si riferisce alla sgradita combinazione di crescita economica stagnante e inflazione in aumento.

Il dibattito sulla stagflazione si è intensificato dopo la pubblicazione, martedì, dell'indicatore di luglio dell'attività del settore dei servizi dell'Institute for Supply Management. L'indice dei prezzi pagati, un indicatore dell'inflazione, è salito di 2,4 punti, raggiungendo quota 69,9 e raggiungendo il massimo degli ultimi tre anni, indicando una potenziale pressione al rialzo sull'indice dei prezzi al consumo (vedi grafico sotto).

L'indice ISM non manifatturiero è sceso al 50,1% a luglio dal 50,8% del mese precedente, segnalando una crescita limitata del settore dei servizi, dominante nell'economia (una lettura inferiore al 50% indica una contrazione dell'attività).

Allo stesso tempo, la crescita dell'occupazione sta rallentando e il tasso di disoccupazione è in aumento, ha affermato Slok. L'"impulso alla stagflazione" è il risultato di dazi, deportazioni e un indebolimento del dollaro statunitense, ha sostenuto.

Lauren Goodwin, economista e responsabile della strategia di mercato presso New York Life Investments, ha evidenziato questi e altri fattori in una nota all'inizio di questa settimana.

"La politica commerciale sta influenzando i prezzi; la politica sull'immigrazione sta influenzando l'offerta di lavoro; la deregolamentazione sta dando un'ulteriore scossa ai settori in crescita; gli aggiustamenti fiscali rendono gli investimenti di capitale più facili da digerire. La combinazione di questi fattori con i recenti dati economici segnala un chiaro contesto di 'stagflazione leggera'", ha scritto.

Goodwin ha invitato alla cautela per quanto riguarda il debito a più lunga scadenza, sostenendo che il rendimento del titolo del Tesoro decennale probabilmente tornerà verso il 4,5%. Il rendimento era al 4,22% giovedì; rendimenti e prezzi del debito si muovono in modo opposto.

La stagflazione significherebbe che la vita rimane complicata per i responsabili delle politiche della Federal Reserve, ha affermato Slok. I responsabili delle politiche dovrebbero "concentrarsi sull'aumento dell'inflazione e aumentare i tassi, o sul rallentamento della crescita e tagliare i tassi?", ha scritto.

L'incertezza circonda l'impatto finale che le misure tariffarie dell'amministrazione Trump avranno sull'inflazione nel settore dei servizi.

"La domanda è se l'aumento dei costi dei beni dovuto alla guerra commerciale si tradurrà in una minore domanda di servizi e, di conseguenza, in una pressione al ribasso sull'inflazione nel settore", hanno scritto giovedì in una nota Ian Lyngen e Vail Hartman, strateghi dei tassi di interesse di BMO Capital Markets.

"Non è una dinamica difficile da prevedere; anche se sospettiamo che, se queste forze dovessero effettivamente entrare in gioco, ci saranno ritardi nei tempi", hanno scritto. In altre parole, è improbabile che la lettura dell'indice dei prezzi al consumo della prossima settimana sia definitiva.


La banca centrale ha mantenuto i tassi invariati fino al 2025 in attesa di chiarezza sull'impatto dei dazi sul quadro dell'inflazione, scatenando l'ira del presidente Donald Trump, che ha incessantemente criticato il presidente della Fed Jerome Powell.

Il deludente rapporto sull'occupazione di luglio di venerdì scorso e le conseguenti revisioni al ribasso dei dati di maggio e giugno hanno portato gli investitori ad aumentare le aspettative di una ripresa dei tagli dei tassi. Secondo il CME FedWatch Tool, i trader di futures sui Fed fund hanno scontato una probabilità del 93% di un taglio di un quarto di punto alla prossima riunione di politica monetaria di settembre, in aumento rispetto a meno del 40% di una settimana fa. Gli operatori prevedono una probabilità leggermente superiore al 50% di un totale di tre tagli di un quarto di punto entro la fine dell'anno.

Queste aspettative di taglio dei tassi, insieme agli utili aziendali ben accolti e a un'altra ondata di ottimismo sulle strategie di intelligenza artificiale, hanno contribuito a far salire i titoli azionari, hanno affermato gli analisti, con l'S&P 500 SPX scambiato a meno dell'1% dalla sua chiusura record di 6.389,77 punti registrata il 28 luglio; l'indice di riferimento per le large cap è in rialzo dell'1,7% questa settimana. Il Nasdaq Composite COMP è salito del 3% da inizio settimana, mentre il Dow Jones Industrial Average DJIA è rimasto indietro con un guadagno dello 0,8%.

"Il mercato si aspetta chiaramente dei tagli, ma i rischi al rialzo per l'inflazione sono significativi e gli investitori dovrebbero monitorare attentamente le misure delle aspettative di inflazione basate su sondaggi e mercato", ha scritto Slok.

-William Watts

Tra le mille letture su questo tema, abbiamo ovviamente selezionato quelle che per il nostro lettore risultano di maggiore significato, ed applicabilità al suo attuale portafoglio, specie se si tratta del classicissimo portafoglio delle Reti di vendita (le varie Mediolanum, Fineco, Fideuram, Allianz, Generali, e tutte le altre) fatto di Fondi Comuni, polizze, GPM e prodotti oscuri e senza un prezzo come “finanziamenti all’economia reale”, venture capital, e tutte le diverse etichette commerciali,

Ne proponiamo un secondo, di commento con analisi, nel testo che segue.

Come sempre, vi faremo leggere anche indicazioni operative, precisando che Recce’d ha costruito gli attuali portafogli modello sulla base di scelte DIVERSE da quelle che leggete qui nel brano che segue. Resta giusto mette ogni lettore nella condizione di fare sue valutazioni e fare confronti.

Del brano che segue, è l’analisi di qualità dei fatti e dei dati. Per fare successivamente le scelte operative sui portafogli, vi invitiamo a contattarci, attraverso la pagina CONTATTI del nostro sito.

“Se si guarda attraverso il parabrezza anteriore anziché attraverso lo specchietto retrovisore, è chiaro che la stagflazione sta arrivando negli Stati Uniti."

Questa è l'opinione di Savvas Savouri, amministratore delegato di QuantMetriks, una boutique di consulenza economica con sede a Londra.

Come si può immaginare, dopo una lunga carriera trascorsa nel mondo accademico, in diverse banche d'investimento e un lungo periodo come economista presso la società di gestione fondi Tosca Capital, Savouri ha opinioni forti su economie, mercati e prezzi degli asset, e le esprime in modo inequivocabile.

Le sue opinioni sulla direzione dell'economia statunitense sono enfatiche: l'inflazione sta salendo, il dollaro sta scendendo e la curva dei rendimenti si sta irripidendo.

Le pressioni inflazionistiche che cita sono triplici: un dollaro in calo (che rende le importazioni più costose), le restrizioni alla manodopera migrante a basso costo che fanno aumentare i costi e i dazi più elevati. Il fatto che l'impatto dei dazi non si sia ancora manifestato nei dati è dovuto al fatto che si tratta di indicatori ritardati, afferma.

Savouri è fermamente convinto che i dazi possano essere solo inflazionistici, come, sottolinea, è stato quasi tutto il manifesto della campagna di Trump. Cita in particolare le promesse di riportare in patria la produzione manifatturiera e il One Big Beautiful Bill Act di inizio estate, che lui considera "stampa di moneta".

In una nota intitolata "The Inflationator vs The Powell", Savouri ha previsto che il mandato di Powell alla Fed potrebbe essere molto più breve della data ufficiale di partenza di maggio 2026, a causa delle pressioni esercitate dalla Casa Bianca.

Traccia un'analogia con i governatori delle banche centrali di Giappone (Shirakawa nel 2013) e Turchia (Agbal nel 2021), che furono licenziati per non aver tagliato i tassi quando i leader politici lo chiesero. Non furono tanto "i banchieri centrali [a] essere cacciati dal giro monetario", scherza, "ma le rispettive valute".

Date le sue aspettative per Powell, la direzione dei tassi di interesse e dell'inflazione di allora, forse non sorprende che Savouri sia decisamente ribassista sul dollaro, descrivendo un momento di turbo-paralisi alla Wile E. Coyote prima che cada vittima della gravità.

Questo potrebbe essere accolto con favore dall'amministrazione Trump. In effetti, una delle principali preoccupazioni di Savouri è che qualsiasi incontro tra Trump e il presidente cinese Xi Jinping quest'anno porterà a un accordo da parte di Pechino per consentire al renminbi di apprezzarsi e contribuire a rendere i beni statunitensi più competitivi. Ritiene che l'attuale ancoraggio del dollaro al dollaro di Hong Kong verrà quindi rimosso.

A suo avviso, se il dollaro scende di pari passo con i tagli dei tassi della Fed e l'aumento dell'inflazione, la curva dei rendimenti dei titoli del Tesoro statunitensi dovrà irripidire (i rendimenti a lungo termine aumenteranno più rapidamente rispetto a quelli a breve termine) in modo ancora più netto di quanto non abbia già fatto.

Savouri chiede, retoricamente: "Chi comprerà debito statunitense a lungo termine perché [Trump] ha appena lanciato una guerra commerciale contro gli acquirenti tradizionali?"


La sua raccomandazione agli investitori che cercano di proteggersi da tali movimenti avversi è di acquistare TIPS – o Treasury Inflation-Protected Securities, le obbligazioni indicizzate all’inflazione, che adeguano i pagamenti degli interessi in base all'inflazione.

Ritiene anche che questi sviluppi negativi potrebbero essere vantaggiosi per le azioni, ma non per tutte. Sostiene che l'inflazione sia positiva per quei titoli – in particolare per le large cap/big tech che possono trasferire i costi ai consumatori – che hanno una buona percentuale dei loro guadagni all'estero in altre valute e i cui bilanci sono sufficientemente solidi da gestire un contesto di tassi più elevati.

L'S&P 500 potrebbe quindi andare bene, ma il Russell 2000 o altre small/mid cap che operano solo in America, o i cui bilanci presentano un elevato debito a breve scadenza che dovrà essere rifinanziato a tassi di interesse estremamente elevati, faranno fatica, avverte Savouri.

Non è un sostenitore delle criptovalute come metodo per proteggersi da potenziali crisi del dollaro, e anzi ritiene che la loro adozione rappresenti ora un rischio sistemico per l'infrastruttura finanziaria americana. Ma Savouri apprezza l'oro come contropartita del dollaro ed è convinto che la demografia e i fondamentali australiani rendano il dollaro australiano la scommessa migliore sui mercati valutari.

Dato tutto ciò che avete appena letto, non vi stupirà il fatto che la Banca Centrale americana, che si chiama Federal Reserve, sia nell’occhio del ciclone. Lo leggete anche nell’immagine qui sotto..

La prossima settimana, dal 21 al 23 agosto 2025, si terrà il Summit Annuale di Jackson Hole tra banchieri centrali, che in molte occasioni ha mosso i mercati (e in qualche occasione li ha proprio sconvolti, come forse ricordate).

Ed ecco che noi vogliamo regalare, grazia alla nostra accurata selezione ed analisi, la migliore introduzione possibile a questo importante evento, collegandola ovviamente a ciò che sono a qui avete letto nel nostro Post.

E quindi in modo particolare alla stagflazione.

Anche questo articolo risale a una decina di giorni fa (e quindi, è stato scritto prima del dato per l’inflazione commentato sopra, in apertura.

La conclusione di questo articolo contiene indicazioni a carattere operativo che possono essere immediatamente utili per la vostra gestione del portafoglio titoli, per rivedere la vostra attuale asset allocation, e per rivedere anche la vostra futura strategia di investimento.

Leggete anche con attenzione i dati nei grafici: vi servirà molto, per comprendere ciò che sta arrivando.

La Federal Reserve è in difficoltà. Dopo i dati incredibilmente deboli sull'occupazione di venerdì – e con l'inflazione ostinatamente al di sopra del trend – sta diventando chiaro che i doppi mandati della banca centrale di massima occupazione e stabilità dei prezzi sono entrambi fuori luogo e spingono in direzioni opposte. Cosa dovrebbe fare la Fed?

L'inflazione richiede che la Fed mantenga la rotta, o addirittura aumenti i tassi, eppure il peggioramento del quadro occupazionale suggerisce alla banca centrale di tagliare ora se vuole contribuire a evitare una recessione. Indipendentemente da ciò che farà la Fed, un mandato rimarrà fuori luogo.

La strada migliore è rimandare i tagli dei tassi e affrontare lo spettro di un'inflazione elevata ora, piuttosto che rimandare scelte politiche che potrebbero diventare più dolorose in futuro.

Ecco cosa deve affrontare la Fed

L'impatto inflazionistico dei dazi di Donald Trump sta iniziando a farsi sentire. I dati pubblicati la scorsa settimana hanno mostrato che il dato sull'inflazione di fondo preferito dalla Fed, basato sulla spesa per consumi personali (PCE), è aumentato del 2,8% a giugno rispetto all'anno precedente. La prossima settimana, il rapporto governativo sui prezzi al consumo dovrebbe mostrare un aumento dell'inflazione di fondo del 3% a luglio, nell'arco dell'anno fino a luglio. Entrambi i dati sono superiori all'obiettivo e si prevede che aumenteranno ulteriormente.

L'unica ragione per cui le banche centrali non stanno aumentando i tassi in questo contesto è perché temono che il mercato del lavoro stia per subire un duro colpo. Realisticamente, lo ha già fatto. Il rapporto della scorsa settimana ha rivelato che 7,2 milioni di persone erano disoccupate negli Stati Uniti a luglio. Sebbene questo dato sia solo marginalmente superiore ai 7,1 milioni di un anno fa, è in aumento rispetto ai 6,8 milioni di gennaio, il che segnala un'inversione di tendenza in questo settore. Se a ciò si aggiunge il fatto che la partecipazione alla forza lavoro è nuovamente diminuita il mese scorso, si evince che ci sono molte più persone disoccupate o che hanno semplicemente rinunciato e abbandonato del tutto la forza lavoro.


L'andamento della disoccupazione negli Stati Uniti è preoccupante

1,4 milioni di disoccupati in più rispetto a tre anni fa

Fonte: Bloomberg

In cifre: 62,2% - Il tasso di partecipazione al lavoro a luglio 2025 è stato il più basso da novembre 2022. Al netto della pandemia, è il più basso dagli anni '70.


Aspettative contro realtà

Il mercato degli swap sconta una probabilità superiore all'80% che la Fed tagli i tassi nella prossima riunione di settembre. Ma ci sono molti altri dati da analizzare prima di allora, incluso il prossimo rapporto sull'indice dei prezzi al consumo (IPC) del prossimo 12 agosto.

Se i dati sull'inflazione dovessero aumentare in modo significativo, la Fed potrebbe non essere in grado di tagliare affatto quest'anno e la reazione del mercato sarebbe negativa. Ma è un fattore negativo? Possiamo rispondere a questa domanda con questo grafico degli anni '70. Mostra i rendimenti decennali, corretti per l'inflazione, durante la stagflazione degli anni '70.

Gli anni '70 sono stati terribili per le azioni

Le politiche macroeconomiche inflazionistiche dopo gli anni '60 hanno danneggiato i rendimenti

Fonte: Edward Harrison, Bloomberg


La scorsa settimana ho scritto che la performance in calo era una conseguenza delle politiche macroeconomiche inflazionistiche degli anni '60, quando la guerra in Vietnam e i programmi della Great Society non furono compensati da una politica monetaria più restrittiva. Ma le politiche di Donald Trump sono probabilmente ancora più inflazionistiche, dati i deficit statunitensi in forte crescita. La pressione sui prezzi dovuta ai dazi potrebbe, come lo shock petrolifero del 1973, disancorare definitivamente le aspettative di inflazione. Inoltre, come spesso afferma Powell, un contesto sano per la crescita dell'occupazione include prezzi stabili.

Naturalmente, se l'indice dei prezzi al consumo (IPC) della prossima settimana sarà positivo (12 agosto), ciò potrebbe ridurre la necessità di mantenere la calma. Ma contenere l'inflazione sopra il 3% ed evitare che si consolidi è il compito principale della Fed.

Arthur Burns ci ha mostrato l'alternativa

Se i dati sull'inflazione fossero negativi e la Fed tagliasse comunque i tassi, gli investitori probabilmente aumenterebbero l'assunzione di rischi e allo stesso tempo richiederebbero un premio più elevato per acquistare titoli del Tesoro a lunga scadenza. L'economia potrebbe risollevarsi, ma lo stesso accadrebbe per l'inflazione, vanificando qualsiasi spinta. Questo è ciò che accadde per gran parte degli anni '70, quando la Fed aumentò i tassi, ma non abbastanza da tenere sotto controllo l'inflazione.

La Fed aumentò i tassi per combattere l'inflazione negli anni '60 e '70

Non fu sufficiente a impedire all'inflazione di aumentare ulteriormente

Fonte: Bloomberg


L'impatto negativo sulle azioni fu terribile durante le terribili recessioni di quel periodo. Ma anche durante le fasi di ripresa che si verificarono, l'inflazione distrusse i rendimenti, producendo il grafico sopra con una performance profondamente negativa per un decennio.

Rischiamo ora uno scenario del genere. I mercati sono pronti per un taglio dei tassi. Il primo taglio è scontato per oltre l'80% per la riunione della Fed del mese prossimo. Ma questo potrebbe essere il risultato peggiore sia per le azioni che per le obbligazioni. L'ultima esperienza con la stagflazione ci insegna che i tagli dei tassi che sembrano positivi nel breve termine si ripercuotono negativamente sul lungo termine.

Le cose che oggi tengo sotto strettissima osservazione.

  • Le tasse d'importazione del 50% sui prodotti indiani e quelle del 39% sulla Svizzera non sono ancora state pubblicate. Se dovessero essere applicate, significherebbe ulteriore inflazione.

  • Gli indicatori del sentiment potrebbero essere in rosso. Ma il mercato azionario ha comunque registrato un rialzo in seguito alle notizie su India e Svizzera. Solo il dollaro e i rendimenti obbligazionari hanno subito un duro colpo.

  • La forte crescita degli utili delle azioni tecnologiche a grande capitalizzazione è una delle ragioni. Trump ha pubblicizzato che Apple, ad esempio, stava investendo miliardi in più negli Stati Uniti. Il titolo è schizzato alle stelle.

  • La morale della favola: le azioni salgono finché l'economia è in espansione, anche durante periodi di maggiore inflazione. Ma le perdite dovute alla recessione sono più gravi quando le azioni sono sopravvalutate o l'inflazione è elevata.

Per completare il lavoro di oggi, siamo costretti a ritornare su Donald Trump: è lui stesso, il biondo Donald, a costringerci ad occuparci di lui, vista la veemente, insistita e forse disperata volontà di occupare, con un vero e proprio bombardamento di dichiarazioni strillate, minacce reiterate, insulti in varie direzioni, promesse (realizzabili?) e previsioni (affidabili?), ogni possibile spazio sui social, sui media, in TV ed in radio.

Scegliamo, per chiudere il nostro Post, un articolo firmato da due membri della amministrazione precedente (Biden): e quindi, due avversari politici di Trump.

Scegliamo questa analisi, perché anche una volta scontato il “pregiudizio politico” dei due autori (che voi lettori di Recce’d sarete bravissimi ad individuare e scartare), rimane una analisi di qualità, che mette in grande evidenza i legami, che noi di Recce’d giudichiamo molto stretti, tra la situazione che noi investitori affrontiamo oggi, e quella che tutti gli investitori furono costretti ad affrontare tra il 1970 ed il 1990.

Ripetiamo ancora una volta: Recce’d NON condivide tutto, dell’articolo che segue. Un esempio evidente e concreto riguarda le tariffe, che sono centrali nel ragionamento fatto dai due autori, e che per noi (come ben sanno i nostri lettori) contano nulla, nella pratica e soprattutto per i mercati finanziari.

Ma anche in questo caso ciò che è importante è il modo di leggere i fatti ed il lavoro di analisi sottostante. Abbiamo detto degli anni 1970-1990: chi era allora investito sui mercati finanziari, non dimenticherà mai. Recce’d con voi ne ha già parlato: e saremo costretti (dai fatti) a parlarne ancora, ed ancora …

Fatevelo raccontare: vi sarà estremamente utile, per ciò che oggi, domani e nei prossimi venti anni siete costretti ad affrontare. Cercando sia di proteggere sia di guadagnare attraverso l’investimento del vostro risparmio.

Di Jared Bernstein e Ryan Cummings

Il signor Bernstein è stato presidente del Consiglio dei Consulenti Economici del Presidente Joe Biden dal 2023 al 2025. Il signor Cummings ha ricoperto il ruolo di economista nel Consiglio dal 2021 al 2023.

Da quando il Presidente Trump è entrato in carica, gli economisti hanno atteso che le sue politiche si facessero strada nell'economia statunitense e ne rivelassero le conseguenze. I dati soft, per lo più sondaggi condotti su consumatori e imprese che monitorano le opinioni delle persone sull'economia, sono calati drasticamente mesi fa, mentre i dati hard – occupazione, crescita del PIL, inflazione – sembravano tutti a posto. Ma di recente, è emersa una serie significativa di dati economici hard che hanno giustamente fatto scattare l'allarme sul rallentamento della crescita e sull'aumento dell'inflazione, una temuta combinazione economica nota come stagflazione.

I dazi di Trump stanno ora chiaramente alimentando l'inflazione, in particolare su beni come elettrodomestici, automobili e prodotti alimentari. Nei primi sei mesi dell'anno, la spesa al consumo reale (ovvero corretta per l'inflazione), il principale motore dei cicli economici e di una robusta espansione economica, è cresciuta a malapena, dopo essere aumentata del 3% lo scorso anno. La crescita del PIL ha rallentato di circa la metà, all'1,2% quest'anno dal 2,5% dell'anno scorso. Quando la crescita complessiva cala così bruscamente, il mercato del lavoro tende a seguire la stessa tendenza, ed è esattamente ciò che è accaduto: la crescita dell'occupazione, con una media di 35.000 posti di lavoro al mese tra maggio e luglio, è pericolosamente vicina alla fase di stallo.

Mentre i presidenti si attribuiscono sempre il merito delle buone notizie economiche e cercano di sviare quelle cattive (nel caso di questo presidente, licenziando il messaggero che le ha portate), è spesso difficile collegare ciò che sta accadendo nell'economia all'attuale amministrazione. Non questa volta. Che si tratti di dazi storicamente elevati che non sembrano mai stabilizzarsi, di deportazioni che minacciano di compromettere seriamente l'offerta di lavoro in settori come l'edilizia e la sanità, o di una legge alla rovescia, rovinosa per il bilancio, che sottrae denaro a chi ha maggiori probabilità di spenderlo, le politiche di Trump hanno spinto l'incertezza economica a livelli mai visti prima dall'inizio della pandemia. Questa incertezza ha frenato investimenti, assunzioni e consumi, mentre i dazi aumentano i prezzi. In altre parole: stagflazione.

Per molti adulti americani, lo spettro della stagflazione può evocare ricordi degli anni '70. Ma se la stagflazione di Trump continua a crescere, sarà diversa per un aspetto molto importante: il danno economico sarà quasi interamente autoinflitto. Negli anni '70, la stagflazione non fu causata da un presidente senza vincoli, ma da "shock esogeni", ovvero grandi e inaspettati sconvolgimenti originati da eventi esterni al Paese ed esacerbati dall'inazione della Federal Reserve nel compensarli.

Il più grande e famoso di questi shock ha riguardato il mercato petrolifero. A causa dell'embargo petrolifero imposto dall'Organizzazione dei Paesi Arabi Esportatori di Petrolio agli Stati Uniti nel 1973 e della Rivoluzione iraniana del 1979, il prezzo del petrolio è più che decuplicato. Di conseguenza, nel 1980, gli Stati Uniti spendevano in petrolio circa sei volte di più rispetto al 1970. Questo cambiamento si è riverberato in tutta l'economia e ha portato l'inflazione a un picco di quasi il 15% entro la fine del decennio.

In quella che è ormai una famosa storia dell'orrore di una politica monetaria andata male, la Fed non solo non è riuscita a rispondere alle crescenti pressioni inflazionistiche degli anni '70, ma le ha attivamente aggravate. La ragione era in parte politica: Arthur Burns cedette alle pressioni della Casa Bianca di Nixon affinché ignorasse le preoccupazioni sull'aumento dell'inflazione e mantenesse bassi i tassi di interesse per contenere la disoccupazione. (Vi suona familiare?) La conseguente crisi di stagflazione terminò solo quando il nuovo presidente della Fed, Paul Volcker, aumentò i tassi a quasi il 20% nel 1980, provocando una profonda e dolorosa recessione.


Naturalmente, la stagflazione degli anni '70 generò tassi di inflazione e disoccupazione molto più elevati di quelli attuali. All'epoca, entrambi i tassi raggiunsero le doppie cifre, mentre oggi sono relativamente bassi, con la disoccupazione al 4,2% e l'inflazione al 2,7%. Anche i fattori sottostanti che determinarono la stagflazione erano diversi. Oggi non ci sono shock esogeni paragonabili alla carenza di petrolio. (Il prezzo del petrolio è relativamente basso, sebbene si preveda che gli attacchi di Trump alla produzione di energia pulita nel mezzo di un boom della domanda di energia alimentato dall'intelligenza artificiale si tradurranno in un aumento dei prezzi dell'elettricità per molti americani.)

E fortunatamente, la Fed di oggi sta applicando attivamente gli insegnamenti appresi dall'era Volcker. Sebbene Trump insista costantemente con Jerome Powell affinché abbassi aggressivamente i tassi di interesse – chiedendo un taglio inaudito e sconsiderato di 3 punti percentuali – Powell e gli altri membri del consiglio direttivo della Fed hanno esplicitamente sottolineato e implicitamente mantenuto la loro indipendenza; le loro decisioni sono guidate dai dati, non dalla politica. A differenza delle loro controparti degli anni '70, sono anche pienamente consapevoli dell'importanza di garantire che consumatori e imprese si fidino dell'impegno della banca centrale nel riportare l'inflazione al suo obiettivo del 2% e mantenerla lì.

Anche in questo caso, Trump sta causando i suoi problemi, in due modi. In primo luogo, se le aziende che contribuiscono a stabilire i prezzi o a decidere i salari iniziano a credere che la Fed stia cedendo alle incessanti pressioni di Trump, aumenteranno i prezzi in previsione di un'inflazione più elevata e a lungo termine. Ciò costringerà la Fed a reagire con tassi più elevati per ripristinare e mantenere il suo obiettivo di inflazione. In secondo luogo, la combinazione di tassi di interesse più elevati – che si traducono in tassi più elevati su mutui, carte di credito e prestiti auto – e prezzi più elevati non farà che aggravare la principale lamentela degli americani sull'economia attuale: il costo della vita.

Ironicamente, il fatto che l'attuale stagflazione incipiente porti l'impronta di Trump è una buona notizia. L'assenza di shock esogeni e l'esistenza di una banca centrale altamente competente ci suggeriscono che la sua agenda politica distruttiva potrebbe essere invertita, sebbene il tempo stia per scadere.

Se Trump dichiarasse vittoria e ponesse fine alla sua guerra commerciale, le prospettive di stagflazione diminuirebbero significativamente. Consumatori e lavoratori vedrebbero rapidamente migliorare le loro prospettive. Ma, semmai, Trump sembra raddoppiare gli sforzi.

Sia nelle cause che nei sintomi, quella che stiamo vivendo non è la stagflazione “di vostro padre”. Con Trump al comando, c'è una probabilità spiacevolmente alta che sia “la vostra”, ovvero una cosa del tutto nuova e più dolorosa che in passato.

Valter Buffo