Radicale nel tuo portafoglio
 

Nella notte tra il 20 ed il 21 dicembre del 2024, dopo alcuni giorni di puro caos, il Senato degli Stati Uniti ha approvato una misura temporanea (con un orizzonte di tre mesi) per finanziare le spese dello Stato e provvedere così al pagamento delle spese statali (inclusi gli stipendi), emettendo nuovo debito anche in eccesso dell’importo che era stato autorizzato per Legge.

Tra tre mesi, il problema si riproporrà. Donald Trump sarà a quel punto insediato alla Presidenza già da due mesi.

Per tutti noi investitori, quello sarà un passaggio decisivo e carico di tensioni, ed è lo spunto iniziale del nostro nuovo Post.

Ricapitoliamo intanto la situazione con un brano che è stato pubblicato ieri mattina, venerdì 20 dicembre 2024

Un rally di Babbo Natale potrebbe essere fuori gioco quest'anno, mentre continuano ad accumularsi titoli preoccupanti da Washington. Il primo è stato quello della Federal Reserve, che ha sconvolto la festa del mercato a Wall Street con una deludente prospettiva politica per il 2025. Il secondo è stato la probabilità di una chiusura del governo a partire da stasera. L'ultimo è stato come sono andate le cose, con la confusione che ha colpito Capitol Hill e il discorso di smantellare meccanismi legislativi come il tetto del debito.

Contesto: mentre i leader del Congresso avevano raggiunto un accordo bipartisan per finanziare il governo fino a marzo, il sostegno al pacchetto di spesa si è disintegrato dopo l'opposizione del presidente eletto Donald Trump ed Elon Musk, che guiderà il nuovo Dipartimento per l'efficienza governativa. Un disegno di legge ridotto (che includeva una disposizione per estendere il tetto del debito fino al 2027) è stato rapidamente elaborato, ma la misura non è stata votata alla Camera giovedì sera a causa dell'opposizione dei democratici e dei detrattori repubblicani. Non è ancora chiaro cosa accadrà dopo, ma è probabile che una lotta simile avrà luogo all'inizio dell'anno prossimo e Trump preferirebbe "avere questo dibattito ora" per "iniziare [lo shutdown] con un presidente democratico" e consolidare il suo controllo sul GOP.

Milioni di dipendenti federali e militari saranno sospesi se non potranno essere approvati ulteriori finanziamenti. La SEC opererebbe con una supervisione minima del mercato (congelando le IPO) e le pubblicazioni dei dati economici verrebbero ritardate in un momento delicato per l'economia statunitense. Gli americani che fanno affidamento sull'assistenza federale potrebbero anche dover affrontare interruzioni del servizio, ci saranno ritardi nei prestiti alle piccole imprese e gli esportatori non saranno in grado di ottenere le licenze, mentre uno shutdown prolungato potrebbe avere un impatto sui viaggi aerei prima di Natale o su altri settori che dipendono fortemente dai dipendenti federali.

L'abolizione del tetto del debito è "la cosa più intelligente che [il Congresso] potrebbe fare. La sosterrei completamente", ha detto Trump alla NBC News. "I democratici hanno detto che vogliono liberarsene. Se vogliono liberarsene, guiderei la carica. Non significa niente, se non psicologicamente."

Perché gli Stati Uniti hanno un tetto al debito? Gli Stati Uniti hanno istituito per la prima volta un limite legale al debito con il Second Liberty Bond Act del 1917, stabilendo l'importo complessivo del debito che poteva essere accumulato attraverso singole categorie come obbligazioni e cambiali. Più tardi nel 1939, il Congresso ha istituito il primo limite al debito totale accumulato su tutti i tipi di strumenti.

Il limite al debito esiste per garantire che il "potere dei cordoni della borsa" rimanga al ramo legislativo e libera il Congresso dall'approvazione di ogni singola spesa, sebbene quasi tutti i paesi (tranne la Danimarca) non abbiano un limite e discutano il finanziamento della loro spesa durante il processo di bilancio.

Adesso sappiamo, a 24 ore di distanza, che non ci sarà lo shutdown, ma resta utilissimo rileggere il tono drammatico del testo di ieri. La settimana dei mercati finanziari che si è appena conclusa è risultata drammatica, per questa ragione insieme con altre ragioni, delle quali Recce’d ha quotidianamente scritto al Cliente, attraverso il nostro Bollettino quotidiano, e poi anche sul nostro sito, in modo più sintetico, ovviamente (alle pagine MERCATI, TWIT-TWOO, ed anche alla pagina NEL MOTORE DELLA PERFORMANCE a cui tutti possono accedere attraverso la pagina MERCATI del sito.

In modo particolare, ogni investitore deve prendere nota di come i mercati finanziari hanno reagito alla decisione della Federal Reserve di TAGLIARE il costo del denaro.

Ripetiamolo, perché è decisamente importante: mercoledì scorso, 18 dicembre, la Federal Reserve ha TAGLIATO il costo del denaro. Sei giorni prima, giovedì 12 dicembre, la BCE ha TAGLIATO il costo del denaro.

TAGLIATO che significa ridotto, abbassato.

Lo avete visto, che cosa è successo da giovedì 12 dicembre, a venerdì 20 dicembre, sui mercati finanziari?

C’è evidentemente, qualche cosa da capire, da comprendere meglio. C’è, evidentemente, nelle reazioni dei mercati finanziari, e nei numeri dei mercati finanziari, proprio quello che Recce’d aveva anticipato ai propri lettori attraverso il sito.

Ma soprattutto, c’è qualche cosa che Recce’d aveva anticipato, per i propri Clienti, con le operazioni sui portafogli modello.

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L’immagine qui sopra ci è utile e vi è utile per spiegare la reazione dei mercati: le parole di Powell, infatti, hanno confermato un cambio di prospettiva, un cambiamento della “narrativa” che ostinatamente era stato invece negato in occasioni precedenti. Cambiamento che va proprio nella direzione già in precedenza indicata da Recce’d, e fino dal 2020.

Si ripete quanto già visto, poco tempo fa, con la “narrativa” che si chiamava “inflazione transitoria”.

Lo scenario di Recce’d, gradualmente, sta diventando lo scenario di “consenso”: adesso, anche a Wall Street iniziano a rendersene conto.

Ovviamente, si tratta di una sconfitta bruciante, e definitiva, per chi aveva tentato di convincere 12 mesi prima gli investitori dello scenario di “soft landing” , utilizzando l’argomento che dice “l’inflazione scenderà ed i tassi ufficiali scenderanno e quindi le obbligazioni saliranno”.

Vi abbiamo scritto, 12 mesi fa, che si trattava solo di un sogno, un miraggio, una baggianata, un miserabile argomento di vendita per i Fondi Comuni, per le GPM, e per le polizze vita.

Noi ve lo abbiamo scritto 12 mesi fa, oggi vi facciamo vedere il grafico qui sotto.

Oggi, e sempre con anticipo su ciò che leggerete tra alcuni mesi sul vostro quotidiano, noi di Recce’d vi scriviamo che il problema (che 12 mesi fa ancora non c’era ma che oggi si vede chiaramente nei prezzi dei mercati) è che la credibilità della Fed e della BCE, sui mercati finanziari, è stata ulteriormente compromessa dalle vicende del 2024. Semplicemente: i mercati non ci credono più.

Qui sopra abbiamo citato anche la BCE per una ragione specifica: tutto ciò di cui abbiamo scritto fino a questo punto NON è un problema limitato agli Stati Uniti: si tratta di un problema che è “il” problema (quello principale, quello che determina il futuro) di tutte le economie dei Paesi Sviluppati, oggi, nel dicembre del 2024 e poi del 2025.

Lo spieghiamo con maggiore chiarezza facendo ricorso ad un articolo che è apparso pochi giorni fa sulla stampa italiana (La Repubblica) a proposito della situazione in Europa.

Alcuni avevano obiettato a Mario Draghi di essersi concentrato nel suo Rapporto sul futuro dell’Europa sulla (bassa) produttività, senza parlare dei (bassi) salari. Ieri a Parigi, al simposio annuale dell’autorevole Centre for Economic Policy Research (Cepr), l’ex presidente della Bce ha spiegato che per lui le buste paga sono – eccome – parte del problema. Un problema più ampio però, cioè il modello di crescita che l’Europa ha seguito negli ultimi anni, dopo la doppia crisi finanziaria e dei debiti sovrani, molto basato sulle esportazioni e molto poco sulla domanda interna e gli investimenti. Un modello che i politici hanno perseguito “tollerando una bassa crescita dei salari come mezzo per aumentare la competitività internazionale”. Ma che, ora che la Cina non tira più e Donald Trump minaccia di colpire chiunque abbia un surplus commerciale con gli Stati Uniti, “non appare più sostenibile”.

La Germania nel mirino

Tra le righe del discorso di Draghi, pur senza essere citato, si coglie soprattutto un bersaglio critico: la Germania. E’ Berlino che negli ultimi ha ha sbilanciato la sua economia tutta sulle esportazioni, è lei che ha imposto – a se stessa prima ancora che al resto d’Europa – una cieca austerità di bilancio: “Tutti i governi avevano lo spazio fiscale per bilanciare questa debolezza della domanda interna – ha detto Draghi – ma almeno fino alla pandemia hanno fatto la scelta deliberata di non usare questo spazio”, rafforzando il circolo vizioso tra bassi salari e bassi consumi.

“Riforme” non vuole dire “flessibilità”

Per l’Europa, dunque, l’assoluta priorità è riattivare il motore della crescita “endogena”, che non dipenda dagli altri. E questo può essere fatto solo combinando in maniera ottimale riforme strutturali e politiche fiscali. Le riforme, ha spiegato Draghi, non vanno più intese nel senso della flessibilità che all’inizio del millennio ha contribuito a comprimere i salari (anche qui la Germania ha fatto scuola), ma come “un aumento della produttività attraverso la riqualificazione dei lavoratori”. Ancora più alla base però si tratta di completare il mercato unico e l’unione dei capitali, missioni che i governi europei hanno dimenticato.

Usare al massimo i margini del Patto di stabilità

Draghi è tornato a parlare di debito europeo, una delle proposte più controverse e contestate del suo Rapporto, ribadendo però che dovrebbe essere discussa solo in un secondo tempo, dopo aver completato il mercato comune. E siccome ci vorrà tempo, nell’attesa si tratta anche di ridefinire il modo in cui ragioniamo sulle politiche fiscali, uscendo dalla dicotomia tra espansione e restrizione, e migliorando invece la composizione della spesa, “più investimenti pubblici”, e il coordinamento tra i Paesi membri. Il nuovo Patto di Stabilità, ha detto, offre dei margini e la raccomandazione è di sfruttarli al massimo: “Se tutti i Paesi facessero pieno uso degli spazi concessi dal periodo di aggiustamento di sette anni, sarebbero disponibili 700 miliardi extra per investimenti”.

Si tratta di una bella fetta delle enormi risorse di cui l’Europa ha bisogno per affrontare la duplice transizione verde e digitale. E provare così a competere con Stati Uniti e Cina. L’alternativa, ha ribadito Draghi, non è avviarsi verso un declino “comodo e gestibile”, ma precipitare in una crisi che metterà a rischio i valori stessi dell’Europa.


Come vedete, stiamo parlando di cose che Recce’d aveva già affrontato, in particolare nei Post più recenti di questo Blog.

Come tradurre tutte queste considerazioni in mosse per il portafoglio titoli? Come modificare la asset allocation? Come correggere la strategia?

Per ciò che riguarda i portafogli modello di Recce’d, le nuove operazioni sui portafogli modello saranno comunicate al Cliente attraverso i nostri ALERT.

Per ciò che riguarda il pubblico dei lettori di Recce’d, ci facciamo invece aiutare da un esperto del settore, uno strategista di mercato di grande esperienza, che nel corso dell’intervista che leggete di seguito parla proprio di gestione del portafoglio titoli in questa nuova situazione che adesso tutti vedete, alla fine del 2024.

Queste indicazioni sono le sue, di questo strategista di portafoglio. Non sono quelle di Recce’d. Anche se condividiamo che “è questo il momento di essere radicali nel proprio portafoglio di investimenti”.

Quindi, non leggerete le nostre indicazioni, ma quelle che leggerete vi saranno comunque utili, come base di partenza: per rendersi conto di come, oggi, nel dicembre 2024 e guardando al 2025, sia decisivo ragionare del proprio risparmio e dei propri investimenti in modo totalmente diverso da come oggi voi siete indotti a ragionare, spinti dal financial advisor, dal promotore finanziario, dal fondivendolo, dal personal banker, dal wealth manager, dal family banker, dai media, dai TG, dalle banche di investimento.

Tutta gente che NON opera nel vostro interesse, perché opera (da sempre) in pieno conflitto di interesse. Il conflitto tra voi, investitori, e loro che guadagnano sulle vostre commissioni facendosele retrocedere.

Al contrario, lo strategista esperto, di cui leggerete l’intervista, ragiona con la mente libera dai conflitti di interesse: e ve ne renderete conto subito, vista l’indipendenza ed anche l’originalità del suo pensiero e delle sue concrete indicazioni. Ripetiamo che non sono le nostre indicazioni: quelle che leggerete non sono le indicazioni che hanno ricevuto, e ricevono, i Clienti di Recce’d.

Per ricevere quelle indicazioni, le indicazioni operative di Recce’d, ci potete contattare alla pagina CONTATTI di questo sito.

Nel testo dell’intervista che segue, troverete in corsivo le domande. Le risposte, invece non sono in corsivo. In evidenza, trovate poi i passaggi dell’intervista che noi riteniamo di immediata applicabilità alle scelte che tutti voi fate oggi per investire i vostri risparmi.

Lo stratega di mercato di lunga data, in precedenza presso la società di brokeraggio di Hong Kong CLSA, e autore del Solid Ground Report è stato una delle prime voci di avvertimento di un'imminente ondata di inflazione nell'estate del 2020. Quando The Market NZZ ha parlato con lui due anni fa, ha previsto un boom negli investimenti di capitale globali.

Napier rimane convinto che il sistema finanziario globale sia in un processo di cambiamento fondamentale. «Stiamo parlando di niente di meno che di un crollo del sistema monetario globale come lo abbiamo conosciuto negli ultimi tre decenni», afferma.

In una conversazione approfondita con The Market NZZ, che è stata leggermente modificata per chiarezza, Napier spiega cosa significa e come gli investitori dovrebbero prepararsi.

L'ultima volta che ci siamo parlati, hai detto che i governi avevano trovato l'albero magico dei soldi: che garantendo i prestiti bancari, potevano creare denaro a piacimento, aprendo la strada alla repressione finanziaria e gonfiando via il loro debito. È ancora questa la tua opinione?

Nel lungo termine, sì. La repressione finanziaria e l'inflazione via i livelli di debito gonfiati ci accompagneranno per anni, persino decenni.

Ma penso che stiamo vivendo prima una pausa. I governi hanno fatto esattamente quello che ho detto nel 2021. Hanno creato denaro su larga scala. Le loro azioni, abbastanza prevedibilmente, hanno portato all'inflazione. Ma poi sono andati nel panico. Quindi hanno restituito la palla ai banchieri centrali e hanno detto di fare qualcosa al riguardo. Secondo me, le banche centrali hanno fatto troppo, hanno frenato troppo. Da qui la mia paura che potremmo trovarci di fronte a uno shock deflazionistico nel breve termine.

Stai dicendo che le banche centrali hanno inasprito troppo le misure?

Sì. Abbiamo assistito a un crollo della crescita della moneta in senso lato di una portata che non vedevamo dagli anni '30. Ora, potresti dire che questo non importa, dal momento che è stata creata così tanta moneta ampia tra il 2020 e il 2022, e chiaramente non ha avuto importanza negli ultimi due anni. Ma ora sta iniziando a mordere. Questa è la mia prova che hanno esagerato.

Sia negli Stati Uniti che in Europa, la crescita di M2 è ripresa. Le banche centrali hanno iniziato a tagliare i tassi. Perché temi ancora uno shock deflazionistico?

Hai ragione, la crescita di M2 è ripresa un po', ma sta crescendo troppo lentamente. Dovrebbe accelerare. Il livello di crescita di M2 in relazione al livello attuale dei tassi di interesse non è semplicemente compatibile con ciò che sarebbe necessario per sostenere la crescita economica.

L'inflazione, soprattutto negli Stati Uniti, mostra segni di rigidità. Non pensi che potrebbe esserci un'altra ondata inflazionistica in arrivo?

Non riesco a conciliarlo con il tasso di crescita della moneta ampia. Certo, se dovessimo subire uno shock dell'offerta, allora l'inflazione salirebbe, indipendentemente da ciò che fa la moneta ampia. Ma in assenza di ciò, se la moneta in senso lato non sale, ciò suggerisce che l'attività economica si indebolirà. Io guardo sempre le cose attraverso un prisma monetario. A mio avviso, il prossimo shock avrà più probabilità di essere deflazionistico.

Da dove potrebbe venire questo shock?

Tu e io potremmo fare ipotesi su questo per tutto il giorno. Potrebbe essere un picco nei rendimenti obbligazionari francesi. Potrebbe essere la Cina che fa fluttuare il suo tasso di cambio, il che causerebbe la svalutazione dello yuan. Potrebbe essere il carry trade dello yen che si sgretola di nuovo. E c'è una quarta possibilità, che è l'ignoto ignoto. Qualcuno da qualche parte si mette nei guai e vedremo qualcosa rompersi nel sistema finanziario.

Quindi fondamentalmente stai dicendo che potremmo prima sperimentare uno shock deflazionistico prima di tornare a un mondo di inflazione più elevata?

Sì, la mia visione a lungo termine della repressione finanziaria rimane invariata. È l'unico modo che vedo che ci porterà fuori dai livelli record di debito. Bada bene, uso il termine shock deflazionistico, ma non sono sicuro che vedremo una deflazione vera e propria. Gli shock deflazionistici sono dannosi per l'economia, sono brutti per le azioni e sono molto pericolosi per alti livelli di debito. Non guadagni soldi come investitore cercando di prevedere gli shock deflazionistici, guadagni soldi anticipando la reazione del governo agli shock deflazionistici. E sono convinto che i governi reagiranno rapidamente costringendo le banche a concedere prestiti, sopprimendo i tassi di interesse e utilizzando i risparmi nazionali per investire in cose che desiderano.

Quali sono i segnali che ti dicono che questo sta accadendo?

Il 26 aprile, il presidente francese Emmanuel Macron ha tenuto un discorso alla Sorbona, intitolato «L'Europa può morire». Leggilo. È un cambiamento radicale. In una parte significativa del suo discorso, Macron dice che ogni anno gli europei inviano 300 miliardi di euro negli Stati Uniti per finanziare il governo americano e le aziende americane. In altre parole, sta delineando un concetto di risparmio nazionale, e che dovrebbe essere utilizzato per il bene nazionale. Mario Draghi nel suo rapporto alla Commissione europea delinea anche tutte le cose che dovrebbero essere fatte con il nuovo denaro. Gli inglesi, nel frattempo, stanno parlando di mandato, che postula che i fondi pensione in Gran Bretagna debbano investire una certa percentuale dei loro fondi a livello nazionale. Questo è ciò che ci aspetta. I governi diranno agli investitori come e dove investire il loro capitale.

E questo sarebbe conforme alla tua definizione di repressione finanziaria?

Sì. Dico che ci stiamo dirigendo verso un sistema di capitalismo nazionale.

È interessante notare che il termine ‹capitalismo nazionale› è stato usato prima, da un uomo che ha vissuto a Zurigo per un po': il suo nome era Lenin. In un sistema di capitalismo nazionale, i governi indirizzano i risparmi nazionali verso scopi nazionali. E i nostri scopi oggi sono gli investimenti, come delineato da Macron o Draghi e anche dalle iniziative di politica industriale negli Stati Uniti: investimenti in infrastrutture energetiche, nella difesa, in nuove capacità produttive per ridurre i rischi dalla Cina. Se entriamo in una brutta Guerra Fredda con la Cina, questo avrà un'alta priorità nazionale.

Ti aspetti una continuazione del boom delle spese in conto capitale che hai delineato due anni fa?

Sì, tutto si sta allineando. Puoi chiamarlo politica industriale, friendshoring o de-risking. Si riduce alla stessa cosa: investimenti diretti dallo Stato. Di nuovo, leggi il discorso di Macron. Dice che se non impariamo di nuovo a costruire cose, l'Europa può morire. Certo, è incline a dichiarazioni eccessivamente drammatiche, ma non ha detto che l'Europa è un po' malata. Ha detto che l'Europa può morire. Questa è una questione di vita o di morte. Costruire equipaggiamento militare è una questione di vita o di morte. Investire è diventato una questione di sopravvivenza nazionale. I governi di tutto il mondo hanno bisogno di indirizzare gli investimenti verso gli scopi che vogliono raggiungere.

E poiché i livelli di debito sono già a livelli record e i mercati non forniscono finanziamenti a tassi accettabili, i risparmi nazionali dovranno essere sfruttati e i tassi di interesse dovranno essere soppressi?

Esatto. A livello globale, il debito totale sul PIL oggi è vicino al 200%. Non lo abbiamo mai visto prima.

La Francia è al 311%, gli Stati Uniti al 255%, il Giappone al 400%. Stiamo parlando di almeno un decennio e mezzo per tenere la situazione sotto controllo. Per Giappone e Francia ci vorrà ancora più tempo.

Ritieni che la tecnologia, come l'intelligenza artificiale, possa creare un boom della produttività, aumentando la crescita economica reale, il che aiuterebbe le nostre economie a uscire dal loro debito?

Ci sono solo cinque modi per uscire da un problema di debito:

austerità, default, elevata crescita reale, iperinflazione o repressione finanziaria.

La migliore per tutti noi sarebbe un'elevata crescita reale. Per ottenerla, hai bisogno di una rivoluzione della produttività, dovremmo aumentare la crescita reale al 3 o 4% annuo. L'intelligenza artificiale ci riuscirà? Ne dubito. Guarda la rivoluzione di Internet: ha trasformato il mondo intero, ma non ha aumentato molto la produttività. C'è un libro interessante del mio amico Alasdair Nairn, intitolato «Engines that Move Markets». Risale al boom ferroviario del XIX secolo e mostra uno schema molto coerente: quando appare una nuova tecnologia, attrae enormi quantità di capitale. C'è un investimento fisico su larga scala. Ciò porta inevitabilmente a un sovrainvestimento, creando cattivi rendimenti, e poi l'intera cosa crolla. Di solito è nelle rovine della prima bolla di investimento che puoi identificare gli usi veramente produttivi della nuova tecnologia. Pensa ad Amazon: oggi è un chiaro vincitore dell'era di Internet. Ma dal 2000 al 2003, il prezzo delle sue azioni è sceso del 90%. L'intelligenza artificiale sarà diversa? Non sono abbastanza intelligente per capirlo. Ma ne dubito.

Hai detto che vedi il mondo muoversi verso un sistema di capitalismo nazionale. Ciò sconvolgerebbe tutto ciò che la maggior parte degli investitori oggi dà per scontato: libero flusso di capitali, rendimenti obbligazionari basati sul mercato e simili.

Sì. La parte più importante è l'idea che i risparmi nazionali debbano essere utilizzati per scopi nazionali. Ci sarà una grande spinta a rimpatriare i capitali, di nuovo in Europa e di nuovo in Giappone, per esempio. L'altra parte è che dobbiamo capire quanto dell'attuale sistema finanziario mondiale si basi sulla Cina e sulla sua decisione del 1994 di gestire la sua valuta rispetto al dollaro. Dopo la crisi finanziaria asiatica del 1997-98, la maggior parte dei paesi asiatici ha iniziato a fare la stessa cosa. Il risultato è stata una crescita esponenziale delle riserve in dollari. Erano tutti acquirenti non sensibili al prezzo di titoli del Tesoro e di altri asset statunitensi. Questo enorme flusso di capitale ha spinto i tassi di interesse verso il basso e i prezzi delle azioni verso l'alto. Oggi, 58,5 trilioni di dollari di asset americani sono di proprietà di stranieri. Si può sostenere che questo sistema abbia iniziato a crollare nel 2014, quando le riserve valutarie globali hanno raggiunto il picco. Ora sta giungendo al termine, perché non funziona più per la Cina. La Cina ha raggiunto la fine della corda, sia in termini di debito totale rispetto al PIL, sia in termini di non volontà del resto del mondo di assorbire più la sovrapproduzione cinese. Storicamente, ogni trenta o quarant'anni i sistemi monetari crollano. Quello attuale, quello con cui conviviamo dal 1994, sta crollando davanti ai nostri occhi.

Come sarà il nuovo ordine finanziario mondiale?

Affrontiamo prima la Cina. La Cina si separerà dal resto. Vorranno adottare una politica monetaria veramente indipendente, una politica che dovrà essere molto più flessibile per affrontare i loro problemi economici interni e per ridurre il loro debito interno. Direbbero semplicemente che il tasso di cambio non è più un obiettivo. Di conseguenza, prevedo che la loro valuta cadrà. Molti osservatori pensano che la Cina possa formare un nuovo sistema con i suoi ‹alleati›. Ma perché ciò accada, dovremmo vedere aumentare le riserve di renminbi come attività di riserva. Riceviamo dati su questo ogni trimestre dal FMI, e mostrano che non sta accadendo. Pechino potrebbe istituire un sistema in cui i paesi possono regolare gli scambi in renminbi, ma finora, tutte le prove che abbiamo sono che nessuno vuole detenere renminbi come attività di riserva.

Ok, quindi pensi che la Cina svaluterà. E il sistema finanziario per il resto del mondo?

Deve essere un sistema che consenta a tutti di ridurre il loro debito tramite inflazione. Deve essere un sistema che consenta l'inflazione e la soppressione dei tassi di interesse nazionali attraverso l'uso dei risparmi nazionali. Ciò significa che dovranno esserci forme di controllo dei capitali. Nel mondo odierno, in cui la maggior parte delle attività finanziarie è detenuta da istituzioni, i controlli sui capitali possono assumere la forma di regolamentazione. Pensa al tuo regolatore governativo che impone a tutti i fondi pensione di acquistare una certa quantità di debito pubblico o altre attività finanziarie nazionali. Ecco come sarà il capitalismo nazionale.

Sembra orribile.

Non sarà necessariamente una brutta esperienza per l'intera popolazione, almeno per i primi anni. Ricorda, i governi vogliono incanalare molti investimenti di capitale nelle loro economie, mentre lentamente gonfiano il loro debito. Questo sistema è terribile per i risparmiatori, ma non sarà così male per i lavoratori manuali. Un investitore azionario attivo può trarre vantaggio dalla ridistribuzione della ricchezza dai risparmiatori ai lavoratori e dalla generazione più anziana a quella più giovane. Ci saranno alcuni vincitori aziendali nel nuovo regime.

Come investitore, dove dovrei investire ora?

Non dovresti possedere titoli a tasso fisso. Nessuno. Far scomparire il debito significa distruggere il potere d'acquisto dei titoli a reddito fisso. Ci possono essere dei rally, ma il reddito fisso è in un lungo mercato ribassista. I mercati obbligazionari rialzisti e ribassisti si muovono in periodi di circa 40 anni e ora siamo nel terzo anno dell'attuale mercato ribassista.

Puoi perdere una fortuna in termini reali nel lungo termine. Quindi: niente obbligazioni. Punto.

Cosa acquistare, allora?

L'oro è già salito del 30% quest'anno e vorrei ancora possederlo. È l'asset di spicco.

Sto parlando di niente di meno che di un crollo del sistema monetario globale come lo conosciamo dal 1994. Quando il sistema di Bretton Woods crollò nel 1971, l'oro passò da $ 30 a $ 850 l'oncia.

Tutto quello che sai è che quando si verifica un crollo strutturale del sistema monetario globale, l'oro salirà. Non abbiamo ancora visto quella mossa. Ho appena trascorso due settimane a parlare con i gestori di fondi e posso dirti che non sono ancora molto interessati all'oro. E, naturalmente, la maggior parte del tuo portafoglio dovrebbe essere in azioni.

Quali azioni dovresti possedere?

Questo è piuttosto complicato. Perché se ci spostiamo in un mondo in cui ogni istituto di risparmio del mondo sviluppato deve rimpatriare i beni per acquistare obbligazioni del proprio governo, dovrà liquidare l'unica attività in cui si è ammassato negli ultimi anni: l'S&P 500. Negli ultimi anni, tutti gli investitori istituzionali del mondo si sono affollati in azioni statunitensi a grande capitalizzazione. Se fossero obbligati a possedere attività nazionali, sarebbero costretti a vendere attività statunitensi. Quindi non vorresti possedere l'S&P 500.

Perché è l'attività che verrà liquidata?

Sì. E inizia con una valutazione storicamente elevata. L'S&P 500 è eccessivamente sopravvalutato e sovraposseduto da stranieri che potrebbero essere costretti a vendere.

Cosa dovresti possedere allora?

Azioni che non saranno liquidate, perché non sono eccessivamente rappresentate nei portafogli degli investitori istituzionali. Gli asset poco amati e poco posseduti: azioni a media e piccola capitalizzazione, così come azioni value. Inoltre, cercherei azioni che beneficiano del boom globale delle spese in conto capitale. Il Giappone ne offre molte. Il tipico gestore di fondi oggi ha il 40% in obbligazioni e il 60% in azioni, di cui più della metà è nell'S&P 500. Sono tutte ammassate negli stessi asset.

Per avere successo nel grande cambiamento strutturale che vedo arrivare, devi essere radicale nel tuo portafoglio.

Niente obbligazioni, niente S&P 500. Acquista azioni che nessuno vuole oggi e possiedi molto più oro.

La saggezza convenzionale dichiarerà rischiose le quantità che possiedi di questi asset, accettando al contempo che gli asset che possiedi non siano particolarmente rischiosi. Questa è la posizione che ha sempre premiato gli investitori quando si è verificato un importante cambiamento strutturale.

Poco più di due anni fa, si parlava molto di una rinascita delle azioni value. Poi, apparentemente dal nulla, è arrivato il tema dell'intelligenza artificiale e gli investitori si sono riversati di nuovo sui Magnifici Sette.

In effetti, Nvidia è salita di oltre il 200% quest'anno. Ma guarda Mitsubishi Heavy Industries: il prezzo delle sue azioni è salito del 180% quest'anno. Ovviamente, Nvidia ottiene tutti i titoli più importanti, ma sotto la superficie alcuni dei grandi cambiamenti collegati al ciclo di boom del capex stanno emergendo. Il cambiamento è mascherato dal successo del Mag-7.

In un mondo in cui i paesi introducono misure di repressione finanziaria, la valvola di sfogo sarebbe solitamente il tasso di cambio. Guardando al futuro, quali valute vorresti evitare?

Questa non è una domanda facile, perché dai per scontato che alle forze di mercato sarà consentito di lavorare. Ma prendi lo yen, ad esempio: la mia opinione è che gli investitori giapponesi saranno convinti a rimpatriare i capitali in Giappone per gli anni a venire. Saranno costretti ad acquistare JGB. Quindi sì, i giapponesi potrebbero gonfiare il loro debito, ma almeno per un certo numero di anni, lo yen salirebbe comunque, a causa dei flussi di rimpatrio. Lo yen è grossolanamente sottovalutato per cominciare. Il vero problema, secondo me, è l'euro. Se la Francia deve gonfiare il suo debito e la Germania no, ti chiedi come diavolo possa funzionare tutto. I tassi di cambio sono difficili, perché per trent'anni abbiamo esaminato i tassi di cambio in base alle forze di mercato. Ora dovremo esaminare la direzione dei flussi di capitale, e questi potrebbero non essere guidati dal mercato ma guidati dall'obbligo statale.

Supponiamo di essere nel 2029. Cosa ti farebbe dire che, a posteriori, eri completamente sbagliato con le tue opinioni?

Se succede qualcosa che aumenta significativamente il tasso di crescita reale. Abbiamo parlato di IA e ho condiviso i miei dubbi. Potrebbe anche essere qualcosa che ci convince che avremo prezzi dell'energia super bassi per sempre. Chissà, forse possiamo arrivarci con questi piccoli reattori nucleari. In un mondo in cui l'energia è effettivamente gratuita, potremmo avere una spinta nella crescita reale. Sembra semplicemente improbabile, perché il mondo si sta riempiendo di persone anziane come me e siamo meno produttivi. Leggi «The Great Demographic Reversal» di Charles Goodhart e Manoj Pradhan. È il miglior libro sull'argomento.

Quindi sì, potrei sbagliarmi completamente se avessimo una rivoluzione della produttività. Storicamente, è stato difficile prevederli con precisione. Ma è meglio che sia una grande rivoluzione. È ciò che tutti dobbiamo sperare.


Russell Napier

Russell Napier è autore del Solid Ground Investment Report e co-fondatore del portale di ricerca sugli investimenti ERIC. Ha scritto articoli di strategia macroeconomica per investitori istituzionali dal 1995. Russell è fondatore e direttore del corso Practical History of Financial Markets presso la Edinburgh Business School e custode della Library of Mistakes, una biblioteca di storia dei mercati finanziari a Edimburgo.

Valter Buffo
Chiedere scusa non basterà
 

Il nostro Post di oggi è collegato, in modo diretto, al Longform’d della settimana scorsa ed anche ad un precedente Post.

In più come leggerete più avanti, vi parleremo anche … di patologie intestinali: ed in particolare, di dissenteria.

Procediamo però con ordine. Nel nostro Longform’d di sette giorni fa, così come nel Post precedente, abbiamo portato alla vostra attenzione quello che sarà questo il tema di investimento dominante del 2025. E l’attualità ogni giorno ce lo conferma, in modo concreto.

Accade però che, se seguite i mercati finanziari attraverso i media tradizionali, oppure attraverso i siti Web di informazione finanziaria, non trovate neppure una parola su questo tema.

Sui media leggete invece dell’effetto Trump (che NON esiste nei numeri dei mercati), del rally di fine anno (che fino ad oggi NESSUNO ha visto) e della riunione della BCE (che NON ha il minimo effetto sui prezzi di mercati).

Avrete già osservato che, curiosamente, NESSUNO ha dedicato una riga, in questo 2024, al fatto che più di tutti ha segnato i mercati finanziari: ciò che a gennaio veniva dato per certo, ovvero un robusto calo dei rendimenti dei Titoli di Stato, NON c’è stato. I prezzi NON sono saliti, e questo per la ragione che i rendimenti invece sono saliti.

Ma NESSUNO, in Italia o nel Mondo, si è sentito in dovere di scrivere: “vi avevamo detto che i rendimenti sarebbero scesi: non è successo, per questa o quella ragione”.

Noi di Recce’d, come ben sapete, siamo unici: anche in questo. Noi affrontiamo i temi che scottano, quelli difficili, quelli che necessitano di analisi.

I temi che, per un investitore, davvero contano: ad esempio, oggi, che “chiedere scusa non sempre basta”.

I nostri lettori sanno molto bene quale è il giudizio di Recce’d sulle politiche economiche che sono state adottate prendendo a pretesto la pandemia: ne scriviamo, in modo esplicito, fin dall’agosto 2020.

Per conseguenza i nostri lettori sanno molto bene quali sono i nostri giudizi sull’operato di figure pubbliche come Janet Yellen.

Lo ammettiamo: quando sugli schermi è apparsa questa sua dichiarazione, abbiamo fatto un salto sulla sedia.

Le sue scuse hanno avuto una vastissima eco sui mercati finanziari: e, come si legge qui sotto, hanno suscitato un grande numero di reazioni … arrabbiate.

Sullo specifico di queste dichiarazioni, ci asteniamo da commenti: tutto ciò che c’era da dire, Recce’d lo ha detto e scritto anni fa.

Anche in pubblico ed anche qui nel Blog.

Quello che a noi fa sorridere, di queste dichiarazioni, è il tono di sorpresa e di stupore: quasi come se solo oggi, alle soglie del 2025, il massimo responsabile delle Finanze dello Stato americano si sia resa conto dei numeri.

Dei numeri che leggete sotto, nell’immagine.


Come abbiamo già detto, le scuse pubbliche di Janet Yellen hanno suscitato un grande numero di reazioni negative ed anche infuriate: tra quelle più analitiche ed ordinate, c’è quella che riportiamo qui di seguito.

A fine novembre è successa una cosa divertente.

La segretaria del Tesoro uscente, nonché ex presidente e vicepresidente della Fed, Janet Yellen ha detto di aver parlato con il candidato di Donald Trump a suo successore, Scott Bessent, dopo che era stato scelto per il lavoro. Durante un evento di martedì organizzato dal WSJ, Yellen ha detto che in una chiamata prima del Ringraziamento, aveva parlato a Bessent, un veterano gestore di hedge fund, dell'ampiezza del lavoro e della forza dello staff del dipartimento.

Yellen, che non aveva mai lavorato un giorno nel settore privato, e tanto meno in un hedge fund in cui sei bravo quanto la tua ultima operazione e hai successo solo se sei più furbo della maggior parte dei tuoi pari, ha ribadito i precedenti avvertimenti contro l'invasione dell'indipendenza della Federal Reserve e sugli ampi aumenti tariffari, esprimendo al contempo rammarico per la situazione fiscale.

"Quello che la ricerca ha dimostrato, e questo è certamente ciò che vedo dalla mia esperienza personale, è che i paesi hanno prestazioni migliori, non solo hanno prestazioni in termini di inflazione, ma anche prestazioni reali in termini di creazione di posti di lavoro e crescita sono più forti quando una banca centrale è lasciata usare il suo miglior giudizio senza influenza politica", ha detto Yellen, senza alcun motivo, poiché la Fed è ed è sempre stata un'entità politica da usare e abusare da chiunque sia al potere. Un esempio concreto: Yellen, come il suo predecessore Bernanke, ha mantenuto i tassi troppo bassi per troppo tempo in modo che i suoi signori democratici potessero godere di un periodo di relativa tranquillità (mentre generava anche quella che presto sarà la più grande crisi finanziaria nella storia degli Stati Uniti).

Tuttavia, niente di tutto ciò è stato divertente. Ciò che lo è stato è che Yellen ha anche espresso rammarico per non essere riuscita a fare più progressi nel ridurre il deficit fiscale durante il suo mandato.

"Sono preoccupata per la sostenibilità fiscale e mi dispiace che non abbiamo fatto più progressi", ha detto aggiungendo che "credo che il deficit debba essere ridotto, soprattutto ora che ci troviamo in un contesto di tassi di interesse più elevati".

Questo è davvero divertente per due motivi.

In primo luogo, è stato sotto la supervisione di Yellen che gli Stati Uniti hanno sperimentato il loro più grande aumento del debito nella storia. Come mostrato di seguito, Yellen è stata presidente della Fed da ottobre 2010 a febbraio 2014, e poi presidente della Fed da febbraio 2014 a febbraio 2018, un periodo durante il quale ha intenzionalmente mantenuto i tassi a zero per quasi tutta la durata del suo mandato "apolitico". Diciamo "apolitico" perché a gennaio 2021 la maschera è caduta e Yellen è stata scelta per la sua ideologia politica per servire come la principale democratica di Biden che stampa debito prendendo il controllo del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, dove in più di un'occasione ha intenzionalmente manipolato l'emissione di debito degli Stati Uniti per aumentare le attività di rischio a scapito di una straziante crisi del debito che incombe sotto l'amministrazione Trump poiché trilioni di debito ora devono essere rinnovati a un tasso molto più alto. Ma più concretamente, sotto Yellen il debito totale degli Stati Uniti è aumentato di 6,8 trilioni di dollari mentre era presidente/vicepresidente della Fed e poi di altri 8,4 trilioni di dollari mentre era segretaria del Tesoro di Biden.

In altre parole, Yellen ha presieduto personalmente un gigantesco aumento di 15,2 trilioni di dollari del debito degli Stati Uniti, ovvero circa il 42% di tutto il debito degli Stati Uniti mai emesso! Nessun altro funzionario governativo può fare un'affermazione anche lontanamente simile.

Quindi sì, il mondo ha certamente tutte le ragioni per essere "preoccupato per la sostenibilità fiscale", ma l'ultima persona autorizzata a cercare responsabilità è Yellen, che è l'unica persona negli Stati Uniti più direttamente complice nel rendere la sostenibilità fiscale degli Stati Uniti una grande barzelletta.

E no, dire che è "dispiaciuta" non basterà.

La seconda ragione per cui le parole di Yellen sono grottesche e ridicole è che, come abbiamo mostrato prima, nei suoi ultimi giorni, l'amministrazione Biden, che è meglio conosciuta per aver speso miliardi per comprare voti negli Stati Uniti (e inspiegabilmente, in Ucraina), ha deciso di chiudere con un botto, e in un momento in cui la spesa pubblica sta raggiungendo nuovi massimi record mese dopo mese, anche se le entrate fiscali statunitensi sono rimaste invariate negli ultimi cinque anni...

... gli Stati Uniti hanno appena iniziato il loro ultimo anno fiscale con il più grande aumento bimestrale del deficit di bilancio mai registrato.

Nel frattempo, la spesa per interessi negli Stati Uniti è ora di 1,2 trilioni di dollari, la seconda spesa governativa più grande che supera la spesa per la difesa e la sanità, ed è a una sola crisi del debito e/o picco dei tassi di interesse di distanza dal superare la spesa per la previdenza sociale come la più grande spesa governativa per il governo più indebitato del mondo.

Quindi sì, Janet, anche noi siamo "dispiaciuti"... dispiaciuti che sotto i tuoi vari mandati ufficiali gli USA abbiano preso misure irrevocabili per perdere la valuta di riserva mondiale (non crederci, proprio come l'oro e il bitcoin), e dispiaciuti che gli USA siano a pochi mesi dalla più grande crisi finanziaria della storia.

Naturalmente, ci rendiamo anche conto che a 78 anni la tua previsione che non ci sarà "nessuna crisi importante nella tua vita" è - in un modo o nell'altro - probabilmente esatta. Se solo fosse vero anche per il resto di noi


Il nostro lettore potrà trovarsi d’accordo, o meno, con il tono utilizzato dall’autore del commento che avete appena letto. E potrà liberamente schierarsi a favore oppure contro il Presidente Trump e la suua Amministrazione.

Per la nostra professione, lo schieramento politico a favore di questo o di quello non è un’opzione. Conta nulla, risolve nulla: per noi, parlano i risultati, i fatti.

Lasciando quindi il tono del commento precedente del tutto da parte, concentriamoci sulla sostanza: ciò che per Recce’d conta sono i numeri che Yellen ci lascia, e le conseguenze delle scelte operate da Yellen (in accordo con altri).

Perché quelle conseguenze non le pagherà Yellen (che esce di scena):le pagheremo (soprattutto) noi investitori.

Come sempre.

Facciamo ancora un esempio concreto: al di là delle dimensioni assolute del deficit e del debito, Yellen ha anche deciso (e qui la scelta è solo sua) di concentrare le emissioni di Titoli di Stato sulle scadenze brevi.

Questa scelta ha gonfiato i mercati finanziari in prima battuta, nel 2023 e nel 2024: e li farà scendere poi, dal 2025. Dopo che lei sarà uscita di scena.

I dati sulle nuove emissioni di Titoli di Statoli potete leggere nel grafico che segue.

In aggiunta a questo, oggi noi vi dovremmo parlare anche del fenomeno dei “reverse REPO”, che viene illustrato nel grafico che segue. Per ragioni di spazio, scegliamo di non approfondire questo argomento nel Post che state leggendo: lo faremo sicuramente, ma durante i contatti diretti con i nostri Clienti.

Ed anche con voi lettori, se ci contatterete attraverso la pagina CONTATTI di questo sito.

Concentriamoci ora sulle ricadute sui mercati della situazione che abbiamo appena descritto, ovvero le “scuse di Yellen”. Lo facciamo grazie al contributo che trovate qui di seguito.

Nel testo che state per leggere, viene sintetizzato l’argomento di quelli (e sono tanti) che NON la vedono come Recce’d sul futuro dei mercati.

La premessa che trovate nell’articolo (mega forze stanno rimodellando le economie e le loro traiettorie a lungo termine — non si tratta più di fluttuazioni a breve termine dell'attività che portano all'espansione o alla recessione) è pienamente condivisa da Recce’d: ma c’è una differenza, molto importante, che sta nei fatti.

La differenza, tra la visione di Recce’d e quest’altra, è dovuta al fatto che queste considerazioni (del tipo: non c’è più la recessione) possono essere formulate unicamente grazie che vi abbiamo mostrato in precedenza, ovvero i dati per i quali Yellen “si è scusata”.

Dati che, come vi abbiamo già fatto vedere in passato più volte, vengono accuratamente evitati, ignorati, messi da parte da tutti quelli che a voi scrivono di “soft landing”, “Goldilocks”, “fine del ciclo economico”, e tutta quell’altra paccottiglia distribuita a piene mani dagli “ottimisti di professione”, dove la “professione” sta nell’incassare le retrocessioni dai Fondi Comuni, dalle GPM e dalle polizze vita.

Quando si arriva alla fine dell’articolo che segue, poi, si ritorna ad argomenti e conclusioni che Recce’d condivide pienamente.

“Le mega forze stanno rimodellando le economie e le loro traiettorie a lungo termine — non si tratta più di fluttuazioni a breve termine dell'attività che portano all'espansione o alla recessione. Il 2024 ha rafforzato la nostra opinione che non siamo in un ciclo economico: l'intelligenza artificiale è stata un importante motore di mercato, l'inflazione è scesa senza un rallentamento della crescita e i tipici segnali di recessione non sono riusciti. La volatilità è aumentata e le narrazioni sono cambiate mentre i mercati continuavano a vedere nuovi dati attraverso una lente del ciclo economico, non di trasformazione”.

Questo è quanto si legge nelle prospettive di investimento 2025 di BlackRock, pubblicate ieri. Non è proprio Gordon Brown che si vanta alla vigilia della crisi finanziaria di aver eliminato i cicli di espansione e contrazione, ma ci sono strani echi.

Tuttavia, BlackRock è BlackRock. Un grande gestore di Fondi Comuni non suonerà mai troppo negativo nelle sue grandi prospettive annuali, quando il punto è attirare gli scommettitori nella sala scommesse.

Ovvero, come afferma la stessa BlackRock:

Questo panorama fondamentalmente diverso sovverte la natura degli investimenti, a nostro avviso. Riteniamo che gli investitori possano trovare opportunità attingendo alle onde di trasformazione che vediamo in arrivo nell'economia reale, con l'intelligenza artificiale e la transizione a basse emissioni di carbonio che richiedono investimenti potenzialmente alla pari con la rivoluzione industriale.

Ciò che è più evidente è quanti perma-bear stanno ora gettando la spugna. Persino Nouriel Roubini sta suonando straordinariamente positivo in questi giorni, e ora David Rosenberg sta pubblicando mea culpas (anche se insiste che non è quello che è).

In conclusione: si può ragionevolmente discutere se il mercato azionario sia aumentato in modo esponenziale, ma non si può negare che l'aumento dell'S & P 500 negli ultimi due anni sia stato a dir poco straordinario. E chiaramente è andato molto più lontano di quanto pensassi, specialmente negli ultimi dodici mesi, e quindi a questo punto, vale la pena dedicare tempo e sforzi per discutere e interpretare il messaggio del mercato; togliere il cappello ai tori che, dopo tutto, sono stati dalla parte giusta, e fornire qualche spiegazione dietro questa potente ondata.

Questo non è un tentativo di mea culpa o di gettare la spugna, tanto quanto il lamento di un orso che ha fatto i conti con la premessa che mentre il mercato è stato sicuramente esuberante, potrebbe non essere del tutto irrazionale. Le credenziali di Rosenberg sono state ben consolidate per diversi decenni. È il tuo orso preferito dell'analista ribassista preferito. Fino al mese scorso consigliava alle persone di entrare in contanti perché sentiva che praticamente tutto era sopravvalutato. Quindi il cambiamento di Rosenberg è . . . interessante. Vale la pena leggere tutta la sua argomentazione, poiché alcuni dei suoi ragionamenti ribassisti persistono ancora.

Ad esempio, Rosenberg ritiene ancora che potrebbe esserci una correzione in qualunque momento presto, forse innescata da una Federal Reserve più aggressiva. Ma pensa che la risposta sarà e probabilmente dovrebbe essere quella di "comprare in calo". Questo pezzo si è distinto per noi, poiché non avremmo mai pensato di sentire Rosenberg dire senza ironia qualcosa come "questa volta è diverso":

odio usare il termine "nuova era" o "è diverso questa volta", ma non abbiamo un campione di grandi dimensioni di punti dati storicamente su punti di inflessione così importanti sulla curva tecnologica. Ma quando si verificano, quello che trovi è ciò che abbiamo oggi tra le mani, che, ancora una volta, è una comunità di investimento che allunga i propri orizzonti di investimento e rende obsolete le classiche metriche di valutazione (almeno per l'ambiente in cui ci troviamo attualmente).

Questo è il punto principale.

Questo è il genere di cose che accadono per lo più poco prima delle principali svolte del mercato.

Per fortuna Albert Edwards è cupo come sempre, perché se cambiasse idea probabilmente si scatenerebbe l'inferno.

L’articolo qui sopra si chiude con un accenno ad Albert Edwards, un notissimo analista e commentatore dei mercati finanziari internazionali.

Molti hanno definito Edwards come un “perma-bear”: un ribassista perenne.

Recce’d (lo abbiamo spiegato in decine di occasioni) non è ribassista, e neppure rialzista: sono concetti del tutto estranei al nostro modo di valutare e di operare sui portafogli.

Recce’d ogni mattina si affaccia sui mercati finanziari con la mente del tutto libera, e pronta a modificare tutte le valutazioni fatte sino al giorno prima.

Recce’d ovviamente non è mai “pessimista”: sarebbe contrario agli interessi di chi si affida a noi per la gestione del proprio risparmio. Ma Recce’d non è neppure “ottimista su commissione”, come le banche internazionali e tutti i nostri “venditori a commissione” di polizze, di GPM e di Fondi Comuni. Quello risulterebbe ancora più dannoso, per la gestione del risparmio

Noi di Recce’d guardiamo, ogni giorno, alla realtà dei fatti: con analisi approfondite ed anche con senso critico, senza mai nasconderci dietro a “quello che dicono tutti” . Quella sarebbe una scelta dalle conseguenze catastrofiche, per la gestione del portafoglio.

Torniamo ad Albert Edwards, e lasciamo al nostro lettore di decidere se c’è tanta oppure poca realtà, nelle opinioni di Albert Edwards che leggete nel brano che completa questo Post.

Potrete facilmente capire il punto nel quale il brano che segue si collega in modo diretto al Longform’d della settimana scorsa

E facilmente potrete comprendere come guadagnare (finalmente) dalla gestione del vostro risparmio, fin dalle prime battute del 2025.

Vi suggeriamo ancora: fate attenzione ai dati, ai numeri più che alle parole.

La scorsa settimana abbiamo notato che molto dipende dal fatto che Albert Edwards di SocGen non getti la spugna sul ribassismo, il che sarebbe davvero un segno della fine dei tempi in cui il top era in.

Fortunatamente la sua ultima nota è fedele alla forma cupa e presenta il suo premio per il “grafico più pazzo del Mondo” di questo 2024 (lo vedete qui sopra): Edwards ha sostenuto che questa enorme impennata degli utili aziendali in percentuale del PIL, anche dopo un aumento secolare di 20 anni, è in parte dovuta alla "greedflation" (la inflazione da avidità, con i prezzi aziendali che superano i costi del lavoro),

ma è principalmente attribuibile alla "dissenteria fiscale" americana:

. .  . È facile razionalizzare l'eccesso di valutazione degli Stati Uniti. Conosciamo tutti gli argomenti perché li sentiamo e li leggiamo quasi ogni giorno. In sostanza, l'argomentazione è che le azioni statunitensi meritano un premio enorme perché i profitti stanno crescendo molto più rapidamente negli Stati Uniti che in qualsiasi altra grande economia, una tendenza che probabilmente continuerà data la sua dominanza nelle aziende legate alla tecnologia. Ciò ha un senso, persino per un orso come me! 

Ma un semplice fattore del successo delle inc statunitensi viene spesso trascurato. Il deficit del governo statunitense dopo il Covid è rimasto super espansionistico a circa il 7,5% del PIL nel 2023, 2024 e previsto per il 2025 (dati FMI). Ciò si confronta con l'eurozona e persino il Giappone (ad esempio) con deficit di "solo" il 3% del PIL. Si tratta di un grande divario. 

Pensiamo che molti investitori sottovalutino ampiamente quanto sia cruciale la dissenteria fiscale statunitense come propellente di una crescita dei profitti statunitensi di gran lunga superiore che a sua volta "giustifica" valutazioni del mercato azionario molto più elevate.

È molto più "sexy" aggrapparsi a una storia sull'eccezionalismo aziendale statunitense nella tecnologia. Comprendere la vera fonte (fiscale) della crescita degli utili superiori delle aziende statunitensi ci dà un'idea di quanto sia sostenibile la bolla azionaria statunitense.

Naturalmente Edwards pensa che la fine sia alta, evidenziando come il tasso di disoccupazione statunitense quest'anno si sia mosso al di sopra della sua media mobile a 36 mesi, un indicatore affidabile di una recessione in arrivo, secondo lui. Siate attenti: un analogo incrocio recessivo si è già verificato a maggio 2024, ma per aggiungere cautela, la media mobile a 36 mesi ha appena iniziato a salire anche a novembre, cosa che di solito accade solo in piena recessione.

O questa volta è diverso, o gli Stati Uniti potrebbero semplicemente scivolare verso una recessione che schiaccia i profitti. La natura sta guarendo, ecc.


Valter Buffo
Longform’d. L’America è la grande bolla
 

Diciamolo chiaramente: la Borsa di New York ci ha un po’ delusi tutti quanti.

Tutti i giornali e tutti i media hanno ripetutamente scritto e commentato dell’effetto-Trump. Ed in particolare, hanno ripetutamente scritto del rally della Borsa di New York.

Da Borsa di New York, effettivamente, ha messo a segno un rialzo molto ampio nel 2024. ma prima, e non dopo, che Trump ha vinto le elezioni.

Dopo che la vittoria di Trump è stata annunciata, in un mese, la Borsa di New York è salita del 2%, come vedete nella prima immagine sopra. Il 2% in un mese … non è esattamente un “rally”, visto che significa circa una media dello 0,1% per seduta, e che può essere cancellato in una sola ora di mercato.

E le Borse europee? Seguono passo-passo la Borsa di New York, per ragioni che vi abbiamo già descritto nel Blog, e quindi nel mese successivo alla vittoria di Trump sono salite … guarda caso proprio del 2%.

La differenza? La differenza sta nel fatto che a ieri, venerdì 6 dicembre, le Borse europee stavano sotto il massimo del 2024. Qui, non c’è neppure la soddisfazione di scrivere di “nuovo record assoluto” (record che fa sempre rumore sui media, anche se viene raggiunto con tanti rialzi quotidiani dello 0,05% grazie alle grandi mani delle banche di investimento).

Dopo Trump, ed in vista del “rally di fine anno”, la grade massa coi media e i promotori, tutti si aspettavano molto di più.

CNBC, ad esempio, martedì scorso ci rassicurava dicendo: “c’è ancora tempo” (per il “rally di fine anno”).

Ma è vero?


Oggi, nel nostro nuovo Longform’d, ovviamente noi NON ci concentriamo sul “rally di fine anno”, del quale ci importa nulla (per ragioni già ampiamente illustrate, che hanno a che vedere con il nostro metodo di lavoro, con la nostra strategia di investimento e con la nostra asset allocation innovativa.

Ci concentriamo invece su quello che, in questo momento, è per la massa dei venditori di Fondi e delle banche di investimento, è il tema unico: il tema di investimento che (per loro e non per Recce’d) ha dominato per tutto il 2023 e per tutto il 2024.

Si tratta di quello che giornali e TV chiamano “eccezionalismo americano”: sui mercati finanziari oggi dominano gli eccessi, le anomalie, e anche la mania, e questo perché è stato diffusa (dalle reti dei promotori, dalle reti di private banking, dalle reti di financial advisors, e ovviamente dalle banche di investimento) l’illusione che “in America, sui mercati finanziari, qualsiasi eccesso è possibile e qualsiasi mania può durare indefinitamente”.

La cosa, ovviamente è falsa: è appunto una illusione, un sognare ad occhi aperti, un mettere la speranza al posto del raziocino.

E la speranza non è una strategia, come tutti voi sapete.

La speranza, nel mondo degli investimenti, è la più grande trappola. L’ottimismo che prevale sulla ragione porta, inevitabilmente, a grandi stravolgimenti per ritornare all’equilibrio.

Un investitore deve fare una accurata analisi di questo comportamento dei mercati, per comprendere che cosa ci stanno dicendo per il futuro. Noi, come sempre facciamo, forniamo al lettore concreti punti di riferimento proprio partendo da questo punto: ovvero “l’eccezionalismo americano”.

Prima di tutto, leggiamo insieme in che modo ne scrive il più importante canale di informazione finanziaria.

Gli Stati Uniti, in termini di economia e mercati finanziari, sembrano funzionare a pieno regime.

Sebbene i principali indici statunitensi siano scesi ieri, se considerati nel contesto della loro performance di questa settimana, sembra una leggera pausa dopo aver raggiunto una serie di livelli di chiusura record.

E le azioni statunitensi potrebbero continuare a segnare nuovi massimi in futuro, secondo gli analisti bancari.

"Per quanto riguarda l'SPX, crediamo che l'indice chiuderà il 2025 nell'intervallo 6500-6700", ha scritto mercoledì in una nota Scott Wren, stratega senior del mercato globale presso Wells Fargo. Prendendo la fascia alta della stima di Wren, ciò implica un rialzo del 10% rispetto alla chiusura di giovedì.

Se questo scenario si verificasse per l'S&P 500, segnerebbe il terzo anno consecutivo di guadagni per l'indice di ampia portata. L'S&P è già salito del 27,6% da inizio anno, il secondo aumento annuale più alto del 21° secolo, secondo la Deutsche Bank.

La forza del mercato azionario statunitense è più sorprendente se confrontata con la sua controparte europea.

"Le aspettative sulla politica MAGA, unite ai dati Goldilocks, hanno ravvivato gli spiriti animali per le azioni statunitensi. Al contrario, l'Europa rimane sulla difensiva tra crescita stagnante, minacce tariffarie e crisi politica in Francia", ha scritto mercoledì Barclays. "È difficile vedere una fine dell'eccezionalismo statunitense in tempi brevi, che pensiamo rimanga il copione fino al 2025".

Allo stesso modo, l'economia statunitense non mostra segni di cedimento. La Federal Reserve di Atlanta prevede che la crescita economica statunitense nel quarto trimestre raggiungerà il 3,3% su base annualizzata. Si tratta di un piccolo rialzo rispetto alla stima del 3,2% di inizio settimana e superiore alla crescita del terzo trimestre del 2,8%.

L'occupazione è il motore che alimenta la maggior parte degli aspetti dell'economia. Il rapporto sull'occupazione di novembre, uscito venerdì 6 dicembre, ha fornito agli investitori una conferma che la crescita economica e finanziaria degli Stati Uniti continui a crescere.

In altre parole, il messaggio è “tutto va bene”.

Come leggete anche in questo testo, con grandissimo scrupolo si evita anche solo di accennare ai fattori che mettono in dubbio questa narrativa del “tutto va che meglio non si potrebbe”. A proposito dei quali, per vostra fortuna, Recce’d non manca di fornirvi un dettagliata e tempestiva analisi, giorno dopo giorno.

E anche oggi, vi regaliamo questo servizio: concentrandoci appunto sullo “eccezionalismo americano”, del quale viene fatta una utile analisi nell’articolo che segue.

L'autore è presidente di Rockefeller International. Il suo ultimo libro è "What Went Wrong With Capitalism"

L'idea dell'America come nazione eccezionale, superiore ai suoi rivali e quindi destinata a guidare il mondo, sembra superata per la maggior parte degli osservatori. Nei circoli politici, diplomatici e militari, si parla di una superpotenza disfunzionale, isolazionista all'estero e polarizzata in patria.

Ma nel mondo degli investimenti, il termine "eccezionalismo americano" è più caldo che mai.

Uniti dalla fede nella forza dei mercati finanziari statunitensi e nella loro capacità di continuare a sovraperformare tutte le altre economie, gli investitori globali stanno impegnando più capitale in un singolo paese che mai nella storia moderna.

Il mercato azionario statunitense ora fluttua al di sopra del resto. I prezzi relativi sono i più alti da quando sono iniziati i dati oltre un secolo fa e le valutazioni relative sono al picco da quando sono iniziati i dati mezzo secolo fa. Di conseguenza, gli Stati Uniti rappresentano quasi il 70 percento del principale indice azionario globale, rispetto al 30 percento degli anni '80.

E il dollaro, secondo alcuni parametri, viene scambiato a un valore più alto che in qualsiasi altro momento da quando il mondo sviluppato ha abbandonato i tassi di cambio fissi 50 anni fa.

Il consenso schiacciante è che il divario tra gli Stati Uniti e il mondo è giustificato dal potere di guadagno delle principali aziende statunitensi, dalla loro portata globale e dal loro ruolo di leader nell'innovazione tecnologica.

Questi punti di forza sono tutti reali. Ma una definizione di bolla è “una buona idea che è andata troppo oltre”.

Lo stupore per l'"eccezionalismo americano" nei mercati è ormai andato troppo oltre. La quota dell'America nei mercati azionari globali è di gran lunga maggiore della sua quota del 27 percento nell'economia globale.

L'imminente ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca ha rafforzato la disconnessione. Gli investitori ritengono che i suoi piani di aumentare le tariffe, abbassare le tasse e tagliare le normative gonfieranno ulteriormente i mercati statunitensi, che hanno superato il resto del mondo dalla fine della crisi finanziaria globale. A novembre, con la vittoria di Trump, gli Stati Uniti hanno registrato il loro mese di performance superiore più forte di sempre. È come se l'America fosse l'unica nazione in cui vale la pena investire. Viaggiando in Asia e in Europa, continuo a imbattermi in investitori che sembrano intimiditi dal gigante globale. A Mumbai, i consulenti finanziari stanno spingendo i loro clienti a diversificare al di fuori dell'India acquistando l'unico mercato che è ancora più costoso: l'America. A Singapore, l'ospite di un pranzo con i gestori patrimoniali ha chiesto loro: "C'è qualcuno qui che non possiede Nvidia?" Non si è alzata una sola mano.

Questa non è una bolla nei mercati statunitensi, è una mania nei mercati globali.

Al culmine della bolla delle dotcom nel 2000, le azioni statunitensi erano valutate più costose di quanto non lo siano ora. Ma il mercato statunitense non veniva scambiato a un premio così ampio rispetto al resto del mondo. E non si tratta solo di una mania dell'intelligenza artificiale con un nuovo nome. Su indici che ponderano le azioni in modo equo indipendentemente dalle dimensioni e correggono il dominio delle Big Tech, gli Stati Uniti hanno superato il resto del mondo di oltre quattro a uno dal 2009.

Parte del premio è razionale. Rispetto all'Europa e al Giappone, l'economia statunitense sta crescendo più rapidamente. Rispetto a molte altre nazioni in via di sviluppo, tuttavia, è più lenta. Tuttavia, detiene un premio mai visto dai tempi più profondi della crisi finanziaria che ha colpito i mercati emergenti nel 1998.

Anche il potere di attrazione dell'America nei mercati globali del debito e privati ​​è più forte che mai. Finora nel 2024, gli stranieri hanno riversato capitali nel debito statunitense a un tasso annualizzato di 1 trilione di $, quasi il doppio dei flussi nell'Eurozona. Gli Stati Uniti ora attraggono oltre il 70 percento dei flussi nel mercato globale da 13 trilioni di $ per gli investimenti privati, che includono azioni e credito. Sebbene la maggior parte degli osservatori pensi che il mondo sia sempre più multipolare, gli investitori credono che sia sempre più unipolare, e questo rende i mercati un gioco a somma zero. In passato, compresi i ruggenti anni '20 e l'era delle dotcom, un mercato statunitense in crescita avrebbe sollevato altri mercati. Oggi, un mercato statunitense in forte espansione sta succhiando denaro dagli altri.

Gli investitori amano ancora credere che i fondamentali guidino i prezzi e il sentiment. Ma arriva un momento in cui il sentiment inizia a guidare i fondamentali. Quando il denaro lascia i mercati più piccoli, i deflussi indeboliscono la valuta, costringono la banca centrale ad aumentare i tassi, rallentano l'economia e peggiorano i fondamentali della nazione.

Parlare di bolle nella tecnologia o nell'intelligenza artificiale, o nelle strategie di investimento incentrate sulla crescita e sullo slancio, oscura la madre di tutte le bolle nei mercati statunitensi.

Dominando completamente lo spazio mentale degli investitori globali, l'America è sopravvalutata, sopravvalutata e sopravvalutata a un livello mai visto prima. Come per tutte le bolle, è difficile sapere quando questa si sgonfierà o cosa ne innescherà il declino.


Al testo dell’articolo che avete appena letto, e gli utilissimi dati che abbiamo messo alla vostra attenzione grazie alla immagini che abbiamo selezionato, noi ora aggiungiamo un commento, che fa riferimento e completa proprio l’articolo.

Il commento che segue è utile perché porta alla vostra attenzione il termine “indefinitamente”.

Intorno a quel termine, “indefinitamente”, ruota gran parte della questione di cui scriviamo in questo Longform’d.


Gli Stati Uniti sono sopravvalutati, forse in modo significativo. Detto questo, non sono così selvaggiamente sopravvalutati come suggerirebbero grafici come quello che vedete qui sopra, e sarebbe un errore scommettere su una grande convergenza tra i prezzi delle attività statunitensi e quelli del resto del mondo nel breve termine.

Piccole differenze nella crescita degli utili, se durano a lungo, fanno una grande differenza nel valore delle azioni. L'S&P 493 è attualmente a un premio del 40 percento rispetto all'Europa 350. Le aspettative sugli utili sul primo indice cresceranno di circa l'11 percento nel prossimo anno o due; il secondo indice, di circa il 9 percento. Questo potrebbe non sembrare molto. Ma inserisci una differenza di due punti percentuali nel tasso di crescita nel modello di valutazione di tua scelta, e può facilmente giustificare una differenza di valutazione di circa un terzo, a seconda di altri input come i tassi di sconto, purché la differenza di crescita sia sostenuta indefinitamente.

Affinché il divario di valutazione si chiuda, deve succedere qualcosa che faccia riconsiderare agli investitori quel "indefinitamente".

Con l'amministrazione entrante di Donald Trump determinata a tirare ogni leva pro-crescita a livello nazionale mentre impone tariffe all'estero, ciò non sembra probabile nel breve termine. Se e quando l'inflazione si riscalda di nuovo, il quadro potrebbe cambiare. Fino ad allora, è più probabile che la bolla statunitense si gonfi ulteriormente piuttosto che restringersi.m

Alcuni di noi sono abbastanza grandi da ricordare il periodo del cosiddetto eccezionalismo giapponese degli anni '80.

Coronato dall'uscita del film (e romanzo di Michael Crichton) "Rising Sun". Le tecniche di gestione e la tecnologia giapponesi erano destinate a dominare il mondo, ma il film ha suonato bene la campana al culmine del mercato. Le azioni giapponesi sono state quindi vendute a multipli medi massimi di 60,6 volte gli utili (alla fine sono state vendute a un valore ancora più alto di 83,1 volte gli utili nel 1999 durante la bolla Y2K).

Il senno di poi conferma che il Giappone non ha scoperto il miracolo della crescita eterna e dei margini di profitto persistentemente grassi. Piuttosto, si è trattato di una semplice bolla dei prezzi delle attività causata da una liquidità ciclicamente abbondante.

Il mercato statunitense attualmente si sta vendendo a 28,4 volte gli utili di ritardo. Questo è ancora molto lontano dagli estremi del Giappone, ma le stesse impronte digitali di abbondante liquidità possono essere viste ovunque nel multiplo P/E distorto.

È vero che Powell e Yellen hanno segretamente aumentato le condizioni di liquidità degli Stati Uniti, probabilmente nella fallita speranza di aiutare la candidatura alla rielezione di Biden, ma in realtà dovremmo dare la colpa a un’ondata di capitali stranieri.


L’articolo che avete appena letto ed il commento che lo integra vi portano a riflettere sul comportamento dei mercati finanziari dopo la pandemia, e sul ruolo assunto negli ultimi anni dai mercati finanziari degli Stati Uniti. L’aspettativa che la realtà continui a procedere “indefinitamente”, ovvero per sempre, nello stesso modo nel quale le abbiamo viste dopo il 2020, è una falsa aspettativa, nel senso che è la aspettativa di qualche cosa che non può succedere.

Noi di Recce’d sappiamo che non può succedere, e sappiamo anche la ragione per la quale quella aspettativa è destinata a crollare rovinosamente.

Lo abbiamo spiegato con chiarezza e dettaglio al nostro Cliente, perché proprio su questo risultato del nostro lavoro di analisi è fondata la nostra strategia di investimento, ed anche la asset allocation dei portafogli modello di Recce’d.

Lo abbiamo anche spiegato, in modo più sintetico, gratuitamente, anche qui sul sito, in pubblico, e fin dal 2020.

Ad esempio più di recente, lo abbiamo spiegato nel Post del 30 novembre.

Un Post che nei prossimi giorni completeremo con una seconda parte.

Leggendo l’articolo precedente, al nostro lettore risulta poi immediato, ed inevitabile, il collegamento del tema “mercati finanziari” al più generale tema della geopolitica e del ruolo internazionale degli Stati Uniti.

Tema che noi, per voi, oggi trattiamo invitandoci a leggere l’articolo che segue.


L'autore è presidente del Queens' College di Cambridge e consulente di Allianz e Gramercy

L'economia globale nel 2025 si sta rivelando tutt'altro che ordinaria. La fiducia già traballante in una prospettiva di crescita solida e inflazione più bassa ha lasciato il posto all'anticipazione di una gamma notevolmente ampia di potenziali risultati.

La domanda non è se gli Stati Uniti continueranno a superare la maggior parte degli altri paesi. Lo faranno. Riguarda più i livelli di divergenza nella crescita e nell'inflazione e i gradi di interruzioni nell'architettura economica e finanziaria globale.

Le implicazioni si estendono ben oltre il benessere economico a breve termine. Stiamo attualmente assistendo a una combinazione piuttosto insolita di eccezionalismo economico statunitense e crepe più profonde nell'architettura globale dominata dall'Occidente che ha servito bene gli Stati Uniti.

È un mix instabile che, deragliato dalle sue crescenti contraddizioni interne, porterà a una frammentazione globale molto più grande nei sistemi commerciali, tecnologici e di pagamento, insieme a una crescita più lenta e un'inflazione più elevata negli Stati Uniti e altrove.

In alternativa, se si adottassero misure politiche tempestive, il mondo potrebbe stabilizzarsi in una forma di "globalizzazione light" negoziata tra i paesi piuttosto che in una frammentazione. Ciò potrebbe consentire alla crescita di sviluppare radici più profonde, ancorare la stabilità dei prezzi e contrastare i malfunzionamenti sistemici.

L'economia globale entra già nel 2025 con una crescita considerevole e divergenze nei mercati finanziari. Il mese scorso, il FMI ha migliorato il suo tasso di crescita del 2024 per gli Stati Uniti al 2,8%, un livello che probabilmente verrà nuovamente aumentato. Nella zona euro, la crescita langue a solo lo 0,8% e nel mondo emergente, le economie stanno rallentando con la Cina che lotta per realizzare la sua previsione già abbassata del 4,8%. Perfino l'India, la star performer, potrebbe vedere a rischio la sua crescita prevista del 7%. Nel frattempo, l'indice S&P 500 ha guadagnato il 27% da inizio anno, superando significativamente i mercati in Europa, Cina e India.

C'è poco sul fronte politico che suggerisca un cambiamento in questo quadro internazionale. La politica economica francese e tedesca è ostacolata da una notevole incertezza politica. Tra alcune preoccupazioni sul fatto che la Cina stia affrontando una sempre più profonda giapponesizzazione della sua economia, Pechino sta lottando per conciliare il riorientamento della sua strategia di crescita con le pressioni a breve termine per misure di stimolo vecchio stile.

Allo stesso tempo, l'"ultimo miglio" di lavoro delle principali banche centrali per raggiungere un'inflazione bassa e stabile si sta rivelando complicato, minato dall'esitazione a cambiare decisamente direzione dalla loro modalità iperattiva di eccessiva dipendenza dai dati per stabilire la politica. La mancanza di un approccio strategico e lungimirante ha portato la Federal Reserve, in particolare, a una serie di inversioni di tendenza che alimentano la volatilità del mercato obbligazionario. Con l'assenza di una credibile guida politica futura, c'è ora un crescente dibattito sul fatto che la Fed debba continuare a tagliare i tassi, saltare o fermarsi a dicembre, per non parlare di cosa verrà dopo.

Tutto questo prima dei cambiamenti in arrivo con la nuova amministrazione statunitense. Sono particolarmente complessi da analizzare per gli investitori poiché i potenziali cambiamenti nelle politiche commerciali, migratorie e fiscali degli Stati Uniti interagiscono con una serie di risposte nei prezzi aziendali, nell'elasticità della domanda e dell'offerta, nella teoria dei giochi e nell'arte di governare.

C'è anche la questione di come la pressione economica stimolerà cambiamenti secolari, in particolare la diversificazione delle riserve internazionali lontano dal dollaro e il crescente interesse per sistemi di pagamento alternativi, non in dollari.

Questa è la fonte dell'avvertimento di Trump del fine settimana alle economie dei Brics sul dollaro.

"Richiediamo un impegno da parte di questi Paesi che non creeranno una nuova valuta dei BRICS, né sosterranno alcuna altra valuta per sostituire il potente dollaro statunitense o, dovranno affrontare tariffe del 100% e dovrebbero aspettarsi di dire addio alle vendite nella meravigliosa economia statunitense", ha scritto Trump.

Le domande su una prospettiva così incerta possono trovare una risposta comoda solo se si ha fiducia nella capacità dei decisori politici di comprendere queste dinamiche insolite e di adattarsi di conseguenza, anche attraverso ragionevoli negoziati preventivi con la nuova amministrazione statunitense in linea con allineamenti a lungo termine e interessi condivisi. Ciò è fattibile per la maggior parte dei Paesi con la notevole eccezione della Cina. Più a lungo si ritarda, maggiori saranno gli ostacoli agli attuali motori di crescita e stabilità finanziaria, e più difficile sarà scatenare entusiasmanti motori di prosperità futura come le innovazioni nell'intelligenza artificiale e nelle scienze della vita. La leadership politica, l'agilità delle politiche e i compromessi ragionevoli possono creare un percorso verso una prospettiva più luminosa a medio termine.


Con l’articolo che avete appena letto, il tema del Longform’d (l’eccezionalismo americano) viene correttamente inquadrato nel più ampio tema della geopolitica internazionale in questa parte finale del 2024.

Parlando di mercati finanziari, il riferimento più forte in questo articolo era al dollaro.

Proprio al dollaro noi dedichiamo un approfondimento, che chiude il nostro Longform’d.

Lo facciamo con l’aiuto dell’articolo che segue, che abbiamo selezionati e tradotto per i lettori. L’articolo, riprende tutti i temi già toccati nei due precedenti, e vi mostra in quale modo si applicano alle scelte di investimento. In modo particolare, accende i riflettori sul cambio del dollaro USA (che a sua volta poi influenza azioni, obbligazioni a materie prime).

L'autore è professore di economia presso l'Università della California, Berkeley

Ora c'è una narrazione convenzionale nei mercati sulle prospettive a breve e medio termine del dollaro.

Nel breve periodo il dollaro continuerà a rafforzarsi, poiché una confluenza senza precedenti di forze interne ed estere lo spingerà verso l'alto. I trader di valuta estera sono concentrati sull'imposizione di dazi da parte di Donald Trump al suo ritorno alla Casa Bianca. Il suo ultimo attacco sul suo canale social media Truth Social suggerisce piani per dazi del 25 percento sulle importazioni da Canada e Messico e un ulteriore 10 percento sulla Cina. Queste nuove tasse sposteranno la spesa dei consumatori americani lontano dai beni esteri ora più costosi. Data la disoccupazione ai minimi storici e la capacità limitata del settore manifatturiero statunitense di espandere la produzione, qualcosa dovrà cedere. Vale a dire, il dollaro dovrà apprezzarsi per spostare parte di quella spesa verso le importazioni, che sono in un'offerta più elastica. Inoltre, estendere i tagli fiscali di Trump varati nella sua prima amministrazione, come aspirano a fare i repubblicani al Congresso, e poi aggiungere altri tagli fiscali su mance, pagamenti della previdenza sociale e chissà cos'altro, non farà che aumentare ulteriormente la spesa degli Stati Uniti. Dato che le famiglie americane consumano in modo sproporzionato beni di produzione nazionale, ciò peggiorerà l'incipiente eccesso di domanda di prodotti statunitensi. Sarà necessario un ulteriore apprezzamento del dollaro per spostare una parte di quella spesa verso le forniture estere.

Il segretario al Tesoro designato Scott Bessent potrebbe essere un uomo di bilancio in pareggio, e il suo team di tagliatori di costi, Elon Musk e Vivek Ramaswamy, ha grandi ambizioni. Ma se gli ultimi decenni ci hanno insegnato una cosa, è che tagliare le tasse è più facile che tagliare la spesa.

Il comportamento del dollaro è un chiaro segnale che gli investitori si aspettano che il deficit di bilancio si allarghi.

Le banche centrali, ovviamente, non faranno nulla per moderare l'aumento del dollaro, al contrario. Le tariffe che spingono verso l'alto i prezzi delle importazioni statunitensi saranno inflazionistiche. Anche se un aumento una tantum delle tariffe doganali porta solo a un aumento una tantum dei prezzi, la Federal Reserve ha imparato che le famiglie detestano gli aumenti una tantum dei prezzi tanto quanto l'inflazione in corso. Dopo aver imparato questa lezione punitiva, la banca centrale reagirà più fortemente alla prossima ondata di inflazione rispetto al 2021-22. Ci saranno tensioni con la nuova amministrazione, senza dubbio, con Trump e Bessent entrambi critici della Fed. Ma è improbabile che Jay Powell e i suoi colleghi si lascino scoraggiare.

La Banca centrale europea e la Banca popolare cinese, nel frattempo, saranno molto contente di vedere le loro valute scendere. L'economia europea è in gravi difficoltà e l'Europa non ha la volontà politica di darle sostegno fiscale. La BCE, non per la prima volta, è l'unica in gioco. Un euro alla pari con il dollaro è ora chiaramente in gioco. Nel frattempo, la buona reputazione in patria del governo cinese di Xi Jinping si basa sulla sua capacità di raggiungere, o almeno di avvicinarsi a distanza di un grido, i suoi obiettivi di crescita. Con Trump che reprime non solo il commercio tra Stati Uniti e Cina, ma anche i prodotti cinesi assemblati e instradati attraverso paesi come Malesia e Vietnam, il colpo alla crescita cinese sarà considerevole. Di sicuro, un renminbi nettamente più basso danneggerebbe la fiducia dei consumatori cinesi e susciterebbe un'azione aggressiva da parte di un presidente americano arrabbiato. Ma un renminbi che scende di una quantità limitata, diciamo del 10 percento rispetto al dollaro, aumentando così le esportazioni cinesi verso altri mercati, potrebbe essere proprio ciò che Xi vorrebbe.

Nel medio termine, tuttavia, è probabile che il dollaro restituisca questi guadagni a breve termine, e anche di più. A parte tariffe e politica fiscale, la forza del dollaro si è basata sulla forza dell'economia statunitense, che ha costantemente superato l'Europa e altre parti del mondo. Le tariffe sugli input importati, che impartiranno uno shock negativo all'offerta per la produzione manifatturiera statunitense, sono incompatibili con tale forza. Inoltre, i tassi di interesse più elevati adottati dalla Fed per frenare l'inflazione non saranno favorevoli agli investimenti. Né lo sarà l'eliminazione dei sussidi agli investimenti e dei crediti d'imposta del Chips Act, dell'Inflation Reduction Act e di altre iniziative dell'era Biden. Niente di tutto ciò sarà positivo per la crescita. Soprattutto, sappiamo che l'incertezza della politica economica ha un forte effetto negativo sugli investimenti. E Trump è una macchina dell'incertezza.

A un certo punto, i trader di valuta estera si accorgeranno di questo fatto. Chiaramente, quindi, le prospettive a breve e lungo termine del dollaro sono in contrasto. La chiave per investimenti e previsioni di successo è identificare il punto di svolta. Se solo io, e i mercati, potessimo offrire maggiori indicazioni in merito.

Valter Buffo
“Basta chiedere a Liz Truss” (prima parte)
 

I dati del grafico qui sopra, ed i dati del grafico che segue li conoscono tutti.

Tutti: tranne i mercati finanziari. Che non sanno.

Oppure, fanno finta di non sapere.

Eppure, sarebbe semplice: “basta chiedere a Liz Truss”.

La medesima cosa vale per i dati che leggete nel grafico che segue.

Anche in questo caso, e fino a questo momento, la massa degli investitori finge. Fa finta di non sapere.

La cosa non durerà a lungo: “basta chiedere a Liz Truss”.

Come dicevamo, la massa finge di non vedere e non sapere.

I media sono bene attenti a non scriverne mai.

Le banche di investimento evitano, scrupolosamente, questo argomento nei loro Outlook 2025.

Nelle campagne elettorali (sia in Europa, sia negli Stati Uniti) l’argomento è stato accuratamente evitato.

Per quale ragione? Per “non allarmare gli investitori”.

La domanda è: “non allarmare gli investitori” è una cosa che viene fatta “nell’interesse degli investitori”, oppure … per fregarli tutti in massa?

Tra le persone che saranno chiamate a rispondere proprio a questa domanda, da qualche giorno c’è anche Scott Bessent.

Il nuovo Ministro del Tesoro USA sarà da gennaio il politico con la più grande influenza di tutti sui mercati finanziari.

La reazione dei mercati finanziari a questa nomina , nei primi giorni, è stata positiva: lo leggete sopra e lo vedete qui sotto.

Quali sono le ragioni, per questa accoglienza positiva?

Lo leggete nell’immagine che segue:

  • “potrebbe ammorbidire alcune delle politiche di Trump”

  • “vorrebbe riportare il deficit dello Stato sotto il 3%”

  • “sarebbe favorevole ad una introduzione soltanto graduale delle tariffe”

  • “vorrebbe portare la crescita del PIL sopra il 3% riducendo le regolamentazioni statali”

Una serie di cose non solo di buon senso, ma verrebbe da dire “ideali”.

Realistiche?

I mercati fino ad oggi NON hanno risposto.

La reazione dei mercati finanziari, per il momento, non è definitiva: come vedete qui sotto, il Titolo di Stato a 10 anni rende ancora oggi più di quanto rendesse ad inizio del 2024.

Mentre invece la Federal Reserve ha già tagliato, e dello 0,75%.

Ancora più chiaro il messaggio arrivato dai mercati, se guardiamo al grafico degli ultimi 5 anni: come vedete, il rendimento dei Titoli di Stato USA a 10 anni rimane molto vicino ai massimi del periodo.

E la Fed ha tagliato dello 0,75%.

Come si spiega questo comportamento?

Semplice, ci dicono in molti: “basta chiedere a Liz Truss”.

Essendo che a molti tra i nostri lettori il nome di Liz Truss dice poco, eccoci qui pronti ad aiutarvi: ad aiutarvi specificamente nella gestione del vostro patrimonio, del vostro risparmio e del vostro portafoglio titoli.

Recce’d, come sempre, vi fornisce contributi non soltanto concreti mma anche originali e per questo utilissimi.

Non vi ha detto nulla, di Liz Truss, il vostro financial advisor, il private banker, il wealth manager, il “consulente fondivendolo”, il “promotore finanziario”. Non vi hanno detto nulla le varie Goldman Sachs, JP Morgan, UBS, BNP Paribas. Neppure Fideuram, non Fineco, non Mediolanum, non Allianz, non Generali.

Lo facciamo noi di Recce’d, dimostrandovi cos’ anche che nel Mondo se ne parla, ed anzi ne parlano in molti.

Siete solo voi, quindi, ad esserne tagliati fuori.

Crescono i timori che gli Stati Uniti possano presto sperimentare la loro versione della crisi del "mini-bilancio" della Gran Bretagna, con gli strateghi obbligazionari che avvertono che il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca porta con sé lo spettro della volatilità della valuta e l'impennata dei rendimenti obbligazionari.

Il presidente eletto Trump ha promesso di realizzare una serie di iniziative pro-crescita, tra cui tagli alle tasse, tariffe elevate e piani per ridurre la regolamentazione aziendale.

L'agenda economica dell'ex presidente ha aumentato le preoccupazioni per un aumento dei prezzi al consumo, che secondo gli strateghi potrebbe innescare cambiamenti significativi nei rendimenti obbligazionari e nel comportamento degli investitori.

Avvertono che uno scenario che rispecchia la crisi del mini-bilancio della Gran Bretagna del 2022 non è fuori questione.

"Le banche centrali straniere e gli investitori istituzionali, acquirenti tradizionali di titoli del Tesoro USA a 10 anni, stanno lentamente diversificando i titoli del Tesoro a causa delle preoccupazioni di svalutazione legate a preoccupazioni su inflazione, debito e geopolitica", ha detto via e-mail a CNBC Alim Remtulla, stratega capo del cambio estero presso EFG International, in riferimento ai titoli del Tesoro USA a 10 anni.

"Di conseguenza, gli investitori più sensibili ai prezzi hanno bisogno di rendimenti più elevati per investire nei titoli del Tesoro. Non siamo ancora a livelli di crisi, poiché [il dollaro USA] sta sovraperformando", ha continuato. "Ma ci sono preoccupazioni che gli Stati Uniti possano sperimentare una corsa alla sua valuta e ai rendimenti come ha sperimentato il Regno Unito nell'autunno del 2022".

La mini-crisi di bilancio della Gran Bretagna si riferisce a un periodo tumultuoso sotto l'ex Primo Ministro Liz Truss e l'ex Ministro delle Finanze Kwasi Kwarteng.

Poco dopo aver assunto i loro incarichi all'inizio di settembre 2022, Truss e Kwarteng hanno innescato un crollo dei prezzi dei titoli di Stato quando hanno presentato piani per grandi tagli fiscali in un annuncio fiscale non programmato.

La sterlina britannica è crollata a un minimo storico rispetto al dollaro USA dopo l'annuncio delle misure, mentre la svendita dei titoli di Stato del Regno Unito è stata così grave che la Banca d'Inghilterra ha organizzato un intervento di emergenza.

Truss e Kwarteng si sono dimessi a causa della turbolenza dopo meno di due mesi nei rispettivi uffici e la maggior parte delle misure è stata annullata.

Althea Spinozzi, responsabile della strategia a reddito fisso presso Saxo Bank, ha affermato che il ritorno di Trump alla Casa Bianca ha il potenziale per rimodellare il mercato obbligazionario statunitense "in modo profondo", con la traiettoria dei rendimenti del Tesoro destinata a salire mentre i mercati si adeguano alle aspettative di inflazione più elevate.

Il benchmark dei titoli del Tesoro USA a 10 anni potrebbe ancora superare il limite del 5%, ha affermato Spinozzi, senza specificare una tempistica, osservando che questo livello agisce come una "calamita" nell'attuale contesto economico.

"Una presidenza Trump porta anche lo spettro della volatilità valutaria. Le preoccupazioni sulla posizione fiscale degli Stati Uniti, alimentate dall'aumento dei prestiti per finanziare tagli fiscali e spese, potrebbero far temere una svendita dei titoli del Tesoro, rispecchiando la turbolenza vista nel Regno Unito nel 2022", ha affermato Spinozzi.

"La posizione unica del dollaro USA come valuta di riserva mondiale e l'impareggiabile profondità del mercato dei titoli del Tesoro forniscono un certo grado di resilienza", ha continuato.

"Detto questo, un aumento sostenuto dei rendimenti potrebbe pesare sulla forza del dollaro nel tempo, in particolare se le aspettative di inflazione si disancorassero o gli investitori globali iniziassero a cercare alternative", ha affermato Spinozzi.

Il rendimento del Tesoro a 10 anni è salito di oltre 4 punti base al 4,424% mercoledì mattina. Rendimenti e prezzi si muovono in direzioni opposte e un punto base equivale allo 0,01%.

I rendimenti obbligazionari tendono a salire quando i partecipanti al mercato si aspettano prezzi al consumo più elevati o un crescente deficit di bilancio.

Paul Ashworth, capo economista nordamericano presso Capital Economics, ha detto alla CNBC che, sebbene sia possibile una versione statunitense dell'episodio del mini-budget britannico, la posizione del dollaro come valuta di riserva mondiale "rende difficile vedere lo sviluppo di una crisi improvvisa".

"Ma la cosiddetta componente del premio a termine dei rendimenti del Tesoro potrebbe aumentare, il che indica che gli investitori stanno diventando un po' nervosi all'idea di ingoiare l'aumento dell'offerta di obbligazioni", ha detto Ashworth.

"Naturalmente c'è la possibilità che ciò accada. "Non si può escludere nulla di tutto questo", ha detto Thierry Wizman, stratega globale dei tassi di interesse e delle valute presso Macquarie Group, alla CNBC tramite videochiamata.

"Se ciò dovesse accadere, è più probabile che sia il risultato del fatto che gli Stati Uniti stanno seguendo la propria strada per quanto riguarda la spesa in deficit", ha detto Wizman.

"Se ogni paese sembra ugualmente irresponsabile, allora le possibilità che ciò accada sono scarse, certamente su una base sostenibile. Ma quando tutti i paesi stanno sperimentando elevati rapporti debito/reddito e deficit elevati, allora è meno probabile perché in effetti non c'è nessun posto dove scappare, con la possibile eccezione di beni fisici come l'oro".

Dicevamo più sopra dell’utilità pratica di queste considerazioni. Nei prossimi mesi, e già nelle prossime settimane, questo sarà il tema di mercato numero 1.

Vi siete accorti che “AI” è scomparso? Non ne parla più il promotore finanziario, il financial avisor, il private banker. Non ne parla più PLUS del Sole 24 Ore e neppure nel weekend Milano e Finanza. Non ne parlano più al TG. E neppure Goldman Sachs, neppure UBS, neppure BNP Paribas.

Il tema di mercato numero 1 è questo: “basta chiedere a Liz Truss”.

Gli Stati Uniti potrebbero affrontare un forte aumento dei costi di prestito e turbolenze nei mercati finanziari già l'anno prossimo se il debito pubblico continua ad accumularsi rapidamente, secondo il capo economista del gruppo del colosso assicurativo Swiss Re.

I rendimenti dei titoli del Tesoro statunitensi a 10 anni, che sono un punto di riferimento per i prestiti a lungo termine, potrebbero salire oltre il 5% nel 2025 da circa il 4,4% attuale, se la nuova amministrazione darà priorità ai tagli fiscali e utilizzerà i dazi per compensare le entrate perse, ha affermato Jerome Jean Haegeli in un'intervista.

"Non escludo che l'anno prossimo gli Stati Uniti avranno un momento alla Liz Truss per i titoli del Tesoro",

ha affermato, riferendosi al primo ministro britannico che si è dimesso nel 2022 dopo che i mercati finanziari hanno reagito negativamente all'annuncio di grandi tagli fiscali.

All'epoca, i costi di prestito del governo britannico salirono alle stelle, la sterlina scese a un minimo storico rispetto al dollaro statunitense e la Banca d'Inghilterra fu costretta a intervenire per stabilizzare il mercato dei titoli di Stato.

Gli economisti temono da tempo che l'aumento dei debiti potesse far salire i tassi di interesse e minacciare la capacità del governo statunitense di prendere in prestito grandi somme durante una crisi importante, come è successo durante la pandemia di Covid-19. Ma altri sostengono che gli Stati Uniti hanno probabilmente una maggiore capacità di vendere i propri debiti rispetto alla maggior parte dei paesi, poiché il dollaro è la valuta di riserva mondiale e i suoi titoli di Stato sono da tempo considerati tra gli investimenti più sicuri al mondo.

Swiss Re ha 22,76 miliardi di dollari in titoli del Tesoro statunitensi, secondo i suoi risultati del terzo trimestre annunciati all'inizio di novembre. I tassi di interesse più elevati sui titoli di Stato sono in genere positivi per gli utili delle compagnie di assicurazione, ha affermato Haegeli.

Si prevede che il deficit di bilancio del governo federale degli Stati Uniti raggiungerà il 6% della produzione economica annuale quest'anno, percentuale alta quanto quella raggiunta durante la pandemia o la crisi finanziaria del 2008.

Le proposte politiche del presidente eletto Donald Trump potrebbero far salire il deficit fiscale fino a una percentuale compresa tra il 7% e il 12% del prodotto interno lordo, ha affermato Haegeli, utilizzando i calcoli dello Swiss Re Institute.

"E questo non è sostenibile", ha affermato.

Sebbene tenere sotto controllo il debito pubblico fosse da tempo una preoccupazione per i legislatori statunitensi di ogni estrazione politica, tale attenzione è scemata durante il primo mandato di Trump.

Secondo l'Ufficio di gestione e bilancio degli Stati Uniti, il debito pubblico era pari al 76% della produzione economica alla fine del 2016 e si attestava al 95% della produzione economica nel secondo trimestre di quest'anno. Alla fine del 2000, era del 32,7%.

Le preoccupazioni circa l'entità del debito del governo statunitense erano aumentate anche prima della vittoria elettorale di Trump all'inizio di questo mese. Anche se Kamala Harris avesse vinto la presidenza, la traiettoria del deficit governativo sarebbe peggiorata, secondo il Committee for a Responsible Federal Budget, un gruppo non partigiano che sostiene deficit più piccoli.

Il presidente della Federal Reserve Jerome Powell ha affermato che l'indebitamento è "insostenibile" al ritmo attuale, mentre la Banca centrale europea ha espresso mercoledì preoccupazioni sulla minaccia di "effetti di ricaduta" sui mercati finanziari dell'eurozona "date le persistenti preoccupazioni sulla sostenibilità del debito statunitense".

Tuttavia, molti economisti vedono un aumento costante ma graduale dei costi di indebitamento come un risultato più probabile rispetto a un balzo più drammatico e destabilizzante.

"È improbabile che avremo una crisi del debito", ha affermato Torsten Slok, capo economista presso Apollo Global Management.

Qualsiasi boom dell'attività economica provocato da tagli fiscali e dazi aumentati all'inizio della presidenza di Trump sarebbe seguito da un "crollo fiscale" se alcune delle politiche non venissero ritirate, ha affermato Haegeli.

Trump ha proposto di imporre tariffe fino al 20% su tutte le importazioni di beni e fino al 60% sui prodotti cinesi, il che potrebbe far aumentare di circa 2,8 trilioni di dollari in 10 anni, secondo il gruppo di ricerca Tax Policy Center.

Ma mentre i tagli fiscali potrebbero causare il surriscaldamento dell'economia e rischiare un aumento dell'inflazione, gli Stati Uniti dovrebbero comunque evitare di ripetere l'inflazione alle stelle seguita alla pandemia e lo shock energetico globale che è seguito all'invasione su vasta scala dell'Ucraina da parte della Russia.

Solo "molteplici shock negativi" e una conseguente perdita di fiducia degli investitori causerebbero un livello di interruzione che costringerebbe l'inflazione a salire vertiginosamente, ha affermato Haegeli.

Tuttavia, le prospettive rimangono incerte, data la mancanza di chiarezza sui piani della nuova amministrazione e se il Congresso li approverà. In definitiva, potrebbe essere la resistenza degli investitori a limitare la probabilità che si verifichi uno scenario così tumultuoso, ha affermato Haegeli.


Se il tema di mercato numero 1 è questo, allora le vostre valutazioni delle obbligazioni e dei Titoli di Stato debbono cambiare, come abbiamo evidenziato anche alla pagina NEL MOTORE DELLA PERFORMANCE del nostro sito.

Ed anche, per conseguenza, le vostre valutazioni delle azioni, valutazione della quale da settimane abbiamo scritto alla Sezione Operatività di The Morning Brief, il nostro quotidiano per i Clienti, anticipando così le prossime, nuove operazioni sul comparto.

Non lasciate indietro le valute, un ambito nel quale molti prevedono che stia per partire una “corsa folle”, come abbiamo scritto alla pagina TWIT - TWOO questa settimana.

E l’oro, citato nell’articolo? E il petrolio? Ogni mattina, li rivalutiamo per i nostri Clienti, nel The Morning brief, alla luce delle nostre posizioni sui portafogli modello.

Ed è proprio così, che si general la performance di un portafoglio titoli.

Tutto questo inquadrato, con rigore e metodo e disciplina nella strategia di portafoglio e nella asset allocation che poi ne deriva, avendo come riferimento uno scenario 2025 che si concentra sui fattori che determinano le performances di tutti gli investitori.

Ma come si individuano, questi fattori determinanti?

Semplice: “basta chiedere a Liz Truss”.

Liz Truss vi può confermare, per esperienza diretta, quello che da tempo Recce’d vi suggerisce: che è questo il momento di rendersi conto del cambiamento epocale che ha investito i mercati finanziari: siamo già oggi in una Nuova Era.

Da tempo noi di Recce’d vi diciamo: non dovete ragionare in modo pigro (come vorrebbero invece da voi le Reti di promotori, le banche di investimento, ed i media): il 2025 non è l’anno di “variazioni del 10%”, ed è invece l’anno nel quale vedremo variazioni del 50% oppure del 100% in alcune delle maggiori variabili finanziarie di questo Pianeta.

Ed è un anno nel quale gli investitori si ritroveranno a cercare frettolosamente nuovi ancoraggi e nuovi riferimenti, nuovi porti sicuri, visto che gli ancoraggi ai quali tutti eravamo abituati si sono già spezzati.

Chi lo dice? Ancora una volta, ce lo dice e ve lo dice Liz Truss, come potete leggere in questo recentissimo articolo del Wall Street Journal, che segue qui sotto.

Un articolo nel quale una consigliera del neo-eletto Presidente Trump coglie proprio spunto dall’esperienza di Liz Truss per avanzare specifiche proposte che riducono l’indipendenza della Banca Centrale, e sottometterla alla politica.

Ha ragione? Ha torto? Decidete voi.

Noi per la gestione dei nostri portafogli modello dobbiamo tenere ben presente che questi temi oggi sono sul tavolo, mentre invece Janet Yellen (che l’articolo cita proprio in chiusura) oggi non sta più seduta a quel tavolo. Le è stato detto You’re fired! dall’elettorato degli Stati Uniti. Janet Yellen esce di scena, e con lei un intero apparato di funzionari pubblici, al Tesoro ma anche alla Federal Reserve (della quale proprio Yellen fu messa a capo, prima di diventare Ministro).

Vi suggeriamo di modificare il vostro portafoglio, oggi, tenendo in evidenza questo fattore Liz Truss. E noi? Noi, per i nostri Clienti, lo abbiamo fatto due anni fa.

Contattateci, e vi raccontiamo tutto: anche della lattuga.

Ora che Donald Trump è il presidente eletto, aspettatevi avvertimenti sui pericoli di compromettere l'indipendenza della Federal Reserve. I funzionari monetari spiegheranno solennemente che la politica non dovrebbe avere alcun ruolo nelle decisioni sulla stabilità finanziaria a lungo termine. Dovremmo preoccuparci di più del potere concentrato detenuto dai 12 membri votanti dell'Open Market Committee della Fed. Le loro decisioni possono ridurre o aumentare la disoccupazione, abbassare o aumentare l'inflazione e reprimere o stimolare la crescita economica.

Le decisioni della Fed premiano alcune persone e ne danneggiano altre, con evidenti implicazioni politiche. Quasi il 62% dell'aumento della ricchezza delle famiglie statunitensi negli ultimi quattro anni è andato a coloro che rientrano nel gruppo del 10% di ricchezza più alta.

Questi guadagni sproporzionati per gli americani più ricchi sono il risultato di una politica monetaria che ha fatto schizzare alle stelle i prezzi delle azioni, il che ha principalmente beneficiato le persone già ricche di beni. Questo tipo di disuguaglianza di ricchezza spinge gli elettori a chiedere un cambiamento.

Donald Trump ha costruito la sua agenda economica attorno all'affrontare queste lamentele, promettendo un'inflazione più bassa, tassi di interesse più bassi, salari più alti e una crescita più elevata. Ma a meno che questi obiettivi non siano in linea con il modello della Fed per raggiungere il suo duplice mandato (massima occupazione e prezzi stabili), la banca centrale potrebbe indebolire l'agenda del signor Trump.

Il presidente della Fed può influenzare fortemente l'opinione pubblica sull'economia. Due giorni dopo le elezioni, il presidente Jerome Powell ha annunciato un taglio di 25 punti base del tasso di interesse obiettivo della Fed. Ciò ha fatto seguito al taglio di 50 punti base annunciato a settembre, una decisione che il signor Powell ha affermato avrebbe fatto progredire gli obiettivi della Fed di forza del mercato del lavoro con "crescita moderata e inflazione in calo sostenibile al 2%".

Questa "ricalibrazione" della politica della Fed, come l'ha chiamata Jerome Powell, potrebbe indicare che la banca centrale sta passando a un modello lato offerta per decidere la quantità di denaro e credito disponibile per l'economia. La teoria è che la bassa disoccupazione e la crescita del settore privato sono le soluzioni all'inflazione, non le sue cause, che in realtà deriva dalle pressioni della domanda.

Se la Fed ha abbracciato questa teoria, sarà una buona notizia per Donald Trump. Insieme ai tagli alle tasse e alle normative, una riduzione dei costi di prestito si integrerebbe con i suoi obiettivi, fornendo un accesso più conveniente al capitale, portando a un aumento della produzione.

Il problema è che alcuni funzionari della Fed sembrano fin troppo pronti a tornare al loro precedente quadro. Con questo modello, la Fed usa i suoi strumenti per ridurre la domanda, non per aumentare l'offerta. Potrebbe optare ancora una volta per tassi di interesse restrittivi e una crescita ridotta, anche preventivamente, per ridurre le pressioni inflazionistiche.

Se neo-Presidente Trump e la Fed dovessero davvero combattere, allora Trump si troverebbe di fronte a un avversario ostinato.

Basta chiedere all'ex Primo Ministro britannico Liz Truss, che ha condotto una campagna simile sul lato dell'offerta contro la sua banca centrale.

Il suo piano per stimolare investimenti e crescita attraverso tasse più basse è stato minato dalla Banca d'Inghilterra, che ha affermato che gli effetti dei suoi cambiamenti minacciavano la sua idea di "stabilità finanziaria". Ciò ha paralizzato il suo programma e l'ha fatta cacciare da 10 Downing Street.

Invece di agitare lo spettro di un presidente tirannico che prende il controllo della Fed, dovremmo chiederci perché un'agenzia indipendente abbia un potere così enorme di distorcere i risultati finanziari.

Perché non ci sono limiti a quanto debito del Tesoro statunitense la Fed può acquistare?

Nessun limite a quanto denaro può stampare?

Nessun limite agli interessi che può pagare a spese dei contribuenti alle banche commerciali sui loro conti detenuti presso la Fed?

E perché non ci sono regole che salvaguardino l'integrità a lungo termine del dollaro mentre la Fed persegue il suo obiettivo di inflazione del 2%?

Il Congresso sostiene la politica di svalutazione della Fed?

Molti di coloro che mettono in guardia contro la "politicizzazione" della Fed sono restii a introdurre qualsiasi approccio basato su regole per la definizione dei tassi di interesse.

Testimoniando davanti al Congresso come presidente della Fed nel 2015, Janet Yellen ha informato concisamente la Commissione per i servizi finanziari della Camera: "Non credo che la Fed debba incatenarsi a nessuna regola meccanica".

Slegata dalle regole, questa sì che è tirannia.

Valter Buffo
Outlook 2025 e strategia di investimento: il consulente che si chiama BCE
 

Lo avete notato?

Avete notato il tono dimesso degli Outlook 20205 delle banche internazionali?

Avete notato che manca la fanfara?

Avete notato che anche i media non hanno suonato la fanfara? Avete notato che a differenza degli anni precedenti sono del tutto mancati i “titoloni a otto colonne”?

Vi siete chiesti il perché?

Se non lo avete ancora fatto, fatelo ora: vi sarà sicuramente utile, capire il perché.

Ma attenzione: NON è questo il tema di questo nostro Post. Non è questo, ed infatti lasciamo la domanda senza risposta. fatevoi, con i vostri messi. magari con il vostro financial advisor.

Noi andiamo avanti, proseguiamo nel nostro Post, verso un altro obbiettivo.

Questa volta, per quest’anno almeno, impiegate meglio il vostro tempo.

Almeno quest’anno, evitate di perdere tempo con il solito cumulo di baggianate.

Evitate, per un anno, di leggere quello che dicono gli Outlook delle banche di investimento. Evitate JP Morgan, evitate Blackrock, evitate Morgan Stanley, evitate Fidelity, evitate Goldman Sachs, evitate UBS, evitate BNP Paribas. Evitateli tutti.

Ed evitate di stare a sentire chi da sempre fa “copia e incolla” di quello che dicono Goldman Sachs e JP Morgan e UBS e BNP Paribas: e quindi evitate Mediolanum, evitate Allianz, evitate Generali, evitate Fineco, evitate Fideuram. Evitatele proprio tutte quante.

Tutto quello che scrivono e dicono questi signori che abbiamo appena citato, e tutti gli altri che non abbiamo citato ma che fanno lo stesso mestiere, è unicamente materiale di pubblicità, e vale tanto quanto valgono le pubblicità dei materassi in TV.

Voi, invece, dedicate il vostro tempo a chi ha il vostro interesse come unico obbiettivo. A chi non deve vendervi per forza i Fondi Comuni, le GPM, le polizze ed i certificati.

Dedicate il vostro tempo a chi non opera con il solo scopo di mettere mani sulle retrocessioni.

Ascoltate e leggete chi, come Recce’d, opera in modo professionale e trasparente.

Invece di perdere il vostro tempo con il financial advisor, il private banker, il wealth manager, il direct banker, il family banker, leggete che cosa vi scrive chi opera in modo professionale ed ha come solo scopo farvi guadagnare, e non vendervi “prodotti finanziari”.

Nelle ultime settimane, ed in più di una occasione, attraverso il Blog abbiamo già informato i nostri lettori sulle nostre strategie di investimento per il 2025.

Oggi, noi aggiungiamo a quello che abbiamo già scritto un contributo che arriva direttamente … dalla BCE.

BCE che proprio questa settimana ha pubblicato un nuovo documento, che contiene indicazioni molto concrete, molto specifiche, e quindi molto utili, per la gestione del risparmio nel 2024.

Recce’d per voi lo ha letto, lo ha studiato, ed ha selezionato i passaggi più importanti, evidenziando le indicazioni pratiche che vanno utilizzate come fondamenta per la strategia di investimento e per le scelte di asset allocation.

Come introduzione, prima del documento, vi invitiamo a leggere un resoconto giornalistico che riguarda proprio il documento BCE che noi abbiamo scelto per voi.

Le crescenti tensioni commerciali globali rappresentano un rischio per l'economia dell'area euro, ha scoperto la banca centrale del blocco nella sua Financial Stability Review biennale pubblicata mercoledì.

La Banca centrale europea ha anche affermato che la crescita debole è ora una minaccia più grande dell'elevata inflazione nella zona euro a 20 nazioni.

Le ultime cifre hanno registrato una crescita economica della zona euro a un massimo di due anni dello 0,4% nel terzo trimestre, mentre l'inflazione complessiva ha raggiunto il 2% a ottobre.

La BCE ha affermato che i mercati finanziari hanno sperimentato una "recrudescenza della volatilità" dalla pubblicazione del suo precedente rapporto a maggio, osservando che ulteriori fluttuazioni erano "più probabili del solito" a causa delle valutazioni tese e della concentrazione del rischio.

"Le crescenti tensioni commerciali globali e un possibile ulteriore rafforzamento delle tendenze protezionistiche in tutto il mondo sollevano preoccupazioni circa il potenziale impatto negativo sulla crescita globale, l'inflazione e i prezzi delle attività", ha affermato la Financial Stability Review.

Sebbene la vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali degli Stati Uniti non sia specificamente menzionata nel comunicato della BCE, i paesi di tutto il mondo si stanno preparando al suo piano di imporre tariffe generalizzate del 10% su tutte le importazioni negli Stati Uniti, che prevede anche tassi molto più elevati per alcune nazioni, come la Cina. Gli economisti affermano che l'impatto a catena dell'implementazione di queste misure potrebbe gravare sull'euro, se un rallentamento delle esportazioni spingesse la BCE a tagliare ulteriormente e più rapidamente i tassi di interesse.

Parlando alla CNBC, il vicepresidente della BCE Luis de Guindos ha affermato che la presidenza di Trump accumulerà ulteriore incertezza sulle prospettive europee.

"Penso che sia molto importante sottolineare che l'evoluzione dell'inflazione è stata positiva. Ma allo stesso tempo, le prospettive di crescita non sono molto buone", ha detto De Guindos ad Annette Weisbach della CNBC mercoledì. Secondo le previsioni della Commissione europea, la crescita dell'area dell'euro sarà inferiore all'1% nel 2024 e leggermente superiore all'1% nel 2025, ha affermato.

"In termini di attività, abbiamo una situazione molto fragile. I consumatori non stanno aumentando i consumi".

"E oltre a ciò, ci sono molte incertezze. Ci sono rischi geopolitici, la situazione dell'Ucraina, la situazione in Medio Oriente e, sai, le politiche che la nuova amministrazione statunitense potrebbe attuare, perseguire in futuro, che rappresentano un altro livello di incertezza rispetto al futuro dell'economia europea".

Il rapporto segnala anche preoccupazioni per l'aumento dei costi del servizio del debito sovrano e i deboli fondamentali fiscali di diversi paesi membri della zona euro. Altre preoccupazioni includono gli elevati costi di prestito e la debole crescita che grava sui bilanci aziendali, nonché i rischi di credito per le piccole e medie imprese e le famiglie a basso reddito, se la crescita rallenta più del previsto.

"In un contesto di elevata incertezza macrofinanziaria e geopolitica, potrebbe verificarsi un'improvvisa e brusca inversione del sentiment di rischio, date le elevate valutazioni delle attività e le esposizioni al rischio concentrate nel sistema finanziario", afferma il rapporto.

Come vedete, nel documento BCE di cui stiamo trattando qui i media hanno individuato alcuni segnali molto forti.

Un secondo resoconto giornalistico, che proponiamo in lettura qui di seguito, mette in evidenza un secondo tema del documento BCE, un tema che costituisce per ogni investitore un pratico e utile suggerimento per le scelte di asset allocation e la strategia di investimento 2025.

Questo tema, che leggete nel seguito, sarà ripreso nello specifico in un futuro Post di questo Blog.


FRANCOFORTE, 20 novembre (Reuters) - La Banca centrale europea ha lanciato l'allarme mercoledì su una "bolla" nei titoli azionari legata all'intelligenza artificiale (IA), che potrebbe scoppiare all'improvviso se le rosee aspettative degli investitori non venissero soddisfatte.

L'allarme è arrivato come parte della Financial Stability Review semestrale della BCE, una lunga lista di rischi che vanno da guerre e tariffe a crepe nell'impianto idraulico del sistema bancario.

La banca centrale dei 20 paesi che condividono l'euro ha osservato che il mercato azionario, in particolare negli Stati Uniti, era diventato sempre più dipendente da una manciata di aziende percepite come beneficiarie del boom dell'IA.

"Questa concentrazione tra poche grandi aziende solleva preoccupazioni sulla possibilità di una bolla dei prezzi delle attività legata all'IA", ha affermato la BCE. "Inoltre, in un contesto di mercati azionari globali profondamente integrati, indica il rischio di ricadute globali avverse, qualora le aspettative di guadagno per queste aziende venissero deluse".

La BCE ha osservato che gli investitori chiedevano un premio basso per possedere azioni e obbligazioni mentre i fondi avevano tagliato i loro buffer di liquidità.

"Date le partecipazioni relativamente basse in attività liquide e le significative discrepanze di liquidità in alcuni tipi di fondi di investimento aperti, le carenze di liquidità potrebbero comportare vendite forzate di attività che potrebbero amplificare gli aggiustamenti al ribasso dei prezzi delle attività", ha affermato la BCE.

Tra gli altri rischi, la BCE ha segnalato che l'area dell'euro era vulnerabile a una maggiore frammentazione commerciale, una fonte chiave di preoccupazioni per i decisori politici e gli investitori da quando Donald Trump ha vinto le elezioni presidenziali degli Stati Uniti all'inizio di questo mese.

Il presidente eletto aveva fatto delle tariffe un elemento chiave del suo discorso agli elettori durante la campagna e diversi decisori politici della BCE hanno affermato che queste misure, se implementate, avrebbero danneggiato la crescita nell'area dell'euro.

La BCE ha anche osservato che i governi dell'area dell'euro, in particolare Italia e Francia, avrebbero contratto prestiti a tassi di interesse molto più elevati nel prossimo decennio, rafforzando la necessità di politiche fiscali prudenti.


Recce’d vi ha fornito con questi due articoli una adeguata introduzione al documento BCE che abbiamo citato.

In aggiunta, gratuitamente, Recce’d vi offre nel seguito una selezione del documento stesso: ve ne riproponiamo alcune parti originali, e tradotte per voi.

Il lettore interessato può ricevere tutto il documento BCE, in versione integrale ed originale, contattandoci attraverso la pagina CONTATTI del nostro sito.

Buona lettura.

Episodi di volatilità di mercato emergono in un contesto di elevata incertezza macro-finanziaria e geopolitica.

Dalla pubblicazione dell'ultimo numero della Financial Stability Review, l'equilibrio dei rischi macro nell'area dell'euro è passato dalle preoccupazioni per un'inflazione che rimaneva elevata ai timori sulla crescita. L'inflazione dei prezzi al consumo si è avvicinata agli obiettivi delle banche centrali sia nell'area dell'euro che in altre importanti economie avanzate negli ultimi mesi (grafico 1, pannello a). Allo stesso tempo, i dati economici pubblicati dopo giugno hanno teso a deludere le aspettative nell'area dell'euro e gli analisti del settore privato hanno rivisto al ribasso le loro previsioni di crescita del PIL reale per il 2025 (grafico 1, pannello b). L'allentamento delle pressioni inflazionistiche e le prospettive di crescita più deboli hanno consentito ai cicli dei tassi di interesse di invertire la tendenza nella maggior parte delle principali economie avanzate. Al momento della conclusione di questo numero della Financial Stability Review, i mercati finanziari stavano scontando ulteriori tagli dei tassi sia per l'area dell'euro che per gli Stati Uniti. Mentre la maggior parte dei previsori ufficiali e del settore privato vede ancora un atterraggio morbido come scenario di base per l'area dell'euro e le economie globali, i rischi per la crescita sono orientati al ribasso, con le prospettive offuscate da un'accresciuta incertezza macrofinanziaria e geopolitica. I venti contrari ciclici per la crescita dell'area dell'euro stanno aggravando i problemi strutturali di bassa produttività e debole crescita potenziale nell'economia dell'area dell'euro (grafico 1, pannello c e speciale B).

Chart 1

Vediamo che cosa ci dice il grafico qui sopra.

L'equilibrio dei rischi si è spostato dalle preoccupazioni che l'inflazione rimarrà elevata ai timori di crescita, con un potenziale di crescita strutturalmente basso aggravato da venti contrari ciclici

a) Inflazione e numero di banche centrali che aumentano/tagliano i tassi nelle economie avanzate

b) Previsioni di crescita del PIL reale nel 2025 per l'area dell'euro e gli Stati Uniti

c) Crescita media della produzione potenziale nell'area dell'euro e negli Stati Uniti dal 1991

(Gennaio 2004-Novembre 2024; scala di sinistra: numeri, scala di destra: percentuali)

(Gennaio-Novembre 2024, variazioni percentuali annue)

(1991-2020, percentuali)

Fonti: BIS, Haver Analytics, Consensus Economics Inc., Commissione Europea (AMECO) e calcoli della BCE. Note: Pannello a: AE sta per economia avanzata. Il grafico copre 22 economie avanzate e le 11 banche centrali corrispondenti che stabiliscono i tassi. L'inflazione AE è la media dei tassi di inflazione CPI ponderati in base alla quota di PIL nominale totale di ciascun paese nel 2015. Il numero di variazioni dei tassi è mostrato al 12 novembre 2024 e le ultime osservazioni per il tasso di inflazione sono per settembre 2024. Pannello c: "Area euro" si riferisce alla composizione dell'area euro-12.

I mercati finanziari hanno sperimentato diversi picchi di volatilità pronunciati ma di breve durata, mentre i rischi geopolitici rimangono pronunciati. Inizialmente, questi picchi erano collegati a risultati elettorali europei e nazionali inaspettati, con effetti per lo più contenuti in Europa (grafico 2, pannello a). Più avanti nell'estate, una combinazione di posizioni tese in un contesto di bassa volatilità del mercato azionario, aspettative di mercato di un più rapido allentamento della politica monetaria statunitense in un contesto di dati deludenti sul mercato del lavoro e un inaspettato inasprimento della politica monetaria in Giappone (che ha portato allo scioglimento dei carry trade finanziati in yen) hanno determinato un significativo picco di volatilità con ripercussioni globali (capitolo 2). Sebbene la correzione del mercato non sia durata a lungo e i prezzi si siano ripresi rapidamente per la maggior parte delle classi di attività, questi episodi indicano una maggiore sensibilità del solito alle sorprese dei dati macroeconomici, aumentando il potenziale per una maggiore volatilità in futuro. Accanto all'elevata incertezza macrofinanziaria, anche i rischi geopolitici e l'incertezza della politica economica sono aumentati negli ultimi mesi (grafico 2, pannello b), aumentando la probabilità che si materializzino eventi estremi e amplificando ulteriormente la crescente minaccia dei rischi informatici. Inoltre, le crescenti tensioni commerciali globali e un possibile ulteriore rafforzamento delle tendenze protezionistiche in tutto il mondo sollevano preoccupazioni circa il potenziale impatto negativo sulla crescita globale, sull'inflazione e sui prezzi delle attività.

Chart 2

Vediamo che cosa ci dice il grafico qui sopra

L'accresciuta incertezza macrofinanziaria e geopolitica ha innescato periodi di volatilità del mercato, sottolineando il rischio di bruschi cambiamenti nel sentiment del mercato

a) Volatilità implicita del mercato azionario nell'area dell'euro e negli Stati Uniti

b) Incertezza della politica commerciale, incertezza della politica economica globale e rischio geopolitico

(1° gennaio-12 novembre 2024, indice)

(gennaio 2014-ottobre 2024, punteggi z)

Fonti: Bloomberg Finance L.P., Caldara e Iacoviello*, Caldara et al.**, Baker, Bloom e Davis*** e calcoli della BCE. Note: Pannello a: la volatilità implicita del mercato azionario è misurata dagli indici VIX e VSTOXX rispettivamente per gli Stati Uniti e l'area dell'euro. Pannello b: gli indici sono mostrati come punteggi z, ovvero deviazioni standard dalle loro medie di lungo termine dal 1997. Le ultime osservazioni per gli indici di incertezza della politica commerciale e di incertezza della politica economica sono per settembre 2024.*) Caldara, D. e Iacoviello, M., "Misurazione del rischio geopolitico", American Economic Review, Vol. 112, n. 4, aprile 2022, pp. 1194-1225.**) Caldara, D., Iacoviello, M., Molligo, P., Prestipino, A. e Raffo, A., "Gli effetti economici dell'incertezza della politica commerciale", Journal of Monetary Economics, Vol. 109, gennaio 2020, pp. 38-59.***) Baker, S., Bloom, N. e Davis, S., "Misurazione dell'incertezza della politica economica", The Quarterly Journal of Economics, Vol. 131, n. 4, novembre 2016, pp. 1593-1636.

In questo contesto, ci sono tre fonti principali di rischio e vulnerabilità per la stabilità finanziaria nell'area dell'euro nei prossimi due anni. In primo luogo, le valutazioni elevate nei mercati azionari e obbligazionari societari insieme all'elevata concentrazione del rischio rendono i mercati finanziari suscettibili a dinamiche avverse, che potrebbero essere amplificate dalla liquidità non bancaria e dalle vulnerabilità della leva finanziaria. In secondo luogo, l'accresciuta incertezza politica e geopolitica, i deboli fondamentali fiscali e la lenta crescita tendenziale sollevano preoccupazioni sulla sostenibilità del debito sovrano in alcuni paesi dell'area dell'euro. In terzo luogo, le preoccupazioni sul rischio di credito in alcune coorti dei settori aziendale e delle famiglie potrebbero portare a venti contrari sulla qualità degli asset per banche e non bancari.

I mercati finanziari rimangono vulnerabili a dinamiche avverse che potrebbero essere amplificate dalle fragilità della liquidità non bancaria

Le valutazioni elevate e la concentrazione del rischio rendono i mercati finanziari suscettibili a improvvisi e bruschi aggiustamenti, in particolare nei mercati azionari. Sebbene i mercati azionari abbiano recentemente assorbito rapidamente gli eventi estremi, le vulnerabilità sottostanti li rendono inclini a episodi simili in futuro. Ci sono segnali che gli investitori potrebbero sottovalutare e sottovalutare la probabilità e l'impatto di scenari avversi, come indicato dai premi di rischio azionario a livelli record e dagli spread obbligazionari societari relativamente compressi su entrambe le sponde dell'Atlantico (grafico 3, pannello a). Inoltre, la concentrazione della capitalizzazione del mercato azionario e degli utili tra una manciata di singoli nomi, in particolare negli Stati Uniti, è aumentata notevolmente negli ultimi anni (grafico 3, pannello b). Questa concentrazione tra poche grandi aziende solleva preoccupazioni sulla possibilità di una bolla dei prezzi delle attività correlata all'intelligenza artificiale. Inoltre, in un contesto di mercati azionari globali profondamente integrati, indica il rischio di ricadute globali avverse, qualora le aspettative di utili per queste aziende venissero deluse (capitolo 2). Pertanto, è più probabile che sorprese negative, tra cui un netto peggioramento delle prospettive di crescita economica, improvvisi cambiamenti nelle aspettative di politica monetaria o un'ulteriore escalation dei conflitti geopolitici in corso, possano innescare bruschi cambiamenti nel sentiment degli investitori, con conseguenti ricadute su tutte le classi di attività

Esposizioni concentrate, disallineamenti di liquidità e leva finanziaria elevata in alcune parti del settore dell'intermediazione finanziaria non bancaria (NBFI) potrebbero amplificare le dinamiche di mercato avverse. Le banche non bancarie sono rimaste resilienti ai recenti episodi di volatilità di mercato e hanno continuato a sostenere la finanza basata sul mercato nell'area dell'euro in tutte le categorie di rischio di credito. Tuttavia, shock di mercato più ampi potrebbero innescare improvvisi deflussi di fondi di investimento o richieste di margine sulle esposizioni derivate. Date le partecipazioni relativamente basse in attività liquide e i significativi disallineamenti di liquidità in alcuni tipi di fondi di investimento aperti (grafico 3, pannello c), le carenze di liquidità potrebbero comportare vendite forzate di attività che potrebbero amplificare gli aggiustamenti al ribasso dei prezzi delle attività (riquadro 5). Sebbene generalmente limitate, sacche di elevata leva finanziaria e sintetica in alcune entità, come gli hedge fund, potrebbero aumentare i rischi di spillover (capitolo 4.2). La concentrazione nei portafogli azionari, in particolare in alcuni fondi di investimento a causa della loro esposizione a poche grandi aziende, è aumentata notevolmente negli ultimi anni, rendendo i portafogli di investimento più vulnerabili a sorprese negative specifiche per azienda o settore. Inoltre, la crescente esposizione alle attività statunitensi aumenta il potenziale di ricadute macrofinanziarie avverse.

Le vulnerabilità strutturali nel settore NBFI richiedono una risposta politica completa per migliorare la resilienza del settore da una prospettiva macroprudenziale. Una crescente impronta di mercato e l'interconnessione delle non banche richiedono un'ampia serie di misure politiche per aumentare la resilienza del settore. Ciò include politiche volte a migliorare la preparazione alla liquidità dei partecipanti al mercato non bancario per soddisfare le richieste di margine e collaterali, affrontare i rischi derivanti dalla leva finanziaria non bancaria, mitigare il disallineamento di liquidità nei fondi aperti e promuovere la resilienza dei fondi del mercato monetario agli shock di liquidità (Sezione 5.3). Un sistema di vigilanza più integrato a livello UE per le non-banche garantirebbe parità di condizioni e ridurrebbe il potenziale di arbitraggio regolamentare. Un settore NBFI resiliente contribuirebbe anche a promuovere mercati dei capitali più integrati, il che potrebbe migliorare la stabilità finanziaria e integrare gli obiettivi dell'unione dei mercati dei capitali che farebbero parte di una strategia rinnovata volta a sostenere la produttività e la crescita economica dell'Europa.

Chart 3

Vediamo che cosa ci dice il grafico qui sopra:

Le valutazioni elevate e la crescente concentrazione del rischio rendono i mercati azionari e del credito vulnerabili agli shock, che potrebbero essere amplificati dalle fragilità della liquidità non bancaria

a) Premi per il rischio azionario e di credito per l'area dell'euro e gli Stati Uniti

b) Concentrazione nei mercati azionari statunitensi ed esposizioni statunitensi delle banche non bancarie dell'area dell'euro

c) Disponibilità di liquidità e HQLA delle banche non bancarie dell'area dell'euro

(gennaio 2009-novembre 2024, percentuali, punti base)

(Q1 2016-Q2 2024, percentuali)

(Q1 2021-Q2 2024, percentuale delle attività totali)

Fonti: Bloomberg Finance L.P., BCE (CSDB, SHS, ICB, IVF, PFBR) e calcoli della BCE. Note: Pannello a: i premi per il rischio azionario sono calcolati come rendimento CAPE a cinque anni per EURO STOXX (area dell'euro) e S&P 500 (Stati Uniti) meno il rendimento reale dei titoli di Stato a cinque anni (aggiustato per l'inflazione) (tedesco per l'area euro); i premi per il rischio di credito sono calcolati come spread aggiustato per le opzioni per obbligazioni societarie con rating BBB con una scadenza residua da cinque a sette anni. "Ultimo" si riferisce al 12 novembre 2024. Pannello b: "Magnificent 7" comprende le azioni di Alphabet, Amazon, Apple, Meta, Microsoft, Nvidia e Tesla. Pannello c: gli HQLA (attività liquide di alta qualità) sono definiti come titoli HQLA di livello 1 secondo il regolamento delegato (UE) 2015/61 della Commissione.

Le vulnerabilità sovrane sono in aumento, guidate da una maggiore incertezza politica e da una crescita lenta

L'aumento dell'incertezza geopolitica e politica sta esacerbando le vulnerabilità sovrane. Da quando è stata pubblicata l'ultima edizione della Financial Stability Review, i risultati delle elezioni a livello europeo e nazionale, in particolare in Francia, hanno riacceso le preoccupazioni sulla sostenibilità del debito sovrano. Le maggiori incertezze politiche e le preoccupazioni del mercato sulle loro implicazioni per la sostenibilità del debito hanno portato ad alcuni spread sovrani ad ampliarsi per alcuni paesi dell'area dell'euro con alti livelli di debito (Sezione 1.2), sebbene per ora con limitate ricadute transfrontaliere. Contemporaneamente, la tendenza a lungo termine di crescente frammentazione politica osservata negli ultimi tre decenni ha reso più difficile formare coalizioni di governo stabili. Ciò potrebbe contribuire a ritardi nel raggiungimento di un accordo su riforme fiscali e strutturali chiave, aumentando al contempo l'incertezza della politica economica (Grafico 4, pannello a). Inoltre, la crescente incertezza geopolitica potrebbe implicare un onere aggiuntivo per i paesi sovrani nell'affrontare le conseguenze delle ricadute geopolitiche (ad esempio, sussidi energetici). Ciò sarebbe particolarmente difficile per i paesi in cui i livelli di debito pubblico sono elevati, dato il loro limitato spazio fiscale per sostenere l'economia in caso di shock avversi.

Chart 4

Vediamo che cosa ci dice il grafico qui sopra.

Le vulnerabilità sovrane sono aumentate, data l'accresciuta incertezza geopolitica e politica, i deboli fondamentali fiscali e la lenta crescita potenziale

a) Quote di voto dei partiti vincenti e incertezza della politica economica in Europa

b) Punteggi di conformità fiscale e saldi di bilancio nell'area dell'euro

c) Reazione simulata del rapporto debito sovrano/PIL a shock standardizzati su un orizzonte di dieci anni

(1987-2024; percentuali, indici)

(punteggi, percentuali del PIL)

(punti percentuali del PIL)

Fonti: parlgov.org, policyuncertainty.com, Larch, Malzubris e Santacroce*, calcoli della Commissione europea e della BCE. Note: Pannello b: i paesi a basso debito hanno rapporti debito sovrano/PIL inferiori al 60%, i paesi a medio debito tra il 60% e il 100% e i paesi ad alto debito superiori al 100% alla fine dell'anno 2023. Nel complesso i punteggi di conformità rilevano se gli aggregati fiscali rilevanti si sono spostati all'interno o all'esterno dei perimetri stabiliti dalle quattro principali regole fiscali del Patto di stabilità e crescita dell'UE. Pannello c: lo scenario di politica fiscale senza cambiamenti (NFPC) con costi di invecchiamento presuppone che oltre l'orizzonte di proiezione macroeconomica di medio termine, ovvero dal 2027 in poi, il saldo primario strutturale cambi solo in base alla variazione prevista nei costi di invecchiamento, altrimenti rimane costante. Lo shock di output potenziale presuppone una convergenza decennale al contributo mediano del capitale e della produttività totale dei fattori alla crescita dell'output potenziale. Il percorso di output potenziale risultante viene quindi utilizzato in combinazione con l'ipotesi NFPC sul lato fiscale. Lo shock del tasso di interesse è calibrato in modo che il differenziale di crescita del tasso di interesse (i-g) per ciascun paese ritorni alla sua media storica entro la fine dell'orizzonte di simulazione.*) Larch, M., Malzubris, J. e Santacroce, S., "Conformità numerica alle regole fiscali dell'UE: fatti e cifre da un nuovo database", Intereconomics, Vol. 58, n. 1, 2023, pp. 32-42.

I fondamentali fiscali restano vulnerabili allo slittamento e alla debole crescita potenziale in alcuni paesi. Nonostante il calo dei rapporti debito sovrano/PIL dopo l'impennata registrata durante la pandemia, i fondamentali fiscali restano deboli in alcuni paesi, dati gli elevati livelli di debito, le procedure in corso per deficit eccessivo e la scarsa conformità storica alle norme fiscali dell'UE (grafico 4, pannello b). Anche se il ciclo dei tassi di interesse è cambiato, si prevede che i costi del servizio del debito sovrano aumenteranno ulteriormente poiché il debito in scadenza viene rinnovato a tassi di interesse più elevati rispetto al debito in essere. Lo slittamento fiscale o le incertezze sui percorsi di consolidamento fiscale nell'ambito del nuovo quadro fiscale dell'UE potrebbero portare a una rivalutazione del rischio sovrano, alimentando la volatilità del mercato obbligazionario e l'incertezza politica (riquadro 1). Anche i venti contrari strutturali alla crescita potenziale derivanti da fattori come la debole produttività potrebbero minacciare la sostenibilità del debito (grafico 4, pannello c). La riforma fiscale per garantire una composizione delle finanze pubbliche favorevole alla crescita a lungo termine e le riforme strutturali sono fondamentali per aumentare la crescita potenziale nell'area dell'euro. Inoltre, una maggiore disciplina sulla spesa corrente aiuterebbe a creare lo spazio fiscale necessario per affrontare le sfide strutturali del cambiamento climatico, della spesa per la difesa, dell'invecchiamento e della trasformazione digitale, come previsto dal nuovo quadro fiscale dell'UE.

La risposta del mercato alle elezioni in Europa all'inizio di quest'anno si è rivelata temporanea e localizzata, con limitate ricadute intersettoriali. Una maggiore volatilità nei mercati del debito sovrano è stata accompagnata da un calo dei prezzi delle azioni bancarie nei paesi in cui l'incertezza politica è elevata. Tuttavia, i cali si sono rivelati di breve durata e le ricadute su altri settori e paesi sono rimaste contenute. Una nota positiva è che le esposizioni sovrane delle banche dell'area dell'euro rispetto al loro capitale rimangono, in media, al di sotto delle loro medie pluriennali nonostante un recente aumento, mentre le obbligazioni sovrane sono per la maggior parte detenute anche a costo ammortizzato. Ciò rende gli aumenti degli spread sovrani e della volatilità del mercato meno preoccupanti nell'immediato. Le preoccupazioni sulla sostenibilità del debito sovrano, unite all'accresciuta incertezza politica, potrebbero riversarsi sul settore aziendale tramite declassamenti del rating e costi di finanziamento più elevati. Potrebbero inoltre comportare vendite forzate e procicliche di asset da parte di soggetti non bancari in caso di un brusco aumento dei rendimenti dei titoli di Stato o di declassamenti generalizzati del rating, rafforzando così i circoli viziosi tra i settori.

Le preoccupazioni sul rischio di credito per alcune aziende e famiglie potrebbero influire sulla qualità degli asset bancari e non bancari

Gli elevati costi di finanziamento e la debole crescita economica continuano a influire sui bilanci aziendali, in particolare delle società immobiliari commerciali (CRE) e delle PMI. I costi degli interessi continuano a gravare sulla redditività aziendale anche se i nuovi tassi di prestito diminuiscono. Le insolvenze, un indicatore ritardato della salute finanziaria aziendale, sono aumentate in tutti i settori e nei paesi (sezione 1.3), sebbene da livelli moderati. Ciò riflette sia la graduale eliminazione del sostegno politico correlato alla pandemia sia le continue prospettive aziendali deboli e incerte (grafico 5, pannello a). La capacità di servizio del debito delle PMI sembra essere particolarmente vulnerabile a un rallentamento dell'attività economica e a costi di indebitamento più elevati. Le condizioni nei mercati CRE dell'area dell'euro mostrano segnali di stabilizzazione, con una domanda degli investitori in lieve ripresa, in linea con una politica monetaria meno restrittiva (sezione 1.5). Tuttavia, i fattori strutturali correlati al passaggio post-pandemia al lavoro da remoto e all'e-commerce, nonché le considerazioni ambientali, continuano a rendere difficili le prospettive per alcune società immobiliari.

Le vulnerabilità delle famiglie nell'area dell'euro si sono attenuate, ma i costi degli interessi stanno mettendo a dura prova le fasce a basso reddito. Le finanze delle famiglie hanno beneficiato di una leva finanziaria inferiore, mercati del lavoro resilienti, una forte crescita del reddito e maggiori risparmi. Tuttavia, le famiglie con redditi più bassi e mutui a tasso variabile sono sfidate da alti tassi di interesse. Una crescita più lenta e mercati del lavoro più deboli potrebbero minare la capacità di servizio del debito delle famiglie. A loro volta, i mercati immobiliari residenziali (RRE) potrebbero soffrire. Per ora, gli aggiustamenti sono rimasti ordinati, ma i rischi sono orientati al ribasso, soprattutto nei paesi con livelli elevati di debito ipotecario e mercati immobiliari sopravvalutati (Sezione 1.5). I mercati RRE potrebbero ancora affrontare stress se le condizioni del mercato del lavoro dovessero peggiorare notevolmente, aggiungendosi alle sfide di accessibilità derivanti da tassi ipotecari elevati, seppur in calo.

Chart 5

Vediamo che cosa ci dice il grafico qui sopra.

Le preoccupazioni sul rischio di credito in alcuni segmenti dei settori aziendale e delle famiglie potrebbero causare venti contrari alla qualità degli asset sia per le banche che per le non banche in futuro

a) Utilizzo della capacità, livelli del portafoglio ordini e fiducia industriale nell'area dell'euro

b) Flussi netti di NPL per prestiti alle PMI e CRE nell'area dell'euro

c) Detenzioni di asset delle non banche dell'area dell'euro, per paese emittente prospettive macro-fiscali

(Q1 2021-Q4 2024, percentuali, saldi percentuali)

(Q3 2023-Q2 2024, percentuali dello stock totale di prestiti)

(2021-25, percentuali)

Fonti: Commissione europea, BCE (dati di vigilanza, SHS) ed elaborazioni della BCE. Note: Pannello a: le linee tratteggiate indicano le medie a lungo termine dal 1999. Le ultime osservazioni per i livelli del portafoglio ordini e la fiducia industriale sono per ottobre 2024. Pannello b: i prestiti CRE alle PMI sono stati esclusi dal campione CRE. Pannello c: include esposizioni ad azioni quotate e titoli di debito di società non finanziarie e titoli di debito sovrani. Crescita elevata (bassa) si riferisce a una prospettiva di crescita potenziale del PIL nel 2025 superiore (inferiore) all'1%. Debito sovrano elevato (basso) si riferisce a rapporti debito/PIL superiori (inferiori) al 100%.

La qualità degli asset bancari è rimasta resiliente, ma le preoccupazioni sulla qualità del credito in alcune parti dei settori non finanziari suggeriscono che ci saranno delle sfide future. Mentre i rapporti sui prestiti in sofferenza (NPL) sono ai minimi storici, le perdite aggregate nei portafogli di prestiti sensibili al ciclo, in particolare CRE, PMI e prestiti al consumo, sono aumentate, sebbene con significative variazioni tra paesi (grafico 5, pannello b). I portafogli di prestiti CRE hanno contribuito principalmente all'indebolimento della qualità degli asset, ma le loro dimensioni relativamente modeste attenuano gli impatti sistemici sul settore bancario. Allo stesso tempo, queste esposizioni sono concentrate e le banche con esposizioni CRE superiori alla media potrebbero comunque trovarsi ad affrontare stress se la qualità degli asset CRE dovesse peggiorare ulteriormente. Il deterioramento della qualità del credito delle PMI è stato più contenuto, ma è anche più diffuso. La sua persistenza potrebbe avere un impatto più forte sulle banche e sull'economia reale di quanto attualmente previsto. Le prospettive di rischio di credito per i portafogli aziendali e delle famiglie rimangono orientate al ribasso, date le deboli condizioni macrofinanziarie, i rischi al ribasso per la crescita economica e l'impatto ritardato degli alti tassi di interesse sui mutuatari. Le banche potrebbero ancora dover affrontare costi di accantonamento più elevati se i rischi nei settori non finanziari dovessero materializzarsi, non da ultimo perché i valori collaterali in calo potrebbero non essere pienamente riflessi nei loro bilanci.

La capacità delle banche di assorbire un ulteriore deterioramento della qualità degli asset continua a essere supportata da elevati livelli di redditività insieme a solidi buffer di capitale e liquidità. Costi operativi inferiori e forti margini di interesse netti hanno consentito alle banche dell'area dell'euro di mantenere elevati livelli di redditività. La loro resilienza è supportata da solidi coefficienti patrimoniali e buffer di liquidità, nonostante la graduale eliminazione dei finanziamenti da operazioni di rifinanziamento mirate a lungo termine. Detto questo, la redditività bancaria potrebbe aver raggiunto il picco, poiché la pressione al ribasso sugli utili su attività a tasso variabile diventa un ostacolo per il reddito da interessi, mentre le perdite su crediti iniziano a salire. In questo contesto, è fondamentale che i requisiti di buffer di capitale macroprudenziale siano mantenuti a livelli che preservino la resilienza delle banche. Le misure esistenti basate sui mutuatari dovrebbero essere mantenute per fungere da backstop strutturali e garantire solidi standard di prestito in tutte le fasi del ciclo finanziario.

La qualità degli asset nei portafogli non bancari potrebbe essere compromessa da deboli fondamentali aziendali e condizioni del mercato immobiliare. Nonostante un certo ribilanciamento dei loro portafogli di investimento verso asset più sicuri negli ultimi anni, le banche non bancarie devono ancora affrontare rischi di credito elevati. L'elevata incertezza economica e i deboli fondamentali aziendali hanno portato a un deterioramento delle prospettive di credito, esponendo il settore NBFI a perdite di rivalutazione dovute a declassamenti e a un crescente rischio di insolvenza. Le esposizioni verso paesi con bassa crescita economica e finanze pubbliche fragili sembrano particolarmente vulnerabili, poiché i sovrani più deboli potrebbero non avere lo spazio fiscale per aiutare l'economia a resistere a shock avversi (grafico 5, pannello c). I rischi di valutazione si estendono anche ai portafogli immobiliari delle banche non bancarie. I bruschi cali dei prezzi CRE potrebbero non essere ancora pienamente riflessi nelle valutazioni dei fondi di investimento immobiliare, ponendo rischi di notevoli perdite non realizzate (sezione 4.2). Ulteriori cali dei prezzi nei mercati CRE dell'area dell'euro potrebbero portare a deflussi di fondi, esacerbati dalle vendite procicliche da parte delle banche non bancarie. I forti legami potrebbero causare qualsiasi stress nel settore NBFI che si riversa sulle banche dell'area euro, in particolare tramite finanziamenti.

Le vulnerabilità della stabilità finanziaria dell'area euro rimangono elevate in un contesto volatile

Tutto sommato, le fonti di rischio e vulnerabilità per la stabilità finanziaria sono rimaste elevate dalla pubblicazione dell'ultimo numero della Financial Stability Review. Mentre i mercati finanziari e le banche non bancarie hanno dimostrato di essere resilienti ai recenti periodi di volatilità, la probabilità di eventi estremi rimane elevata poiché l'equilibrio dei rischi nell'area euro si sposta dalle preoccupazioni per l'inflazione che rimane elevata ai timori sulla crescita.

In un contesto di elevata incertezza macrofinanziaria e geopolitica, potrebbe verificarsi un'improvvisa e brusca inversione del sentiment di rischio, date le elevate valutazioni degli asset e le esposizioni concentrate al rischio nel sistema finanziario. Le incertezze politiche e di policy hanno riportato l'attenzione sui rischi sovrani, causando un aumento delle vulnerabilità sovrane.

Un possibile aumento delle tensioni associate ai conflitti in Medio Oriente e Ucraina, oltre all'accresciuta incertezza della politica commerciale, potrebbe innescare un indebolimento delle condizioni macrofinanziarie, con ripercussioni sul rischio di credito nei settori finanziario e non finanziario.

Inoltre, diverse questioni strutturali trasversali rimangono critiche per la stabilità finanziaria e potrebbero interagire e amplificare le vulnerabilità cicliche esistenti. Queste questioni sono associate ai rischi legati al clima, sia di transizione che fisici, sulla strada verso un'economia a basse emissioni di carbonio; debolezze della sicurezza informatica, tra cui interruzioni dei fornitori IT sistemici e l'ascesa dell'intelligenza artificiale; e frammentazione geopolitica che manda in retromarcia l'integrazione economica, commerciale e finanziaria globale. Il potenziale di queste vulnerabilità cicliche e strutturali di materializzarsi simultaneamente e amplificarsi a vicenda aumenta i rischi per la stabilità finanziaria, creando potenzialmente cicli di feedback negativi in ​​vari settori.

Valter Buffo