Chiodo scaccia chiodo. Follia scaccia follia.
 

La peggiore settimana dal 2023 per la Borsa di New York. Si chiudono due anni di isteria collettiva.

Alla Borsa che guida tutte le Borse del Mondo.

Che cosa sta succedendo, oggi?

Il Presidente americano Trump, lui ha capito. Ed ha anche agito di conseguenza.

Prima di voi, ha capito.

Prima di Goldman Sachs, di UBS, di JP Morgan e di Blackrock. E quindi di Mediolanum, di Fineco, di Fideuram, dell’esercito dei promotori finnziari pagati con le retrocessioni sui Fondi Comuni e le GPM.

Trump ha capito: ed ha anche deciso che a lui, il Presidente, importa nnulla delle JP Morgan, delle Goldman Sachs, delle varie UBS del Pianeta.

Perché lui, Trump, ha ben compreso che le Fideuram e le Fineco, le Mediolanum e le Generali e le Allianz, hanno perso il contatto con la realtà.

Ma pure, hanno del tutto perso il controllo del loro stesso business.

Sono il passato.

Sta scritto qui sotto nell’immagine.

Il messaggio, forte e chiaro, è stato lanciato: l’avviso ai naviganti.

Dallo stesso Trump, e poi anche dal suo Ministro del Tesoro, Scott Bessent, due giorni fa.

Bessent ha detto di piantarla di correre dietro alle stupidaggini che scrivono le banche di investimento, e che poi ripetono i financial advisor ed i promotori finanziari.

Guardate alla realtà ed all’economia reale, ha detto Bessent. Prendendo a prestito uno degli slogan utilizzato ogni giorno da noi in Recce’d, come sapete.

Il Segretario al Tesoro Scott Bessent ha detto giovedì che l'amministrazione Trump è più concentrata sulla salute a lungo termine dell'economia e dei mercati e non sulle oscillazioni a breve termine.

"Siamo concentrati sull'economia reale. Possiamo creare un ambiente in cui ci siano guadagni a lungo termine nel mercato e guadagni a lungo termine per il popolo americano?" ha detto Bessent su "Squawk on the Street" della CNBC. "Non mi preoccupa un po' di volatilità in tre settimane".

I commenti arrivano con i mercati in uno stato di agitazione incentrato in gran parte sulle mosse quasi quotidiane del Presidente Donald Trump sui dazi contro i principali partner commerciali degli Stati Uniti come Canada, Messico e Cina. Le principali medie si sono spostate verso il territorio di correzione, poiché il Dow Jones Industrial Average ha perso oltre il 7% nell'ultimo mese.

Mentre Bessent ha affermato che l'amministrazione è attenta ai movimenti del mercato, ha previsto che sia l'economia reale che i mercati prospereranno nel tempo.

"Il motivo per cui le azioni sono un investimento sicuro e ottimo è perché si guarda al lungo termine. Se si inizia a guardare a micro orizzonti, le azioni diventano molto rischiose. Quindi ci concentriamo sul medio e lungo termine", ha detto nell'intervista con Sara Eisen della CNBC. "Posso dirvi che se mettiamo in atto politiche adeguate, getteremo le basi sia per guadagni di reddito reale che per guadagni di posti di lavoro e guadagni di asset finanziari stabili e continui".

Le azioni sono state di nuovo volatili nelle contrattazioni mattutine, con le medie intorno a 0,000 mentre Bessent parlava.

In mattinata, il Bureau of Labor Statistics ha riferito che l'inflazione all'ingrosso è rimasta invariata a febbraio, ben al di sotto delle aspettative di Wall Street per un aumento dello 0,3%. Ciò ha fatto seguito a un rapporto di mercoledì che indicava che anche il tasso dei prezzi al consumo era sceso, fornendo una buona notizia tra le preoccupazioni che i dazi di Trump avrebbero aggravato l'inflazione.

"Forse l'inflazione sta prendendo il controllo e il mercato avrà un po' di fiducia in questo", ha detto Bessent.

Quindi, nel 2025, Trump e la sua Amministrazione hanno copiato la linea che da sempre noi di Recce’d mettiamo in pratica nei nostri portafogli modello per i Clienti.

In questo Post, noi vogliamo spiegare al lettore del sito il perché. Come si è arrivati a questo.

La spiegazione più sintetica, e semplice, la leggete nell’immagine qui sotto:

“… proprio come per un’Azienda privata, queste sono perdite”.

E’ proprio così. Semplicemente, è così. Davvero tanto semplice: ma lo capito soltanto Donald J. Trump.

Potremmo fermarci qui. Ma non lo facciamo: faremo ancora uno sforzo, per aiutare i nostri lettori.

Come sapete, solo fino a qualche settimana fa, parlare di debito era “vietato”: chiunque chiamasse in causa il debito, chiunque dicesse che gli Stati Uniti sono già oggi in una grave crisi, veniva subito zittito, ed accusato di “pessimismo” e di “catastrofismo”. Veniva tacciato di “cercare di mettersi in vista andando controcorrente”.

Persino il Corriere della Sera, non più tardi di qualche mese fa, scrisse che “chi assume atteggiamenti pessimisti lo fa soltanto per interesse proprio”, nel senso che detiene nei portafogli posizioni SHORT.

Poi, improvviso, il cambiamento di rotta. A 180 gradi. Oggi, persino il Corriere della Sera scrive che negli Stati Uniti c’è un problema di debito.

Lo scrive Ferruccio de Bortoli, lo scrive Federico Rampini, lo scrive Federico Fubini

Ora, tornate a inizio anno 2025. Nessuno di questi signori scriveva di debito. Anzi, proprio non importava … un bel tubo di nulla.

Tornate anche a fine 2024: gli outlook delle banche internazionali. C’era qualcuno che richiamasse la vostra attenzione sul debito? Anche solo 30 giorni fa? Metà febbraio? Uno solo tra i soliti nomi?

Non JP Morgan.

Non UBS

Non BNP Paribas

Non Morgan Stanley

Non Bank of America

Non Goldman Sachs

Non Barclays.

Non Mizuno.

L’elenco potrebbe continuare.

Potremmo aggiungere ovviamente Fideuram, e Mediolanum, e Fineco, e Banca Generali. Anche Allianz e decine di altre Reti di promotori finanziari, che a voi vendono le GPM, le polizze, i certificati ed ovviamente i Fondi Comuni al 3% di commissioni annue (se va bene).

Nessuno, insomma, tra questi “massimi esperti dei mercati internazionali” anche se il Corriere della Sera li intervista sempre: come se ne sapessereo qualche cosa di più.

Non sanno nulla: devono solo vendere.

Vi ricordate questi nomi? Sono quelli della “inflazione transitoria 2021”. I medesimi nomi, e le medesime logiche: “negare, negare, negare anche di fronte ai dati di fatto”.

Donald J. Trump quindi se la è capita da solo, la situazione.

Proprio lui: l’uomo che è l’emblema di tutto ciò che è “erratico”, “non consequenziale”, “casuale”, persino “pazzo”, “folle”.

E’ chiaro: c'i vuole solo un pazzo, per scacciare gli altri “pazzi”, quelli che la massa ed il pubblico fino all’altro ieri giudicavano “normali”. Ed anzi, “infinitamente affidabili”: non erratici, conseguenziali, saggi, e capaci di prevedere il futuro. Almeno fino alla “inflazione transitoria”.

Tutti quelli che ci hanno messo sulle spalle (e sulle spalle delle future generazioni) il peso di questo disastro finanziario. Bernancke, Draghi. Yellen, Lagarde, Powell.

In questo Post, noi di Recce’d spieghiamo al lettore che cosa ha capito Donald J. Trump..

L’immagine sopra spiega perché “la crisi del debito è la più grande crisi a cui nessuno presta attenzione.”

Prestava. Oggi tutti prestano attenzione.


La Federal Reserve, insistendo da anni sul “soft landing” (per ragioni di sua, non vostra, convenienza) è stata costretta a negare l’esistenza di questa crisi, come leggete sopra.

Dove si dice che “la recessione potrebbe essere la sola via di uscita”.


Da qui la domanda: l’Amministrazione Trump oggi vuole una recessione?

Risparmierebbe sugli interessi da pagare ai creditori dello Stato.


I tagli annunciati dal DOGE con una enorme fanfara sui social e sui media sono finalizzati a ridurre le spese dello Stato.

Ma potrebbero anche provocare la recessione, come si dice sopra.

Ma potrebbe anche non essere così semplice.

Sarà utile tenere a mente che, durante una recessione:

  • aumentano le spese dello Stato

  • mentre diminuiscono le entrate dello Stato

La medesima cosa si può affermare per i prezzi dell’energia, presi di mira da Donald J. Trump.

L’inflazione in Occidente oggi dipende dai costi dell’energia?

A nostro giudizio, per niente.

Non è soltanto nostra, questa opinione: è condivisa anche da molti altri osservatori ed analisti, che si basano sui dati e non sulle dichiarazioni della Federal Reserve.


Ed è a questo punto che entra in gioco il mercato di Borsa.

mercato al quale, dice Trump, oggi la Amministrazione non presta la benché minima attenzione.


L’analista, ma pure l’investitore, deve prendere buona nota del fatto che i recenti cambiamenti di scenario sono stati molto rapidi e molto ampi, come si dice qui sotto.

Sui mercati finanziari, va da sempre così: prima niente-niente, poi tutto all’improvviso.

Soltanto chi ha capacità e competenze per gestire questo tipo di andamento oggi può gestire con successo i risparmi e gli investimenti finanziari.

Si tratta di un cambiamento duraturo?

Per rispondere, Recce’d a voi suggerisce di seguire una sola variabile: la spesa per interessi dello Stato americano e degli Stati in Europa.

Sarà possibile sostenerla, quella spesa?

Il problema è aggravato dalle scelte, rischiosissime e potenzialmente disastrose, messe in pratica da Janet Yellen, ed ampiamente commentate mesi fa proprio qui nel Blog di Recce’d, sulle scadenze del debito degli Stati Uniti.

Allora, mesi fa, eravamo gli unici a metterle in evidenza.

E questo ha fatto il bene dei nostri Clienti.

Adesso, a mesi di distanza, il tema incendia anche i social ed i “fenomeni” del web.

I quali non ne capivano nulla già allora.

E continuano a non capire anche oggi.

Inevitabilmente serve ad ogni investitore una previsione per la recessione: quanto è probabile?

Per rispondere, serve l’analisi. Un lavoro di analisi. tanta analisi. Con metodo. Con competenze,. Con dati aggiornati ogni giorno.

Il dato certo, il punto fermo, è che tutto è cambiato in tre settimane.

Come ha commentato El Erian, abbiamo assistito ad una svolta a 180 gradi, come leggete nell’immagine qui sotto.


I mercati finanziari hanno assistito a un cambiamento radicale che sta capovolgendo le consensual trade che hanno dominato fino all'inizio di febbraio di quest'anno.

I cali delle azioni statunitensi e la loro sottoperformance rispetto ad altri paesi riflettono un notevole cambiamento nelle opinioni degli investitori sulle prospettive economiche per America ed Europa, e in misura minore per la Cina. Ciò che è meno chiaro è se il mix risultante di tutto ciò sia favorevole o sfavorevole nel lungo termine. E questo è molto importante per il benessere globale, l'inflazione e la stabilità finanziaria.

Tre fattori chiave sostengono la recente svolta di 180 gradi nelle opinioni consensuali su azioni, obbligazioni e valute: crescenti preoccupazioni per l'economia statunitense;

  1. un potenziale "momento Sputnik" in Europa guidato da un possibile cambiamento in Germania sulla politica fiscale e sui finanziamenti europei; e accenni a una risposta politica più determinata da parte della Cina.

  2. La fiducia nell'eccezionalismo americano è stata erosa non solo con il calo delle azioni statunitensi, ma anche con il calo dei rendimenti obbligazionari a causa delle preoccupazioni sulla crescita e dell'indebolimento del dollaro. Dopo aver affrontato un sentore di stagflazione, i mercati stanno soffrendo un buon vecchio spavento di crescita a causa di un significativo attacco di volatilità politica degli Stati Uniti.

  3. Le incertezze associate alle tariffe a intermittenza sui principali partner commerciali e alleati degli Stati Uniti come Canada e Messico sono state aggravate dalla preoccupazione per l'impatto sull'occupazione e sul reddito dei tagli in corso al settore pubblico.

I funzionari del governo degli Stati Uniti sostengono che queste "perturbazioni" sono piccole e dovrebbero essere viste come parte di un viaggio accidentato verso una destinazione molto migliore: una di commercio internazionale più equo, grande efficienza del settore pubblico, ridotto predominio fiscale e lo scatenamento di un'imprenditorialità e attività del settore privato più potenti.

In effetti, secondo loro, è solo questione di tempo prima che il viaggio stesso migliori grazie a prezzi energetici più bassi, tagli fiscali e significativa deregolamentazione. La preoccupazione è che il viaggio accidentato possa portare a una destinazione diversa e meno favorevole.

  1. La recente ondata di imprevedibilità degli USA rischia di privare gli USA di uno dei suoi importanti e distintivi "vantaggi": la fiducia degli investitori a lungo termine nel quadro politico e nel processo decisionale. La politica degli USA è anche responsabile del repentino cambiamento di opinione dei mercati sull'Europa, che ora vede finalmente il potenziale per un drammatico cambiamento di politica economica.

  2. Scossa dal trattamento riservato dall'America alle alleanze di sicurezza di lunga data e dal cambiamento della sua politica sull'Ucraina, la Germania sta improvvisamente contemplando un allentamento dei suoi vincoli fiscali di lunga data. Ciò potrebbe tradursi in una maggiore spesa per la difesa, maggiori investimenti infrastrutturali e maggiori finanziamenti regionali.

  3. Nel frattempo, la Cina sta segnalando un passaggio verso un mix più potente di stimoli e riforme. I mercati lo considerano essenziale per contrastare la crescente minaccia della giapponesizzazione dell'economia cinese, evidenziata nuovamente nei dati di domenica con prezzi al consumo e alla produzione in calo a febbraio.

Sulla carta, questa confluenza di fattori presenta due possibili scenari di convergenza tra ciò che in precedenza era il buono (Stati Uniti), il cattivo (Cina) e il brutto (Europa) dell'economia globale.

  • La visione ottimistica prevede una convergenza verso l'alto della crescita globale, con Europa e Cina che accelerano per avvicinarsi alle prestazioni finora eccezionali dell'economia statunitense. Ciò si tradurrebbe in un livello complessivo più elevato di crescita globale poiché una decelerazione statunitense a breve termine è più che compensata dalla ripresa in Cina e Germania.

  • La prospettiva più pessimistica sarebbe una convergenza verso il basso caratterizzata da stagflazione. Questo scenario sarebbe dovuto ai ritardi nell'attuazione delle politiche della Germania; alla continua lotta della Cina per bilanciare stimoli e riforme; e a un'economia statunitense che decelera verso una velocità di stallo tra bassa fiducia dei consumatori, insicurezza lavorativa, un approccio attendista aziendale sugli investimenti e le pressioni stagflazionistiche dei dazi.

Sebbene non sia ancora chiaro quale strada prenderà l'economia globale, i livelli dei prezzi assoluti e relativi nei mercati suggeriscono aspettative leggermente più orientate verso una convergenza favorevole nel lungo termine. Ciò implica la convinzione nella capacità dell'Europa di superare la sua inerzia fiscale, nella capacità della Cina di superare le sue sfide politiche e nella resilienza dell'economia statunitense nonostante le sue attuali perturbazioni. La scommessa è che l'economia globale probabilmente riuscirà ancora a sfuggire alle grinfie della stagflazione e a raggiungere una traiettoria di crescita più equilibrata e sostenibile.

Dovremmo tutti sperare che sia giusto.

Come avete letto, l’unica certezza che noi investitori oggi abbiamo, è la volatilità.

Noi di Recce’d, già mesi fa, abbiamo approfondito: ed abbiamo spiegato ai nostri lettori che non si tratta di semplice volatilità, bensì di un generale re-pricing di tuti gli asset finanziari.

Un detox necessario, per disintossicare i mercati dal doping delle Banche Centrali e dalla droga della spesa pubblica, droga per cui dobbiamo ringraziare Bernanke e Draghi, e Yellen e Powwell e Lagarde.

Nel marzo, aprile, maggio, giugno del 2025, i gestori vincenti sono quelli che (come Recce’d) hanno da anni buttato via tutti i metodi e gli strumenti tradizionali per la gestione degli investimenti, e che oggi sono quindi in grado di fare grandi guadagni per i propri Clienti gestendo la Nuova Era ed il cambio di paradigma.

Proprio come Recce’d mise in pratica, ad esempio, nel 2020.

Ora chiudiamo il Post facendovi leggere i suggerimenti operativi di altri gestori.

I nostri, come sempre, li potete conoscere scrivendoci alla pagina CONTATTI del nostro sito.

L'autore è fondatore e amministratore delegato del gestore patrimoniale Capstone Investment Advisors

Era solo questione di tempo prima che segnali contrastanti sulla politica negli Stati Uniti si traducessero in una maggiore volatilità.

Quando i dazi commerciali sono accesi, poi spenti, poi di nuovo accesi, ad esempio, i mercati devono adattarsi alla strana realtà in cui viviamo. Il Vix, un indicatore delle aspettative degli investitori sulla volatilità dell'indice S&P, è aumentato notevolmente da metà febbraio. Dati i rischi di uno smantellamento sistematico della fiducia tra le nazioni, la volatilità dell'indice potrebbe essere aumentata ancora di più. Alcuni partecipanti al mercato attivi nel trading della volatilità hanno previsto da tempo un simile cambiamento, in particolare dato che la dispersione dei singoli movimenti azionari, il lato oscuro nascosto della volatilità dell'indice, si stava intensificando.

La performance delle Magnifiche Sette società tecnologiche che dominano il mercato azionario statunitense e di altre grandi aziende aveva mascherato una divergenza più ampia tra i titoli.

L'amministrazione del presidente Donald Trump potrebbe essere una buona cosa per gli asset a lungo termine e una buona cosa per la crescita agli occhi di molti partecipanti al mercato. Ma non possiamo ignorare che la volatilità delle singole azioni, in funzione del rischio idiosincratico, è in costante aumento rispetto alla volatilità dell'indice. Non è solo il contenuto dei recenti ordini esecutivi della Casa Bianca a creare oscillazioni più ampie, o i sospetti più comunemente citati, come il conflitto geopolitico, l'inflazione e l'interruzione della catena di fornitura. L'imprevedibilità deriva in parte dal modo in cui vengono comunicate le decisioni politiche. Non ho dubbi che l'avvento di piattaforme di social media come Truth Social e X sia una considerazione significativa nel modo in cui gli investitori affrontano la ricerca. Non da ultimo ora, quando le decisioni vengono comunicate più frequentemente tramite questi canali.

La tendenza di Trump a commentare settori, aziende, eventi e azioni specifici di altri stati nazionali è una forza trainante per il sentiment degli investitori. Ciò che si ricava dalle sue opinioni altera il corso del destino di determinati settori, in particolare quelli più esposti al sostegno governativo sotto forma di sussidi o vantaggi fiscali, come l'energia rinnovabile. E una maggiore incertezza, e quindi dispersione, non è solo una questione di comunicazione. Ci sono alcune questioni fondamentali. Prendiamo ad esempio i veicoli elettrici. C'è una chiara tensione tra l'obiettivo dichiarato di Trump di ricostituire la tradizionale industria automobilistica americana e gli interessi di Tesla, la più grande azienda automobilistica per capitalizzazione di mercato. Ciò che potrebbe essere positivo per Tesla potrebbe non esserlo per le case automobilistiche tradizionali e viceversa. Inoltre, Elon Musk, l'uomo che gestisce questa azienda, ha anche il compito di ridurre drasticamente la spesa pubblica e sembra avere l'orecchio del presidente.

Allo stesso modo, l'intelligenza artificiale è stata una delle favorite del mercato negli ultimi due anni, ma gli investitori devono ancora fare i conti con le sue implicazioni per il mercato del lavoro. Come risponderanno gli elettori se i tagli di posti di lavoro dovuti all'automazione dell'intelligenza artificiale aumenteranno in modo significativo? E come risponderà Trump a queste preoccupazioni, soprattutto se espresse da persone che hanno votato repubblicano nel 2024?

Queste domande potrebbero dover trovare risposta prima di quanto gli investitori pensino.

E che dire di sanità, edilizia e trasformazione alimentare? Questi settori potrebbero avere difficoltà a trovare lavoratori se vengono emanate politiche per limitare il lavoro dei migranti. Se la forza lavoro in quei settori si contrae, i prezzi per i servizi sanitari, gli alloggi e il cibo potrebbero aumentare, danneggiando le tasche dei consumatori. L'amministrazione dovrà quindi fare delle difficili scelte politiche che avranno dei vincitori e dei perdenti chiari. Per gli investitori, la dispersione vorticosa sotto l'S&P 500 è significativa anche per altri motivi.

Il fatto che le direttive politiche essenziali siano presentate sui social media senza essere prima seguite dai media tradizionali significa che per superare la tendenza del mercato, o alfa, è necessario monitorare i feed personali del presidente e di alcuni dei suoi confidenti. I dati devono essere raccolti in un modo diverso, da fonti discrete che sono difficili da standardizzare. La crescente importanza della dispersione sui rendimenti ha anche le sue ripercussioni sulla costruzione del portafoglio.

Gli investitori dovrebbero prendere nota dei rischi nascosti associati all'eccessiva dipendenza e all'esposizione a particolari categorie di azioni. Le azioni sensibili alle tariffe sono la punta di una gamma sempre più ampia di categorie di settori estremamente sensibili al cambiamento delle politiche. E, mentre ci saranno molte aziende di successo con la testa fuori dall'acqua, il profondo torpore nelle correnti sotterranee degli indici viene ignorato a rischio.

Valter Buffo
Paradigm shift: la Nuova Era e come gestirla
 

La settimana scorsa, in questo Blog, Recce’d pubblicava due Post.

Il primo dei due Post anticipava ai lettori alcune delle cose che oggi approfondiremo, e che trovate sulle prime pagine dei quotidiani, dei settimanali, e dei TG.

Il secondo dei due Post di fatto si occupava del medesimo tema, ma lo affrontava da una diversa angolazione, ovvero quella geopolitica.

Una settimana prima avevamo offerto gratuitamente a tutti i lettori una serie di pratici suggerimenti per la gestione del proprio risparmio e del proprio portafoglio titoli (inclusi i BTp, ovviamente). Particolarmente azzeccati, alla luce dei fatti delle ultime due settimane.


Recce’d peraltro, aveva con ampio anticipo messo in evidenza, attraverso una serie di Post, il tema del debito come tema determinante, per tutte le performances nel 2025 e negli anni a venire. E lo potete leggere qui:

  1. già il 30 novembre scorso, noi di Recce’d abbiamo anticipato gratuitamente a tutti i lettori il tema di investimento che oggi è centrale;

  2. il 7dicembre Recce’d in un Longform’d spiegava nel dettaglio il perché oggi per un investitore tutta intera l’America è una gigantesca bolla

  3. il 14 dicembre il nostro Post ha anticipato alcuni aspetti del tema che ritrovate oggi nel nuovo Post che state leggendo; tema che è diventato adesso, anche per la Amministrazione Trump il tema centrale

  4. il 21 dicembre abbiamo fornito attraverso il nostro Post concrete indicazioni su come importare la strategia di gestione del portafoglio per il 2025, ordinando per importanza i fattori decisivi

  5. il 28 dicembre il nostro Post abbiamo offerto a tutti i lettori il nostro classico “reality check” aggiornato alla fine del 2024 alla luce dei dati e dei fatti che commentiamo in questo Post

  6. il 31 dicembre (Longform’d) abbiamo spiegato per quale ragione … ne è valsa la pena, di aspettare il 2025

  7. ed il giorno 1 gennaio 2025 il nostro Post ha illustrato il grande lascito del 2024 per tutti noi investitori

Va riconosciuto che Trump stesso aveva illustrato chiaramente le sue intenzioni a fine gennaio.

Trump è un uomo che capisce poco di finanza, e quasi nulla di economia, ma ha un intuito potente, ed è scaltro: ha capito alla perfezione (e ben prima delle Elezioni) che il problema da affrontare, il rischio che potrebbe mettere lui e la sua Amministrazione in ginocchio, è uno ed uno solo, e va affrontato subito ed a qualsiasi costo.

Trump lo ha capito, molto prima di Goldman Sachs, JP Morgan, Morgan Stanley, UBS, BNP Paribas, Blackrock ed Amundi. Molto prima dei financial advisor, dei wealth managers, dei “consulenti pagati a retrocessioni”, dei promotori finanziari. E molto, molto prima del mondo dei social, delle chat, dei siti di trading-on-line.

Poi la di recente il Ministro del Tesoro americano ha confermato tutto.

Già a fine gennaio, e non solo per noi, era chiaro che si trattava di una scelta deliberata.

E pensate, che … persino il pubblico dei social di recente se ne è reso conto. Dopo una forte sbronza, qualcuno ha recuperato parte della lucidità.

La settimana scorsa, poi, lo stesso Presidente americano ha rafforzato il messaggio a tutti gli investitori: dichiarando quindi il suo obbiettivo.

Obbiettivo confermato a distanza di ore anche dal (potente) Ministro del Commercio estero americano.


Per renderci utili ai nostri lettori, dal punto di vista pratico, noi ora mettiamo da parte la politica, e ci concentriamo sui mercati finanziari: ma oggi, il nostro sguardo si concentra sulle Borse.

Quali sono, le prospettive degli investimenti azionari, in questa nuova Era?

Abbiamo scelto di selezionare, e tradurre per i lettori del Blog un’analisi di queste novità: per una ragione specifica, abbiamo scelto le analisi ed i ragionamenti di uno dei più noti analisti tra quelli che spingono (anche contro ogni ragione e buon senso) la Borsa al rialzo sempre e comunque.

Abbiamo scelto, quindi, di proporvi in lettura l’analisi di un notissimo personaggio, Ed Yardeni, che si colloca molto, molto distante da Recce’d: un promotore della Borsa sempre e comunque, un fan della Borsa (nel senso di “fanatico”) con atteggiamenti che sono vicini a quelli delle curve da stadio.

E che si colloca, da sempre, anche vicino alle posizioni di Donald Trump in materia di economia, e lo ha sostenuto da sempre.

Ma che oggi, persino lui, è costretto a fare un passo indietro: ed in qualche modo, a rielaborare, modificare, correggere e cambiare i toni e la scelta delle parole. Allo scopo di non perdere del tutto la faccia e la credibilità, ed allo stesso tempo però mettere i propri followers di fronte all’evidenza che “i tempi sono cambiati”.

Leggiamo insieme qui sotto.


Di Ed Yardeni ed Eric Wallerstein

Invece di accordi commerciali rapidi, Trump ha innescato una guerra commerciale

Stiamo aumentando le probabilità di una recessione indotta dai dazi dal 20% al 35%.

La raffica di ordini esecutivi, licenziamenti e dazi del presidente Donald Trump ha scosso gli investitori, scosso la fiducia nell'economia statunitense e infiammato i timori di inflazione. Il dolore di queste azioni decisive si sta facendo sentire ora, mentre i benefici delle sue altre politiche sono più lontani.

Di conseguenza, stiamo rivedendo le nostre probabilità soggettive di due delle nostre tre prospettive. Non stiamo cambiando il 55% probabilmente assegnato al nostro scenario di base "Roaring 2020s", ma ora vediamo meno possibilità di uno scenario di crollo/crollo del mercato azionario (10%) e maggiori probabilità di una recessione e di un mercato ribassista (35%).

Non abbiamo dovuto cambiare le nostre probabilità soggettive per i nostri tre scenari economici alternativi per un bel po' di tempo. Potremmo doverlo fare più frequentemente nei prossimi mesi, o addirittura nelle prossime settimane, in reazione alla natura volatile del processo decisionale sotto Trump. Gli spiriti animali iniziali di Trump 2.0 sono stati superati dall'incertezza scatenata dal "Trump Turmoil 2.0".

L'amministrazione è in carica da meno di due mesi. Il turbine di tariffe imposte ai principali partner commerciali dell'America, i tagli al lavoro federali attuati dai ragazzi del "DOGE" e il capovolgimento dell'ordine mondiale sono stati da capogiro.

Abbiamo rimandato il cambiamento delle nostre probabilità perché ci aspettavamo che Trump, il maestro "dell'arte dell'accordo", avrebbe ottenuto un accordo con Canada e Messico che gli avrebbe consentito di dichiarare vittoria e di seppellire la sua minaccia di imporre tariffe del 25% sugli unici due vicini e maggiori partner commerciali dell'America. Infatti, il 28 febbraio, il Segretario al Tesoro degli Stati Uniti Scott Bessent ha affermato che il Messico aveva proposto di adeguarsi alle tariffe di Washington sulla Cina e ha esortato il Canada a fare lo stesso, segnalando un potenziale percorso per Messico e Canada per evitare imposte sulle proprie esportazioni nei prossimi giorni.

"Penso che una proposta molto interessante che il governo messicano ha fatto sia forse quella di adeguarsi agli Stati Uniti sulle nostre tariffe sulla Cina", ha detto Bessent a Bloomberg Television. "Penso che sarebbe un bel gesto se lo facessero anche i canadesi, così in un certo senso potremmo avere una 'Fortezza Nord America' dal flusso di importazioni cinesi".


Ecco una rapida cronologia degli eventi correlati da allora:

1. Lunedì 3 marzo, Trump ha detto che "non c'era spazio per ritardi" e ha implementato i dazi su Canada e Messico il 4 marzo. Trump ha detto che i dazi sono mezzi per diversi fini: costringere i due vicini degli Stati Uniti a intensificare la loro lotta contro il traffico di fentanyl, fermare l'immigrazione illegale, eliminare gli squilibri commerciali delle Americhe e spingere più fabbriche a trasferirsi negli Stati Uniti.

2. Trump aveva già imposto un dazio del 10% sulle importazioni dalla Cina a febbraio. Il tasso è stato raddoppiato al 20% questa settimana. Invece di accordi commerciali rapidi, gli Stati Uniti hanno innescato una guerra commerciale. Il Canada ha imposto dazi di ritorsione agli Stati Uniti martedì. Il Messico annuncerà misure simili questo fine settimana.

3. Il 4 marzo, un portavoce del Ministero degli Esteri a Pechino ha avvertito: "La Cina combatterà fino alla fine di qualsiasi guerra commerciale". La Cina è uno dei maggiori acquirenti di prodotti agricoli statunitensi come pollo, manzo, maiale e soia, e ora tutti questi prodotti saranno soggetti a una tassa del 10%-15%, che entrerà in vigore il 10 marzo. La risposta relativamente limitata di Pechino suggerisce che i cinesi vorrebbero negoziare con gli Stati Uniti sulle questioni commerciali. Pechino non sta intensificando la sua retorica o le tariffe nello stesso modo in cui ha fatto nel 2018, durante l'ultima amministrazione Trump. Allora, ha imposto una tariffa del 25% sulla soia statunitense.

4. Lo scorso fine settimana, l'investitore Warren Buffett ha fatto un raro commento sulle tariffe di Trump, mettendo in guardia sui loro effetti negativi sulla spesa dei consumatori. "[A]bbiamo avuto molta esperienza con [le tariffe]. Sono un atto di guerra, in una certa misura", ha detto Buffett. "Col tempo, sono una tassa sui beni. Voglio dire, la fatina dei denti non li paga! ... E poi cosa?"

Ricalibrare le probabilità: ora che Trump ha iniziato una guerra commerciale, questa potrebbe intensificarsi, o potrebbe attenuarsi. In entrambi i casi, l'incertezza è aumentata in modo significativo, come dimostrato dal forte calo dei prezzi delle azioni all'inizio di questa settimana. I tassi di interesse hanno continuato il loro recente calo, poiché sono aumentate le probabilità di ulteriori tagli dei tassi della Federal Reserve, a dimostrazione del fatto che l'inflazione rimane bloccata al di sopra dell'obiettivo del 2,0% della Fed e che i dazi probabilmente aumenteranno l'inflazione, almeno inizialmente.

Nei commenti recenti, abbiamo minimizzato la probabilità di una recessione nel 2025. Infatti, negli ultimi giorni, abbiamo osservato che la revisione al ribasso del modello di monitoraggio GDPNow della Fed di Atlanta dal 2,3% (q/q SAAR) di giovedì a una stima di meno 2,8% per il primo trimestre riflette due fattori temporanei: un'impennata delle importazioni di gennaio, dovuta alle tariffe anticipate degli importatori, e il gennaio più freddo dal 1988, che ha depresso la spesa dei consumatori. Ci aspettiamo che questi grandi freni al PIL saranno invertiti a febbraio e marzo. Quindi prevediamo che il PIL reale aumenterà di almeno l'1,5% durante il primo trimestre. Tuttavia, le conseguenze negative delle politiche di Trump 2.0 si stanno verificando prima di quelle positive. Tariffe, deportazioni e tagli di posti di lavoro nel governo federale stanno pesando sull'economia. Un'estensione dei tagli fiscali del 2017 deve ancora avvenire. La deregolamentazione aziendale si sta sviluppando lentamente. L'onshoring è in corso e sempre più aziende si stanno impegnando ad aumentare la spesa in conto capitale negli Stati Uniti.

Considerando quanto sopra, stiamo ricalibrando le nostre probabilità soggettive per i nostri tre scenari:

1. "Roaring 2020s" (55%, invariato): la nostra probabilità soggettiva del nostro caso base rimane la stessa al 55%. Stiamo ipotizzando che la guerra commerciale non si intensifichi. Stiamo continuando a scommettere sulla resilienza dell'economia e su un aumento guidato dalla tecnologia nel tasso di crescita sia della produttività che del PIL reale.

In questo scenario, l'economia continua a crescere, un picco di inflazione correlato ai dazi si rivela transitorio e il mercato azionario rimane instabile durante la prima metà dell'anno, con l'S&P 500 SPX che rimane al di sotto del suo massimo storico del 19 febbraio. L'indice riprende la sua ascesa in territorio record durante la seconda metà dell'anno, raggiungendo quota 7.000 entro la fine dell'anno.

2. Meltup/meltdown (10%, in calo dal 25%): presumibilmente, c'è già stato un meltup in alcune aree del mercato azionario; si stanno sciogliendo da metà febbraio. Combinando le probabilità di questi due scenari rialzisti si riducono le probabilità che il mercato rialzista rimanga intatto, senza una correzione o un mercato ribassista nel 2025, al 65% dall'80%.

3. Bucket ribassista (35%, in aumento dal 20%): negli ultimi tre anni, abbiamo assegnato una probabilità soggettiva del 20% alle varie prospettive che potrebbero andare male per l'economia statunitense, con conseguente recessione e un mercato ribassista per le azioni. La stiamo aumentando al 35%. Nel 2022 e nel 2023, la nostra preoccupazione principale era che le crisi geopolitiche (tra cui la guerra tra Russia e Ucraina e la guerra per procura tra Israele e Iran) avrebbero fatto salire alle stelle i prezzi del petrolio, costringendo la Federal Reserve statunitense a mantenere una posizione monetaria restrittiva e costringendo i consumatori a ritirarsi. Ciò sembra meno probabile, poiché il prezzo del petrolio è rimasto debole.

Negli ultimi due anni, anche il rischio di una crisi del debito del governo federale è aumentato alcune volte insieme ai rendimenti obbligazionari. Ma ora il rendimento del Tesoro statunitense a 10 anni BX:TMUBMUSD10Y è sceso da un recente massimo del 4,79% del 13 gennaio al 4,27% attuale, nonostante i segnali che i dazi di Trump 2.0 stiano già aumentando l'inflazione prevista e effettiva. Gli investitori obbligazionari stanno dando più peso alle componenti "stag" rispetto a quelle "flation" di uno scenario di stagflazione. Stiamo facendo lo stesso aumentando le probabilità di una recessione indotta dai dazi dal 20% al 35%.

I dazi di Trump e i tagli di posti di lavoro imposti dal DOGE stanno deprimendo la fiducia dei consumatori. Trump ha mantenuto la promessa di fermare l'immigrazione illegale. I prezzi del petrolio stanno calando come promesso, anche se ciò potrebbe avere più a che fare con la debole domanda che con una maggiore offerta. I tassi dei mutui stanno calando. Tuttavia, Trump ha anche promesso di abbassare i prezzi al consumo; invece, i suoi dazi faranno aumentare questi prezzi.

Stiamo ancora scommettendo sulla resilienza dei consumatori e dell'economia. Tuttavia, Trump Turmoil 2.0 sta testando in modo significativo la resilienza di entrambi. Ecco perché abbiamo ricalibrato le nostre probabilità soggettive.

Ed Yardeni è presidente di Yardeni Research Inc., un fornitore di analisi e raccomandazioni di strategia di investimento globale e allocazione delle attività. Eric Wallerstein è il capo stratega di mercato di Yardeni Research. Questo articolo è tratto dal "Morning Briefing" di Yardeni Research del 5 marzo 2025 - "I disordini di Trump aumentano le probabilità di una recessione".

Gli argomenti di Yardeni che avete appena letto, così come le sue conclusioni, sono come già detto molto distanti dal nostro modo di vedere le cose.

In particolare lo scenario che Yardeni chiama “Roaring 20s” a noi sembra privo di supporti nella realtà attuale, e costruito in tutto e per tutto con finalità commerciali (“pompare” la Borsa).

Gli scenari che Recce’d presenta, ogni mattina, ai propri Clienti in The Morning Brief, sono del tutto diversi da questi, fondati sulla realtà, ed eleborati al solo scopo di CREARE VALORE nei portafogli modello per i nostri Clienti.

Noi di Recce’d non abbiamo nulla, ma proprio nulla, da “pompare”: non i Fondi Comuni di Investimento, non polizze assicurative, non certificati, e non GPM.

Offriamo, qui si seguito, un secondo punto di vista, che è meno lontano dal nostro modo di leggere la realtà dei mercati nel marzo 2025.

Se avete interesse a conoscere con maggiore dettaglio la nostra visione, e come viene applicata ai portafogli modello, è molto facile contattarci (attraverso la pagina CONTATTI del nostro sito) e parlare con noi di tutte le componenti del vostro attuale portafoglio titoli, delle opportunità enormi che si presentano in questa nuova Era dei mercati finanziari, e dei rischi nascosti nella vostra attuale asset allocation.

Inclusi i Bund, e ovviamente i BTp.


I trader stanno iniziando a valutare la possibilità che l'economia statunitense possa entrare in recessione, e un veterano di Wall Street afferma che potrebbe essere effettivamente il piano dell'amministrazione Trump.

Charlie McElligott, stratega di Nomura soprannominato l'analista più in voga di Wall Street dal Financial Times per le sue missive maniacali incentrate sul mercato delle opzioni, ha esposto l'argomento in una nota ai clienti.

Ha affermato che il presidente Donald Trump e la sua amministrazione hanno bisogno di una recessione progettata per causare un rallentamento della crescita e una disinflazione che si tradurrà in tagli dei tassi della Fed e un dollaro statunitense significativamente più debole per la prossima fase del suo programma economico.

Le proposte tariffarie del presidente Trump hanno innescato vendite e rally azionari. Dalle minacce contro Canada e Messico alle nuove imposte sulla Cina e ai dazi di ritorsione più ampi, ecco come queste mosse stanno influenzando il mercato azionario.

In un'altra nota ai clienti mercoledì mattina, McElligott ha citato le osservazioni fatte dal Segretario del Tesoro. Scott Bessent si concentra sulle piccole imprese e sui consumatori che richiederanno un "riequilibrio", poiché Trump di fronte al Congresso martedì sera ha detto di essere "a posto" con un piccolo disturbo dovuto alle tariffe.


L'idea è che i tagli dei tassi della Fed e gli stimoli dal lato dell'offerta derivanti da tagli fiscali e deregolamentazione saranno quindi in grado di far crescere l'economia senza la necessità di spesa pubblica.

Le aspettative di taglio dei tassi stanno aumentando e l'indice del dollaro USA è sceso del 4% dai massimi di inizio gennaio, mentre il democratico Joe Biden è rimasto alla Casa Bianca. Il rendimento del Tesoro a 2 anni sensibile alla politica monetaria è sceso di 44 punti base dai massimi di gennaio.

I mercati sono stati turbati questa settimana dall'imposizione di tariffe da parte di Trump su Canada e Messico e dal loro aumento sulla Cina, poiché i sondaggi sia sulle aziende che sui consumatori sono in netto calo. Sul mercato delle scommesse sulle criptovalute Polymarket, i trader stanno stimando una probabilità del 37% di una recessione negli Stati Uniti quest'anno.

McElligott ha detto che Trump non può dire quasi nulla in questo momento per calmare i mercati, a meno che non faccia un passo indietro completo sul suo programma. Ha detto che un put di Trump, un limite minimo sotto il quale la Casa Bianca verrebbe spinta ad agire per dare una spinta ai mercati azionari, ha un prezzo molto al di sotto dei livelli attuali.

Il benchmark azionario statunitense S&P 500 è in calo del 5% rispetto al picco di metà febbraio e del 2% per l'anno.

Il paniere "animal spirits" di Nomura dei più grandi nomi di ETF con leva finanziaria è ora in calo del 22% rispetto ai massimi di dicembre, secondo McElligott. Tale deleveraging si vede anche nei titoli tecnologici megacap.


Per chiudere il nostro Post, abbiamo giudicato utile riproporre un articolo del Corriere della Sera, dove trovate la risposta alla domanda “che cosa ci ha portati a questo punto?”.

Ovviamente, ci è necessario spostare il focus: dalle Borse, ritorniamo alla geopolitica.

Dopo che avrete letto, avrete tutto chiaro davanti agli occhi.

Dovrete solo decidervi, sul come impiegare i vostri risparmi, nel contesto che Recce’d vi ha qui descritto: la Nuova Era, il Nuovo Paradigma.

La sintesi estrema dell’articolo, la leggete nell’immagine che segue.


L’America di Donald Trump ha un tallone d’Achille

È sotto gli occhi di tutti, eppure viene discusso di rado. È la ragione di fondo che spinge il presidente a cercare di intimidire gli altri Paesi – alleati o no – con minacce e misure sui dazi. È anche la ragione che lo spinge ad accelerare sulle monete digitali, non solo e non tanto le criptovalute ma soprattutto gli stablecoin (le «valute» digitali private sostenute da depositi, per lo più in dollari, di valore equivalente). 

Le due strategie insieme convergono in un assalto all’Europa e all’euro e contribuiscono a spiegare molte delle mosse dell’amministrazione americana. 

Lo so che suona come fantapolitica, ma non dovete credere a me: è tutto negli ordini esecutivi e nelle dichiarazioni ufficiali dell’amministrazione americana delle ultime settimane. Oggi cercherò dunque di unire i puntini per mostrare una tendenza di fondo: la sua stessa vulnerabilità sta spingendo Trump verso un attacco alla sovranità europea. Alcuni dei principali responsabili di politica economica nell’area euro per fortuna ne sono consapevoli. La speranza è che il sistema politico europeo reagisca, perché ne ha gli strumenti: a cominciare dal progetto dell’euro digitale. Vediamo perché.

La promessa sulle tasse

Qual è il tallone d’Achille di Trump? Esso è prodotto dall’enorme e crescente deficit pubblico, che obbliga gli Stati Uniti a trovare ogni anno compratori di titoli del Tesoro per almeno duemila miliardi dollari in più – rispetto all’anno precedente – sperando di non dover aumentare gli interessi offerti per attrarre investimenti. 

Se Trump fallisse in questa missione, se non riuscisse a contenere il peso del debito pubblico e ad assicurarne il finanziamento senza problemi, allora sarebbe destinato a fallire anche nella sua promessa più importante agli elettori: confermare nel 2026 i tagli alle tasse per le imprese già varati nel suo primo mandato (dal 35% al 21%) e di rafforzarli fino al 15%.

Qui entriamo in gioco noi europei, in due modi. In primo luogo, perché agitare la minaccia di dazi punitivi per Trump e la sua squadra è un sistema volto a obbligare altri Paesi a comprare e detenere più titoli di Stato americani; in questo modo gli Stati Uniti potrebbero finanziare il loro crescente deficit pubblico, tenendo sotto controllo i tassi d’interesse sul debito. 

In sostanza, Trump sta cercando di mettere l’Europa davanti a una brutale alternativa: comprare più debito americano man mano che viene emesso – e comprarlo malgrado rendimenti contenuti – oppure rischiare di perdere l’accesso al mercato dei consumatori americani e a quel che resta dell’ombrello di sicurezza del Pentagono.

In secondo luogo, noi europei siamo chiamati in causa perché gli «stablecoin» emessi in America potrebbero diventare mezzi di pagamento alternativi all’euro in Italia e negli altri Paesi dell’area; già solo attuare il progetto di soppiantare in parte l’euro in Europa con degli «stablecoin» americani – in sostanza, con dollari digitali – aiuterebbe non di poco sempre allo stesso scopo: finanziare i vasti e crescenti squilibri finanziari del governo degli Stati Uniti.

Fin qui, non lo nego, suona tutto come teoria del complotto. Starete pensando che io sia leggermente paranoico. Può darsi. Ma da ora in poi parlerò dei dati, delle dichiarazioni e dei documenti ufficiali che – in modo diretto – danno sostanza alla mia interpretazione.

Duemila miliardi solo nel 2024

Il problema di Trump è che il deficit federale americano è tale da creare un fabbisogno di dimensioni eccessive non solo per gli Stati Uniti, ma per il mondo. Secondo i dati della Federal Reserve di St Louis, il disavanzo del governo nel 2024 è al 6,3% del prodotto lordo e il debito al 120,7%. Entrambi cresceranno nei prossimi anni, anche più rapidamente Trump confermerà e rafforzerà i tagli fiscali in scadenza dal 2026. Ma questi numeri in sé a priori non sono insostenibili; il Giappone ha gestito per decenni deficit simili e un debito pubblico più alto di quello americano. Ciò che rende l’America speciale sono le sue dimensioni: con un prodotto lordo di oltre 29 mila miliardi di dollari nel 2024, pesa per il 27% di un Pil della Terra da circa 109 mila miliardi.

Ora, il fabbisogno di finanziamento del deficit e dunque i titoli in più che ogni anno il Tesoro di Washington deve piazzare a investitori pubblici e privati, sono una somma molto vasta per il mondo: come si vede dai dati ufficiali, 1.958 miliardi di dollari solo nel 2024, pari all’1,8% del Pil mondiale. E quelle sono solo le nuove emissioni nette, che si sommano ai 40 mila miliardi di dollari di debito – poco meno di metà del Pil del mondo, grafico sopra – già presenti nei portafogli di privati, fondi, banche e banche centrali del pianeta e da rinnovare in parte ogni anno (il dato qui include il debito di agenzie garantite dal governo come Fannie Mae e Freddie Mac).

Quei duemila miliardi l’anno in più che il Tesoro americano deve attrarre da nuovi investitori ogni anno, si sommano al nuovo debito delle agenzie semi-pubbliche e ai piani di tagli alle tasse destinati a costare altre centinaia di miliardi l’anno. 

In sostanza, il governo americano deve rastrellare ogni anno quasi tremila miliardi di dollari in più dal mercato mondiale e dalle banche centrali degli altri Paesi. E deve farlo agli attuali rendimenti. Se quelli salissero, i tassi sul debito pubblico e privato in America diventerebbero pesanti; il Paese rischierebbe una grave recessione, con conseguenze potenzialmente deleterie per il dollaro, per il suo status di grande moneta di riserva del mondo e per un mercato azionario di Wall Street già oggi molto fragile e squilibrato.

Ma tremila miliardi di nuovi titoli pubblici e semi-pubblici di Washington da piazzare in più ogni anno non sono uno scherzo. Sono quasi pari alla crescita economica netta del mondo in un anno, che è intorno al 3%: come dire che quasi tutti i nuovi flussi di risparmio di quasi tutti i Paesi del pianeta dovrebbero essere reclutati e andare – ogni anno – a finanziare il maxi-deficit americano. Così, Trump sarebbe libero di tagliare ancora di più le tasse alle multinazionali del suo Paese e agli americani facoltosi. Com’è noto gli uomini più ricchi al mondo – Elon Musk, Mark Zuckerberg di Meta-Facebook, Jeff Bezos di Amazon – praticamente già oggi non pagano tasse sui redditi personali e anche le loro aziende ne pagano relativamente poche. Anzi, Trump sta già ingiungendo ai Paesi europei di rinunciare agli accordi internazionali in sede Ocse che aumentano un po’ il prelievo sui gruppi americani del Big Tech.

Coercizione

Ma è credibile che la Cina continui a finanziare il nuovo e crescente deficit pubblico del suo grande rivale – Pechino detiene titoli Usa già per quasi 800 miliardi – in modo da permettergli di continuare a vivere sopra ai propri mezzi e intanto di rafforzare anche la propria difesa? 
È credibile che lo faccia il Giappone – detiene già almeno 1.100 miliardi di debito Usa – quando ha ben altre priorità interne? 
È plausibile che lo faccia l’area euro, rischiando di subire i costi di una probabile svalutazione futura del dollaro proprio a causa degli squilibri americani? 

Nessuna delle grandi banche centrali del pianeta in questa fase vorrà incrementare di molto la propria esposizione netta verso il debito degli Stati Uniti. Non spontaneamente, per lo meno. Di qui la strategia di Trump e dei suoi di farglielo fare con la coercizione.

Il «Piano Miran»

Come faccio a dirlo? Perché lo dicono loro. Lo scrive il nuovo presidente del Council of Economic Advisors della Casa Bianca, Stephen Miran

Miran, ricorda Federico Rampini, è uno degli uomini più vicini al presidente e più influenti nella strategia dei dazi. Dottorato a Harvard, una carriera da grande investitore a Hudson Bay Capital, vicino al segretario al Tesoro Scott Bessent, Miran ha pubblicato un lungo documento di strategia per la nuova amministrazione dopo il trionfo di Trump in novembre. Lì si pone il problema di conciliare tre obiettivi complicati da tenere insieme:

trovare i finanziatori per quasi cinquemila miliardi di dollari di nuovo debito in più (da tagli alle tasse) nei prossimi dieci anni, oltre ai duemila in più all’anno già previsti; svalutare il dollaro in modo che l’America riesca a vendere più merci al resto del mondo, comprandone meno da esso; mantenere contenuti i rendimenti sul debito e dunque tassi d’interesse di mercato americani, preservando lo status del dollaro quale moneta di riserva dominante del mondo.

Dov’è la contraddizione? Gli investitori esteri accetterebbero di comprare debito americano in dollari a rischio di svalutazione, finanziando il nuovo enorme deficit federale, solo a rendimenti (tassi) più alti. Miran la risolve proponendo di minacciare gli altri Paesi: «È più facile immaginare che dopo una serie di dazi punitivi, partner commerciali come l’Europa e la Cina diventino più aperti a qualche tipo di accordo monetario in cambio di una riduzione dei dazi stessi». E ancora: «Ogni accordo dovrebbe incorporare un’intesa sulle scadenze», cioè gli altri governi e banche centrali dovrebbero impegnarsi a comprare titoli americani a lungo termine più instabili e rischiosi – Miran propone titoli a scadenza di un secolo, a tassi contenuti – per poter evitare guerre commerciali da parte di Trump e il ritiro della tutela di difesa americana. Miran parla di «zone di sicurezza e i Paesi al loro interno le devono finanziare comprando titoli del Tesoro americano (…) titoli a scadenza fra un secolo (…): se non scambi titoli a breve con titoli a lunga scadenza, i dazi ti terranno fuori». 

Miran spiega l’insistenza sull’obbligo fatto all’Europa o alla Cina di comprare titoli Usa a lungo termine, «spostando il rischio (del debito degli Stati Uniti, ndr) dal contribuente americano ai contribuenti stranieri», con l’intenzione di tenere bassi i tassi di mercato in America. E aggiunge: «Come possono gli Stati Uniti far sì che i loro partner accettino un tale accordo? Primo, c’è il bastone dei dazi. Secondo, c’è la carota dell’ombrello di difesa e il rischio di perderlo».

Se questo non è il disegno di un ricatto, non so come altrimenti definirlo. L’obiettivo è una parziale confisca delle riserve dell’Europa, in modo da far pagare a noi una quota del debito americano tramite una svalutazione del dollaro e tramite rendimenti insufficienti sui titoli del Tesoro Usa. Miran si spinge a proporre di usare dei poteri speciali della Casa Bianca per tagliare la cedola sui bond americani ai danni delle banche centrali estere che non accettino di rivalutare la loro moneta sul biglietto verde. Di fatto, un default punitivo. Sulla base di queste idee, Miran è diventato il capo del Council of Economic Advisors di Trump.

Euro digitale o stablecoin

Ma non è tutto, perché anche le mosse di Trump sugli stablecoin sono volte a coprire il tallone d’Achille dell’America. Il 23 gennaio il presidente ha firmato un ordine esecutivo che prevede: «Promuovere e proteggere la sovranità del dollaro americano, anche con azioni volte a promuovere lo sviluppo e la crescita di legali e legittimi stablecoin basati sul dollaro in tutto il mondo (worldwide)». I lavori per assicurare la relativa legislazione entro cento giorno sono già partiti al Congresso.

Di che si tratta? Uno stablecoin basato sul dollaro è un mezzo di pagamento digitale – utilizzabile tramite una app sullo smartphone – al quale corrispondono depositi in dollari gestiti dall’emittente della «moneta». In teoria, i depositi devono consentire all’utilizzatore di cambiare i suoi stablecoin in dollari presso la piattaforma a un tasso (appunto) stabile. All’aumentare dell’uso degli stablecoin, corrisponde un aumento dei depositi in dollari da parte della piattaforma emittente e questi depositi vengono investiti dall’emittente quasi tutti in titoli del Tesoro americano. 

Dunque, aumentare l’uso di questo tipo di bitcoin «in tutto il mondo» (inclusa la zona euro) significa aumentare i depositi in dollari a scapito dei depositi in altre valute (incluso l’euro). Questi depositi, come detto, vanno a finanziare il debito americano. Ha dichiarato il 4 febbraio lo «special advisor» dell’amministrazione Trump per le cripto, David Sacks: «Gli stablecoin hanno il potenziale di assicurare che il dominio internazionale del dollaro americano aumenti e di creare potenzialmente migliaia di miliardi di dollari di domanda per i titoli di Stato americani». Esempi di stablecoin basate sul dollaro sono Tether, che capitalizza 142 miliardi di dollari ed è gestita da Giancarlo Devasini (l’uomo che ha appena comprato una quota della Juventus); o Circle (56 miliardi). Già oggi detengono tanto debito Usa quanto alcune fra le principali banche centrali del mondo, come si vede sopra.

Come funziona? Questa «moneta» digitale potrebbe offrire a un ristorante o a qualcuno che affitta su AirB&B commissioni più basse rispetto a Mastercard o a Amex. Potrebbe fare accordi con reti di noleggio auto per promettere sconti se si paga con un certo stablecoin. Così alcuni – magari dapprima i turisti – inizierebbero a usarlo in Europa al posto dell’euro in Italia, Francia o Germania, spostando depositi dall’euro al dollaro e finanziando dunque il debito americano.

Ci sono anche conflitti d’interessi, certo. Howard Lutnick, segretario al Commercio di Trump, controlla la grande piattaforma di valute digitali Cantor Fitzgerald e ha il 5% di Tether. Elon Musk, cinque giorni dopo l’ordine esecutivo sugli stablecoin, ha annunciato un accordo con Visa per permettere pagamenti digitali tramite il suo social media X (ex Twitter).

La sostanza resta: questa è una sfida allo status di moneta di riserva dell’euro portata in casa nostra, per coprire il finanziamento degli squilibri americani. L’Europa può rispondere solo accelerando il lancio di un proprio mezzo di pagamento elettronico senza costi, l’euro digitale: le norme per farlo sono ferme nell’europarlamento da quasi due anni, ma ora il tempo stringe.

Resto convinto che il disegno di Trump di coercizione economica sul resto del mondo difficilmente possa funzionare. Sembra un presagio di declino americano, non d’impero. L’esito più probabile è una svalutazione non pilotata del dollaro, un aumento degli interessi sul debito degli Stati Uniti e una coercizione sulla Federal Reserve perché lo monetizzi. Ma non per questo noi europei dobbiamo restare a guardare, mentre qualcuno cerca di sfilarci la nostra sovranità monetaria da sotto il naso.

Valter Buffo
Qual’è la misura del vostro successo?
 

Ve lo ricordate questo signore?

E' il Ministro del Tesoro della prima Amministrazione Trump.

Il quale il 23 febbraio del 2017 andava in televisione a dichiarare che: “La Borsa sarà la misura del nostro successo”.

Recce’d, in numerose occasioni, prima e dopo l’elezione di Trump alla Presidenza (la seconda volta) ha sottolineato ai propri lettori che

Trump adesso non parla più di Borsa. Mai. Ma proprio mai mai.

Un cambiamento profondo, si potrebbe dire drammatico.

Il tema “andamento delle Borse” è stato del tutto cancellato dalla mente di Donald e dei suoi. Le Borse sono state scaricate, come è successo anche a Zelensky proprio ieri.

Voi, amici lettori, vi siete domandati il perché, del grande cambiamento a distanza di otto anni?


Come vedete sopra, nell’immagine, anche il New York Times ha dato evidenza a questo profondo cambiamento.

Dopo di noi, in ritardo su Recce’d, ma lo ha fatto

Un cambiamento che interessa noi investitori, per ovvie ragioni: ma che evidentemente interessa anche tutti i lettori del New York Times, il maggiore quotidiano al Mondo.

E voi, amici lettori, voi lo sapete il perché? Perché Trump adesso non è più l’Angelo protettore della Borsa mondiale?

Recce’d oggi vi offre una risposta, utilizzando sei immagini ed i dati in esse contenuti.

La prima delle sei immagini, quella che segue qui sotto, vi riporta a Niall Ferguson, al suo recente articolo, una parte del quale avete già letto, nel Post che abbiamo pubblicato poche ore fa qui nel Blog.

L’immagine dice che ci sono due grandi problemi che oggi hanno priorità su tutto, e sono

  • il debito; e, come vedremo più avanti

  • il saldo di parte corrente.

Come Recce’d ha messo in grande evidenza, attraverso una serie di Post degli ultimi mesi, i numero del deficit americano, oggi, sono numeri che da soli sono sufficienti per provare la grande crisi che sta attraversando l’economia degli Stati Uniti. Lo leggete nella seconda immagine della serie, qui sotto.

E lo potete leggere anche qui:

  1. già il 30 novembre scorso, noi di Recce’d abbiamo anticipato gratuitamente a tutti i lettori il tema di investimento che oggi trattiamo;

  2. il 7dicembre Recce’d in un Longform’d spiegava nel dettaglio il perché oggi per un investitore tutta intera l’America è una gigantesca bolla

  3. il 14 dicembre il nostro Post ha anticipato alcuni aspetti del tema che ritrovate oggi nel nuovo Post che state leggendo; tema che è diventato adesso, anche per la Amministrazione Trump (e quindi anche per il Corriere della Sera) il tema centrale

  4. il 21 dicembre abbiamo fornito attraverso il nostro Post concrete indicazioni su come importare la strategia di gestione del portafoglio per il 2025 ordinando per importanza i fattori decisivi

  5. il 28 dicembre il nostro Post abbiamo offerto a tutti i lettori il nostro classico “reality check” aggiornato alla fine del 2024 alla luce dei dati e dei fatti che commentiamo in questo Post

  6. il 31 dicembre (Longform’d) abbiamo spiegato per quale ragione … ne è valsa la pena, di aspettare il 2025

  7. ed il giorno 1 gennaio 2025 il nostro Post ha illustrato il grande lascito del 2024 per tutti noi investitori

Come avete già letto (nel Post pubblicato oggi, qualche ora prima di questo) della centralità del debito adesso potete leggere anche sul Corriere della Sera, e in prima pagina.

Dove si parla anche di DOGE e di deportazioni e di inflazione.

Proprio come si fa nell’immagine che segue.

Come si legge nei dati, stiamo parlando di un record. Come il record della Borsa americana. Come i record delle Borse europee.

In numerosi Post precedenti (alcuni dei quali abbiamo elencato sopra) trovate la nostra dettagliata analisi dei dati del grafico qui sopra.

Con questo grafico, Recce’d vi documenta il preoccupante contrasto tra il livello di spesa dello Stato in deficit ed il livello di disoccupazione.

Che cosa rende necessario, ed anzi indispensabile, un livello record di spesa dello Stato, se l’economia è in piena occupazione?

Qualche cosa di altro, rispetto alla disoccupazione. Qualche cosa di molto preoccupante, per i nostri risparmi e le nostre pensioni.

E poi, come dicevamo già più in alto in questo Post, c’è anche il secondo ed enorme problema. La bilancia dei pagamenti, che vedete sotto documentata dal grafico.

Anche qui parliamo di record. Non c’è solo il record della Borsa, di cui tenere conto per le prossime operazioni, per la vostra asset allocation, e per la vostra strategia di investimento.

Come sicuramente vi è già stato spiegato, con i dati, e con il necessario dettaglio, e con la necessaria analisi, dal vostro financial advisor, dal vostro “consulente pagato a retrocessione”, dal vostro private banker, dal vostro wealth manager. Che ve ne ha sicuramente parlato.

Oppure no?

Lui vi parla solo di quanto tutto è a posto e tutto è in ordine, e quanto si guadagna ad essere sempre ottimisti, ad occhi chiusi?

E per finire , che cosa vi è stato spiegato, della forza del dollaro USA? Vi hanno detto che la forza del dollaro USA “va benissimo” anche per voi?

Ma voi, alla fine, ne avete di dollari USA in portafoglio? Oppure no?

E per Trump? Per lui e per la sua politica, il dollaro forte è un aiuto? Oppure è un problema?

Forse è un problema, visto che circolano queste voci su un accordo di Mar-a-Lago, delle quali Recce’d ha già accennato alla pagina TWIT - TWOO del sito, e di cui in modo approfondito scriverà ai propri Clienti la settimana prossima.

E forse, dopo, nel fine settimana, anche qui nel nostro Blog.

In questo Post che state leggendo, Recce’d vi ha sinteticamente informati, attraverso una serie di dati, delle maggiori difficoltà da affrontare, e dei maggiori ostacoli da superare, per la Amministrazione Trump del secondo mandato.

Ecco perché oggi, per Trump e la sua Amministrazione, la Borsa non è più la “misura del successo”.

E questo è chiaro.

Ma allora, quale è la nuova misura del successo, per Trump e i suoi?

Ce lo dice Bloomberg qui sotto: leggete e scopritelo.

Per la vostra strategia di investimento, per la vostra asset allocation, per la vostra performances, cambia tutto.

Anzi, è già cambiato, e da un bel po’.

La misura del successo di Trump non è più un S&P 500 in crescita, ma un rendimento decennale in calo.

Buona fortuna e buon viaggio,

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Musk ha ricevuto il messaggio forte e chiaro. Il mercato obbligazionario dubitava di lui, chiedendo più prove che i tagli si stessero sommando abbastanza velocemente da frenare effettivamente il deficit di bilancio gonfio e frenare il debito nazionale in continua crescita. Questo, ha insistito Musk, era un errore di cui si sarebbero pentiti.

"I mercati obbligazionari al momento non riflettono i risparmi che sono sicuro possiamo ottenere", ha detto durante una discussione libera di un'ora che ha condotto sulla sua piattaforma di social media, X. "Se stai vendendo allo scoperto obbligazioni, penso che tu sia dalla parte sbagliata della scommessa".

Trump è notoriamente ossessionato dal mercato azionario come referendum in tempo reale sulla sua presidenza.

Ma ora, con Musk e il Segretario del Tesoro Scott Bessent all'orecchio all'inizio del suo secondo mandato, gran parte dell'attenzione si è spostata su un altro parametro di riferimento: il rendimento dei titoli del Tesoro a 10 anni.

Con una buona ragione. Per quanto potente sia la Federal Reserve, con il suo controllo dei tassi a breve termine e per quanto influisca sul sentiment del mercato azionario, è il tasso dei titoli del Tesoro a 10 anni a determinare in larga misura il costo del denaro per gli acquirenti di case e le più grandi aziende statunitensi.

Abbassa quel tasso e spianerà la strada a milioni di americani per acquistare la casa che desiderano da anni e, nel frattempo, alimentare una crescita economica più rapida e frenare l'allarmante aumento del conto interessi annuale del governo.

Valter Buffo
Geopolitica 2025 e investimenti 2025
 

In questo Post, faremo un po’di pubblicità gratuita al Corriere della Sera. Gratuita: Recce’d non riceve nulla in cambio.

Del Corriere della Sera, abbiamo spesso evidenziato alcune azzardate affermazioni sulla gestione del portafoglio, come quelle dell’immagine qui sotto (ed anche oggi, continuiamo a non capirne il senso).

Abbiamo inoltre in più occasioni denunciato la pratica insistita di pubblicità occulta a favore dei BTp emessi dal Tesoro italiano: quasi come se il Corriere della Sera, schierandosi sempre e comunque a favore dei BTP (anche quando rendevano lo 0,50% a scadenza i toni erano esattamente uguali a quelli di oggi, come ricordano tuti) privilegiasse l’interesse del Tesoro rispetto all’interesse dei propri lettori.

Oggi invece, parliamo del Corriere della Sera per esaltarne alcune scelte.

In particolare, ne parliamo perché la linea editoriale (in modo particolare, per ciò che riguarda da vicino Recce’d e gli interessi degli investitori) è cambiata.

Noi riteniamo che NON si sia trattato di una libera scelta.

La nostra opinione è che sono stati i fatti, a costringere il Corriere della Sera a questo cambio di linea editoriale.

Noi investitori veniamo da cinque, pessimi, anni nei quali è prevalsa la cosiddetta “stupidera”, per ciò che riguarda la gestione del risparmio e gli investimenti e la gestione del portafoglio,

Sono stati cinque anni in cui i tutto andava “sempre e comunque bene”, tutto andava letto con gli occhi dell’ottimismo, e nei quali il Corriere della Sera insieme a tutti gli altri media ha volontariamente alimentato e gonfiato la più grande bolla di ogni tempo (prima, dei Titoli di Stato, e poi dopo il 2022 delle Borse).

Come tutti vedono oggi il Corriere ha scelto un atteggiamento più critico e più analitico, e decisamente più utile per i propri lettori. I fatti hanno costretto il maggiore quotidiano nazionale a smetterla di ripetere che

“sui mercati finanziari il rischio non esiste più, è stato eliminato: e questo perché va tutto benissimo, e più debito facciamo e meglio stiamo, e le Banche Centrali controllano tutto, e non si può che essere ottimisti”.


Chi si era opposto a questa linea, negli anni precedenti, veniva accusato di pessimismo di maniera, di cercare di farsi notare, di fare il bastian contrario per differenziarsi, di volere alimentare la paura, ed altre assurdità.

Oggi, nel marzo del 2025, il Corriere della Sera annuncia invece ai propri lettori che siamo in una Nuova Era e che c’è un cambio di paradigma. Unito ad un nuovo ordine mondiale (immagine sopra). E tutto questo, come si dice in gergo, “alimenta l’incertezza”. E l’incertezza, si sa, non fa bene ai mercati finanziari.

Al tempo stesso, l’incertezza esiste. E noi, sul sito di Recce’d, lo ripetiamo da sempre, ed in particolare dal 2022 fino ad oggi.

Ovviamente, per la gestione del portafoglio, per la asset allocation e per la strategia di gestione, questo significa che

“il rischio esiste, non può e non deve essere ignorato quando si gestisce il proprio risparmio”.

Ma al tempo stesso ci dice, e vi dice, che

era una colossale stupidaggine affermare che aumentando il debito si risolve ogni problema.

Come Recce’d ha scritto, ed ha dimostrato, dopo il 2022, aumentare il debito (pubblico e privato) è sempre un errore: un errore che ha assunto negli ultimi anni dimensioni non solo abnormi ma pure assurde, ed ingiustificabili. Delle quali sono responsabili da un lato i Governi e dall’altro anche i Mario Draghi, le Christine Lagarde, i Jay Powell e le Janet Yellen di questo Mondo. Personaggi si sono mossi in modo spregiudicato, azzardato, poco e mal calcolato, mettendo così in discussione il futuro di tutti noi.

E tutto quel nuovo debito dove ci ha portati? Al Nuovo Ordine Mondiale di cui all’immagine sopra. Chi ci ha guadagnato, e quanto, a vostro parere, amici lettori?

Avete già fatto i vostri calcoli amici lettori?

Voi sarete tra quelli che guadagnano oppure che perdono, nella nuova Era, sotto il nuovo paradigma, nel Nuovo Ordine mondiale?

Dato il vostro attuale portafoglio, la vostra asset allocation , la vostra strategia di investimento, come siete messi oggi? Bene o male?

Vi suggeriamo di fare un lavoro di analisi, una analisi molto approfondita del vostro attuale portafoglio, e delle prospettive dei mercati finanziari internazionali nel Nuovo Ordine mondiale.

Perché non sono le medesime prospettive di prima. Quel Mondo là, oggi non c’è più.

E soprattutto: vi avevano raccontato, per anni ed anni: la stupida favoletta secondo la quale “il debito non conta più nulla”. Oggi per tutti è chiaro che il debito cambia la Storia, la Storia con la “s” maiuscola.

Come Recce’d aveva detto e ripetuto, anche negli ultimi mesi. Noi infatti ne abbiamo già scritto: in particolare

  1. già il 30 novembre scorso, noi di Recce’d abbiamo anticipato gratuitamente a tutti i lettori il tema di investimento che oggi trattiamo;

  2. il 7dicembre Recce’d in un Longform’d spiegava nel dettaglio il perché oggi per un investitore tutta intera l’America è una gigantesca bolla

  3. il 14 dicembre il nostro Post ha anticipato alcuni aspetti del tema che ritrovate oggi nel nuovo Post che state leggendo; tema che è diventato adesso, anche per la Amministrazione Trump (e quindi anche per il Corriere della Sera) il tema centrale

  4. il 21 dicembre abbiamo fornito attraverso il nostro Post concrete indicazioni su come importare la strategia di gestione del portafoglio per il 2025 ordinando per importanza i fattori decisivi

  5. il 28 dicembre il nostro Post abbiamo offerto a tutti i lettori il nostro classico “reality check” aggiornato alla fine del 2024 alla luce dei dati e dei fatti che commentiamo in questo Post

  6. il 31 dicembre (Longform’d) abbiamo spiegato per quale ragione … ne è valsa la pena, di aspettare il 2025

  7. ed il giorno 1 gennaio 2025 il nostro Post ha illustrato il grande lascito del 2024 per tutti noi investitori

Oggi, della centralità del debito potete leggere anche sul Corriere della Sera, e in prima pagina.

Il Corriere della Sera dice che è il debito il fattore che sta ridisegnando la geopolitica internazionale.

Ed è quindi il fattore che ridisegna le prospettive, i futuri rendimenti, ed i futuri rischi, per i mercati finanziari.

E quindi anche per ognuna delle componenti della vostra attuale asset allocation, e di ognuna delle decisioni che avete preso, ed intendete prendere per la gestione del vostro risparmio.

Se la vostra analisi, fino a qui, è stata estremamente superficiale (quella suggerita dal vostro financial advisor, che pensa prima di tutto alle retrocessioni che riceverà) noi vi suggeriamo di approfondire.

E vi aiutiamo in modo concreto.

Qui di seguito, trovate una articolo pubblicato pochi giorni fa proprio dal Corriere della Sera. Il titolo lo avete già letto sopra nell’immagine. E mette il debito al centro di ogni cosa. Leggendo l’articolo, capirete subito che anche per le vostre scelte di investimento, e per la gestione del vostro portafoglio titoli, oggi il debito sta al centro di tutto.

Siete già in ritardo, e di molto: ma non è mai troppo tardi, come insegnò in TV il Maestro Manzi.

Troverete un approfondimento proprio degli argomenti dei quali si occupa questo articolo nel libro che noi di Recce’d stiamo completando e che verrà pubblicato nel corso del 2025.

Nel vostro interesse: se non avete ancora compreso, con un certo livello di dettaglio, ciò di cui il Corriere della Sera scrive in questo articolo che segue, vi conviene di NON effettuare alcuna scelta per ciò che riguarda il vostro risparmio, e cercare subito l’aiuto di qualcuno disposto a mettersi al vostro fianco ed aiutarvi a comprendere la realtà intorno a voi.

Un qualcuno però che vi aiuti in modo professionale, e non allo scopo di mettersi in tasca le retrocessioni. Un professionista onesto, uno capace di spiegarvi che, nel vostro interesse, voi non dovete uscire da un Fondo Comune oppure una GPM e subito rientrare in un’altra GPM oppure un altro Fondo Comune.

Lui, il vostro promotore finanziario, il vostro financial advisor, il vostro private banker, il vostro wealth manager, lui in quel caso, ci perderà le retrocessioni delle commissioni che voi pagate. Voi, all’opposto, ci guadagnerete.

Il termine isolazionismo forse si applicava al Trump Uno, mentre è del tutto inadeguato a descrivere la politica estera del Trump Due: i ribaltamenti repentini nelle alleanze, suggeriscono ad alcuni osservatori l’idea di un G3, consentono a Putin di accarezzare il suo sogno di una Nuova Yalta (spartizione del mondo in aree di influenza), in Cina hanno generato la metafora dei Tre Regni. Addio all’idea di Biden di una crociata del mondo libero contro le autocrazie, all’ordine del giorno c’è un grande compromesso storico. Due autorevoli studiosi di storia e di geopolitica ci aiutano a capire quale logica può ispirare oggi la nuova Dottrina Trump. Il primo sottolinea una forte rottura col passato e la spiega con una teoria del debito; il secondo al contrario sostiene che non c’è nulla di nuovo sotto il sole, e quanto sta facendo Trump ha molti precedenti nella storia Usa (con esiti talvolta brillanti, talvolta meno).

Il primo è lo storico di origine scozzese Nial Ferguson, grande esperto delle vicende degli imperi del passato, oggi docente alla fondazione Hoover presso l’università di Stanford in California. Ferguson riprende, con ricchezza di dati attuali e paragoni storici, la tesi resa celebre da un altro storico britannico, Paul Kennedy: gli imperi muoiono per «overstretching», iper-dilatazione delle spese militari che portano al collasso finanziario. Ma Ferguson propone una sua variante aggiornata. Gli imperi secondo lui muoiono quando il peso del debito pubblico (rimborso degli interessi e del capitale) supera quel che riescono a spendere per difendersi. L’America ha appena varcato questa soglia.

Questo fra l’altro mette in una luce nuova il tentativo di Elon Musk (attraverso il suo Dipartimento dell’Efficienza governativa o DOGE) di tagliare dell’8% perfino il bilancio del Pentagono. La Dottrina Trump, puntando a un grande accordo con Russia e Cina, consentirebbe di alleggerire almeno in parte le responsabilità militari degli Stati Uniti. Ecco, qui di seguito, alcuni passaggi dell’analisi di Ferguson, apparsa in una versione sul Wall Street Journal del weekend scorso: 

«Gli economisti hanno a lungo cercato invano una soglia che definisca quanto debito sia troppo. La mia formulazione focalizza l’attenzione sulla cruciale relazione storica tra il servizio del debito (interessi più rimborso del capitale) e la sicurezza nazionale (spese per la difesa, inclusi investimenti in ricerca e sviluppo). La soglia cruciale è il punto in cui il servizio del debito supera la spesa per la difesa, dopo il quale le forze centrifughe dell’onere aggregato del debito tendono a indebolire la presa geopolitica di una grande potenza, rendendola vulnerabile a sfide militari. 

La cosa sorprendente è che, per la prima volta in quasi un secolo, gli Stati Uniti hanno violato la Legge di Ferguson lo scorso anno. La spesa annua per la difesa—più precisamente, le spese di consumo per la difesa nazionale e gli investimenti lordi—è stata di 1.107 miliardi di dollari nel 2024, secondo il Bureau of Economic Analysis (BEA), mentre la spesa federale per il pagamento degli interessi (il governo ha rinunciato da tempo a rimborsare il capitale) ha raggiunto 1.124 miliardi di dollari. Queste spese possono essere espresse anche come percentuali del prodotto interno lordo. 

L'Ufficio del bilancio del Congresso (CBO), che utilizza una definizione più ristretta di spesa per la difesa rispetto al BEA, la colloca al 2,9% del PIL per lo scorso anno. I pagamenti netti degli interessi (al netto degli interessi ricevuti dalle obbligazioni detenute dalle agenzie governative) ammontavano al 3,1%. Non abbiamo visto nulla di simile dall’era dell’isolazionismo. Tra il 1962 e il 1989, la spesa per la difesa degli Stati Uniti è stata in media del 6,4% del PIL; il servizio del debito era meno di un terzo di tale valore, pari all'1,8%. Anche dopo la fine della Guerra Fredda, il governo federale ha continuato a spendere in media circa il doppio per la sicurezza nazionale rispetto agli interessi sul debito.

Il fatto che gli Stati Uniti siano attualmente proiettati a spendere una quota crescente del loro PIL per i pagamenti degli interessi e una quota decrescente per la difesa significa che il potere americano subisce più restrizioni di bilancio di quanto la maggior parte delle persone si renda conto. Entro il 2049, secondo l’ultima proiezione di bilancio a lungo termine del CBO, i pagamenti netti degli interessi sul debito federale saranno saliti al 4,9% del PIL. Se la spesa per la difesa manterrà la sua quota recente della spesa discrezionale, ammonterà alla metà di quella percentuale del PIL. Non vi è inoltre alcuna reale possibilità che la spesa per la difesa aumenti drasticamente. Poiché tale spesa è discrezionale, deve essere stanziata dal Congresso ogni anno, a differenza della spesa per i programmi di Welfare (che è obbligatoria) e dei pagamenti degli interessi (la cui mancata corresponsione equivarrebbe a un default). Anzi, è probabile che i vincoli di bilancio esercitino una pressione al ribasso sulla spesa per la difesa nei decenni a venire».

Lo storico Ferguson conclude con quei paragoni nei quali è un maestro: illustra una serie di parallelismi fra l’America di oggi e gli Asburgo di Spagna, l’impero ottomano, la monarchia borbonica (quella francese), l’Austria-Ungheria, e i meccanismi che portarono alla decadenza di quei regimi.

Un suo collega di studi storici, nonché esponente del pensiero conservatore della «realpolitik» influenzato dal pensiero di Henry Kissinger, è Walter Russell Mead. Anche lui descrive una logica perfettamente razionale dietro ciò che Trump sta facendo in politica estera. Però è una versione assai meno pessimista rispetto a Ferguson. Inoltre Mead elenca gli elementi di continuità fra il Trump Due e altre fasi della politica estera statunitense, ivi compreso sotto presidenti democratici. Ecco questa variante positiva – s’intende positiva per l’America, non per gli europei – della Dottrina Trump secondo Mead.

«La scorsa settimana, mentre Donald Trump ha quasi fatto saltare in aria l’alleanza transatlantica, i soliti allarmisti che hanno lamentato ogni fase dell’ascesa del presidente si sono scatenati, tanto eloquenti quanto inevitabilmente inutili. Anche i sotenitori del mondo MAGA di Trump si sono fatti sentire, esaltando l’audace originalità di un uomo le cui presunte mosse di scacchi in 3D infrangono tutte le regole. Sia i sostenitori che i detrattori omettono che la politica di Trump nei confronti della Russia è, per molti aspetti, nella tradizione. Come Gerhard Schröder e Angela Merkel, il presidente vuole andare oltre le differenze politiche e ideologiche con Mosca per sviluppare legami economici reciprocamente vantaggiosi. Come Barack Obama, crede che l’antagonismo tra Stati Uniti e Russia sia un’eco anacronistica della Guerra Fredda. 

Come Joe Biden, Trump vuole «parcheggiare» la Russia: evitare il dolore, la difficoltà e i costi di un confronto con Mosca stabilendo una sorta di accordo di lavoro con essa. La sostanza delle proposte di Trump alla Russia—accettare guadagni territoriali offrendo al contempo un’assistenza alla sicurezza inadeguata all’Ucraina—è l’approdo a cui probabilmente anche Biden e i suoi principali alleati europei sarebbero finiti. È così che George W. Bush, Obama, Merkel e Biden hanno trattato le azioni della Russia contro la Georgia nel 2008 e l’attacco del 2014 all’Ucraina. Ma ci sono differenze tra le vecchie e le nuove politiche verso la Russia. Mentre i suoi predecessori usavano una dura retorica anti-russa e sanzioni simboliche per mascherare il loro pragmatismo arrendevole, Trump vuole mandare a Vladimir Putin dolci e fiori. Per Trump, trattare Putin con «rispetto»—come direbbe Tony Soprano—è la strada per una relazione stabile e improntata agli affari con i russi. Se questo approccio non è una soluzione completa al problema della Russia per gli Stati Uniti, non è nemmeno del tutto sbagliato. Se vuoi che qualcuno parcheggi nella tua strada, non gli lanci addosso escrementi di cane. 

C’è di più. Nella visione di Trump, i paesi europei non si sono semplicemente rifiutati di aumentare le spese per la difesa su richiesta degli Stati Uniti. Guidati dalla Germania, hanno colto ogni opportunità per commerciare con la Russia, anche quando questo commercio indeboliva la sicurezza europea e rafforzava Mosca. La vecchia politica americana ha costretto gli Stati Uniti a implorare Berlino di smettere di minare la propria sicurezza facendo affidamento sull’energia russa. Il team Trump vuole ribaltare questa dinamica.

Poiché la Russia è più vicina alla Germania e presumibilmente una minaccia maggiore per essa che per gli Stati Uniti, dovrebbe essere la Germania a farsi carico della propria sicurezza, mentre gli Stati Uniti stabiliscono stretti rapporti commerciali con un paese che non li minaccia direttamente. In un mondo ben governato, secondo il team Trump, dovrebbe essere la Germania a supplicare gli Stati Uniti di evitare accordi commerciali con la Russia che minano la sicurezza europea, non il contrario. Il percorso di Trump è dirompente e rischioso, ma internamente coerente.

Offrire alla Russia una partnership economica con gli Stati Uniti, abbandonare la campagna ideologica contro di essa e ridurre il ruolo dell’America nella NATO possono essere visti come sforzi per raggiungere l’obiettivo di lungo termine dell’Occidente: neutralizzare la Russia o persino arruolarla contro la minaccia maggiore rappresentata da Pechino. L’approccio Trump riecheggia le idee che l’allora Segretario al Commercio Henry Wallace espose al presidente Harry S. Truman in una lettera datata 23 luglio 1946. Wallace sosteneva che la diffidenza di Joseph Stalin verso l’Occidente derivava da un senso di difesa accumulato in oltre mille anni di invasioni e minacce straniere. Contenere Mosca costruendo alleanze attorno ad essa avrebbe solo approfondito la paranoia di Stalin e aumentato la sua ostilità.

La soluzione, secondo Wallace, era conquistare la fiducia del Cremlino ritirandosi dalle aree contese, accettando le proposte sovietiche per garantire la loro sicurezza, ignorando l’ostilità americana verso il sistema sovietico, offrendo la possibilità di una profonda partnership economica e promuovendo il commercio bilaterale. Il diplomatico George Kennan, architetto della strategia americana di contenimento della Guerra Fredda, riteneva che Wallace sbagliasse. Kennan sosteneva che relazioni stabili e improntate agli affari con Mosca fossero possibili, ma solo dopo che Stalin avesse realizzato che l’Occidente poteva e avrebbe resistito con successo ai suoi tentativi espansionistici. La distensione poteva seguire il contenimento, ma non sostituirlo.

Ci sono chiari rischi nella politica di Trump ispirata a Wallace. Gli europei, inclusi alcuni storicamente molto filo-americani, non perdoneranno né dimenticheranno presto le offese del team Trump alla loro dignità e le minacce alla loro sicurezza. Putin potrebbe benissimo accettare tutte le concessioni che Washington gli offre e poi rafforzare sia la sua alleanza con la Cina sia la sua aggressione in Ucraina. Il Giappone vede l’atteggiamento sprezzante di Trump nei confronti degli alleati europei di lunga data come una minaccia alla propria sicurezza. Alla fine, Henry Wallace si pentì della sua ingenuità negli anni ’40. Vedremo come finirà per Donald Trump». 

Valter Buffo
Che cosa fate voi adesso? Che cosa facciamo noi? Che cosa fanno gli altri?
 

Ansia, incertezza e preoccupazione.

Oggi è questa la sensazione dominante tra gli investitori.

Per quale ragione? Molto semplice: mesi fa, sembrava tutto chiarito. Lo avevano raccontato a chiare lettere tutte le banche internazionali (da UBS a JPMorgan, da BNP Paribas a Goldman Sachs, da Morgan Stanley a tutte le altre).

Adesso, però, persino Goldman Sachs è “preoccupata”

Mesi fa, facendo l’abituale lavoro di copia&incolla, le Reti di promotori finanziari italiane (per citare le più note, Mediolanum, Fineco, Generali, Allianz, e Fideuram) diligentemente avevano ripetuto tutte quelle belle cose delle banche internazionali ai loro Clienti. Mesi fa, erano tutti “ottimisti”. Mesi fa, nessuno era “preoccupato”.

Purtroppo, quello che a voi raccontavano a inizio anno non era vero, per niente. E così, a fine febbraio, ci ritroviamo qui, a leggere questi numeri (grafico sotto).

E per moltissimi investitori (fai-da-te e clienti delle Reti di promotori finanziari) è impossibile capire.

A fine febbraio, siamo tutti qui a vedere che l’indice di Borsa più chiacchierato al Mondo, l’indice dal quale tutti gli altri indici al Mondo prendono la direzione, oggi vale proprio quanto valeva il giorno dopo l’elezione di Donald J. Trump alla Presidenza.

(E quei recenti rialzi visti in Europa, dirà qualcuno? Non fatevi distrarre, e non date importanza: Questo è il nostro suggerimento: perché senza la Borsa americana, le Borse europee non si reggono in piedi. Lo abbiamo scritto sei giorni fa, nel Post del nostro Blog che precede quello che state leggendo ora).

Come fare, in situazioni come questa, a gestire con successo i propri risparmi? A fare performance?

Come si fa, in situazioni come queste, a generare un rendimento dal proprio portafoglio di investimenti finanziari?

Noi, in Recce’d, abbiamo attraversato fasi come queste (all’apparenza, di immobilismo; sotto la superficie, di una devastante tensione) in numerosi occasioni, e sempre con successo per i nostri portafogli modello ed i nostri Clienti.

Noi, che cosa stimo facendo, in queste settimane?

Quello che stiamo facendo, e perché lo stiamo facendo, lo scriviamo ogni mattina, nel nostro quotidiano The Morning Brief.

E voi, lettori, invece, che cosa state facendo dei vostri risparmi?

Avete rivalutato le vostre attuali posizioni? Quali operazioni avete fatto nel 2025? Quale operazioni state per fare? Quali sono gli obbiettivi che puntate a raggiungere, con il vostro portafoglio? E su quale scenario avete fondato le vostre scelte?

Il servizio di Recce’d fornisce, ad ogni Cliente, una risposta a queste domande: e non ogni tre, quattro, sei mesi, ma ogni mattina, reagendo immediatamente ad ogni nuova reazione ed informazione.

Il che, ovviamente, non significa che in Recce’d facciamo operazioni ogni giorno: ma deve essere chiaro (anzi chiarissimo) che anche NON fare è una decisione. E va aggiornata ogni giorno: proprio perché il Mondo cambia ogni giorno.

In alcuni periodi, anche con grandissima rapidità, come nell’ultima settimana abbiamo fatto notare alla pagina TWIT - TWOO del nostro sito.

Noi gratuitamente forniamo ai nostri lettori, ogni giorno informazioni selezionatissime, e supporti concreti alle scelte presenti e future sui portafogli di asset finanziari. Attraverso il sito, alla pagina TWIT - TWOO, alla pagina NEL MOTORE DELLA PERFORMANCE, ed alla pagina MERCATI. In più ovviamente trovate sul sito questi nostri approfondimenti alla pagina BLOG.

Oggi, e proprio perché siamo consapevoli dell’ansia, della confusione, e della preoccupazione che dominano le menti degli investitori che NON sono Clienti di Recce’d, vi regaliamo utili indicazioni pratiche per la gestione del vostro risparmio.

Chiariamo subito: questo Post NON presenta le nostre scelte operative per i portafogli modello. Quelle, sono di eslcusiva proprietà dei nostri Clienti.

Di immediatamente utile però, trovate il racconto (molto sintetico) di ciò che stanno facendo altri investitori. Gestori di portafoglio grandi, reputati e di successo.

Gestori di portafoglio che, come vedrete, stanno muovendosi. E si muovono … un po’ come noi di Recce’d, sui portafogli modello ed in modo particolare sulle Borse.

I due famosi gestori di portafoglio che vi racconteranno qui che cosa stanno facendo sono Steven Cohen e Warren Buffett. Entrambi, li avete già conosciuti: ve li ha presentati proprio Recce’d, qui nel Blog.

Leggiamo qui di seguito le dichiarazioni di Steve Cohen dello scorso 28 gennaio: vi suggeriamo di fare la massima attenzione a come vengono motivate, da Steve Cohen, le sue scelte di portafoglio.

MIAMI, 28 gennaio (Reuters) - Il fondatore di Point72 Asset Management, Steven Cohen, ha dichiarato martedì che si aspetta che il mercato azionario raggiunga presto un picco tra la pressione inflazionistica e le incertezze sulle politiche del presidente degli Stati Uniti Donald Trump in materia di tariffe e immigrazione.

Trump ha minacciato di imporre una tariffa universale sui beni importati dall'estero e altri mirati a settori o paesi specifici, mentre sul fronte dell'immigrazione ha lanciato una repressione radicale delle frontiere.

Tali misure "rallenteranno effettivamente la crescita, non la aumenteranno nel 2025" e renderanno più difficile per la Federal Reserve affrontare l'inflazione, ha affermato Cohen alla conferenza sugli investimenti iConnection, a Miami.

"Non penso che sia un gran contesto. Nel 2025, mi aspetto che i mercati raggiungano il picco nei prossimi due mesi", ha affermato Cohen, aggiungendo che il picco potrebbe essere già avvenuto.

Il fondatore di Point72 ha espresso più preoccupazioni sulle politiche di Trump che su una disfatta nei titoli tecnologici lunedì innescata dalla startup cinese di intelligenza artificiale DeepSeek, che ha rivelato che il suo modello era alla pari o migliore dei rivali leader del settore negli Stati Uniti a una frazione del costo, facendo scendere le azioni di Nvidia.

Alla domanda sul calo delle Borse degli ultimi giorni, Cohen ha detto "le grandi aziende sono molto costose", in un commento che sembrava riferito in particolare a Nvidia.

"Ci saranno nuove aziende che useranno questi strumenti e inizieranno a sentirne parlare. E poi arriverà un altro grande progresso ed è così che arriverà. E ci saranno momenti in cui le persone ne dubiteranno come ieri", ha detto al pubblico di esperti di investimenti.

Cohen ha detto che l'intelligenza artificiale è nelle prime fasi di qualcosa che sarà trasformativo per l'economia. Point72 ha un nuovo fondo incentrato sull'intelligenza artificiale (IA) che ha registrato un guadagno del 14% dopo il lancio appena tre mesi fa, ha riferito Reuters in precedenza. Si prevede che il fondo abbia raccolto quasi 1,5 miliardi di $.

In un'intervista ad ampio raggio, Cohen ha parlato della sua recente decisione di interrompere il trading per concentrarsi sulla gestione dell'azienda, sulla promozione di iniziative strategiche e sul mentoring. Point72 gestisce 36,9 miliardi di $ e ha 200 gestori di portafoglio in tutto il mondo.

"Ho 68 anni e avevo questa visione di averne 70, ancora dietro gli schermi. Ho pensato, non ha senso", ha aggiunto.

Tra i suoi piani per l'azienda, ha detto di credere che potrebbe essere più di un hedge fund. "Posso fare di più", citando come esempio la recente assunzione di Todd Hirsch, ex direttore generale senior di Blackstone, per guidare una nuova strategia focalizzata sul settore del credito privato in rapida crescita.

Cohen ha poi ripreso il 21 febbraio. questi concetti, chiarendo ulteriormente la sua posizione.

L'investitore miliardario Steve Cohen ha raddoppiato la sua visione negativa dell'economia statunitense a causa di uno sfondo di tariffe punitive, repressione dell'immigrazione e tagli alla spesa federale guidati dal cosiddetto Department of Government Efficiency.

Il presidente e CEO dell'hedge fund Point72 ha affermato di essere diventato pessimista per la prima volta da un po' di tempo dopo che l'aggressiva politica commerciale del presidente Donald Trump lo ha fatto preoccupare per le pressioni inflazionistiche e la minore spesa dei consumatori. Nel frattempo, la sua dura posizione sull'immigrazione potrebbe significare una fornitura limitata di manodopera, ha affermato.

"Le tariffe non possono essere positive, okay? Voglio dire, è una tassa", ha affermato Cohen venerdì al FII Priority Summit a Miami Beach, Florida. "Inoltre, abbiamo un'immigrazione in rallentamento, il che significa che la forza lavoro non crescerà così rapidamente come... negli ultimi cinque anni e così via".

Il famoso investitore dell'hedge fund ha attaccato le mosse di riduzione dei costi di DOGE guidate da Elon Musk, affermando che potrebbero solo danneggiare ulteriormente l'economia. Musk ha detto che il suo obiettivo è di tagliare la spesa federale di 2 trilioni di dollari.

"Quando quel denaro scorre nell'economia da molti anni, e ora, potenzialmente verrà ridotto o fermato in molti modi, non può essere negativo per l'economia", ha detto Cohen.

Cohen ritiene che un ritiro nel mercato azionario potrebbe essere probabile dato l'incerto ambiente macroeconomico. Vede la crescita dell'economia statunitense rallentare all'1,5% dal 2,5% nella seconda metà dell'anno.

"Penso che stiamo assistendo a un piccolo cambiamento di regime. Potrebbe durare solo un anno o giù di lì, ma è sicuramente un periodo in cui penso che si siano avuti i migliori guadagni e non mi sorprenderebbe vedere una correzione significativa", ha detto Cohen. "Non penso che sarà un disastro".

In un prossimo Post, Recce’d vi regalerà un approfondimento dedicato proprio al passaggio delle dichiarazioni di Cohen che noi qui abbiamo messo in evidenza.

A queste due dichiarazioni di Cohen, la seconda delle quali del 21 febbraio 2025, a noi sembra molto utile accostare le affermazioni arrivate sabato 22 febbraio 2025 da Warren Buffet.

Come i lettori sanno benissimo, Recce’d non gestisce i propri portafogli modello seguendo l’importazione e la strategia di Buffet.

Ed abbiam spiegato il perché: la “fede incrollabile” di Buffett nello strumento azionario, secondo noi, era giustificata negli Anni Sessanta, Settanta ed Ottanta. Poi, la “fede incrollabile nelle azioni” è diventata a nostro giudizio insostenibile, e questo per la ragione che le azioni sono diventate uno strumento di “guerra economica”, ed il loro valore in Borsa è stata (in modo sempre più evidente) manipolato.

Ma questo è un tema che tutti i lettori conoscono: e che Recce’d affronterà in una sede diversa, un libro di prossima pubblicazione.

Torniamo però a ciò che Warren Buffet ha scritto oggi, sabato 22 febbraio 2025, nella sua nuova Lettera al Cliente.

Il mistero sulla posizione sorprendentemente difensiva di Warren Buffett si è infittito nel fine settimana.

Il 94enne CEO di Berkshire Hathaway ha venduto più azioni nell'ultimo trimestre e ha accumulato una riserva di denaro contante record, addirittura 334 miliardi di dollari, ma non è riuscito a spiegare nella sua attesissima lettera annuale perché l'investitore noto per i suoi astuti acquisti di azioni nel tempo si stesse apparentemente tirando fuori dal mercato..

Buffett ha invece affermato che questa posizione non rappresentava in alcun modo un allontanamento dal suo amore per le azioni.

"Nonostante ciò che alcuni commentatori attualmente considerano una straordinaria posizione di liquidità in Berkshire, la grande maggioranza dei vostri soldi rimane in azioni", ha scritto Buffett nella lettera annuale del 2024 pubblicata sabato. "Questa preferenza non cambierà".

La mostruosa proprietà di denaro contante da parte di Berkshire ha sollevato interrogativi tra azionisti e osservatori, soprattutto perché si prevede che i tassi di interesse scenderanno dai loro massimi pluriennali. Negli ultimi anni, il CEO e presidente della Berkshire ha espresso frustrazione per un mercato costoso e poche opportunità di acquisto. Alcuni investitori e analisti sono diventati impazienti per la mancanza di azione e hanno cercato una spiegazione del perché.

Nonostante le sue ripetute vendite di azioni, Buffett ha affermato che la Berkshire continuerà a preferire le azioni al denaro.

"Gli azionisti della Berkshire possono stare tranquilli che investiremo per sempre una sostanziale maggioranza del loro denaro in azioni, principalmente azioni americane, anche se molte di queste avranno operazioni internazionali di rilievo", ha scritto Buffett. "La Berkshire non preferirà mai la proprietà di attività equivalenti a denaro rispetto alla proprietà di buone aziende, siano esse controllate o solo parzialmente possedute".

Sembra che gli azionisti dovranno aspettare ancora un po', poiché il conglomerato con sede a Omaha ha venduto azioni nette per un nono trimestre consecutivo nell'ultimo periodo dell'anno scorso, secondo il rapporto annuale della società, pubblicato anch'esso sabato.

In totale, Berkshire ha venduto azioni per un valore di oltre 134 miliardi di dollari nel 2024. Ciò è dovuto principalmente alla riduzione delle due maggiori partecipazioni azionarie di Berkshire: Apple e Bank of America.

Nel frattempo, sembra che Buffett non trovi allettanti neanche le sue stesse azioni. Infatti Berkshire ha continuato a sospendere i riacquisti, non riacquistando azioni nel quarto trimestre o nel primo trimestre fino al 10 febbraio.

Questo nonostante un massiccio aumento degli utili operativi riportato dal conglomerato sabato.

"Spesso, niente sembra allettante"

Buffett se ne sta seduto con le mani in mano in mezzo a un mercato rialzista in piena espansione che ha visto l'S&P 500 guadagnare oltre il 20% per due anni di fila e tornare in verde finora quest'anno. Tuttavia, la scorsa settimana hanno iniziato a formarsi alcune crepe, con alcune preoccupazioni crescenti per un rallentamento dell'economia, la volatilità dovuta ai rapidi cambiamenti politici del nuovo presidente Donald Trump e le valutazioni azionarie complessive.

Le azioni Berkshire sono aumentate rispettivamente del 25% e del 16% negli ultimi due anni e sono aumentate del 5% quest'anno.

Buffett ha forse offerto un piccolo suggerimento sulle valutazioni azionarie come preoccupazione nella lettera.

"Siamo imparziali nella nostra scelta di veicoli azionari, investendo in entrambe le varietà in base a dove possiamo impiegare al meglio i tuoi risparmi (e quelli della mia famiglia)", ha scritto Buffett.

"Spesso, niente sembra allettante; molto raramente ci troviamo immersi fino alle ginocchia nelle opportunità".

Nella lettera di quest'anno, Buffett ha sostenuto il successore designato Greg Abel nella sua capacità di cogliere le opportunità azionarie, persino paragonandolo al defunto Charlie Munger.

"Spesso, niente sembra allettante; molto raramente ci troviamo immersi fino alle ginocchia nelle opportunità. Greg ha dimostrato vividamente la sua capacità di agire in momenti come ha fatto Charlie", ha detto Buffett.

All'incontro annuale dell'anno scorso, Buffett ha sorpreso molti annunciando che Abel, vicepresidente delle operazioni non assicurative, avrà l'ultima parola su tutte le decisioni di investimento di Berkshire, inclusa la supervisione del portafoglio azionario pubblico.


Nelle parole di Buffett, avete appena letto indicazioni di investimento molto precise.

Noi di Recce’d, come già detto, non abbiamo mai adottato la strategia di investimento e la filosofia seguita da Buffett. Nonostante questo, Buffett per noi resta un riferimento operativo: leggiamo con massima attenzione e utilizziamo per una parte del portafoglio le sue valutazioni e soprattutto ricaviamo indicazioni operative anche dalle sue scelte concrete sui portafogli titoli.

Nello specifico, alcune delle cose che avete letto, noi le avevamo già fatte.

Ma allora: perché non fare, semplicemente, TUTTO ciò che fa Buffett?

La riposta, ve la facciamo dare dallo stesso Warren Buffett, nel testo che segue. Dove Buffet vede “un motivo di preoccupazione”, noi in Recce’d vediamo invece qualche cosa di più, un fattore che è in grado di sconvolgere il panorama dei mercati finanziari internazionali.

Ed è proprio questo che succederà. Ed è proprio questo fattore che farà guadagnare (con grandi guadagni) i nostri portafogli modello, ed i nostri Clienti.

E voi, invece, che cosa state facendo oggi, per il successo dei vostri investimenti e per il rendimento dei vostri risparmi?

NEW YORK, 22 febbraio (Reuters) - Sabato Warren Buffett ha inviato un messaggio di cautela al governo degli Stati Uniti nella sua lettera annuale alla Berkshire Hathaway Inc .

Lo ha fatto esortando Washington a mantenere una valuta stabile e a prendersi cura di coloro che hanno "preso le pagliuzze corte nella vita". "Il denaro cartaceo può vedere il suo valore evaporare se prevale la follia fiscale", ha scritto Buffett. "In alcuni paesi, questa pratica sconsiderata è diventata abituale e, nella breve storia del nostro paese, gli Stati Uniti sono arrivati ​​quasi al limite".

Il 94enne Buffett, probabilmente l'investitore più famoso al mondo, ha anche riconosciuto la sua età avanzata nella lettera, dicendo agli azionisti che ora usa un bastone e che passerà meno tempo a rispondere alle loro domande all'assemblea annuale della Berkshire a maggio. Ciononostante, ha assicurato agli azionisti che sarebbero stati in buone mani dopo aver consegnato le redini del conglomerato al vicepresidente Greg Abel, affermando che Abel ha "mostrato in modo vivido la sua capacità" di impiegare il capitale.

La lettera di Buffett era accompagnata dal rapporto annuale di Berkshire, in cui ha riportato un terzo record consecutivo di utile operativo annuale, in aumento del 27% a 47,44 miliardi di dollari.

La società ha anche chiuso il 2024 con un record di 334,2 miliardi di dollari di liquidità e equivalenti, riflettendo valutazioni elevate e vendite aggressive di azioni, in particolare Apple, e così Berkshire è stata un venditore netto di azioni per nove trimestri consecutivi.

Nonostante le sue preoccupazioni sulla situazione fiscale del paese, Buffett ha affermato che la sua società continuerà a preferire possedere azioni, principalmente azioni statunitensi, rispetto alla liquidità, aggiungendo che Berkshire "non ha finito".

Buffett ha detto che è probabile che Berkshire aumenti le sue partecipazioni in tutte e cinque le società di trading giapponesi che detiene:

Berkshire ha investito 23,5 miliardi di dollari in quelle società a fine anno.

Buffett ha lamentato la mancanza di opportunità di acquisto negli ultimi anni, poiché le azioni hanno regolarmente stabilito nuovi massimi, con lo Standard & Poor's 500 (.SPX), che ha raggiunto un nuovo massimo mercoledì 19 febbraio, e il Nasdaq (.IXIC), solo il 3% al di sotto del picco del 16 dicembre.

Il prezzo delle azioni di Berkshire è aumentato del 15% nell'ultimo anno, mentre l'S&P 500 è aumentato del 18%.

Negli ultimi dieci anni, il prezzo delle azioni Berkshire è aumentato del 225%, mentre l'indice è aumentato del 241% dividendi inclusi e del 185% dividendi esclusi, come mostrano i dati Reuters.

Buffett dovrebbe rivelare di più su Berkshire e le sue prospettive il 3 maggio, quando la società ospiterà la sua riunione annuale a Omaha, Nebraska.

La riunione, che di solito richiama decine di migliaia di persone, quest'anno sarà più breve e non presenterà il suo tradizionale filmato.


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Valter Buffo