Detox: "Andrete nel panico"
 

Non ci sono dubbi: siete perplessi.

Non ci sono dubbi: vi state facendo una lunga serie di domande.

Non ci sono dubbi: tra voi lettori, un buon numero soffre di ansie, legate alla oggettiva incertezza del quadro che tutti avete sotto gli occhi.

Una incertezza che, a giudizio di Recce’d, ha le sue radici nella fragilità, sempre più evidente, di un sistema che è arrivato al capolinea: si è chiusa la fase che si era aperta 20 anni fa, dopo il crash “dot.com” del 2000-2003.

Tutti quei soldi arrivati dal nulla, tutti quei soldi magici, tutti quei soldi che piovevano dal cielo … beh, non ce n’è più, lo avete capito bene, vero? Non ci sono più soldi.

Adesso, è il tempo di salire su di un nuovo treno che ci porti attraverso una Nuova Era, verso altre destinazioni, più alte, più sane, più efficienti.

Tutto questo, noi di Recce’d ve lo abbiamo anticipato negli ultimi anni, in molte occasioni.

In particolare, se rileggete tutta intera la nostra serie di Post che abbiamo chiamato Detox, avete già a portata di mano (e di pensiero) tutti i dati e le informazioni che vi sono necessarie per navigare con successo nel mare agitato di questi tempi turbolenti.

Turbolenti, su questo non ci sono dubbi: ma allo stesso tempo, tempi di paralisi. Di certo a lettore di Recce’d non sfugge che la Borsa americana oggi vale quanto valeva un anno fa.

E non sfugge, neppure, che il Titolo di Stato americano USA, oggi, rende quanto rendeva un anno fa. Nessun guadagno sui prezzi, neppure qui. Resta la cedola, ma c’è l’inflazione, e quindi …

Che cosa fare, quindi, dei propri risparmi, oggi?

Noi, in Recce’d, ve lo abbiamo illustrato nel dettaglio, anche attraverso questo Post, ed in particolare nella serie Detox che proseguiamo oggi con questo nuovo Post.

Per i nostri Clienti, poi, lo abbiamo anche messo in pratica: oggi i nostri portafogli modello sono tutti posizionati in modo ideale, per affrontare … l’estate calda 2025 e gli sconvolgimenti che porterà con sé.

In questo Post, abbiamo scelto di mettere all’attenzione dei nostri lettori fatti accaduti la settimana scorsa, fatti che aiutano a capire il presente ed anticipare il futuro.

Inizieremo dalle dichiarazioni dell’uomo che sta a Capo della più grande istituzione finanziaria al Mondo, ovvero JP Morgan. Che ci ha avvisati proprio la settimana scorsa.

“Voi andrete nel panico”.

L'amministratore delegato di Chase JP Morgan, Jamie Dimon, ha lanciato un terribile avvertimento ai mercati, prevedendo una crisi a meno che gli Stati Uniti non adottino misure per affrontare il crescente debito pubblico.

"Vedrete una crepa nel mercato obbligazionario, ok?", ha detto Dimon durante un'intervista al Reagan National Economic Forum in California. "Succederà."

I mercati obbligazionari sono stati scossi dalla prospettiva che la già precaria situazione fiscale degli Stati Uniti peggiori, qualora la legislazione fiscale sostenuta dal Presidente Trump diventasse legge. Una misura approvata dalla Camera aumenterebbe i deficit di bilancio previsti di circa 2,7 trilioni di dollari in un decennio, aggravando un debito pubblico che già supera i 36 trilioni di dollari.

Questo pacchetto fiscale ha spaventato gli operatori obbligazionari, portando a una svendita dei titoli del Tesoro decennali di riferimento, che ha fatto salire i rendimenti di quasi un quarto di punto percentuale al 4,418% questo mese. Moody's Ratings ha revocato agli Stati Uniti il ​​rating di credito tripla A, citando l'imponente debito pubblico. E la debole domanda di titoli del Tesoro all'asta del 21 maggio ha contribuito ad aumentare le preoccupazioni.

Dimon ha osservato che il Covid aveva lasciato i mercati del debito in subbuglio all'inizio del 2020, finché il governo non ha reagito con diverse misure che hanno normalizzato gli scambi e stimolato l'economia. Ma "hanno esagerato enormemente" negli anni successivi, ha affermato.

Le normative imposte alle banche dopo la crisi finanziaria del 2008-2009 hanno lasciato loro una minore flessibilità nel detenere obbligazioni e altri titoli nei loro bilanci. Questo rende difficile per le società finanziarie intromettersi tra venditori e acquirenti quando i mercati del credito si bloccano, ha affermato Dimon.

Il Segretario al Tesoro Scott Bessent e altre autorità di regolamentazione bancaria si sono impegnati ad allentare i requisiti patrimoniali per consentire alle banche di detenere più titoli del Tesoro.

Senza cambiamenti sostanziali, gli Stati Uniti sono diretti verso una resa dei conti, ha affermato Dimon. "E lo dico ai miei regolatori... succederà, e voi andrete nel panico", ha detto. "Non so se sarà una crisi tra sei mesi o sei anni".

Dimon, uno dei dirigenti di Wall Street più longevi, ha una lunga storia di previsioni preoccupanti sulla salute dell'economia e dei mercati finanziari. All'inizio di questo mese, ha affermato che gli investitori azionari non stavano tenendo adeguatamente conto dell'impatto dei dazi di Trump, dato il rimbalzo del mercato dai minimi registrati all'inizio della guerra commerciale. "È un livello di compiacimento straordinario", ha detto.

Una potenziale crisi del mercato del debito non è l'unico scenario che preoccupa Dimon. Crede anche che, se la potenza economica e militare americana dovesse erodersi, la preminenza del dollaro sarebbe a rischio.

"Se non saremo l'esercito e l'economia preminenti tra 40 anni, non saremo la valuta di riserva", ha affermato. "La gente mi dice che siamo enormemente resilienti. Sono d'accordo. Penso che questa volta sia diverso. Questa volta dobbiamo darci una mossa e farlo molto rapidamente".

Dimon ha riconosciuto che la Cina, il bersaglio principale della guerra commerciale di Trump, è un "potenziale avversario".

"Quello che mi preoccupa davvero siamo noi", ha detto. "Riusciremo a darci una mossa, a costruire i nostri valori, le nostre capacità, la nostra gestione?"

Per quale ragione l’uomo che è a capo della maggiore istituzione finanziaria della maggiore economia del Pianeta si espone con parole così forti? Quelle stesse parole che, soltanto un paio di anni fa, venivano accolte da commenti taglienti, accuse di “pessimismo cosmico”, di “catastrofismo”, e di “volere attirare l’attenzione andando controcorrente”, anche e persino dalla stampa nazionale?

Due anni fa, queste erano “idee bizzarre e persino allucinate”.

Oggi, per tutti, è semplicemente

la realtà.

Ma i numeri, allora ed oggi, i numeri sono gli stessi.

Perché un cambiamento drammatico del “consenso”? Come è possibile, in soli 24 mesi?

Date voi stessi, amici lettori, una risposta a questa domanda.

Noi, Recce’d con i propri Clienti, la risposta ce la siamo data da anni: e la risposta, a nostro giudizio si tratta molto semplicemente

della realtà.

Ma se voi avete ancora qualche dubbio, in merito a ciò che dice Dimon, allora leggete un secondo resoconto dell’ìntervento della settimana scorsa.

Come leggerete, le recentissime parole di Dimon non sono apparse rilevanti soltanto a Recce’d.

Jamie Dimon ha avvertito che il mercato obbligazionario statunitense "crollerà" sotto il peso del crescente debito pubblico, invitando l'amministrazione di Donald Trump a indirizzare l'America verso una traiettoria più sostenibile.

L'amministratore delegato di JPMorgan Chase ha dichiarato venerdì di aver messo in guardia le autorità di regolamentazione: "Vedrete una crepa nel mercato obbligazionario". Ha aggiunto: "Vi dico che succederà. E voi andrete nel panico. Io non andrò nel panico. Andrà tutto bene".

L'avvertimento del capo della più grande banca statunitense sui crescenti rischi per il mercato obbligazionario statunitense – che fissa i costi di indebitamento a migliaia di miliardi di dollari di debito a livello globale – sottolinea come Wall Street stia diventando sempre più preoccupata per l'aumento dei livelli di debito pubblico. Questo accade mentre il Congresso sta esaminando la "grande, splendida" proposta di bilancio di Trump, che, se approvata, si prevede aumenterà notevolmente il deficit federale.

Anche prima dell'introduzione della legge, votata dalla Camera la scorsa settimana e attualmente in fase di revisione al Senato, il Congressional Budget Office aveva previsto che il debito statunitense in percentuale del PIL avrebbe superato il picco degli anni '40 nei prossimi anni.

I titoli di Stato statunitensi a lungo termine sono stati messi sotto pressione dalle preoccupazioni fiscali, con il rendimento dei titoli del Tesoro trentennali scambiato a circa il 5% da poco più del 4% all'inizio del 2024. Anche l'agenzia di rating Moody's questo mese ha revocato agli Stati Uniti il ​​rating di credito tripla A.

Il mercato dei titoli del Tesoro USA è cresciuto da circa 5.000 miliardi di dollari nel 2008 a 29.000 miliardi di dollari oggi, grazie al taglio delle tasse da parte del governo e all'aumento della spesa pubblica, in particolare durante la pandemia di coronavirus. Il mercato è il più profondo e liquido al mondo e beneficia da tempo del privilegio del dollaro come valuta di riserva mondiale.

Ma con l'aumento del debito, anche la domanda ha subito un duro colpo. Gli investitori stranieri si sono costantemente ritirati dal mercato dei titoli del Tesoro negli ultimi dieci anni, una mossa accelerata dalla politica tariffaria di Trump.

Dimon ha affermato che le crescenti tensioni geopolitiche, le guerre commerciali e l'impennata dei livelli di debito in tutto il mondo significavano che le "placche tettoniche" dell'economia mondiale si stavano spostando.

"Non so proprio se tra sei mesi o sei anni ci sarà una crisi", ha dichiarato al Reagan National Economic Forum in California, invitando il governo a "cambiare la traiettoria del debito" e sollecitando le autorità di regolamentazione ad allentare le restrizioni sulle banche per aumentare la loro capacità di negoziazione di obbligazioni. "Penso che possiamo migliorare tutto, incluso questo, semplicemente cambiando e modificando alcune di queste norme e regolamenti".

I suoi commenti fanno eco a quelli del presidente di Goldman Sachs John Waldron, che all'inizio di questa settimana ha descritto il crescente deficit statunitense come "piuttosto preoccupante" e ha avvertito che il suo impatto sul mercato obbligazionario rappresentava "il grande rischio macroeconomico in questo momento".

"Penso che avremo deficit più ampi, a perdita d'occhio, e avremo più prestiti del Tesoro", ha affermato Waldron, che è il vice di Goldman Sachs dietro David Solomon. "Il rischio maggiore è che i tassi a lungo termine continuino a salire e che il costo del capitale nell'economia aumenti, diventando fondamentalmente un freno alla crescita economica", ha dichiarato alla conferenza Bernstein di New York.

L'onere del debito statunitense supererà il picco della Seconda Guerra Mondiale nei prossimi anni, afferma un osservatorio

La legge di bilancio di Trump aggiungerà almeno 3.300 miliardi di dollari al debito statunitense entro il 2034, secondo l'agenzia indipendente Committee for a Responsible Federal Budget. Moody's ha avvertito che la legge spingerà il deficit statunitense dal 6,4% del PIL dello scorso anno a poco meno del 9% entro il 2035.

Dimon ha anche affermato che gli Stati Uniti dovrebbero aumentare la tassa sui carried interest, una disposizione del codice fiscale che avvantaggia i dirigenti del private equity.

Trump ha appoggiato l'idea, che è da tempo un obiettivo dei Democratici, incluso l'ex presidente Barack Obama. "Dovremmo assolutamente tassare i carried interest", ha detto Dimon. Alla domanda se prenderebbe in considerazione la possibilità di candidarsi, Dimon, 69 anni, ha risposto che lo farebbe "se pensassi di poter davvero vincere, cosa che non credo".

Avete letto sul vostro social a proposito di queste dichiarazioni di Jamie Dimon?

Ne avete letto sul vostro abituale quotidiano?

Ne avete sentito parlare al TG? Oppure al GR?

No? Nulla?

Eppure così, a prima vista, sembrano parole piuttosto forti, non vi pare?

Sarà forse che Dimon dice e racconta cose di poca rilevanza pratica? .Che è un uomo che vive sulla Luna?

Sarà forse che Dimon è un uomo che vive isolato, dalle tensioni dei mercati finanziari, dalle stanze dell’economia, dai salotti della politica?

Oppure, forse, sarà che ai TG, ai GR, ai quotidiani, ed anche ai politici, risulta più semplice ogni giorno, giorno dopo giorno, creare una cortina fumogena, e parlare a voi di “tariffe, tariffe, tariffe”, quasi come a farne un reality show della TV, ottenendo così di distrarre voi, lettori ed investitori, da vicende, dati ed informazioni che hanno per voi e per i vostri risparmi un peso molto maggiore, ma sono allo stesso tempo molto più difficili da risolvere, o anche solo da rettificare e modificare?

Le parole di Dimon che abbiamo appena letto, amici lettori, incidono ed incideranno, in modo pesante, sul vostro stesso benessere finanziario.

Anche sul benessere di chi, oggi, ha creduto di mettersi al sicuro mettendo nel proprio portafoglio di tioli soltanto BTp e Bund.

Inseguendo una illusione di “sicurezza” che, proprio come spiegato da Dimon qui sopra, oggi non esiste più.

L’immagine che segue vi chiede: siete anche voi preparati al 5,50% di rendimento sul decennale USA? Oppure anche voi state fumando una sigaretta nel deposito degli esplosivi?

Di che cosa fare per i vostri portafogli titoli, Recce’d ha già scritto nelle ultime settimane, nei Post precedenti di questa seria Detox.

E ne scriverà ancora, nei prossimi Post della serie, che proseguirà per l’intera estate. Questi, sono problemi che non se ne vanno, e che condizioneranno tutti i mercati finanziari (inclusi BTp e Bund) per anni.

Se non ne siete convinti. Se siete tra quelli che pensano che “aggiustando un po’ di qua ed un po’ di là, e con qualche intervento di emergenza, poi ne verranno fuori e tireranno avanti come sempre”, se vi hanno illusi del fatto che “ormai i mercati finanziari non reagiscono più a questo tipo di stress”, noi oggi vi faremo leggere un intervento molto significativo, sella settimana scorsa, che vi dettaglia che cosa si potrebbe fare, per uscire dalla “crisi del debito”.

Resterà poi a voi, al nostro lettore, di valutare. Valutare se queste cose si potranno fare. Ed eventualmente in quali tempi.

Ma soprattutto valutare in che modo, questo lungo e faticoso processo inciderà sui prezzi in Borsa, sui prezzi dei Titoli di Stato, sui cambi tra le maggiori valute, e sul prezzo di oro, petrolio, platino, grano, mais e succo di arancia.

L’articolo che leggete di seguito è scritto da Peter Orszag: oggi è amministratore delegato e presidente di Lazard. Ma è stato anche direttore dell'Office of Management and Budget e del Congressional Budget Office, negli anni della Presidenza Obama.

Dunque, lo chiariamo subito, chi scrive è un oppositore di Trump: a nostro giudizio, però, questo sui contributo non è influenzato in modo determinante dalla posizione politica

Noi lo giudichiamo, invece utile per comprendere nel dettaglio quali sono, oggi, le opzioni pratiche per le prossime (inevitabili) iniziative della Amministrazione Trump.

Una seconda Amministrazione Trump che oggi attraversa il momento peggiore della sua storia e che obbliga lo stesso Trump a … inventarsi qualche cosa, a fare una o più mosse “a sorpresa”.

Sceglierà forse una delle opzioni indicate qui sotto nell’articolo?

Oppure sceglierà ancora una volta di … andare oltre i limiti e rompere tutti gli schemi?

E come modificheranno, queste sue nuove “bizzarrie”, i prezzi sui mercati finanziari?

E qui il tema ritorna ad essere quello iniziale. Dimon dice: “Voi andrete nel panico”. E si rivolge proprio a voi, che state leggendo questo Post. Non si rivolge al Clienti di Recce’d, che in qualsiasi scenario si presenti nel prossimo futuro, NON andranno nel panico. Ed al contrario, ne ricaveranno benefici importanti.

Vi pare poco?

Vi suggeriamo di iniziare a pensarci oggi stesso, utilizzando come quadro di riferimento il grafico che, più in basso, utilizziamo oggi per chiudere il Post, e che da domattina ogni mattina discuteremo con i Clienti in The Morning Brief.


Per molti investitori globali, l'onnipotente dollaro non sembra più così onnipotente in questo periodo, in parte perché la situazione fiscale americana è significativamente peggiorata. Questa sfida fiscale è una delle chiavi degli obiettivi commerciali dell'amministrazione Trump, poiché gli Stati Uniti non riusciranno a ridurre materialmente i propri deficit commerciali se non ridurranno anche il deficit di bilancio.

Per anni è stato ragionevole ignorare le lamentele dei più ansiosi sui deficit. Con tassi di interesse molto bassi, la mancanza di alternative particolarmente interessanti ai titoli del Tesoro statunitensi per gli investitori e una reazione tiepida del mercato ai continui drammi di Capitol Hill sull'innalzamento del limite del debito, coloro che lamentavano l'insostenibilità della spesa in deficit e dei livelli di debito sembravano gridare al lupo, e non poco. Anche da ex direttore del bilancio della Casa Bianca, sono diventato scettico riguardo ai loro infiniti avvertimenti.

Non più.

Due cose sono cambiate: in primo luogo, il lupo ora è in agguato molto più vicino alla nostra porta. I deficit annuali del bilancio federale si attestano al 6% del PIL o più, rispetto a ben meno del 3% di dieci anni fa. I tassi di interesse sui titoli del Tesoro decennali sono più che raddoppiati – circa il 4,5% ora contro poco più del 2% di allora – e nell'attuale anno fiscale si prevede che il governo spenderà di più per il pagamento degli interessi che per la difesa, Medicaid o Medicare. Esatto: il nostro indebitamento ora ci costa più ogni anno di ciascuna di queste importanti ed essenziali voci di bilancio.

Nel frattempo, il debito federale detenuto dal pubblico, escludendo le partecipazioni della Federal Reserve, in percentuale del PIL è aumentato di circa un terzo dal 2015. Il Congressional Budget Office, che un tempo ho diretto, prevede che entro il 2029 il nostro debito in percentuale della nostra economia crescerà a livelli senza precedenti dagli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale. Tutto ciò si sta verificando in un contesto caratterizzato da un sistema politico ancora più polarizzato, da crescenti tensioni con i detentori di debito estero e da una minore fiducia nelle tutele americane che hanno promosso il dollaro come porto sicuro mondiale.

I rischi posti dal nostro governo fortemente indebitato sono oggi più elevati che in passato, ma è anche vero che nessuno degli effetti negativi temuti si è ancora verificato. È difficile trovare un'economia moderna con un tasso di cambio liberamente fluttuante e un debito denominato nella propria valuta, entrambi di cui godono gli Stati Uniti, che sia inadempiente. Allora perché lanciare l'allarme ora?

Perché l'assenza di prove non è prova di assenza. Nessun'altra nazione ha avuto la combinazione di fattori che definisce l'attuale posizione fiscale americana, quindi i precedenti non sono utili.

La nostra capacità di sostenere ampi deficit si basa sullo status del dollaro come valuta di riserva globale. Quasi un terzo del nostro debito è di proprietà estera, per un totale di quasi 9.000 miliardi di dollari. In questo contesto, la ridotta propensione per il debito statunitense da parte degli investitori stranieri può far salire i tassi di interesse e rendere la nostra posizione fiscale ancora più difficile.

Sebbene il declassamento del debito statunitense da parte di Moody's a un livello inferiore al precedente rating tripla A abbia fatto notizia e abbia temporaneamente scosso il mercato obbligazionario, il declassamento in sé non avrà un impatto duraturo sugli investitori. Per ora, come si dice, i titoli del Tesoro rimangono la camicia sporca più pulita degli investitori.

La situazione può cambiare, tuttavia, sia con l'evoluzione dei rapporti tra gli altri paesi e il nostro, sia con l'aumento della spesa pubblica e l'emissione di altro debito da parte di altri governi, soprattutto in Europa. Se la Germania, ad esempio, contrae maggiori prestiti per finanziare la spesa per la difesa e le infrastrutture, i suoi titoli di Stato potrebbero diventare un'alternativa più valida ai titoli del Tesoro per alcuni investitori.

Un secondo cambiamento rilevante per il deficit di bilancio è l'attenzione dell'amministrazione sul deficit commerciale, che, per definizione, si verifica quando un paese consuma più di quanto produce. Ovvero, quando i risparmi di una nazione sono relativamente bassi.

I deficit di bilancio sottraggono denaro al risparmio nazionale e, a prescindere da ciò che accadrà con l'attuale serie di dazi, l'America farà fatica a ridurre significativamente il suo deficit commerciale complessivo senza ridurre il proprio deficit di bilancio.

A meno che non si verifichi un cambiamento di fondo nei modelli di risparmio nazionale, gli aumenti tariffari saranno compensati da variazioni del tasso di cambio che scoraggiano le esportazioni e incoraggiano le importazioni, con un effetto netto minimo o nullo sulla bilancia commerciale complessiva. In effetti, il cambiamento più radicale necessario per modificare i modelli di commercio globale è che la Cina riduca il suo tasso di risparmio registrando maggiori deficit di bilancio (che ridurrebbero i suoi surplus commerciali) e che gli Stati Uniti facciano il contrario riducendo il loro deficit di bilancio (che ridurrebbe il nostro deficit commerciale). Tuttavia, non possiamo riporre le nostre speranze su un deficit maggiore della Cina.

Per gestire i rischi associati alla nostra situazione fiscale e raggiungere gli obiettivi commerciali dell'amministrazione, cosa dovremmo fare?

  1. In primo luogo, dovremmo accettare di essere la valuta di riserva mondiale e apprezzare l'esorbitante privilegio associato a tale status. Scott Bessent, il Segretario del Tesoro, ha recentemente affermato che questa è la posizione dell'amministrazione.

  2. In secondo luogo, dovremmo eliminare il limite al debito. La sua esistenza non contribuisce in modo significativo a imporre la disciplina fiscale e crea solo inutili distrazioni.

  3. In terzo luogo, quando abbiamo avuto la possibilità di consolidare bassi tassi a lungo termine, avremmo dovuto estendere la scadenza del debito del Tesoro, come Robert Rubin, Joseph Stiglitz e io avevamo raccomandato più di quattro anni fa: "Data la profonda incertezza sul futuro dei tassi di interesse e l'attuale pendenza della curva dei rendimenti", abbiamo suggerito che estendere le scadenze del debito avrebbe "attenuato le conseguenze di una variazione relativamente improvvisa dei tassi di interesse".

Purtroppo, i nostri timori si sono concretizzati. Nonostante l'aumento dei tassi da allora, dovremmo comunque tentare di estendere alcune delle nostre scadenze ora, sia per ridurre il rischio di dover rifinanziare così tanto debito ogni anno, sia per tutelarci da ulteriori aumenti dei tassi da qui in avanti. L'idea di base è quella di indebitarsi per periodi di 30 anni o anche più lunghi, piuttosto che indebitarsi per un breve periodo e poi dover rifinanziare ogni pochi anni.

  1. In quarto luogo, una crescita più elevata sarebbe d'aiuto. È possibile che, come ha affermato l'economista Nouriel Roubini, "la tecnologia trionfi sui dazi" e che la crescita sarà maggiore in futuro grazie alla rivoluzione dell'intelligenza artificiale. Ma non sappiamo molto su come influenzare significativamente la crescita attraverso cambiamenti politici, quindi inseriamo questo nella categoria "speranza" piuttosto che in quella "strategia".

  2. Infine, c'è molto che potremmo fare – ma probabilmente non lo faremo – per generare risparmi fiscali nei nostri ampi programmi di welfare e aumentare le entrate. Potremmo, ad esempio, adottare misure più aggressive per pagare la qualità piuttosto che il volume dell'assistenza sanitaria e promuovere il supporto basato sull'intelligenza artificiale per il processo decisionale dei medici, il che ridurrebbe l'ampia e per lo più ingiustificata variabilità nelle modalità di pratica dell'assistenza sanitaria in tutto il Paese. Il risultato sarebbe una riduzione della crescita dei costi dell'assistenza sanitaria senza compromettere i risultati sanitari.

Nella sua forma attuale, la legge di bilancio in discussione al Congresso non farebbe altro che aggravare le sfide che ci troviamo ad affrontare, espandendo ulteriormente il deficit. Ma il primo passo verso la salute dei conti pubblici non è un disegno di legge o una proposta politica specifica.

È riconoscere che i nostri rischi fiscali sono allarmanti per quanto sono elevati elevati e che non faremo molti progressi sul deficit commerciale se non riduciamo il suo gemello, il deficit di bilancio.


Valter Buffo
Detox: ecco in che modo vi prendono in giro. Ogni giorno
 


Trump ci garantisce intrattenimento, distrazione, sorprese e colpi di scena. Come ogni buon conduttore di programmi TV, del tipo Amadeus, Bonolis, Carlo Conti.

Se però guardiamo alla cosa come investitori, è ovvio ed evidente che tutti veniamo presi in giiro.

Ogni giorno.

Dai media tradizionali, ed anche di più dai social, a tutti noi, vengono raccontate storie e cose … che non esistono.

Come evitare di farsi prendere in giro, nelle prossime settimane e mesi?

Vi occorrono: competenza, strumenti di analisi, metodo, esperienza, e informazioni selezionate. Proprio ciò che Recce’d vi mette a disposizione.

Che cosa lo dimostra?

Tutto.

Tutto ciò che abbiamo ed avete visto, nel 2025, sui mercati finanziari.

Ed in particolare, tra aprile e maggio 2025. Ed in particolare, negli ultimi otto giorni. Dal downgrade deciso da Moody?s, fino ai fatti di venerdì 23 maggio 2025.

Volete smetterla, di farvi prendere in giro? Oppure, volete continuare a farvi prendere in giro?

Contattate Recce’d, e noi risolviamo per voi.

Ora riparliamo dei fatti da venerdì 16 maggio a venerdì 23 maggio: fatti che dimostrano tutte le nostre affermazioni.

Partiamo dalla sera di giovedì 22 maggio: alla Camera USA viene approvato il “Big, Beautiful Bill”: che poi è, semplicemente, la Manovra Finanziaria degli Stati Uniti.

Il rendimento del titolo di Stato USA, scadenza decennale, sale nel pomeriggio, fino al 4,625%.

Poi, verso la fine della giornata, compare “un misterioso compratore”.


Chi sarà, questo misterioso compratore di Titoli di Stato, che interrompe il rialzo dei rendimenti (discesa dei prezzi) e fa quindi scendere il rendimento del decennale al 4,55%?

Non lo sappiamo. Noi in Recce’d però abbiamo una idea precisa.

E non basta: il giorno dopo, venerdì 23 maggio, prima che i mercati USA aprano (ovvero alle 2 del pomeriggio in Europa) arriva di nuovo un misterioso compratore. Improvvisamente, i rendimenti scendono ancora, fino al 4,50%.

Lo vedete sotto nel grafico.

E poi?

E poi, arriva lui: ovviamente, arriva Trump.


Arriva Trump, alle due del pomeriggio europeo, ed annuncia un aumento delle tariffe che colpiscono l’Europa. Un aumento clamoroso: 50% .

Subito: dal 1 giugno. Tra una settimana, sette giorni.

Dopo la retromarcia di Pasqua, e quella con la Cina di due settimane fa, adesso una nuova svolta a 180 gradi.

Riparte così la “guerra delle tariffe”.


I vostri risparmi, ovviamente ne risentono: subiscono danni, per questo ritorno della “guerra delle tariffe”. Danni e perdite su tutti i fronti.

Come si può difendere il proprio risparmio da questa guerra e da questi danni?

La prima cosa da fare (come sempre) è capire. Capire bene cìò che sta accadendo, ai vostri soldi ed ai vostri risparmi, e perché sta accadendo.

E prima di tutto: non seguire gli indicatori sbagliati. Quelli che a voi vengono spinti dalle Reti dei promotori finanziari, e poi dai social, e poi dai TG, e poi dai GR.

Non guardate agli indicatori sbagliati: vi porteranno (se li seguite come vi viene suggerito dalle Reti dei promotori e dai social) alla rovina finanziaria.

Come dicevamo, dovete anche capire: dovete capire bene ciò che sta accadendo e per quali ragioni. Dovete comprendere, nei dettagli, la realtà che è intorno a voi.

Per noi di Recce’d, oggi è tutto molto chiaro: infatti, se rileggete tutta la serie chiamata Detox proprio qui nel Blog, i fatti degli ultimi otto giorni non vi sorprendono, ma per nulla.

Noi di Recce’d vi avevamo anticipato mesi fa proprio ciò che state leggendo adesso, oggi, sui social e sui quotidiani e settimanali.

Per amore di sintesi, oggi noi lo ripetiamo ma soltanto con l’immagine che segue.

Ce lo dicono i fatti delle ultime ore: Trump è molto, molto, molto sensibile ai rendimenti dei Titoli di Stato, e certamente tutti i lettori di Recce’d hanno capito perfettamente il perché grazie al nostro Blog.

Trump è sensibilissimo, come tutto il Mondo ha visto: ed appena siamo arrivati al 4,625% si è attivato: ha mandato qualcuno a comperare Titoli di Stato, e subito dopo, 12 ore dopo, ha ritirato fuori dal cassetto le tariffe.

Insieme alle tariffe, ha ritirato fuori il rischio recessione.

Trump lo sa perfettamente, che tutto non si può avere. Tutto ciò che lui vorrebbe, oggi non lo piò fare. Neppure lui: l’uomo politico più potente al Mondo.

Trump ha questo chiarissimo obbiettivo: non lasciare che il rendimento dei Titoli di Stato salga sopra il 5% sulla scadenza a dieci anni.

Mai, per nessuna ragione.

Ma la Borsa, come la prende?

Nell’immediato, non bene.


Nell’immediato, la reazione della Borsa non è positiva anche perché, nelle stesse ore in cui annunciava nuove tariffe per l’Europa, Trump annuncia anche nuove tariffe … per Apple e Samsung (25%).


Il titolo Apple, nel pre-mercato, non la prende bene. Riportare la produzione in America? Significa raddoppiare i costi.


Operativamente, quindi, noi che cosa facciamo adesso per i portafogli modello di Recce’d?

Il nostro consiglio operativo più importante, che in tutte le precedenti puntate della serie Detox abbiamo presentato con dettagli e supporti di analisi, può essere sintetizzato come si legge qui sotto (ed anche nell’immagine che avete visto proprio all’inizio, in apertura di questo Post).


Un secondo consiglio operativo, anche questo ripetuto da Recce’d in decine di precedenti occasioni: investire non è semplice, il mercato finanziario non è semplice, fare risultati positivi è molto difficile, evitare i rischi oppure almeno limitarli è difficilissimo.

Non affidate il vostro risparmio ed il vostro futuro a gente improvvisata. Non affidate i vostri investimenti a Reti la cui “missione” è unicamente quella di “piazzarvi la merce” e “collocare prodotti” come polizze, GPM e Fondi Comuni.

Siate più informati, più attenti, più disciplinati nelle scelte, e più metodici nella gestione del vostro portafoglio titoli: rifiutate di farvi prendere ancora in giro dai bla-bla dei social, dai bla-bla dei promotori finanziari, ed anche dalle “sparate” di Trump e degli altri politici di mestiere.

Ribellatevi a tutto questo: riprendete in mano il vostro futuro, ed il vostro benessere finanziario

Per essere consapevoli, come detto, occorre essere sempre attenti, utilizzare strumenti analitici adeguati, ed anche fare “esercizio” delle proprie capacità.

Proprio per fare esercizio, vi proponiamo un allenamento. Abbiamo preso ad esempio della attuale comunicazione finanziaria un recente (inizio settimana scorsa, e quindi prima dei fatti del venerdì 22 maggio) articolo dal quotidiano La Repubblica.

Potete leggere l’articolo qui sotto.

Vi invitiamo ad allenarvi nel modo seguente: leggete questo articolo con attenzione, e poi ragionate.

L’articolo mette in fila una serie di temi, tutti collegati al momento dei mercati finanziari. Se lo scorrete velocemente, vi sembrerà “tutto chiaro”, ma solo dopo pochi minuti …. vi verranno alla mente molti dubbi, ed un pensiero: “ma alla, non ci ho ancora capito nulla, che cosa dovrei fare adesso?”.

Il che purtroppo è confermato proprio dai fatti: dai fatti di venerdì 23 maggio 2025, che nell’articolo (pubblicato il 20 maggio) non potevano esserci. Al tempo stesso, avrebbe potuto essere, nell’articolo, messi all’attenzione del lettore i fatti davvero rilevanti. Invece, l’articolo di La Repubblica martedì scorso diceva che era tutto a posto:

Non c’è la sensazione tra gli operatori che nel breve periodo si possa assistere a un “Sell America” generalizzato sui 4,5mila miliardi di dollari tra Treasury e Repo custoditi nei fondi monetari mondiali. E nemmeno tra quelli che giacciono nei portafogli delle banche.

La smentita è arrivata entro le 48 ore successive, ed è arrivata proprio dai mercati.

L’allenamento che noi proponiamo per il vostro weekend è il seguente: leggete con maggiore attenzione questo articolo, e scoprite quali sono i fattori decisivi, quelli che l’articolo dimentica di evidenziare. Quali sono, i fattori che il giornalista non ha preso in esame? E per quale ragione non li ha considerati?

Scrivete le vostre risposte a Recce’d, e non volentieri corrisponderemo con ognuno di voi, subito. Vi faremo sapere come è andato il vostro allenamento.

I conti Usa.

Gli Stati Uniti viaggiano con un deficit di 2mila miliardi di dollari l’anno e sono seduti su una montagna di debiti pari a 36mila miliardi, oltre il 120% del Pil. E di questi 28,8 miliardi (100% del Pil) sono in mano al pubblico.

Un buffetto ai mercati, un monito alla politica alla vigilia del dibattito sulla legge di bilancio, il “Big beautiful bill” che per passare alla Camera deve raccogliere il consenso di quasi tutti i 220 repubblicani contro i 213 democratici.

Il recente downgrade che l’agenzia di rating Moody’s ha inflitto agli Stati Uniti, portando il giudizio sul debito da tripla A ad Aa1, può essere letto come un avvertimento a chi in questi giorni deve decidere il destino dei conti degli Stati Uniti.

Per gli investitori il cambio di giudizio ha avuto invece poco valore, perché non è giunto inaspettato, anche se il rendimento dei titoli decennali e trentennali hanno avuto un leggero sobbalzo con un rincaro di 10-15 punti base. Il costo del Treasury a dieci anni è salito oltre il 4,5%, mentre quello del titolo a 30 anni oltre il 5%.

Non c’è la sensazione tra gli operatori che nel breve periodo si possa assistere a un “Sell America” generalizzato sui 4,5mila miliardi di dollari tra Treasury e Repo custoditi nei fondi monetari mondiali. E nemmeno tra quelli che giacciono nei portafogli delle banche.

Per tre motivi.

1) La maggior parte dei mandati di investimento delle case d’affari e delle società di gestione non richiede un rating tripla A per i titoli del Tesoro Usa. Li possono quindi comprare e tenere senza problemi di policy e godersi la crescita del rendimento.

2) Le banche, grandi compratrici di titoli di Stato, non dovranno ridurre la presenza di bond statunitensi nei loro portafogli perché dal punto di vista del rischio tra tripla A e Aa1 non cambia nulla.

Ai fini del calcolo del capitale ponderato per il rischio, ovvero del capitale che devono avere per far fronte ai rischi del loro portafoglio, la Banca dei Regolamenti Internazionali di Basilea ha sancito che tra i due livelli non c’è nessuna differenza.

3) Chi ha offerto titoli Usa in garanzia per avere prestiti non dovrà ridurne il valore nominale (haircut) o venderli per cambiarli con altri.

Per la Depository Trust and Clearing Corporation (Dtcc), la società americana che fornisce servizi di compensazione e regolamento delle transazioni tra i partecipanti ai mercati finanziari, quando si fa riferimento alla classe di attività dei titoli del Tesoro Usa, l’haircut dipende dalla scadenza e dal tipo di titolo, ma non dal rating.

Se poi a questi tre motivi si aggiunge che la Federal Reserve può sempre intervenire comprando titoli di Stato Usa in caso di vendite fuori controllo, ben si capisce come per chi opera sui mercati non ci sia alcun pericolo sui Treasury Usa che anzi sono liquidi e offrono oggi un rendimento ancora maggiore.

Il monito alla politica. Il cambio di rating di Moody’s ha più un valore mediatico e suona come un avvertimento alla politica, perché è giunto pochi giorni prima del discorso di Trump al Congresso che avvia il dibattito sulla legge di bilancio.

Gli Stati Uniti viaggiano con un deficit di 2mila miliardi di dollari l’anno e sono seduti su una montagna di debiti pari a 36mila miliardi, oltre il 120% del Pil. E di questi 28,8 miliardi (100% del Pil) sono in mano al pubblico.

La deriva. Solo dieci anni fa, il debito era di 12,6mila miliardi, un terzo del valore attuale. Gli interessi per mantenerlo si mangiano il 14% dell’intera spesa statunitense, la seconda voce dietro le spese sociali (22%), davanti a Difesa (13%), Medicare (13%) e Health (13%).

Big beautiful tax bill. Il taglio di Moody’s: uscite certe, entrate incerte.

Uno scenario tutt’altro che confortevole a cui si somma la nuova proposta di legge di Trump, denominata “Big beautiful bill”, che punta, tra le altre cose, a prorogare i tagli fiscali che il presidente aveva introdotto durante il suo primo mandato nel 2017 con il Tax Cuts and Jobs Act (Tcja) e in scadenza quest'anno.

Secondo i calcoli del Congressional Budget Office e del Joint Committee on Taxation, la proroga dei tagli fino al 2028 costa da sola 4mila miliardi a cui si devono aggiungere ulteriori 800 miliardi di tagli di tasse.

Nei piani della Casa bianca, queste mancate entrate dovrebbero essere in parte compensate da tagli alla spesa e dai limiti ai sussidi verdi per complessivi 2mila miliardi, e da una crescita economica che questi incentivi dovrebbero favorire.

La manovra così come è stata presentata non ha convinto l’agenzia di rating Moody’s che nel motivare la sua scelta ha proprio citato le politiche fiscali che se da un lato confermano i tagli delle tasse, non possono certo garantire che la spesa verrà sicuramente ridotta.

“Non riteniamo – hanno scritto gli analisti di Moody’s – che le attuali proposte di bilancio in esame porteranno a riduzioni significative della spesa obbligatoria e dei disavanzi pluriennali. Nel prossimo decennio prevediamo deficit più elevati a causa dell'aumento della spesa sociale, mentre le entrate pubbliche rimarranno sostanzialmente invariate”.

Il risultato sarà l’aumento del deficit che Moody’s stima al 9% a fine 2035, e di conseguenza anche il debito.

Il mondo è bello perché è vario. Goldman Sachs contro Moody’s.

Eppure non tutti la pensano così. La banca d’affari Usa, Goldman Sachs, stima che i tagli fiscali saranno annullati dalle entrate legate ai dazi, che avranno però effetto negativo sulla crescita, nonostante la spinta degli incentivi previsti in manovra.

Secondo Goldman Sachs, il Big beautiful bill aumenterà il deficit nei prossimi anni rispetto alla politica attuale di circa lo 0,4% del Pil, ma sarà più che compensato dalle entrate dei dazi.

Le importazioni nel 2024 sono state pari all’11% del Pil: “Supponendo – scrive Goldman Sachs - che diminuiscano in modo approssimativamente proporzionale all'aumento dei dazi di 13 punti percentuali, le tariffe dovrebbero garantire un aumento di circa l'1,25% del Pil, ovvero di circa 400 miliardi di dollari nell'anno fiscale 2026”.

Alla luce di questi conti e ipotizzando anche che i tagli di tasse previsti fino al 2028 verranno mantenuti per tutti il decennio, Goldman Sachs stima che, grazie alle entrate aggiuntive dei dazi, il deficit non aumenterà come prevede Moody’s fino al 9%, ma rimarrà al di sotto del 7%. E così anche il debito che in rapporto al Pil rimarrà in linea coi livelli attuali.

Insomma, secondo la banca d’affari Usa saranno i dazi a salvare il bilancio Usa dal tracollo, sempre che non impattino la crescita a tal punto da trasformarla in recessione.

Valter Buffo
Detox: invece di aspettare e sperare
 

L’immagine qui sopra vi descrive lo stato delle cose.

Di rilevante, c’è poi la domanda. La domanda che tutti si fanno: sui mercati finanziari, nella vita politica, e nella vita privata.

“Che cosa faranno, adesso?”

Tutto oggi, 17 maggio 2025, si può riassumere in una sola domanda, per ciò che riguarda la strategia di investimento 2025, la asset allocation, le scelte di portafoglio, i probabili rendimenti e i rischi associati ad ogni strumento che è presente nei vostri e nostri portafogli titoli.

Questa settimana apriamo il nuovo Post della serie Detox con un’ampia ricapitolazione di ciò che è appena successo sui mercati finanziari globali.

I prezzi delle azioni statunitensi hanno registrato un forte rimbalzo questa settimana in seguito all'annuncio di un riavvicinamento tra Stati Uniti e Cina sulle barriere commerciali. Alla chiusura dei mercati martedì, le perdite dell'S&P 500 dall'inizio dell'anno erano state azzerate.

Ciò ha fatto seguito alla notizia che gli Stati Uniti avevano ridotto i dazi proposti sui prodotti cinesi dal 145% al ​​30% per 90 giorni e ad alcuni dati sull'inflazione migliori del previsto. Le notizie, tuttavia, cambiano di poco. Molti investitori hanno riconosciuto che diversificare l'esposizione al dollaro USA e alle azioni ha un certo senso, soprattutto considerando il debole rimbalzo del dollaro USA e l'aumento dei rendimenti obbligazionari a lungo termine negli Stati Uniti. Gli investitori hanno visto il presidente degli Stati Uniti emanare importanti e potenzialmente dannose politiche commerciali contro il terzo partner commerciale del Paese prima di invertire la rotta, il tutto nel giro di circa un mese.


Potrebbero anche mettere in discussione la superiorità dei mercati dei capitali americani. Erik Knutzen, co-direttore degli investimenti per le strategie multi-asset del gruppo di investimento Neuberger Berman, afferma che l'annullamento dei dazi doganali più elevati significa che l'attuale politica commerciale statunitense è ancora quella degli anni '40 – quando i dazi si aggiravano intorno al 10% – piuttosto che quelle disastrose e più elevate degli anni '30. Ma aggiunge: "Non riteniamo che il mercato azionario statunitense sia il luogo giusto su cui concentrarsi ora". Anche tralasciando la volatilità della politica commerciale statunitense, le politiche "America First" di Trump dovrebbero accelerare la de-globalizzazione, che potrebbe portare sia a prezzi più elevati per i paesi importatori sia a una crescita economica più lenta per gli Stati Uniti e i suoi partner commerciali.

Ancora più importante, gli investitori di tutto il mondo stanno, forse per la prima volta da decenni, riconsiderando il ruolo dell'America non solo come difensore della pace, ma anche come porto sicuro in cui ormeggiare il proprio denaro.

I segnali d'allarme ci sono stati.

  • In primo luogo, la sovraperformance delle azioni statunitensi ha fatto sì che queste siano arrivate a dominare gli indici globali come l'indice mondiale MSCI, seguito da molti investitori istituzionali.

  • In secondo luogo, questa posizione dominante ha incoraggiato i flussi verso il dollaro statunitense. A gennaio di quest'anno, secondo i dati della Federal Reserve, il dollaro era al suo massimo rafforzamento rispetto alle altre valute dal 1985.

  • Infine, i due fattori si sono combinati, con il passaggio a investimenti passivi in ​​indici globali che ha permesso di ottenere guadagni contemporaneamente sia sul mercato azionario che su quello valutario.

  • Nei cinque anni fino a giugno 2024, le partecipazioni in portafoglio in titoli statunitensi – sia azionari che obbligazionari di ogni tipo – sono aumentate di 10.300 miliardi di dollari, secondo il Tesoro statunitense. Una variazione fenomenale nelle sole partecipazioni azionarie ha contribuito a oltre 8.000 miliardi di dollari di tale aumento. Il valore di mercato dell'indice FTSE All-Share, a titolo di confronto, è di 3.500 miliardi di dollari.

John Butler, macro strategist presso la società di gestione patrimoniale Wellington Management, sottolinea che circa il 50% dei risparmi globali detenuti all'estero dagli investitori è attualmente investito in attività statunitensi. "Ciò dovrebbe comportare deflussi netti di capitali dagli Stati Uniti verso altri mercati", afferma Butler. "Ciò ha implicazioni strutturali per i mercati del dollaro statunitense, azionario e obbligazionario".

Un assaggio di ciò che potrebbe accadere: i capitali stranieri si sono spostati sui mercati giapponesi durante le turbolenze seguite agli annunci tariffari della Casa Bianca il mese scorso, il "giorno della liberazione". I dati di aprile, pubblicati questa settimana dal Ministero delle Finanze, hanno rivelato che gli investitori stranieri hanno acquistato azioni e obbligazioni per un valore netto di 8,2 trilioni di yen (57 miliardi di dollari). Si tratta del massimo mensile dal 2005 e di gran lunga superiore alla media di aprile. Secondo un gestore finanziario statunitense con importanti clienti istituzionali giapponesi, questo spostamento riflette una pausa negli acquisti di dollari e titoli del Tesoro statunitensi, piuttosto che una svendita di asset statunitensi. Il dollaro rimane circa l'8% al di sotto del massimo di gennaio.

Quest'estate potrebbe rappresentare un'altra prova per gli investitori. I dati sull'inflazione e sull'occupazione negli Stati Uniti nei prossimi mesi potrebbero fungere da catalizzatore per ulteriori allontanamenti dal dollaro statunitense, secondo Noah Wise, responsabile della strategia macroeconomica globale di Allspring Global Investments, una società di gestione patrimoniale. Finora, solo i dati dei sondaggi statunitensi, come le opinioni dell'Institute for Supply Management sui responsabili degli acquisti di vari settori, hanno mostrato una reazione significativa agli aumenti dei dazi commerciali. Molti osservatori considerano queste serie di dati relativamente inaffidabili, o deboli. Ma i dati economici concreti, come quelli sulla disoccupazione e sulla produzione industriale, riflettono un periodo precedente e finora non forniscono segnali d'allarme. L'inflazione dei prezzi negli Stati Uniti è rimasta moderata, leggermente superiore al 2% annuo. Tuttavia, entro la fine dell'estate qualsiasi pubblicazione di dati concreti statunitensi sull'impatto delle politiche commerciali di Trump dovrebbe essere di dominio pubblico. Ciò avverrà contemporaneamente alla scadenza della sospensione di 90 giorni su eventuali ulteriori dazi commerciali sulla Cina. Qualsiasi dato economico negativo, combinato con un'ulteriore riacutizzazione delle controversie commerciali tra Stati Uniti e Cina, potrebbe portare a un ritorno della volatilità del mercato.

Wise sottolinea inoltre che ci sono scarse prospettive immediate che la Federal Reserve statunitense – la Fed – riduca i tassi di interesse. "L'inflazione statunitense è oggi superiore all'obiettivo e nei prossimi sei mesi si allontanerà ulteriormente", afferma Wise. "Finché i dati economici concreti non indicheranno un chiaro rallentamento, è improbabile che la Fed tagli i tassi". Questo non significa che i mercati dei capitali statunitensi siano spacciati. Wise ritiene che qualsiasi affermazione secondo cui gli investitori stranieri abbandoneranno i loro investimenti in titoli del Tesoro statunitensi sia prematura. "Gli investitori stranieri potrebbero ritirare i loro asset?", si chiede. "Lo sento dire da decenni.

Ma quali sono le loro opzioni? Si riverseranno in obbligazioni [giapponesi] o cinesi? Probabilmente no". Questo rispecchia l'opinione del team multi-asset di Neuberger Berman, che ritiene che la liquidità nei titoli di Stato giapponesi, in particolare in quelli a lunga scadenza, sia insufficiente per spostare capitali verso di essi. Qualcosa sta cambiando nel mercato obbligazionario statunitense, tuttavia. Ci sono prove che i detentori di titoli del Tesoro statunitensi meno sensibili al prezzo abbiano ridotto la loro esposizione negli ultimi anni. Questo gruppo include i gestori delle riserve delle banche centrali e dei fondi sovrani, tutti generalmente considerati molto prudenti. Alla fine di aprile, questo gruppo deteneva poco più del 36% di tutto il debito statunitense, secondo i dati di JPMorgan Asset Management e della Federal Reserve. Questa percentuale si colloca vicino al minimo storico dal 2012 e ben al di sotto dei massimi di circa il 47%.

Per gli investitori azionari, quest'anno è stato l'anno giusto per diversificare. Il mercato statunitense si è attestato a 27 volte gli utili futuri a febbraio di quest'anno, non lontano dal massimo decennale, secondo i dati MSCI. Sebbene gli analisti si siano a lungo preoccupati del persistente premio di valutazione rispetto agli altri mercati mondiali, solo quest'anno è emerso un catalizzatore di cambiamento. Anche dopo un calo del valore del mercato da febbraio, il mercato statunitense rimane costoso a livello internazionale. Inoltre, gli analisti che stimano gli utili delle aziende statunitensi non hanno ancora ridotto significativamente le loro aspettative di utili. Ciò potrebbe essere dovuto al fatto che i dati economici statunitensi finora non hanno rivelato tendenze preoccupanti. Tuttavia, alcuni investitori intravedono un cambiamento imminente.

Hugh Gimber, stratega globale di JPMorgan Asset Management, afferma di avere difficoltà a conciliare le attuali stime degli utili statunitensi con il potenziale di crescita del Paese. "Le stime di consenso degli analisti [precedenti] di una crescita degli utili per azione del 14% per il 2025 si sono ridotte solo al 9%", afferma Gimber. "Mi aspetterei invece una crescita a una sola cifra". I mercati azionari e valutari hanno iniziato a rivalutare la rischiosità dell'eccezionalismo statunitense prima dell'annuncio dei dazi.

Helen Jewell, responsabile degli investimenti di BlackRock per l'area Emea per i titoli azionari fondamentali, sottolinea che la tendenza è iniziata con la notizia di fine gennaio sulle capacità superiori alle aspettative del modello di intelligenza artificiale cinese DeepSeek. La notizia di DeepSeek, un rivale dell'Open AI statunitense, ha ricordato che gli Stati Uniti non hanno il monopolio su tecnologie come l'intelligenza artificiale, afferma Jewell. Ritiene che ci siano ulteriori margini di rivalutazione per le azioni europee rispetto a quelle statunitensi. "C'era uno sconto del 45% sulla valutazione dei titoli europei, che ora è del 30-35%", afferma, confrontando i valori europei con quelli statunitensi. "Storicamente, lo sconto è del 20%". Jewell afferma che le azioni delle banche europee, nonostante la solida performance dei prezzi quest'anno, rimangono a buon mercato. Tuttavia, prevede che nel complesso lo sconto potrebbe non tornare completamente alla media precedente. Scambiate a circa 14 volte gli utili futuri, le attuali valutazioni delle azioni europee sono "più o meno corrette nel tempo", afferma. "Non si tratta di azioni europee scambiate a basso prezzo", aggiunge.

Gimber di JPMorgan, nel frattempo, intravede un potenziale per una maggiore crescita in Europa, grazie ai crescenti livelli di investimento. "Nel periodo 2010-2019 gli investimenti europei erano minimi, ma ora crescono a un ritmo dell'8%", afferma. "Si tratta di un cambiamento radicale, e questo deve essere positivo per la crescita nominale e per una crescita più robusta degli utili per le aziende europee". Tali percezioni hanno indotto alcuni gestori di portafoglio a modificare le allocazioni. Secondo l'ultima edizione del sondaggio tra i gestori di fondi, ampiamente seguito, di Bank of America, gli investitori sono più sovrappesati nelle azioni dell'Eurozona rispetto agli Stati Uniti che in qualsiasi altro momento da ottobre 2017.

Molti indici dell'Europa continentale hanno registrato buone performance quest'anno rispetto alle loro controparti statunitensi. Tuttavia, le azioni delle società britanniche a piccola e media capitalizzazione sono rimaste indietro. L'indice FTSE 250, che comprende le 250 società immediatamente al di sotto dell'indice FTSE 100 delle società più grandi, è cresciuto solo di circa il 6% quest'anno in dollari USA. Il FTSE 100 è cresciuto di circa il doppio. La sottoperformance del FTSE 250 suggerisce la preoccupazione degli investitori per il potenziale di espansione dell'economia britannica, piuttosto che per le dimensioni delle aziende. L'indice europeo Stoxx ex-UK small-cap ha superato sia il FTSE 250 che il FTSE 100, guadagnando quasi il 17% quest'anno. PIL britannico raccomandato. L'economia britannica cresce al ritmo più veloce in un anno. Tuttavia, alcuni gestori di portafoglio sono ottimisti sul Regno Unito. IIl PIL del Paese è cresciuto di uno 0,7% superiore alle aspettative nel primo trimestre. La crescita è stata la più rapida in un anno e superiore a quella registrata in Europa.

Alec Cutler, che gestisce quasi 4,6 miliardi di dollari in mandati azionari e obbligazionari globali bilanciati nel fondo Orbis Global Balanced, afferma che il Presidente Trump ha fatto un "enorme favore" al Regno Unito e all'Europa. Ha privilegiato i titoli azionari britannici per le loro basse valutazioni e detiene solo il 10% del suo portafoglio negli Stati Uniti. "Siamo stati estremamente sottopesati negli Stati Uniti e abbiamo compensato nel Regno Unito e in Europa", afferma Cutler. Aggiunge che i processi avviati da Trump dovrebbero stimolare la domanda di acciaio, aggregati e gruppi di costruzione di infrastrutture come Balfour Beatty. Detiene anche Keller, che progetta e installa fondazioni specialistiche per edifici. Inoltre, avendo detenuto titoli del settore difesa per diversi anni, Cutler detiene il 10% del suo portafoglio in titoli del settore difesa, tra cui l'italiana Leonardo. Insiste sul fatto che tali azioni rimarranno quotate a un prezzo interessante se i leader europei rispetteranno i loro impegni di aumentare la spesa militare dall'attuale livello, pari a circa il 2% del PIL, a circa il 3%. Di recente ha aggiunto titoli del settore della difesa sudcoreano, indiano e giapponese.

Gli specialisti azionari britannici Julian Cane e James Thorne del gestore patrimoniale Columbia Threadneedle sottolineano che, sebbene il reddito disponibile del Regno Unito sia cresciuto a un ritmo a due cifre su base annua, la fiducia dei consumatori è diminuita. Di conseguenza, il tasso di risparmio nell'ultimo trimestre del 2024 è rimbalzato al 12%, il livello più alto dal secondo trimestre del 2021. Recentemente, a seguito della tiepida crescita degli utili, il multiplo degli utili finali del FTSE 250 è sceso a un multiplo storicamente basso di 16 volte, mentre il rapporto prezzo/valore contabile è sceso fino a 1,5. Jewell di BlackRock rimane scettica sul Regno Unito, sottolineando che l'85% della capitalizzazione di mercato dell'indice FTSE All-Share proviene dal FTSE 100, il che suggerisce che le società più piccole beneficiano poco del calo dei tassi di interesse. "Le società a piccola capitalizzazione rappresentano una parte molto piccola di un piccolo mercato globale", afferma. "L'espansione delle valutazioni non si sta verificando. È tutta guidata dagli utili".

Ci sono preoccupazioni più ampie tra gli investitori riguardo a diverse altre aree dell'economia mondiale. Non vi sono prospettive immediate di un ritorno della fiducia degli investitori, nonostante la sospensione di alcuni dazi da parte della Cina la scorsa settimana.

Alcuni analisti ritengono che gli shock degli ultimi mesi non si siano ancora pienamente percepiti sui prezzi delle azioni statunitensi. Gimber di JPMorgan afferma che i prezzi sul mercato statunitense non stanno ancora scontando gli effetti dell'aumento dei dazi commerciali, sottolineando la continua incertezza che molti si trovano ad affrontare. "Se sei una grande azienda, perché dovresti avviare progetti per la costruzione di un nuovo stabilimento o prendere importanti decisioni in termini di assunzioni?", chiede Gimber.

Articoli come quello che avete appena letto offrono un panorama completo, una rassegna dettagliata ed ordinata dei temi di mercato.

Hanno un solo difetto: non si capisce il perché.

Espongono, in modo ordinato, fatti e temi di mercato: ma il lettore quando arriva alla fine si domanda: “ok, questa e la situazione … ma io ora che cosa faccio?”.

E qui arriva Recce’d.

Ciò che Recce’d produce, è un servizio di gestione di portafogli modello che punta a molteplici risultati:

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Il terzo obbiettivo non è meno importante dei primi due: l’investitore deve essere in ogni istante consapevole. Deve Capire. Capire perché il valore del suo patrimonio sale e scende. Capire quali sono le prospettive dei suoi investimenti. Capire quanto mette a rischio con i suoi investimenti. capire ciò che il gestore intende fare nelle prossime settimane, mesi ed anni.

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Tutto questo, noi lo facciamo per il Cliente ogni giorno. Un rendiconto estremamente sintetico viene messo a disposizione del Cliente ogni mattina attraverso il quotidiano che si chiama The Morning Brief.

In questo Blog, pubblichiamo sintetici estratti di quella grande massa di lavoro che abbiamo appena descritto.

Senza questo lavoro a monte, nessun investitore può definirsi consapevole di ciò che sta facendo con il proprio risparmio.

Ed eccoci qui, pronti ad una ennesima concreta dimostrazione: passiamo dalla rassegna ordinata dei fatti di mercato che avete appena letto, ad una analisi con metodo.

Che vi permetterà di rispondere alla domanda già riportata più un alto: “ok, questa e la situazione … ma io ora che cosa faccio?”.

Partiamo da un fatto: l’euforia delle Borse per le tariffe che sono state ritirate.

Si tratta, ed è ovvio affermarlo, di una grossolana sciocchezza, e per spiegare il perché si tratta di una sciocchezza saranno sufficienti tre soli grafici, senza alcun nostro ulteriore commento.

Ed è sempre lì, che si torna. Che tutti siamo costretti a tornare. Incluso il Presidente Trump.

Perché la realtà prevale, sempre e comunque.

E la realtà ve la ha descritta ed analizzata proprio Recce’d, negli ultimi tre mesi, qui nel Blog, ed in particolare nei Post della serie che si chiama Detox.

Oggi, dunque, per non ripeterci ci limitiamo a ricordarvi che cosa è oggi la realtà con l’impiego di tre grafici che seguono qui sotto, e senza un nostro ulteriore commento.

Che cosa ne faranno, adesso, dei numeri che avete appena letto?

Come reagiranno? Come interverranno? Come sistemeranno?

Decidere che cosa fare è particolarmente complesso.

Per illustrare in modo la complessità estrema di questa situazione, vi proponiamo di leggere un recente intervento del nostro amico John Cochrane (esperto di fama mondiale, che è già stato presentato qui nel nostro Blog) dove trovate un elenco dettagliato di ciò che la Banca Centrale americana dovrebbe fare oggi, se vuole evitare che volatilità e caos prendano il sopravvento domani.

Notate: qui si parla della Federal Reserve: e quindi non del Governo, della Amministrazione Trump. Due poteri forti, costretti ad agire uno accanto all’altro, anche se si detestano.

Per ciò che riguarda la Amministrazione Trump, però, sarà necessario un secondo elenco, che integra quello che ora state per leggere.

Ci ritorneremo, per voi, in un Post futuro: per aiutarvi a comprendere, per essere consapevoli.

La Federal Reserve ha annunciato mercoledì 7 maggio che lascerà invariati i tassi di interesse, rilevando maggiori rischi sia di inflazione che di disoccupazione. Ma sfide più grandi attendono il futuro.

Il compito principale della Fed è l'inflazione. L'inflazione ha raggiunto il picco del 9% a giugno 2022 e non ha raggiunto l'obiettivo del 2% da febbraio 2021. Un'istituzione sana farebbe un profondo esame di coscienza. L'attuale strategia di Flexible Average Inflation Targeting della Fed è stata concepita per evitare la deflazione quando i tassi di interesse sono bloccati a zero. Chiaramente, questo non è il problema attuale. Opportunamente, la Fed sta iniziando a rivedere la propria strategia.

Non è difficile intuire perché l'inflazione sia aumentata. Il governo federale ha affrontato la pandemia di Covid-19 con un fiume di denaro. Ha speso 6.600 miliardi di dollari nel 2020, gran parte dei quali in assegni a cittadini e imprese. La Fed ha contribuito erogando ulteriore denaro, sostenendo i prezzi delle attività e mantenendo bassi i tassi di interesse.

Questo è l'approccio standard a una guerra o a una crisi esistenziale simile: spendere come matti, indebitarsi e stampare denaro per farlo, e mantenere bassi i tassi di interesse. L'inflazione fa parte del pacchetto. Si tratta essenzialmente di un'imposta patrimoniale sui detentori di obbligazioni per finanziare la spesa. Un'ondata di inflazione ha seguito ogni guerra degli Stati Uniti dalla Rivoluzione americana.

L'inflazione ha accelerato nel 2021, nonostante il Covid si stesse attenuando e l'economia si stesse riprendendo. Questo perché il governo ha continuato la sua ondata di spesa e la Fed ha mantenuto i tassi a zero per un altro anno intero.

La Fed attribuisce l'impennata dell'inflazione agli shock di domanda relativa e di offerta. Ma mentre la pandemia potrebbe aver spiegato l'aumento dei prezzi di Peloton rispetto ai salari, l'inflazione a livello economico si è verificata solo perché la Fed e il Tesoro hanno dato ai cittadini abbastanza denaro extra da far aumentare i prezzi ovunque.

Questo "accomodamento dello shock di offerta" si è verificato anche in precedenza. Gli shock petroliferi degli anni '70 non hanno causato direttamente l'inflazione; L'inflazione si è verificata perché la Fed ha assecondato gli shock, scegliendo un'inflazione maggiore invece di una recessione peggiore.

La Fed dovrà nuovamente fare scelte difficili. I dazi e la guerra commerciale del presidente Trump, se non abbandonati rapidamente, causeranno un altro shock di offerta stagflazionistico, aumentando i prezzi e riducendo al contempo la capacità produttiva dell'economia.

La Fed si troverà di fronte a una scelta difficile tra una maggiore inflazione e una contrazione leggermente maggiore. Tassi di interesse più bassi non faranno molto per stimolare un'economia con mercati esigenti in termini di inflazione. Le ripercussioni politiche, istituzionali, di bilancio e finanziarie di tassi più elevati significano che un rapido aumento dei tassi per combattere l'inflazione sarà quasi impossibile.

Finora, ci sono pochi segnali che la Fed riconosca la necessità di scelte difficili e di una strategia fondamentalmente nuova, preferendo invece concentrarsi sul tentativo di "gestire le aspettative". Eppure nessuno a Washington afferma che alimentare il picco di inflazione post-pandemico sia stata una buona scelta.

Quindi, cosa dovrebbe fare la Fed per evitare che si ripeta? La banca centrale definisce la "stabilità dei prezzi" come un'inflazione del 2% su base prospettica. Alcuni sostengono che dovrebbe nuovamente "superare" un aumento dei prezzi indotto dai dazi. Ma la gente è davvero furiosa per i prezzi più alti. Ignorarli è una cattiva idea. Invece, la Fed dovrebbe adottare diverse misure:

  1. • Impegnarsi a compensare eventuali sbalzi d'inflazione inasprendo la politica monetaria. La Fed si è precedentemente impegnata a invertire i ribassi consentendo a una maggiore inflazione di riportare i prezzi al rialzo. Questa promessa dovrebbe essere valida in entrambe le direzioni. La fiducia in prezzi futuri più bassi può frenare l'inflazione oggi.

  2. • Sfruttare la propria indipendenza. La Fed dovrebbe rifiutarsi di acquistare migliaia di miliardi di dollari in titoli del Tesoro, finanziare elargizioni del Tesoro o mantenere bassi i tassi per indebolire il dollaro.

  3. • Diffidare delle previsioni. Si sono rivelate drammaticamente sbagliate in passato e lo saranno di nuovo.

  4. • Reagire rapidamente all'inflazione quando e se scoppia. Non aspettare più che l'inflazione "transitoria" scompaia. Promettere reazioni rapide e basate sui dati.

  5. • Tollerare le oscillazioni dei prezzi relativi. Non è la fine del mondo se alcuni prezzi e salari scendono mentre altri salgono. Evitare un perpetuo bias inflazionistico.

  6. • Eliminare la dinamica dell'ostaggio finanziario. Banche e altri istituti finanziari sono vulnerabili a tassi di interesse più elevati o a una recessione. Richiedere loro di aumentare il capitale e ridurre il debito a breve termine e l'esposizione agli interessi, evitando così la necessità di un altro salvataggio. Consentire alle banche di operare in modo ristretto.

  7. Ma la Fed non può controllare l'inflazione da sola. Se il Congresso e il Presidente desiderano evitare l'inflazione – e le sue conseguenze elettorali – nella prossima crisi, devono anche prepararsi facendo quanto segue:

  8. • Rinunciare alla spesa per stimoli economici. Tutti possono vedere che la spesa per il Covid e il post-Covid è stata eccessiva. Spendere saggiamente in misure che affrontino in modo chiaro e mirato la crisi attuale.

  9. • Ripristinare lo spazio fiscale. Per contrarre prestiti in una crisi senza far salire i tassi di interesse o indurre inflazione, il governo deve garantire agli investitori che i prestiti aggiuntivi possono e saranno rimborsati.

  10. • Prendere in prestito a lungo termine. Se la Fed aumenta i tassi, i costi degli interessi sul debito aumentano. Questo si aggiunge al deficit e può far aumentare l'inflazione. Spostare il Tesoro verso prestiti a lungo termine e assicurarsi che la Fed non sprechi questa assicurazione con l'acquisto di obbligazioni.

Una buona strategia oggi è l'unico modo per evitare un'impennata dell'inflazione quando la prossima crisi inevitabilmente colpirà.

John H. Cochrane è senior fellow dell'Hoover Institution presso la Stanford University, ricercatore associato del Cato Institute e autore di "The Fiscal Theory of the Price Level".

Queste sono le cose che andrebbero fatte, alla Federal Reserve (e non “abbassare i tassi”, come Trump chiede a gran voce: Moody’s ha appena spiegato il perché nella notte tra venerdì 16 e sabato 17 maggio).

Ma le faranno, queste cose?

Bisogna chiederselo: dobbiamo chiedercelo.

Partendo proprio da questo elenco di John Cochrane, l’investitore ed il gestore debbono attribuire una probabilità (“lo faranno oppure non lo faranno?”) ed infine, sulla base di queste probabilità, decidere che cosa fare del portafoglio titoli , andando posizione per posizione ad analizzare quanto potrebbe rendere, ma pure quanto potrebbe perdere. L’analisi rischio/rendimento, posizione per posizione e di tuto il portafoglio.

In Recce’d lo abbiamo già fatto: più o meno un anno fa, per il Cliente. Ed abbiamo agito in modo conseguente.

L’articolo che segue, e che chiude il Post di oggi, vi spiega in modo chiaro la ragione per la quale questa operazione, che abbiamo appena descritto, va condotta con metodo, con competenza, ma pure con estrema urgenza.

Se volete essere consapevoli di ciò che state facendo, con i vostri risparmi: fatelo oggi.

MENTRE si è comprensibilmente data molta importanza all'insolita volatilità dei mercati finanziari degli ultimi mesi, qualcos'altro mi ha incuriosito: l'instabilità nella narrativa economica di consenso.

L'elevata fiducia nell'eccezionalismo economico americano ha raggiunto il suo picco di consenso alla riunione di gennaio del World Economic Forum a Davos. Il sentiment è poi precipitato in un profondo pessimismo riguardo a una recessione e alla frammentazione dell'ordine globale. L'umore si trova ora in una confusa zona intermedia.

I mercati hanno riflesso queste oscillazioni, sia nell'entità dei movimenti che nelle rotture con le correlazioni storiche di lunga data. Solo negli ultimi tre mesi, l'indice S&P è sceso di quasi il 20% dal picco di febbraio, per poi rimbalzare di quasi il 14% nelle ultime quattro settimane. Il Vix, comunemente noto come "indice della paura" dei trader, ha vissuto un'impennata di rendimenti, mentre il rendimento dei titoli di Stato statunitensi a 10 anni, spesso definiti benchmark globali, ha oscillato entro un intervallo di 0,80 punti percentuali da febbraio.

La volatilità delle politiche è anche considerata da molti il ​​motore delle violente oscillazioni nella narrativa economica di consenso. La profonda convinzione che l'eccezionalismo economico americano avrebbe portato alla crescita ha improvvisamente lasciato il posto alle preoccupazioni per una recessione, che avrebbe potenzialmente comportato un periodo di stagflazione.

La caratterizzazione dell'influenza dell'America sull'economia globale è passata dall'essere il motore della crescita al vagone di coda. La fiducia nella continuazione della globalizzazione, seppur in modo più controllato, ha lasciato il posto ai timori per la frammentazione.

Molti altri dubbi sono stati espressi su quella che non molto tempo fa era una fiducia apparentemente incrollabile nel dollaro come valuta di riserva mondiale e negli affidabili mercati finanziari statunitensi come destinatari e gestori dei risparmi di altri paesi.

Non fraintendetemi: la volatilità della politica tariffaria ha contribuito sia alle insolite fluttuazioni dei mercati finanziari sia a sconvolgimenti clamorosi nella narrativa economica di consenso.

Le banche di Wall Street affermano che i mercati stanno lanciando segnali di un crescente rischio di recessione negli Stati Uniti.

Ma piuttosto che considerarlo una causa fondamentale, è analiticamente più utile considerare i dazi come un acceleratore di cambiamenti strutturali che probabilmente persisteranno.

L'incapacità dei singoli paesi di crescere in modo costantemente forte, inclusivo e sostenibile ha progressivamente messo a repentaglio gli strumenti tradizionali di gestione economica, mettendo a rischio la stabilità architettonica del sistema globale, soprattutto perché la politica ha soppiantato l'economia e la finanza come motore della formulazione delle politiche.

Le catene di approvvigionamento transfrontaliere scarsamente ottimizzate hanno accresciuto la vulnerabilità dell'economia globale a una crescita inferiore e a un'inflazione più elevata. E troppi anni di negligenza in materia di deficit e debito, così come l'eccesso di potere delle banche centrali, hanno risvegliato i vigilanti del mercato obbligazionario che tradizionalmente puniscono i paesi fiscalmente indisciplinati.

I recenti sviluppi di mercato sono un forte promemoria del fatto che le forze strutturali sono in gioco da tempo e potrebbero rivelarsi sempre più difficili da affrontare anche con innovazioni entusiasmanti. Il rischio è che, invece di tornare a ciò che molti considerano "normale", l'economia globale si avventuri ulteriormente in territori sconosciuti e scomodi.

Invece di aspettare e sperare nella calma, governi, aziende, famiglie e investitori dovrebbero considerare questo momento come un momento che richiede sia azioni correttive a livello nazionale sia approcci internazionali meglio coordinati ai problemi comuni.

Valter Buffo
Detox: Hook. Appesi al gancio.
 

Qui sotto, potete vedere tre immagini: che sono le medesime immagini che aprivano sette giorni fa, il Post precedente a questo.

Siete sorpresi? Per quale ragione utilizziamo oggi immagini, e quindi dati, vecchi di una settimana?

Perché questi tre indici, i più importanti del Pianeta, e quelli a cui guardano gli investitori di tutto il Mondo, nella settimana appena conclusa sono rimasti immobili.

Il Dow Jones Industrial di New York infatti ha chiuso venerdì sera a 41294 punti, il Titolo di Stato (Treasury) a 10 anni al 4,39%, ed infine l’indice delle Borse europee a 438 punti.

La pausa che Recce’d vi aveva anticipato un mese fa è fotografata da questi numeri.

Nel frattempo, è ritornato il tema “tariffe” ad occupare spazio sui social e sulle prime pagine dei quotidiani. Ma (vi anticipiamo oggi) si tratta solo di un diversivo: non ci saranno risultati di sostanza, nell’incontro Cina - USA in corso durante il weekend.

Sono tornate le notizie sulle tariffe, ma non sono tornate soltanto le tariffe.

E’ ritornata anche la vecchia consuetudine del Presidente Trump, che tutti avevamo già conosciuto e sperimentato nel precedente quadriennio 2017 - 2020.

La sua insistenza nel “pompare” al rialzo la Borsa attraverso i messaggi sui social.

Almeno per ciò che riguarda l’ultima settimana, però, NON hanno funzionato.

Forse, anzi con ogni probabilità, per il fatto che persino nei suoi messaggi social il Presidente Trump è costretto ad accettare, alla fine, la realtà. Come leggete sotto.


Quello che resta, alla fine dei proclami e degli annunci, è infatti la realtà: la realtà vince sempre, sui mercati e persino (nonostante le resistenze evidenti) sui media.

La realtà prevale sempre: ed è la realtà che si impone, anche sulla volontà del Presidente degli Stati Uniti.

Il quale, nonostante le manovre di distrazione di massa, alla fine è costretto a riconoscere di avere un unico, grande problema.

Questo è il problema che ha costretto Trump alla marcia indietro su tutti i fronti. Questo è il fattore che determina: anche i rendimenti dei vostri portafogli.

Ed è proprio questo, che spiega la pausa sui mercati finanziari internazionali che state vedendo. Da qui arriva la prossima mossa: leggete bene i due tweet di Trump qui sopra.

Ritorniamo così a Detox: il solo tema di investimento di questo 2025.

Non ne parla soltanto Recce’d. E ve lo dimostriamo subito: leggiamo insieme le dichiarazione rilasciate questa settimana da Robert Perli, che alla Federal Reserve opera come capo-gestore (è il responsabile del portafoglio titoli della stessa Federal Reserve).

L'improvvisa chiusura di una popolare operazione (di quelle legate all’"effetto-Trump") sul mercato dei Treasury ha probabilmente alimentato le turbolenze di aprile, afferma il gestore del portafoglio titoli della Fed.

Una massiccia scommessa obbligazionaria si è ritorta contro di lui ad aprile, e un alto funzionario della Federal Reserve ora afferma che probabilmente ha innescato il maggiore picco dei rendimenti dei Treasury a lunga scadenza dal 1987.

Roberto Perli, che gestisce il portafoglio titoli della Fed di circa 6.000 miliardi di dollari, ha dichiarato venerdì che l'improvvisa chiusura di una popolare operazione nota come operazione swap-spread ha probabilmente esacerbato la crisi di liquidità di aprile sui Treasury.

Le turbolenze sono iniziate dopo che il presidente Donald Trump ha annunciato nuovi dazi drastici il 2 aprile. Inizialmente, gli investitori si sono precipitati sul debito pubblico statunitense in una "classica fuga verso la sicurezza". Ma pochi giorni dopo, i rendimenti dei Treasury a lunga scadenza hanno subito una brusca inversione di tendenza; Il rendimento a 30 anni BX:TMUBMUSD30Y è salito di quasi 50 punti base in una settimana, il balzo più grande dal 1987.

"Un fattore che sembra aver contribuito a questo andamento insolito è la chiusura della cosiddetta operazione swap-spread", ha affermato Perli, responsabile del System Open Market Account della Fed di New York, in un discorso di venerdì.

Perli ha anche sottolineato le segnalazioni di investitori con leva finanziaria colti di sorpresa da movimenti improvvisi nel mercato dei titoli del Tesoro.

Gli investitori si sono riversati nella negoziazione swap-spread all'inizio del 2025 nella speranza di una manna dal cielo qualora Trump avesse inaugurato la deregolamentazione promessa, soprattutto per il settore bancario.

Quella negoziazione si è ritorta contro di loro ad aprile, esacerbando il caos nel mercato dei titoli del Tesoro, che vale quasi 29 trilioni di dollari, come spiegato da MarketWatch il mese scorso, nonostante le diffuse segnalazioni all'epoca secondo cui la classica "operazione di base" del mercato dei titoli del Tesoro fosse parte del problema. Nel suo intervento di venerdì a una conferenza della Fed a Washington, Perli ha affermato che non vi erano "prove" di una riduzione di quella base di scambio.

Perli ha invece sottolineato le notizie secondo cui "molti investitori con leva finanziaria erano posizionati per beneficiare di una diminuzione dei rendimenti dei titoli del Tesoro a più lunga scadenza rispetto agli swap sui tassi di interesse a scadenza equivalente, in parte a causa dell'aspettativa di un allentamento della regolamentazione bancaria che avrebbe rafforzato la domanda di titoli del Tesoro da parte delle banche".

Ha inoltre spiegato che gli investitori "stavano scommettendo direzionalmente che gli spread sugli swap sarebbero aumentati", ma, come riportato da MarketWatch, ciò non si è verificato.

Trump ha sottolineato un mercato obbligazionario "inquieto" quando ha bruscamente sospeso per 90 giorni i dazi del 2 aprile per la maggior parte dei partner commerciali statunitensi, ad eccezione della Cina.

Venerdì, Perli ha anche affermato che la Fed aprirà presto uno strumento di liquidità chiave, noto come "standing repo facility", utilizzabile al mattino, in aggiunta alle operazioni pomeridiane già esistenti. "Il deterioramento della liquidità del mercato dei titoli del Tesoro è stato reale e significativo", ha osservato.

Le dichiarazioni di Perli hanno fatto molto “rumore”, e sono state riprese da tutti gli organi di stampa specializzato. Ne hanno discusso tutti gli operatori di tutti i mercati finanziari.

NEW YORK (Reuters) - Un funzionario responsabile dell'attuazione della politica monetaria della Federal Reserve ha dichiarato venerdì che i mercati hanno gestito bene il forte stress del mese scorso, mentre la banca centrale si sta muovendo verso il potenziamento di uno strumento chiave per la liquidità.

"Sebbene la liquidità sui mercati cash dei titoli del Tesoro sia diventata tesa all'inizio di aprile, questi mercati hanno continuato a funzionare, in parte grazie alla resilienza della liquidità di finanziamento nel mercato dei pronti contro termine dei titoli del Tesoro", ha affermato Roberto Perli, responsabile del System Open Market Account della Fed, nel testo di un discorso preparato per una conferenza tenuta dalla banca centrale a Washington.

Sebbene i mercati abbiano gestito bene questo periodo di stress seguito all'annuncio da parte dell'amministrazione Trump di ingenti dazi commerciali sulla maggior parte delle nazioni del mondo, Perli ha affermato che l'esperienza ha ribadito la necessità per la banca centrale di approfondire ulteriormente le modalità per fornire rapidamente liquidità ai mercati.

A tal fine, in risposta al feedback della comunità finanziaria, Perli ha affermato che le operazioni di Standing Repo Facility, o SRF, saranno disponibili sia al mattino che al pomeriggio in un "futuro non troppo lontano". Ha osservato: "Queste aste con regolamento anticipato, combinate con le attuali aste pomeridiane, aumenteranno l'efficacia dello SRF come strumento per l'attuazione della politica monetaria e il funzionamento del mercato".

Lo SRF consente alle imprese idonee di convertire rapidamente i titoli del Tesoro in liquidità presso la Fed ed è progettato per aiutare a gestire il fabbisogno di liquidità del mercato.

È rimasto in gran parte inattivo da quando è stato lanciato al di fuori di una nicchia di utilizzo lo scorso anno e non è stato sfruttato in alcuna misura durante la volatilità del mercato all'inizio del mese scorso. La Fed ha già offerto operazioni SRF anticipate verso la fine del trimestre e renderle un'opzione regolare è in linea con le aspettative del mercato.

Nonostante le turbolenze del mercato del mese scorso, la Fed non è intervenuta a sostegno dei mercati. Il mese scorso, il presidente della Fed Jerome Powell ha affermato che la natura ordinata delle contrattazioni, nonostante la volatilità, rendeva superfluo qualsiasi intervento, e ha aggiunto che sarebbe stato un obiettivo ambizioso per la banca centrale intervenire per aiutare i mercati.

Leggiamo adesso un terzo resoconto, che mette in evidenza un aspetto rilevante della questione.

Non ci sono "prove" di una liquidazione della transazione sulla base (“basis trade”, ha affermato Roberto Perli, responsabile del System Open Market Account (SOMA) della Fed di New York, in un lungo discorso tenuto oggi sugli eventi del mercato dei Treasury tra fine marzo e metà aprile che hanno causato tanta costernazione.

Ha stimato il valore nozionale della transazione sulla base a circa 1.000 miliardi di dollari. Ha affermato:

"Un fattore che potrebbe portare a una rapida liquidazione della transazione sulla base è la sostanziale volatilità dei tassi repo o un aumento persistente dei tassi repo, che a sua volta potrebbe aumentare il costo di finanziamento della posizione e quindi renderla non redditizia.

"Ma questo, in generale, non si è verificato ad aprile, poiché i tassi repo erano abbastanza stabili e gli operatori sono rimasti disposti e in grado di intermediare. Di conseguenza, secondo le stime del personale del Desk, la base è rimasta relativamente stabile.

"Questo è in netto contrasto con marzo 2020, quando la base è balzata di circa 100 punti base e la liquidazione delle negoziazioni sulla base ha probabilmente contribuito in modo significativo alla forte dislocazione nel mercato dei Treasury che abbiamo osservato in quel momento."

Ma la "cosiddetta negoziazione degli spread swap" ha creato confusione, poiché il rendimento a 10 anni è tornato a salire all'inizio di aprile, esacerbando il picco del rendimento. Perli ha affermato:

"A quanto pare, molti investitori con leva finanziaria erano posizionati per beneficiare di una diminuzione dei rendimenti dei Treasury a più lunga scadenza rispetto agli swap sui tassi di interesse a scadenza equivalente, in parte a causa dell'aspettativa di un allentamento della regolamentazione bancaria che avrebbe rafforzato la domanda bancaria di Treasury.

Poiché gli spread swap sono definiti come il tasso swap meno il rendimento dei Treasury, gli investitori con leva finanziaria stavano scommettendo direzionalmente che gli spread swap sarebbero aumentati.

"Tuttavia, sulla scia dell'annuncio dei dazi, gli spread swap hanno iniziato a diminuire, rendendo le negoziazioni sugli spread swap sempre meno redditizie.

"Poiché questa operazione è solitamente caratterizzata da un elevato indebitamento, una gestione prudente del rischio ha imposto che l'operazione venisse rapidamente sciolta, cosa che sembra essere avvenuta. La smobilizzazione ha comportato la vendita di titoli del Tesoro a lungo termine, il che ha probabilmente esacerbato l'aumento dei rendimenti dei titoli del Tesoro a lungo termine."

Risulta evidente che queste parole sono di una certa complessità: eppure, per tutti noi e tutti voi, e per tutti quelli che in portafoglio hanno Btp e Bund, ma pure azioni europee ed americane, e pure dollari USA ed euro, e pure oro e petrolio, hanno una decisiva importanza in questo momento.

Per aiutare voi lettori ad arrivare ad una perfetta comprensione, quindi, adesso vi proponiamo in lettura un articolo esplicativo.

Nel giugno del 1979, un broker disperato di nome John F Eckstein III si rivolse alla Salomon Brothers con una proposta. "Ho ottenuto un'ottima posizione, ma non posso rimanerci dentro", implorò Eckstein ai trader Salomon riuniti, secondo il libro di Roger Lowenstein, When Genius Failed. "Che ne dite di comprarmi?" L'omonima società di Eckstein era specializzata in un settore allora nuovo: i futures finanziari, contratti derivati ​​legati al prezzo e alla consegna di titoli piuttosto che a materie prime come petrolio o succo d'arancia. Nel 1979 questi esistevano solo da pochi anni, ed Eckstein aveva notato un curioso problema: la loro novità significava che i futures sui titoli del Tesoro erano molto più economici dei titoli del Tesoro che si dovevano consegnare alla scadenza del contratto. Eckstein poteva quindi acquistare i futures, scommettere contro le obbligazioni e intascare un rendimento quasi privo di rischi poiché la "base" – il termine per la differenza di prezzo tra un titolo finanziario e il suo derivato – tra i due inevitabilmente convergeva. Dopotutto, il future sul Tesoro diventava di fatto un buono del Tesoro alla scadenza. Inoltre, poiché i titoli in questione erano così sicuri, poteva anche prendere in prestito molto denaro per costruire posizioni importanti.

Il problema, come Eckstein scoprì con suo disappunto quell'estate, era che le sue controparti avrebbero richiesto maggiori garanzie se i prezzi avessero divergenza anziché convergere, anche se solo temporaneamente. Non riuscendo a sborsare denaro, fu costretto a chiedere a Salomon di ritirare l'operazione dalle sue mani, altrimenti JF Eckstein & Co. rischiava il fallimento. Fortunatamente, un giovane trader di successo di Salomon di nome John Meriwether colse l'opportunità. Si rivelò un percorso accidentato, ma fece guadagnare milioni a Salomon e Meriwether fu poco dopo nominato socio. Quando Meriwether fondò il suo hedge fund nel 1994 – l'ormai famigerato Long Term Capital Management – ​​industrializzò questa "operazione di base" sui titoli del Tesoro. Ma a quel punto la strategia si era trasformata in qualcosa di più vicino alla sua incarnazione moderna.

La crescita di queste strategie di hedge fund con leva finanziaria – come le cosiddette "operazioni di base" o "operazioni di swap spread" – rappresenti uno sviluppo rischioso per il mercato dei titoli di Stato statunitensi, che storicamente funge da rifugio sicuro per la finanza globale e influenza il prezzo di praticamente ogni altro titolo sul pianeta. Le recenti turbolenze sono state in parte il risultato di queste strategie di hedge fund.

Ma gli stessi investitori sono acquirenti sempre più importanti di titoli di Stato statunitensi. E la loro importanza è destinata ad aumentare se gli investitori stranieri si ritireranno dal mercato dei titoli del Tesoro, come prevedono molti analisti e gestori di fondi.

Noi di Recce’d questa settimana abbiamo scelto un argomento tecnico e complesso, per il nuovo Post: e certo non allo scopo di confondere, o peggio di mettere in difficoltà, il nostro lettore.

Ma se voi vi limitate a leggere i titoli sui Risiko bancario, oppure gli articoli sulle tariffe, oppure (se ne scrivono ancora) gli articoli sul tema “AI” e le notizie sul petrolio, allora siete destinati a non comprendere mai che cosa fa muovere, su e poi giù, i valori nei vostri portafogli titoli, i vostri Fondi Comuni di Investimento, la vostra GPM ed il valore delle vostre polizze vita.

E non è una bella cosa, stare lì a guardare lo spettacolo ma non riuscire a capire neppure una parola: come assistere ad uno spettacolo teatrale recitato in una lingua di cui non sapete nulla, magari il finlandese oppure la lingua kazaca.

Purtroppo, come Recce’d da sempre vi ripete, investire NON è facile: richiede comunque attenzione, concentrazione, competenza ed intuito. E poi, la capacità di selezionare un consulente, che vi affianchi con competenza, professionalità ed esperienza.

Chiudiamo il lavoro di oggi con le conclusioni, che affidiamo al nostro amico Robin Wigglesworth del Financial Times, che riassume l’argomento e spiega in modo chiaro che la questione rimane aperta, rimane sul tavolo, rimane nei pensieri di tutti gli investitori del Mondo.

Anche questo articolo è tecnico, complesso, di difficile lettura.

Ma così è anche il mercato finanziario. Così è la vita, si potrebbe dire.

Come già detto: il tema è tecnico, ma per voi e per noi è essenziale. Merita il vostro tempo e merita la vostra concentrazione. Noi siamo a vostra disposizione, se siete interessati a discuterne ed a comprendere fino in fondo ciò che accade intorno a voi. Riprenderemo questo argomento in un prossimo Post con maggiori dettagli.

Quanto è stata grave la turbolenza del mercato dei titoli del Tesoro il mese scorso? È stata "reale e significativa" e "inquietante", ma non è stata caotica o addirittura "eccezionale", grazie soprattutto alla straordinaria tenuta dei mercati finanziari. Questa è la conclusione di Roberto Perli, responsabile del System Open Market Account della Federal Reserve di New York, che ha tenuto oggi un interessante discorso sull'argomento. Un avvertimento.

Inizialmente doveva essere una breve sintesi di un discorso su un argomento di attualità, ma presto è diventato un vero e proprio capolavoro.

Se cose come IORB, MMF, ON RRP e SRF vi fanno venire voglia di autolesionismo, allora andatevene e godetevi il weekend. Ma questa è una questione piuttosto importante - e interessante! - quindi speriamo che restiate. Come avrete letto qui e altrove, i titoli del Tesoro hanno avuto un andamento un po' strano il mese scorso, affondando insieme a tutto il resto. A nessuno piace. Dopotutto, i titoli del Tesoro dovrebbero essere il miglior rifugio al mondo quando tutto il resto sembra andare male. Tuttavia, come ha osservato Perli, nonostante il brusco deterioramento della liquidità del mercato obbligazionario statunitense a metà aprile, esso ha continuato a funzionare. Questo è in netto contrasto con quanto visto a marzo 2020, quando il mercato dei titoli del Tesoro si è quasi completamente bloccato.

Ciò è ovviamente dovuto in gran parte al fatto che il Covid-19 ha rappresentato uno shock economico e finanziario ben più grave del "giorno della liberazione" del presidente Donald Trump. Ma è anche dovuto, secondo Perli, al fatto che "la liquidità di finanziamento è rimasta abbondante": . . . Sebbene la liquidità sui mercati cash dei titoli del Tesoro sia diventata tesa all'inizio di aprile, tali mercati hanno continuato a funzionare, in parte grazie alla resilienza della liquidità di finanziamento nel mercato dei pronti contro termine sui titoli del Tesoro. Tale resilienza, anche in un contesto di elevata volatilità dei rendimenti, ha probabilmente impedito la liquidazione di alcune operazioni relative value a breve termine, che avrebbe esacerbato le dislocazioni del mercato. E la resilienza della liquidità di finanziamento è stata probabilmente favorita dal robusto quadro di controllo dei tassi messo in atto dalla Federal Reserve.

Ad esempio, sebbene Perli ritenga che la liquidazione degli spread swap abbia avuto un impatto significativo sui Treasury, sostiene che l'ormai famigerato basis trade sia stato il cane che non ha abbaiato. Sebbene il basis trade dei Treasury si attestasse a circa 1.000 miliardi di dollari alla fine di marzo 2025 – molto più elevato rispetto a quando causò la strage nel marzo 2020 – questa volta non si è verificata una liquidazione forzata massiccia perché i mercati dei pronti contro termine sono rimasti calmi: un fattore che potrebbe portare a una rapida liquidazione del basis trade è la sostanziale volatilità dei tassi repo o un loro persistente aumento, che a sua volta potrebbe aumentare il costo del finanziamento della posizione e quindi renderla non redditizia. Ma questo, in generale, non si è verificato ad aprile, poiché i tassi repo erano abbastanza stabili e gli operatori sono rimasti disposti e in grado di intermediare.

Di conseguenza, secondo le stime del personale del Desk, la base è rimasta relativamente stabile. Ciò è in netto contrasto con marzo 2020, quando la base è balzata di circa 100 punti base e la liquidazione delle operazioni sulle basi ha probabilmente contribuito in modo significativo alla brusca dislocazione nel mercato dei Treasury che abbiamo osservato in quel periodo.

Qui vogliamo entrare nel dettaglio, perché il pendolo si è probabilmente allontanato troppo dall'attribuire alla base la responsabilità di ogni male che affligge i mercati, per esonerarla completamente da qualsiasi responsabilità. Il fatto che i mercati dei pronti contro termine siano stati resilienti e che la base tra i Treasury cash e i futures sui Treasury sia rimasta ragionevolmente stabile non significa necessariamente che almeno alcuni hedge fund non abbiano ridotto le loro operazioni sulle basi quando la volatilità è aumentata.

Conosciamo almeno un hedge fund che è praticamente uscito dalla posizione all'inizio di aprile e ha ricevuto sufficienti informazioni da prime dealer e trader buyside per concludere che si stava effettivamente verificando una liquidazione consistente delle operazioni sulle basi. È stata semplicemente controllata e ordinata.

In ogni caso, Perli sottolinea giustamente che questo dimostra quanto siano vitali i mercati dei finanziamenti a breve termine per il mercato dei titoli di Stato statunitensi, a causa della crescente importanza delle strategie degli hedge fund ad alta leva finanziaria.

Quando la liquidità dei finanziamenti rimane stabile, come è accaduto all'inizio di aprile, è meno probabile che un deterioramento della liquidità di mercato si trasformi in una disfunzione del mercato. Questo perché i partecipanti al mercato possono ancora finanziare le loro transazioni e l'arbitraggio non si interrompe. In altre parole, grazie alla diffusa presenza di investitori con leva finanziaria nel mercato dei titoli del Tesoro, la liquidità dei finanziamenti rafforza la liquidità del mercato.

Cosa significa tutto questo? Beh, gli strumenti della Federal Reserve per influenzare i mercati monetari sono ancora più importanti oggigiorno. O, come dice Perli: è più probabile che la liquidità dei finanziamenti rimanga abbondante se i tassi del mercato monetario non sono troppo volatili, il che, a sua volta, dipende dalla disponibilità e dall'efficacia degli strumenti di attuazione della politica monetaria per garantire il controllo dei tassi nell'ambito dell'ampio quadro di riserve della Federal Reserve. Uno di questi strumenti è la overnight reverse repo facility, o ON RRP per gli amici. L'ON RRP consente ai fondi del mercato monetario e ad altri importanti operatori del mercato dei finanziamenti a breve termine di depositare denaro presso la Fed. Si tratta (insieme agli interessi sui saldi di riserva) di uno dei principali strumenti utilizzati per controllare i tassi di interesse nell'era delle riserve abbondanti.

Ma il principale strumento di cui Perli ha parlato oggi è uno più recente, denominato Standing Repo Facility. Si tratta di un programma permanente e potente che consente alle banche di utilizzare titoli del Tesoro e debito delle agenzie come garanzia per prestiti a breve termine, ed è stato introdotto dopo una grande crisi dei repo nel 2019. Sebbene il prezzo sia leggermente superiore a quello fissato dalla Fed per i tassi di interesse, è meno stigmatizzato rispetto all'utilizzo dello sportello di sconto. E poiché le banche possono utilizzare lo sportello anche per conto dei clienti, come i fondi del mercato monetario, è un ottimo modo per attenuare le pressioni sul mercato dei repo. Il team di Perli ora vuole rafforzare l'SRF per garantire che possa continuare a garantire il buon comportamento dei mercati dei finanziamenti.

A marzo, la Fed di New York ha iniziato a testare i regolamenti anticipati del mattino, in aggiunta a quelli pomeridiani già esistenti, e questi sembrano aver avuto successo: la nostra analisi di mercato successiva alla fine del trimestre di marzo ha rivelato che i primary dealer considerano le operazioni SRF con regolamento anticipato un miglioramento che aumenta la probabilità che l'SRF venga utilizzato quando economicamente conveniente. Ciò è particolarmente vero per i primary dealer non affiliati a banche statunitensi, sebbene questo gruppo sia relativamente piccolo e rappresenti solo circa un decimo dei prestiti repo dei primary dealer. I dealer hanno inoltre segnalato che il regolamento anticipato riduce i tassi soglia, ovvero il tasso eccedente il tasso SRF che sono disposti a pagare sul mercato prima di scegliere di accedere all'SRF. Si tratta di feedback incoraggianti.

Sulla base di ciò, il Desk prevede di integrare le aste SRF con regolamento anticipato nel normale programma giornaliero SRF, in un futuro non troppo lontano. Queste aste con regolamento anticipato, combinate con le attuali aste pomeridiane, aumenteranno l'efficacia dell'SRF come strumento per l'attuazione della politica monetaria e il funzionamento del mercato.

Tutto questo è ottimo, ma a dire il vero non si può essere del tutto rassicurati dal fatto che la salute del mercato più grande e sistemico del mondo dipenda sempre più da condizioni di finanziamento a breve termine, vista la volubilità dei mercati monetari.

Valter Buffo
Detox on hold. Dopo la pausa, arriva un movimento brutale
 

This moment of markets suggests we are on hold. Therefore, the next market move will be dramatic.


L’investitore deve avere in mente oggi, grandi cambiamenti.

Cambiamenti epocali: sia nei livelli dei mercati, sia nelle istituzioni che governano i mercati e le economie.

Ed è tempo di scelte drastiche anche sui portafogli titoli, ma soprattutto sul modo di investire.

Sta cambiando un’epoca. E nella Nuova Era che è perdente è chi rimane agganciato a vecchi modi di pensare, di valutare e di investire.

Ve lo ha spiegato, proprio ieri, anche il Presidente degli Stati Uniti.

In effetti, leggiamo e rileggiamo, ogni giorno (sia sui social, sia in altre sedi, ben più autorevoli e riconosciute, di ogni Continente, come autorevoli quotidiani, settimanali, media e documenti di banche internazionali, cose delle quali chi segue il nostro Blog è informato. Da un anno, due anni, tre anni, quattro anni, e anche cinque.

Vi facciamo qui di seguito un elenco, ultra-sintetico, dei temi più forti, che oggi ricorrono nelle analisi e nelle valutazioni.

Temi che, per conseguenza, orienteranno i rendimenti dei mercati e degli asset finanziari per un anno, duie anni, forse tre anni, magari quattro, e forse cinque anni.

Noi, pensiamo cinque.

Ecco quindi l’elenco dei maggiori temi di mercato del 2025:

  1. gli anno Settanta si ripresentano (con caratteristiche diverse ma esisti molto simili)

  2. la stagflazione è il solo scenario rimasto

  3. la crisi del debito è già iniziata

  4. la Banca Centrale è fuori da tutti i giochi

Come vedete, le tariffe, nell’elenco, non ci sono. Avranno un effetto passeggero. E non cambieranno nulla, zero, per il rendimento dei nostri portafogli modello e anche dei vostri portafogli “vecchio stile”.

Ve lo spiegano anche i dati economici di questa settimana, ed in particolare il dato di ieri per l’occupazione (nettamente meglio del previsto, come leggete sotto). E poi, ve lo spiegherà, di nuovo, anche la Federal Reserve mercoledì prossimo (visti proprio i dati di questa ultima settimana).

Per dimostrarvi che i temi decisivi del 2025 sono proprio quelli del nostro elenco che avete appena letto, noi adesso vi proponiamo in lettura una selezione di quattro diversi contributi (da Recce’d selezionati tra mille), che vi testimonieranno che ciò che oggi domina la scena finanziaria internazionale sono i quattro temi che Recce’d vi ha indicato nell’elenco.

Si doveva arrivare qui, proprio a questo punto: noi, ovviamente, con i nostri Clienti ci siamo arrivati in perfette condizioni.

Voi invece, amici lettori di Recce’d, come ci siete arrivati? Che cosa state pensando? Che cosa state facendo?

Veniamo all’attualità dell’inizio di maggio 2025: vi ripetiamo che oggi siamo “on hold”, siamo “messi in pausa”: per questo la prossima mossa, il prossimo movimento, la prossima sorpresa, il prossimo shock per i mercati finanziari sarà brutale.

This moment of markets suggests we are on hold. Therefore, the next market move will be dramatic.

Il punto della situazione oggi noi lo affidiamo al contributo che segue, che Recce’d ha selezionato per i propri lettori.

Gli ultimi dati confermano che ci troviamo in un contesto di stagflazione.

E poiché l'inflazione è come la kryptonite per i supereroi degli investitori azionari, la svendita post-annuncio dei dazi è stata solo la prima salva. Probabilmente assisteremo a un salasso molto più intenso nel mercato azionario di quanto abbiamo visto finora, soprattutto se avremo la recessione che appare sempre più probabile.

Facciamo quindi il punto su cosa ci dicevano i numeri sull'economia statunitense in vista del cosiddetto "Giorno della Liberazione" e quali scelte l'amministrazione Trump può fare per rimediare ai danni già causati dai suoi dazi. Attenzione, anche una capitolazione su larga scala, un risultato che difficilmente vedremo, non riporterebbe l'economia sulla strada intrapresa.

Il succo della mia argomentazione è il seguente:

Gli Stati Uniti erano già in un contesto di stagflazione quando i dazi sono stati annunciati il ​​2 aprile.

Queste nuove imposte – e quelle precedenti sul Canada – erano così draconiane che il danno non può essere riparato. I flussi commerciali saranno inoltre reindirizzati a causa dell'eccessiva cautela dei partner commerciali statunitensi, con conseguente riduzione della crescita statunitense e globale.

La domanda ora è quale sarà l'entità dei danni a breve termine. Gran parte di ciò dipenderà dall'impegno di Trump nell'imporre dazi come strumento politico e dalla misura in cui il calo dei sondaggi, il crollo del mercato azionario e il rischio di una recessione lo spingeranno a cambiare rotta.

Il mio scenario di base è che si muoverà, ma sarà troppo poco – e troppo tardi – per evitare una recessione e un mercato ribassista delle azioni. La domanda diventa quindi quanto siano fragili i mercati date le valutazioni e se i circoli viziosi aggraveranno la recessione. Questo è il momento migliore per ridurre il rischio, con una recessione in autunno come concreta possibilità.

Il contesto ribassista inizia tutto con l'inflazione

Probabilmente avrete notato un tono pessimista nei miei articoli sul 2025. Tutto inizia con l'inflazione, che ho delineato all'inizio dell'anno come il principale rischio per l'economia statunitense e la corsa al rialzo delle azioni. La sensazione che ho avuto da gennaio è che l'inflazione fosse già un problema più grave di quanto il mercato si rendesse conto, ancor prima dell'entrata in vigore dei dazi.

E questo è stato sostanzialmente confermato dalla serie di dati sul PIL pubblicati mercoledì. Abbiamo visto l'indice dei prezzi del PIL del primo trimestre salire del 3,7%, ben al di sopra delle stime e del precedente aumento trimestrale annualizzato del livello dei prezzi del 2,3%. Insieme ai dati sulla spesa più bassi, si è creato quello che ho iniziato a definire un contesto di stagflazione leggera – e ho iniziato a fare paragoni con la fine degli anni '60 – prima che la nuova tornata di aumenti tariffari punitivi da parte di Trump sollevasse nuovi timori di uno shock inflazionistico.

Il motivo per cui un'inflazione elevata è dannosa per i titoli azionari è triplice. In primo luogo, poiché si manifesta in luoghi e modi inaspettati, tende a smorzare la domanda da parte dei consumatori sensibili ai prezzi e con budget limitati. Una minore domanda significa minori profitti. In secondo luogo, la maggiore volatilità economica dovuta all'elevata inflazione rende davvero difficile per le imprese pianificare in anticipo. E questo riduce gli investimenti in capitale e nelle persone, frenando l'occupazione e la crescita economica. Infine, l'incertezza legata all'aumento dei prezzi fa aumentare i tassi di interesse futuri attesi e il premio richiesto dagli investitori per compensare il rischio di inflazione connesso al possesso di asset a lungo termine. Questo erode il valore dei flussi di cassa futuri, riducendo il multiplo tra utili e flussi di cassa che gli investitori sono disposti a pagare per gli asset.

Ciò che è stato fatto non può essere annullato.

Quindi, all'inizio dell'anno c'era quel contesto di stagflazione, qualcosa che la Fed avrebbe dovuto combattere con maggiore impegno. Poi arriva Trump e impone dazi elevati sui tre principali partner commerciali degli Stati Uniti – Canada, Messico e Cina – prima di offrire una sospensione dopo la reazione negativa del mercato. A marzo, avevo visto abbastanza per valutare quattro scenari, dal migliore al peggiore, con una differenza di circa il 50% tra un esito positivo e uno negativo.

I dazi esorbitanti introdotti ad aprile hanno fatto pendere considerevolmente la bilancia verso l'esito negativo. I mercati si sono ritirati dal caos delle ultime settimane, ma tutti aspettano solo che cada la prossima scarpa.

La scomoda realtà è che l'S&P 500, a questo punto, è solo circa il 3% al di sotto del livello in cui il lancio di Trump, che ha fatto esplodere le rose, ha fatto scattare l'allarme in tutto il mondo. Non è un calo di rilievo, considerando che la sua guerra commerciale ha messo in moto forze che continueranno a esistere anche se le ritirasse. La sua lotta in solitaria con praticamente tutti gli altri Paesi ha irrimediabilmente danneggiato la fiducia nel ruolo guida degli Stati Uniti nell'economia, al punto che ci sono dubbi sul fatto che i titoli del Tesoro continueranno a essere un porto sicuro. È anche quasi certo che riallineerà la geopolitica. In Canada, il Partito Liberale, un tempo dato per spacciato sotto Justin Trudeau, è stato rianimato da una feroce ostilità anti-Trump che non solo ha assicurato la vittoria al suo successore, Mark Carney, ma ha anche causato la perdita del seggio in Parlamento al suo principale contendente. Carney ha affermato che gli Stati Uniti non sono più un partner affidabile e che il Canada è costretto a cercare altrove i suoi interessi commerciali.

Quasi tutte le principali aziende del mondo si trovano ora ad affrontare incertezze che bloccano i loro piani aziendali, ritardano i piani di investimento e danneggiano i profitti e la crescita economica. Con la fiducia dei consumatori in rapido calo, i tagli alla spesa non possono essere tardati. Un calo del 10 o 11% dell'S&P 500 rispetto ai livelli record – come abbiamo visto da metà febbraio – è sufficiente a compensare questo calo? Direi chiaramente di no.

E quindi, il motto di Wall Street "vendi a maggio e vai via" – un approccio classico per affrontare rendimenti storicamente più bassi nei mesi da maggio a ottobre – quest'anno potrebbe effettivamente valere come strategia per il resto dell'anno.

Rivediamo i quattro scenari economici per il 2025

Lo scenario migliore che ho delineato a marzo, quello in cui sia l'inflazione che la crescita lenta sono di breve durata, è ormai praticamente fuori dalla finestra. Dove in precedenza c'era un'aliquota tariffaria media statunitense di circa il 2,5%, l'aliquota effettiva è ora più di 10 volte superiore, al 28%, secondo il Budget Lab di Yale. Non era così alta dal 1901.

Il nuovo scenario migliore che tutti auspichiamo è una situazione in cui una crescita più lenta non sfoci in recessione. Ciò potrebbe accadere grazie a una combinazione di resilienza dei consumatori, politiche pro-crescita in altri ambiti dell'agenda di Trump e un arretramento delle aliquote tariffarie più bizzarre. Forse allora avremo solo un breve periodo di crescita inferiore al trend, tagli alle previsioni degli utili e un aumento del livello dei prezzi dei beni soggetti a dazi. Credo che la (quasi) correzione che abbiamo visto nel mercato azionario prezza adeguatamente questo risultato. Ciò implicherebbe che, una volta tornati a una crescita migliore, gli acquirenti in calo torneranno e le azioni potranno continuare a salire. Ma penso che sia improbabile che ciò accada. E dove a marzo davo forse il 40% di probabilità, la ridurrei al 25%.

Il motivo è che Trump crede fermamente nel potere dei dazi e nessuno nell'amministrazione sembra cercare di dissuaderlo. Il mercato vuole ancora credere che una combinazione di prezzi azionari più bassi e sondaggi in calo lo allontanerà da loro, come suggeriscono le modifiche ai dazi sulle auto. Ma ha parlato così tanto di dazi durante la campagna elettorale e ha già rischiato così tanto che non può capitolare completamente e salvare la faccia. Una volta è arrivato al punto di promuovere un video in cui sosteneva di stare intenzionalmente facendo crollare il mercato azionario, e quando mercoledì è sceso dopo la pubblicazione dei dati negativi sul PIL, ha incolpato l'ex presidente Joe Biden e ha affermato che i suoi dazi avrebbero innescato un boom produttivo negli Stati Uniti, poiché le aziende si sarebbero trasferite negli Stati Uniti per evitarli.

Tuttavia, data la pausa e le eccezioni varate, la definizione dei dazi è ancora incerta. Data la sfiducia bipartisan nei confronti della Cina, è probabile che questi siano i più critici. Abbiamo già sentito molte storie di drastici crolli nelle spedizioni di merci verso i porti della costa occidentale degli Stati Uniti come Long Beach, Los Angeles e Seattle. Quindi è probabile che questa interruzione duri mesi, il che significa carenze e prezzi più alti per mesi.

La prima domanda è se la natura regressiva dei dazi incentrati sulla Cina contribuisca a prevenire una recessione, data la crescente dipendenza dell'economia dal 10% più ricco delle famiglie per la crescita. Lo scopriremo quando si manifesteranno le carenze, probabilmente a partire da metà o fine maggio.

La seconda domanda è se ci siano effetti a catena di una recessione che ne aumentino la gravità. Tra questi, la de-dollarizzazione, le svendite di attività illiquide del mercato privato e gli effetti negativi sulla ricchezza derivanti da un crollo del mercato azionario. Gli Stati Uniti non hanno attraversato una vera recessione dal 2009, dato che la crisi pandemica ha innescato una risposta governativa senza precedenti che ha rapidamente compensato il bilancio. È quindi difficile dire quanto sia fragile il sistema se affrontiamo una contrazione senza questo tipo di stimolo straordinario.

Per il momento, ciò che stiamo osservando è che, pur riconoscendo le sfide future, gli investitori per il momento desiderano rimanere pienamente investiti in azioni. Ad esempio, durante la svendita di mercoledì mattina, mentre tutti gli ETF settoriali di iShares erano in calo, i beni di consumo di base registravano un lieve rialzo. Stanno semplicemente ruotando verso un'allocazione più difensiva finché i rischi non saranno passati. Walmart ne ha beneficiato.

Tuttavia, date le vendite dettate dal panico a cui abbiamo assistito in più occasioni nell'ultimo anno al solo accenno di una recessione, gli investitori sono chiaramente timorosi. Questi falsi allarmi finiscono con molti che acquistano durante il calo.

Una vera recessione si scontra con un'ondata di vendite, mentre gli investitori si sposteranno a imitare Warren Buffett, che ha già la sua più grande allocazione di liquidità di sempre.

Nel frattempo, non ci resta che aspettare e vedere come si evolverà la situazione. Sarà lo scontro con la Cina a decidere probabilmente il destino degli investitori. E quella che ormai è diventata una guerra di logoramento, più che un gioco del pollo, favorisce chi ha una prospettiva a lungo termine. Questo sembra far pendere le probabilità a favore della Cina, e contro un ritorno in auge delle azioni statunitensi.

Cose che mi stanno a cuore

  1. Trump ha accumulato i peggiori primi 100 giorni per il mercato dai tempi di Nixon.

  2. L'impatto dei dazi sulle aziende si sta diffondendo sia negli Stati Uniti che altrove.

  3. Ho scritto di recente un articolo sul perché i mercati statunitensi non supereranno le aspettative per un lungo periodo.

  4. Il mio articolo sui dazi suggerisce che siamo in attesa. Pertanto, la prossima mossa del mercato sarà drastica.

Fatta la messa a punto, ora, con un secondo contributo, aiutiamo il nostro lettore a riflettere sui contenuti, e le possibili ricadute, della riunione della Federal Reserve della settimana prossima (6-7 maggio 2025).

Gli annunci sui dazi del Presidente Trump hanno contemporaneamente aumentato le aspettative di inflazione e smorzato le prospettive economiche, tanto che l'ex Presidente della Fed di New York Bill Dudley ha scritto che "la stagflazione è ora lo scenario migliore per l'America". La stagflazione, la combinazione di elevata inflazione e crescita lenta, è tra le più difficili da gestire per la Federal Reserve: le politiche restrittive possono contenere l'inflazione, ma rallentano ulteriormente la crescita, mentre le misure espansive rischiano di alimentare l'inflazione senza la garanzia di un rilancio dell'economia. Ogni opzione, di fatto, diventa un'arma a doppio taglio.

La banca centrale si riunirà il 7 maggio per determinare la sua prossima mossa sui tassi di interesse. Attualmente, i mercati prevedono che i tassi rimarranno invariati dopo la riunione di maggio, ma con una probabilità del 60% di un taglio di 25 punti base a giugno, secondo il FedWatch del CME Group. Tali aspettative riflettono "il modo in cui sono stati ripetutamente addestrati dalla Fed ad aspettarsi condizioni finanziarie più accomodanti al minimo segnale di insolita volatilità del mercato", ha scritto l'economista Mohamed El-Erian in un editoriale su Bloomberg la scorsa settimana.

El-Erian, ex CEO della società di gestione degli investimenti PIMCO, ha sostenuto che la Fed non dovrebbe tagliare i tassi troppo presto perché "le lezioni apprese dalla storia delle banche centrali suggeriscono che, quando entrambe le parti del doppio mandato vanno contro di essa, la Fed dovrebbe dare priorità a rimettere il genio dell'inflazione nella bottiglia".

Sebbene la Fed debba bilanciare il suo doppio mandato di tenere sotto controllo i prezzi al consumo e massimizzare l'occupazione, il controllo dell'inflazione ha la precedenza perché, come ha osservato Adriana D. Kugler, membro del consiglio di amministrazione della Fed, nell'aprile 2025, "le aspettative di inflazione potrebbero essere un fattore determinante nelle condizioni che portano alla stagflazione, anche se, a parità di altre condizioni, gli economisti prevedono minori difficoltà future". Ad esempio, quando le aspettative di inflazione sono elevate, gli imprenditori prevedono che l'aumento dei costi eroderà i profitti, rendendoli meno propensi ad espandersi o ad assumere. Di conseguenza, anche tassi di interesse più bassi potrebbero non riuscire a stimolare la crescita se l'inflazione persiste.

L'appello di El-Erian alla Fed affinché dia priorità all'inflazione mantenendo i tassi di interesse stabili o elevati si discosta dal consenso del mercato, ma la sua visione si basa su una storia di mosse vincenti delle banche centrali, come ha osservato. Paul Volcker, che guidò la Fed durante la stagflazione dei primi anni '80, aumentò i tassi al 20% nel 1981 per contrastare un'inflazione che aveva raggiunto il 13,5%. Fu una mossa radicale per gli standard odierni, ma funzionò. Nel 1983, l'inflazione era ampiamente sotto controllo.

La Fed non ha ancora annunciato una direzione specifica. In un discorso del 4 aprile, il presidente della Fed Jerome Powell ha avvertito che i dazi aumenteranno l'inflazione e rallenteranno la crescita e ha affermato che "attenderà maggiore chiarezza prima di considerare qualsiasi aggiustamento alla posizione politica [della Fed]".

Contenere l'inflazione è particolarmente cruciale dato che la Fed entra nell'attuale turbolenza economica con "la credibilità erosa dall'errata valutazione dell'inflazione di transizione del 2021", ha scritto El-Erian. Dopo l'uscita degli Stati Uniti dai lockdown per il Covid e l'impennata dei prezzi al consumo, Powell ha descritto il picco dell'inflazione come "transitorio", prevedendo che si sarebbe attenuato rapidamente. Invece, gli aumenti dei prezzi sono persistiti e sono rimasti ostinatamente al di sopra dell'obiettivo del 2% della Fed, anche dopo aggressivi aumenti dei tassi di interesse.

Con questa credibilità indebolita, ha sostenuto El-Erian, è ancora più importante per la Fed dimostrare di prendere sul serio il suo mandato in materia di inflazione. A suo merito, la banca centrale ha finora evitato una reazione impulsiva alla recente volatilità del mercato azionario e al crescente afflusso di aspettative di recessione da parte dei principali economisti di Wall Street.


Proseguiamo suggerendo al nostro lettore un articolo di un ex membro del Board della Federal Reserve: quello che si riunirà martedì prossimo, 6 maggio, e quello che decide sui tassi ufficiali di interesse.

NON aspettatevi che la Federal Reserve salvi l'economia statunitense dai dazi colossali che l'amministrazione Trump ha imposto sulle importazioni dalla maggior parte del mondo. L'unica domanda ora è quanto grave sarà il danno.

L'attacco del presidente degli Stati Uniti Donald Trump al libero scambio è davvero straordinario per portata, portata e mancanza di sfumature. Il dazio medio ponderato salirà probabilmente al 25% o più del valore delle importazioni quest'anno, da meno del 3%. Questo aumento equivale a più di 10 volte quello che Trump ha fatto durante il suo primo mandato.

L'impatto sarà devastante. Nei prossimi sei mesi, l'inflazione annualizzata salirà probabilmente a quasi il 5%, poiché i dazi faranno aumentare i prezzi delle importazioni e i produttori nazionali, protetti dalla concorrenza, approfitteranno della situazione per aumentare a loro volta i prezzi.

In definitiva, la stagflazione è lo scenario ottimistico. Più probabilmente, gli Stati Uniti finiranno in una recessione conclamata accompagnata da un'inflazione più elevata.

Cosa può fare, se può fare qualcosa, la Fed? Di solito combatte l'inflazione con tassi di interesse più elevati, il che aggraverebbe qualsiasi recessione. Il presidente Jerome Powell ha suggerito che potrebbe non essere necessario farlo se gli aumenti dei prezzi sono temporanei e non influenzano le aspettative di inflazione futura. Ciò ha in qualche modo incoraggiato gli investitori, lasciando intendere che la Fed si concentrerà maggiormente sul mantenimento della crescita.

Eppure ci sono ampie ragioni per dubitare che le condizioni della Fed saranno rispettate. In primo luogo, l'inflazione è da tempo al di sopra dell'obiettivo del 2% della banca centrale. Se dovesse continuare così per il quinto anno consecutivo e addirittura accelerare, c'è un rischio significativo che le aspettative di inflazione si svincolino.

In secondo luogo, il tipo di shock è importante. Quelli che danneggiano la produttività, come i dazi statunitensi, potrebbero avere effetti più duraturi sull'inflazione e sulle aspettative. Si considerino i due shock petroliferi degli anni '70: l'inflazione si è dimostrata persistente nonostante due recessioni. Solo costringendo l'economia a una recessione molto più profonda, con tassi di interesse a breve termine che hanno raggiunto quasi il 20%, la Fed (sotto l'allora presidente Paul Volcker) ha potuto riprendere il controllo della situazione. In terzo luogo, le azioni della Fed stessa influenzano le aspettative. Se le persone pensano che la banca centrale stia ignorando le pressioni inflazionistiche per concentrarsi invece sulla crescita del suo mandato, questa percezione da sola può indurle ad anticipare una maggiore inflazione.

Le aspettative di inflazione svolgono un ruolo cruciale nel determinare il costo della lotta all'inflazione effettiva. Quando rimangono ben ancorate, come negli ultimi cinque anni, la Fed può farcela senza spingere la disoccupazione troppo in alto. Ma se aumentano, il tasso di sacrificio aumenta drasticamente. In circostanze come lo shock petrolifero degli anni '70, ad esempio, il tasso di disoccupazione potrebbe dover aumentare di 2 punti percentuali rispetto al suo livello di lungo periodo per ridurre l'inflazione di 1 punto percentuale in un anno. In altre parole, la recessione diventa l'unica opzione per la Fed.

Questa asimmetria significa che la Fed dovrà essere molto cauta mentre l'economia statunitense è in difficoltà. Qualsiasi allentamento della politica monetaria che alimenti le aspettative di inflazione richiederà un inasprimento molto più duro e costoso in seguito.

Pertanto, ritengo che gli investitori siano troppo ottimisti sulla probabilità di un sostegno da parte della banca centrale. Al contrario, il bilancio dei rischi e l'elevato livello di incertezza economica giustificano una risposta più lenta.

La combinazione di crescita più lenta, inflazione più elevata e una Fed ostinata non gioverà alle azioni. È una situazione senza via d'uscita. Se le aziende scaricano sui consumatori il costo delle maggiori importazioni, l'inflazione sarà più persistente e la Fed meno amichevole. Se non ci riescono, i margini di profitto si ridurranno e gli utili saranno deludenti. Per non parlare del rischio di ritorsioni tariffarie estere.

Per le obbligazioni, il problema principale sarà la traiettoria dei tassi di interesse a breve termine. Attualmente, i mercati stanno scontando oltre 100 punti base di allentamento quest'anno. Credo che ciò sia probabile (e giustificato) solo in caso di una vera e propria recessione economica. Non siamo nel 2019, quando un'inflazione al di sotto del target ha permesso alla Fed di tagliare i tassi come "assicurazione" contro la recessione.

Oggigiorno, la banca centrale più potente del mondo ha molto meno margine di manovra.

Sempre con riferimento alla riunione che si terrà martedì e mercoledì. vi presentiamo in chiusura di questo post una articolata e costruttiva analisi di ciò che la Federal Reserve può fare, e non può fare, nel contesto economico e di mercato del maggio 2025.

Non invidio il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, in questo momento.

L'ex banchiere d'investimento e da tempo responsabile delle politiche economiche, 72 anni, si trova a un bivio precario. Come presidente della Fed, il suo compito è raggiungere due obiettivi: stabilità dei prezzi e piena occupazione. Di solito, il compromesso tra questi due obiettivi è chiaro, ma oggigiorno Powell deve compiere un difficile gioco di equilibri. Da un lato, deve tenere sotto controllo i prezzi mentre la Casa Bianca impone dazi drastici sui nostri principali partner commerciali. Dall'altro, deve cercare di rallentare l'aumento del numero di disoccupati americani.

Il modo in cui Powell affronta questo dilemma avrà effetti enormi sull'economia americana. Se sbaglia, gli Stati Uniti potrebbero impantanarsi nella temuta "stagflazione", una condizione in cui l'inflazione decolla mentre il mercato del lavoro si indebolisce. È quasi impossibile affrontare contemporaneamente la "stag-" e la "-flazione". I responsabili politici ovviamente tengono a entrambe le parti del doppio mandato, ma dati gli strumenti poco efficaci della banca centrale, un trattamento equo da parte della Fed non è realmente possibile.

Questo mette gli investitori in difficoltà. Negli ultimi due decenni, la strategia del mercato azionario è stata piuttosto ovvia: non combattere la Fed. Man mano che la Fed è diventata più disposta a intervenire e a sostenere l'economia, ha acquisito il potere di arginare anche le vendite azionarie più intense. Anche i suoi precedenti sono impressionanti. Sette degli ultimi otto mercati rialzisti – quando i principali indici azionari hanno registrato un rialzo di almeno il 20% – sono iniziati quando la Fed stava tagliando i tassi. Gli investitori alla fine se ne sono accorti, accaparrandosi azioni non appena i responsabili politici sono intervenuti.

Ma cosa fare quando nemmeno la Fed sa da che parte stare?

Finora, Powell e i suoi compatrioti alla Fed hanno scelto di non fare nulla. Stanno adottando un approccio attendista, sperando che nei prossimi mesi emergano tendenze chiare – o una via d'uscita dalle minacce tariffarie. Non ho risposte a questo dilemma e, come ho detto, non vorrei certo trovarmi nei panni del presidente in questo momento. Ma credo che questo momento richieda a noi, non membri della Fed, di pensare in modo diverso al nostro denaro.

Comprendere la storia è importante quando si parla dell'attuale situazione di incudine e martello della Fed.

Per decenni dopo la sua creazione nel 1913, la Fed è stata la mano invisibile di Wall Street, guidando i tassi di interesse attraverso fasi di espansione e contrazione senza clamore né fanfare. I banchieri centrali avevano il compito di garantire la stabilità del sistema bancario, con alcuni progetti non ufficiali per mantenere stabili i prezzi che rappresentavano più credito extra che compiti a casa. Il compito della Fed è cambiato drasticamente negli anni '70, tuttavia. In un'epoca di palle da discoteca e capelli gonfi, l'economia statunitense ha dovuto affrontare una delle prove più dure della sua storia: uno shock inflazionistico dovuto all'impennata dei prezzi del petrolio e a un tasso di disoccupazione che ha raggiunto il 9%. Questa è la famigerata crisi di stagflazione, che ha rappresentato l'apice della miseria economica.

Il problema fondamentale della stagflazione è che è una trappola incredibilmente difficile da cui uscire. Le aziende americane sono soffocate da costi più elevati e minori ricavi. Le aziende reagiscono tagliando posti di lavoro e, poiché molti americani perdono la loro principale fonte di reddito, spendono ancora meno. L'accessibilità economica ne risente quando i prezzi aumentano e, con l'aumento della disoccupazione, le persone hanno meno potere contrattuale per richiedere aumenti, il che aggrava ulteriormente la riduzione dell'inflazione. È un circolo vizioso che si autoalimenta.

Crea anche una situazione difficile per la Fed. La banca centrale può cercare di influenzare l'economia in diversi modi, ma il più importante è il suo potere sui tassi di interesse: il costo per banche, imprese e persino per il cittadino medio americano di contrarre prestiti. L'aumento dei tassi di interesse dovrebbe contrastare l'inflazione e, in scenari in cui l'inflazione è stata il problema più evidente, la Fed ha solitamente reagito in questo modo. Ma con la stagflazione, gli aumenti dei tassi possono schiacciare i margini di profitto delle imprese e aumentare i costi di indebitamento degli americani attraverso tassi più elevati su mutui e prestiti auto. A quel punto, tutti spendono meno e il circolo vizioso continua.

La Fed impiegò diversi anni per tenere sotto controllo la crisi degli anni '70, con il presidente della Fed Paul Volcker che alla fine assestò il colpo decisivo attraverso un periodo ripido e doloroso di aumenti dei tassi di interesse. Pensò che schiacciare la "flazione" avrebbe poi dato alla Fed il margine di manovra per affrontare la "stagflazione". Sebbene la Fed alla fine ne sia uscita rafforzata, con il suo doppio mandato sancito dalla legge, quel periodo lasciò anche profonde cicatrici nella psiche dei banchieri centrali e degli economisti di Wall Street, molti dei quali sono ancora in attività oggi. Non sorprende quindi che le evidenti somiglianze tra il nostro contesto attuale e quello degli anni '70 abbiano suscitato non poca costernazione. Ciò è particolarmente preoccupante per Powell, che annovera Volcker, l'uccisore della stagflazione, tra i suoi eroi delle banche centrali.

Similmente a 50 anni fa, uno shock inflazionistico esogeno si sta facendo strada nei nostri portafogli, questa volta attraverso i dazi.

Dazi drastici minacciano di far salire i prezzi su una vasta gamma di prodotti e, come negli anni '70, non è chiaro per quanto tempo questi prezzi più alti potrebbero persistere. Il Budget Lab di Yale stima che questo potrebbe costare alle famiglie 3.800 dollari quest'anno. Il presidente sta lanciando questa guerra commerciale in un momento in cui i consumatori sono già in una posizione di indebolimento: le proiezioni di crescita economica del GDPNow della Fed di Atlanta stimano che la spesa al consumo nel primo trimestre sia rimasta stagnante.

Le preoccupazioni sulla stagflazione sono acute anche perché la crisi inflazionistica del 2022 incombe pesantemente sulla Fed. Un terzo degli attuali membri votanti della Fed ha sostenuto la decisione di mantenere bassi i tassi di interesse fino al 2021, mentre i mercati obbligazionari lanciavano l'allarme sull'inflazione. Sebbene Powell e soci siano determinati a fare la cosa giusta questa volta, sono anche consapevoli della situazione: il 98% dei membri della Fed ha affermato a marzo che un'inflazione più elevata rappresenta un rischio maggiore rispetto alla deflazione, mentre il 95% ha indicato l'aumento della disoccupazione come il rischio prevalente nel mercato del lavoro.

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Per gli investitori, la stagflazione presenta anche alcune spiacevoli possibilità. I ​​prezzi aumentano e i ricavi rallentano. Le persone fuggono dal mercato azionario perché le aziende non riescono a mantenere i margini di profitto. Evitano anche le obbligazioni perché il reddito fisso spesso non riesce a tenere il passo con il ritmo degli aumenti dei prezzi. Beni tangibili come oro e petrolio si trasformano in beni rifugio, ma persino il loro valore è scosso da violenti cambiamenti nella domanda e nell'offerta. Non si riesce a trovare un posto dove nascondersi.

Viviamo in tempi stressanti, quindi permettetemi di offrirvi alcune parole di conforto. I dazi reciproci hanno di fatto congelato sia i consumatori che le imprese. È possibile che ci troviamo in recessione in questo momento. Ma uno shock improvviso potrebbe significare che sono in gioco importanti controbilanciamenti. C'è la possibilità che rivenditori e fabbriche non siano in grado di trasferire questi costi ai consumatori, perché la domanda sta già calando.

Se i prezzi non possono salire, questo potrebbe impedire qualsiasi aumento del tasso di inflazione. Questa dinamica è il motivo per cui la stagflazione effettiva è rara, come è accaduto in quattro trimestri negli ultimi 55 anni. La "stagflazione" spesso si occupa della "flazione".

Quello che mi preoccupa, però, è l'incapacità della Fed di reagire alla debolezza economica o all'aumento dell'inflazione. In un mondo ideale, la Fed dovrebbe essere in grado di bilanciare proattivamente l'economia e proteggersi dai rischi futuri. Un anno fa, questo mondo ideale era a portata di mano. La Fed ha iniziato ad abbassare i tassi di interesse a settembre, nonostante la disoccupazione fosse storicamente bassa, un segnale di vittoria sull'inflazione dell'era COVID. L'indice S&P 500 è balzato del 20% per due anni consecutivi, in parte perché i responsabili politici sono riusciti a manovrare efficacemente le acque agitate.

Non è più così. La Fed è in una posizione reattiva. Non può rischiare di intervenire per anticipare una potenziale inflazione tariffaria per paura di danneggiare il mercato del lavoro, né può attuare tagli dei tassi di interesse che rafforzino la fiducia per paura di una ripresa dei rialzi dei prezzi. Powell ha le mani legate.

In assenza di una risposta da parte della banca centrale, gli americani potrebbero rivolgersi al governo federale per cercare di alleviare alcune delle preoccupazioni relative al mercato del lavoro. Ma dato che l'amministrazione Trump è fermamente decisa a tagliare i costi e il personale governativo, è improbabile che ci sia una via d'uscita.

Non è esagerato pensare che i mercati possano essere soli ad assorbire eventuali cambiamenti estremi nelle condizioni economiche. Per voi, questo significa potenziali rialzi e ribassi più ripidi nei mercati azionari e obbligazionari.

Ne abbiamo già avuto un assaggio di recente, quando gli investitori sono stati costretti ad affrontare alcune delle settimane più volatili della storia per azioni e rendimenti.

Come investitori, il nostro compito è assumerci rischi misurati con i nostri soldi per accumulare ricchezza nel tempo. Molte persone riescono a farlo meglio adottando un approccio prevalentemente passivo: investendo una certa somma di denaro nel mercato azionario secondo una cadenza prestabilita, evitando di comprare o vendere a ogni titolo della Fed o commento di un relatore. Tuttavia, siamo esseri umani, non robot alimentati dall'intelligenza artificiale. Non possiamo sempre tenere a freno le nostre emozioni quando i mercati oscillano. Se la Fed è bloccata, dobbiamo prenderci la responsabilità di definire un piano di investimento e fare tutto il possibile per rispettarlo.

Anche la politica della Fed ha una grande influenza sul modo in cui viviamo la nostra vita, anche se siamo solo osservatori occasionali dei titoli di mercato o occasionali dilettanti dei fondi indicizzati. La Fed controlla l'accessibilità economica: hai contanti su un conto di risparmio? Le decisioni della Fed potrebbero influenzare il tasso che paghi in relazione all'inflazione. Stai cercando una nuova casa? La politica della Fed potrebbe avere un impatto indiretto sui tassi di interesse a lungo termine, che alimentano i tassi dei mutui alle stelle.

Non sappiamo ancora dove atterrerà la Fed, o se Powell si libererà da questa snervante fune politica. Ma mentre elaboriamo molte forze economiche contrastanti e insolite, ricorda cosa è in gioco in questo momento.

Callie Cox è la responsabile della strategia di mercato presso Ritholtz Wealth Management.

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